Alfabeta - anno VI - n. 61 - giugno 1984

occupavano dodici, e le altre dodici contenevano una bussola, un atlante, una Bibbia in latino, due paia di pistole, della polvere da sparo, delle munizioni, un astuccio di strumenti di matematica e uno di ferri chirurgici, di cui conoscevo l'uso per aver frequentato quella scuola, dell'inchiostro di china, una scatola di colori per disegnare a pastello e pennelli grossi e sottili. In un angolo della cassa si trovava una calamita così smisurata che credo nessuno al mondo ne abbia mai vista una più grossa. Nella confusione in cui tutti gettava la paura, i marinai accorsero per calare a mare le scialuppe, sperando di sfuggire a forza di remi a quella morte che sembrava inevitabile restando sul vascello. Sugli altri due vascelli distinguevamo un movimento straordinario dovuto ali'affanno di correre in nostro aiuto, poiché oltre al segnale di soccorso che avevamo lanciato, riuscivano a vederci, dato che la giornata era chiara e non erano troppo lontani da noi. Il nostro vascello ormai non faceva che rigirarsi in cerchio senza cambiar di luogo, come vediamo fare alla trottola quando il giocatore l'ha lanciata fuori dalla corda. Sempre girando su se stesso, andava progressivamente sprofondando nell'acqua come se fosse sovraccarico o attirato nel profondo del mare da una forza occulta. Tutti gridavamo: «Siamo perduti, non c'è più speranza! Dio, misericordia!» I cannoni erano già stati gettati in mare e due marinai stavano per tagliare le corde che tenevano legata la pesante cassa, quando altri marinai, tirando l'estremità di una fune che era dietro di noi, casualmente fecero sì che, mentre ci stringevamo immobili, ricevessimo sulla schiena un colpo così violento, che cademmo dal bordo proprio nella cassa urtando il palo che la teneva aperta e facendone cadere il coperchio, così che ci trovammo chiusi dentro. Eravamo così atterriti che niente poteva sorprenderci. Le corde che sostenevano la cassa dovettero essere tagliateproprio in quel momento, perché sentimmo il tuffo fatale. Ci immergemmo silenziosi e immobili, senza essere in grado di fare uso della nostra ragione per giudicare del bene e del male: la nostra situazione faceva sì che fossimo disposti alla morte senza averne alcun merito, dato che il nostro discernimento non vi aveva parte. Non appena la cassa era caduta in mare riuscivamo a vedere chiaramente con la luce che filtrava dai canocchia/i, ma un minuto dopo la caduta restammo nelle tenebre: la nostra dimora si inoltrava nel più profondo dell'abisso senza alcun movimento vorticoso, dato che a farla precipitare era il suo stesso peso più che un'attrazione straordinaria: sicuramente nessuno è mai stato in grado di render conto di quale fosse quella del Maelstrand. ( ... ) Potete figurarvi, signori, la nostra situazione, ma noi non possiamo dipingervela: scaraventati così a lungo l'uno addosso all'altro, non potevamo immaginare come ci fosse possibile resistere: notate che in questo turbine non sentivamo più né mal di stomaco né il fastidio del sudore: eravamo solo sporchi come di più non si può essere, e ci girava la testa. Nello sconvolgimento che ci gettava continuamente l'uno addosso all'altro c'era qualcosa di comico, tanto che avremmo riso, quando, alla fine dei nostri mali, ne avremmo ricapitolato le vicissitudini, ma la terribile situazione del momento non ci rendeva suscettibili d'immaginare alcunché di gradevole. (... ) Raggiungemmo un'aria scura e umida, poi una sorta di pioggia che di volta in volta saliva e scendeva, come non avrebbe potuto accadere senza vento: la nostra corsa alterata da questa strana atmosfera faceva vacillare la cassa: dopo aver percorso questa regione d'acqua, ci trovammo seppelliti nella notte: la sua oscurità tuttavia non ci impediva di osservare che stavamo avvicinandoci a un corpo opaco immenso, che ci sembrò terra, dato che desideravamo che lo fosse. Cercammo invano di scorgerne i confini a destra e a sinistra: cominciammo a andare contro un vento piuttosto forte che partiva dal luogo solido, o almeno fluido, verso .il quale eravamo spinti, non perpendicolarmente ma in obliquo, visto che le pianure e i massi che eravamo sicuri di scorgere sotto di noi sembravano sfuggire l'uno dopo l'altro via via che speravamo di cadere su di essi. Alla fine arrivammo alla certezza che la terra che scorgevamo non erasotto di noi, ma al nostro fianco, e che non potevamo sperare che avrebbe arrestato la nostra corsa. (... ) Cominciavo a aver paura di percorrere un'orbita senza fine: sospettavo di essere all'interno del nostro mondo, dove le tenebre devono essere naturali: pensavo che la luce di cui avevamo goduto fosse stata l'effetto di quel/'aria infiammata di cui nessuno sulla terra ha la benché minima idea. Ma non potevo sapere se con la nostra corsa stavamo attraversando il globo, o se stavamo ruotando: la disperazione ci uccideva, poiché pensavamo che era contro ogni probabilità che la nostra cassa, quand'anche si fosse fermata da qualche parte, potesse essere aperta da qualcuno, perché l'idea che l'interno del nostro globo fosse abitato da creature ragionevoli ci pareva assurda. (... ) Mentre pativamo tutte queste pene, il movimento della cassa divenne libero, come se il fango fosse diventato meno spesso, e a poco a poco il suo movimento vorticoso divenne violento e rapido, tanto che fummo obbligati a impiegare tutte le forze che ci restavano per