Jacques Lacan Ancora. Seminario XX trad. it. di Giacomo Contri Torino, Einaudi, 1984 pp. 148, lire 20.000 A qualche anno dalla morte di Jacques Lacan, a qualche mese dalla comparsa in libreria della traduzione del suo ventesimo Seminario, una copertina, non una lapide, Jacques Lacan I Ancora, sollecita alcune domande: «Ma Lacan interessa ancora? Se sì, a chi?» I seminari di Lacan escono in Francia con lentezza esasperante. Le traduzioni italiane sono ancora più arretrate. Di ristampe non è il caso di parlarne. La congressimania lacanista ha fatto il suo tempo. Non compaiono più sulle pagine culturali dei quotidiani né la mancanza a essere né il desiderio del- !' Altro né altri francesismi. In questo contesto, che senso ha tradurre Encore? È già un revival o è la normale archiviazione di una pratica? A solo dodici anni di distanza è difficile dire cose intelligenti. Encore è un momento fondamentale della costruzione lacaniana. L'ovvietà non ha pretese accademiche. Serve solo da promemoria per fissare alcuni dettagli. Come questi pochi che seguono. Nel Seminario XX avviene il passaggio esplicito da concezioni sintattiche e semant_iche dell'inconscio a una concezione che non le rinnega ma le amplia, la concezione epistemica. Co~ qualche scabrosità, che cercheremo di smussare, comincia l'epistemologia dell'inconscio. Sintassi e semantica sono presenti da sempre nel discorso lacaniano. Sintattico è il noto aforisma «L'inconscio è strutturato come un linguaggio». Afferma che la combinatoria inconscia obbedisce alle leggi della metafora e della metonimia, della condensazione e dello spostamento. Semantica, e solo un po' più esoterica della prima, è la formula «L'inconscio è il discorso dell'Altro». Intendi Altro come luogo della verità, e ne sentirai delle belle. Per esempio, che l'inconscio è la verità che parla. Le due concezioni sono presenti anche nel Seminario XX. Non è •\ ,, Ent:ore? difficile evidenziarle. Grazie a Miller anche questo seminario è diventato libro. Un libro è uno spazio occupato da significanti. Alcune regioni di questo spazio rimangono vuote, altre si riempiono, chi più, chi meno. Lo spoglio può essere divertente. Preso un mazzetto di venticinque significanti tipici, su circa quaranta paragrafi di cento righe a stampa, si può calcolare in quanti un certo significante non si presenta mai e in quanti si presenta almeno una volta. Il più «invasivo» è discorso, che occupa 34 paragrafi su 42; seguono godimento (33) e linguaggio (31), a patto d'includervi /alingua, neologismo per indicare quella parte del linguaggio che non serve alla comunicazione. La semantica (discorso) batte la sintassi (linguaggio) di qualche lunghezza. Tra i due il terzo gode. Passando alle frequenze assolute, la «hit pararle» dei significanti cambia, poco in testa e in coda, molto al centro. La verità cade ancora più in basso, da metà classifica in giù. Il sapere fa la sua scalata dal quindicesimo al sesto posto. La verità, come sempre, tocca e fugge. Il sapere, invece, seppure poco invasivo, quando conquista una posizione non la molla tanto facilmente. Ci pare di sentire martellare lo slogan con cui si candida come corrispettivo epistemico delle formule citate: «L'inconscio è un modo del sapere, il modo del desiderio». L a~ciamo la statistica e torniamo al libro. A sapervi leggere vi troviamo tutta la gamma delle articolazioni epistemologiche dell'inconscio, dalla negativa alla positiva, dalla barocca alla metascientifica, da quella che situa nell'inconscio un essere parlante che gode e non ne vuol sapere (cap. 9) a quella che presenta l'inconscio come saperci fare con lalingua. Anche noi abbiamo usato un neologismo: metascientifico. C'è un motivo. Qualche anno prima, ai tempi dell'undicesimo Seminario, Lacan si chiedeva quale fosse la scienza che includesse la psicanalisi. A meno di dieci anni di distanza sembra aver gettato il cuore al di là dell'ostacolo. Si volta in- '• f / Ant me/lo Sciacchitano dietro e si chiede: «Come è ancora possibile una scienza dopo quel che si può dire dell'inconscio?» (cap. 9). E mette subito mano agli strumenti con cui forgiare e trasmettere la nuova epistemologia dell'inconscio (l'inconscio no, quello non si trasmette). Ritorna così alla sintassi, ai materni intesi come sapere interamente trasmissibile. La prima nozione che Lacan matematizza è proprio la nozione semantica di discorso. Il legame sociale che il discorso istituisce è analizzato in termini di posti occupati da significanti. Fermiamone uno, proprio lui, il sapere, quando, come capita nel discorso analitico, passa attraverso la verità. Quel poco che resterà di Lacan fuori dalla cerchia dei suoi allievi riguarderà certamente la concezione della verità. Non solo coerenza interna al discorso (concezione sintattica), non solo corrispondenza con la cosa (concezione semantica), ma la cosa stessa che parla (concezione... autoriferita?). Per la logica di una verità che non si può dire tutta Lacan appronta gli operatori adeguati: quantificatori e operatori modali. Chi ne fa le spese è il quantificatore universale, il per ogni, che deve saldare vecchi debiti col quantificatore esistenziale, l'esiste almeno uno. Il tutti diventa tutti, tranne uno; il non tutti diventa, senza eccezioni, non tutti, nessuno escluso. I due modi si adattano alle vicende della castrazione e del godimento fallico rispettivamente nel maschio e nella femmina. Nel primo si totalizza, perché 'il padre fa eccezione alla castrazione; nella seconda si espande all'infinito, perché non trova nessun limite, come sa bene il primo uomo senza qualità della mitologia moderna, Don Giovanni. Gli operatori modali estendono questo discorso attraverso la combinazione del tempo logico ( cessare) e della scrittura (scriversi). Tra i due fa da connettivo la negazione, la quale assume portata diversa a seconda che operi sul tempo o sulla scrittura. Ne risulta la seguente tabella, che ogni buon clinico dovrebbe conoscere: l'impossibile è ciò che non cessa di non scriversi, cioè il ... .. • . ! r - . i ' t ' ·t -:~d :W, . )~I lj -iY, ·r _- • V,- (' i, - rapporto sessuale; il necessario è ciò che non cessa di scriversi, cioè il sintomo o l'amore; il contingente è ciò che cessa di non scriversi, cioè il fallo o il significante del de- ~iderio dell'Altro; il possibile è ciò che cessa di scriversi, cioè la castrazione o il tramonto del complesso edipico. Clinicamente parlando, il soggetto tenderà a supplire all'impossibilità di scrivere il rapporto sessuale con la necessità del sintomo, prima della cura, e dell'amore, durante la cura. Di questa logica si possono dare rappresentazioni topologiche. Lacan non è il primo a sostenere la natura topologica di teoremi logici. È il primo a sfruttare le proprietà dei nodi per «annodare» il suo discorso, soprattutto sul modo borromeo di legarsi dei tre registri del reale, simbolico e immaginario. I nodi e le catene borromee fanno seguito a manipolazioni topologiche (tagli e saldature) della superficie toroidale. La risultante figura della banda di Moebius, nel particolare assetto detto otto interno, fa posto alla domanda e al desiderio, all'identi- . ficazione e al transfert. Ora cede il passo a considerazioni dallo spessore tridimensionale. Reale, simbolico e immaginario stanno insieme a tre a tre. Vuol dire che non stanno insieme a due a due: se ne manca uno gli altri si dissociano. L e «cose interessanti» non finiscono qui. Non dobbiamo dimenticare la distinzione tra godimento dell'Altro (corpo o sesso) e godimento fallico (fuori dal corpo o fuori dal sesso). Il godimento è secondo in classificae può essere limitato o illimitato, se esiste. La distinzione servirà a chi vorrà meglio distinguere tra oggetto-causa del desiderio •e corpo (della madre). Infatti, queste elucubrazioni hanno conseguenze decisive sulla tecnica analitica. Per esempio, dà.Iladistinzione tra tutto, con eccezioni, e non-tutto, senza eccezioni, si possono ricavare varianti della regola analitica fondamentale. Non solo l'ossessivo «comunicare tutto» (al/es mitzuteilen) ma anche il più sottile «dire qualunque cosa» (n'imporle quoi) ha qui diritto di cittadinanza. Soprattutto . , ! . ·11~. c:JS~:.:::;;;,,(. ;-4-'•-~~~ ;:_ ~~ ·' ~ ~:."(,;,..',_ ..... ~ ~ '<>...,.t (;if~ t...· - ,. ' in c~rte isterie, questa seconda formulazione presenta dei vantaggi. Non dimentichiamo questi e altri contributi originali del Seminario. Ma ci chiediamo: interessano ancora? Non bisogna illudersi. Nella psicanalisi esistono punti che difficilmente possono suscitare l'entusiasmo popolare: la scissione dell'Io di Freud o il reale come impossibile di Lacan sono tra questi. Diciamo di più. Nella psicanalisi c'è qualcosa d'insopportabile. Lo testimoniano le continue scissioni del movimento psicanalitico. Lo ribadiscono le riduzioni del suo discorso. Enumerarle? Impossibile. C'è la riduzione psicoterapeutica, che paga bene il riadattamento dell'individuo all'ambiente; c'è la fondamentalistica, che spaccia gli archetipi per dogmi religiosi; l'affettiva, che si basa sui coinerni, e la cognitiva sul protomentale; c'è la riduzione manichea, che contrappone le parti buone e le parti cattive dello psichismo come il diavolo e l'acquasanta. Ce ne sono così tante, anche di molto meno pittoresche, che la vera domanda non è se Lacan interessi ancora ma se la psicanalisi abbia qualche probabilità di sopravvivenza. Non sono molte. Le difficoltà indicate da Freud, le resistenze del narcisismo ferito, non sono le maggiori. La difficoltà strutturale è che il discorso analitico, il legame analitico tra esseri parlanti, non sta in piedi da solo. Vive, ma solo come parassita. In America si appoggia al discorso medico o a qualche sua variante parascientifica. La bioenergetica, la telepatia e la cibernetica sono pronte per l'esportazione in edizioni sempre rinnovate. In Europa preferisce appigli ideologici, che vanno dal religioso al politico. Ovunque la psicanalisi non disdegna compromessi col potere. Cosa vuol dire? Semplice: la psicanalisi sfrutta il discorso dell'altro per far progredire il suo. È istrionica la psicanalisi. Molto più istrionica di certi suoi analisti. In fondo la psicanalisi sta in piedi sul discorso· dell'altro. Cioè sull'inconscio. Interessante, no? 't t .. , •. •. ... t:. • '""t t ·r ' ' I ' ! ...,..,. )- J - ~-•--- 1.....-..:.... j ... "' 1.,..,..; .i,.-.;.: .. ::,;-· t ... ~ )I> ' ! -: Jacques-Louis David, bozzetto per il sipario dell'Opéra di Parigi, 1793, Parigi, Museo del Louvre 'O "I <::s .s ~ Cl. ~ ...... os:: &° ·- Co ...... 'O s:: ~ ~ ~ ~ - <::s
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