cercare di tenerci addossati alle pareti, tenendo le braccia tese e le mani incollate l'uno alle spalle dell'altro; senza questa precauzione saremmo stati scossi con tanta violenza che avremmo resa l'anima. Eravamo in questo stato di sofferenza, quando la cassa urtò con violenza un corpo duro, che apparentemente, però, dovette cedere alla forza d'urto rompendosi, perché dopo l'urto volteggiammo lentamente cinque o sei secondi, e ci trovammo immobili, sospesi nell'aria senza toccare in alcun modo nessuna parete della cassa. Fu una specie di estasi che non durò che due secondi, ma fu reale, e avremmo creduto di rimanere là fino allafine dei tempi se non fosse intervenuto uno strano evento, che nessuno ha mai potuto figurarsi. Durante la nostra corta estasi, la grossa calamita che per caso si trovava sotto i miei piedi si alzò da sola con rapidità, dandomi un gran colpo al gomito, e andò a attaccarsi alla cassa al di sopra delle nostre teste. Ne/l'istante in cui la nostra estasifinì, ci trovammo a pesare sulle nostre teste, e la calamita tornò ai piedi: restammo fermi in questa posizione con i piedi in alto e la testa in basso, stupefatti di vedere la nostra cassa tutta circondata da una luce rossa. La nostra posizione ci scomodava alquanto; raccogliemmo tutte leforze per rimetterci in piedi sotto la calamita, che allora restava al di sopra della mia testa, fortemente attaccata al piombo . -, tf <, /I ll:r,,'!..l• t::::=~===~~~~~_.,., -: ._•.... f per una attrazione di cui non rimanemmo a lungo senza conoscere l'origine. Da dieci dei nostri canocchia/i vedevamo il colore rosso dell'atmosfera che circondava la cassa. I due sotto i nostri piedi, che non riflettevano niente, dimostravano come fosse poggiata su di un luogo solido. Mi affrettai a aprire dei fori: ma quale fu la nostra costernazione quando vedemmo entrare nella cassa un'acqua chiara e rossa. (... ) Eravamo in una specie di agonia, quando vedemmo due esseri rossi tutti nudi fare tre o quattro volte il giro della cassa. Si avvicinarono, la considerarono con attenzione e ~ ... ~, 1:._ , ': Incisioni monocrome di Visscher per alcune scene di Fiorire in amore, Amsterdam, 1609 toccarono i vetri dei nostri canocchia/i. Non ci saremmo stupiti se fossero stati dei pesci: ma la nostra sorpresa fu enorme quando vedemmo delle piccole creature poco diverse da noi, che sembravano maschi, e che pure, per la forma del petto, si sarebbero detti femmine. Questi due esseri si dissero qualcosa a segni, e se ne andarono, ma tornarono dieci minuti dopo accompagnati da molti altri del tutto uguali a loro ma di colori differenti. Non erano né più grandi né più piccoli di un cubito. L'esame della nostra cassafu rinnovato. Per eccitare ancora di più la loro curiosità ritirammo a/- l'interno i nostri canocchia/i, che avevamo appena spinto - fuori. Se ne andarono ancora tutti, ma questo andirivieni ci pareva di buon ·augurio. ( ... ) I cuochi I cuochi sono persone di cui si tiene il massimo conto, e sono tutti farmacisti, chimici di professione, dal momento che non devono solo conoscere le buone erbe e i fiori, ma possedere l'arte di trarne aromi, e sapere come combinarli per creare piatti nuovi di cui nessuno possa indovinare gli ingredienti. Non possono diventare capocuochi senza l'approvazione del collegio dei fisici, che laggiù sono dottissimi e molto rispettabili, e senza aver sostenuto tutti gli esami per essere dichiarati botanici universali. Tutto questo fa sì che i grandi cuochi siano tra costoro rarissimi e che si facciano pagare moltissimo, per cui sono tutti molto ricchi. ( ... ) La polvere da sparo Eravamo ricchi, ma abbiate la compiacenza di ricordare che saremmo statipoverissimi se avessimo dovuto mantenerci e pagare l'affitto della nostra bella casa, con un valore di almeno 60.000 once di mobili. Bisogna calcolare 50 ghinee all'anno per ciascuno dei nostri domestici, 500 per la nostra tavola e 100 per la nostra casa. Dove avremmo trovato 20.000 ghinee all'anno per vivere, tenendo conto di quello che ci occorreva per i nostri figli maggiori che vivevano mantenuti dal re a Alfapo/i? Dovevo pensare seriamente a liberarmi una volta per tutte dalla schiavitù di avere bisogno, per vivere, di un vitto così costoso. Una volta ogni giorno ci trovavamo in un'umiliazione opprimente, quando bisognava procurarsi il cibo; aggiungete a tutto ciò l'insolenza di molte di quelle anime mercenarie che pretendevano di non esseremai pagate abbastanza. Mi vergognavo ogni volta che mi capitava di dover annunciare al re che mia moglie era incinta. Passai tutto l'anno alle prese con una occupazione molto diversa da quella di mia moglie. Mi risolsi a preparare la polvere da sparo, come il solo mezzo per arrivare a cogliere i frutti proibiti senza che si sentisse il sibilo dei serpenti. li solo rimedio era quello di ucciderli. ( ... ) La tipografia non era la mia sola occupazione. Passavo lq maggior parte del tempo nelle mie fucine che mi costavano molto denaro; la quantità di armi, bellissime, che avevo fabbricato era sorprendente; erano perfette, senza dubbio migliori di quelle che si fabbricano qui, dato che l'acciaio combinato in fusione con lo stagno mi forniva per le canne un metallo che le faceva resistere a ogni traversia, anche se caricate fino all'imboccatura. Solo mia moglie era a parte dell'uso che volevo farne, e la curiosità dei Megamicri a questo proposito doveva essere enorme; tùttavia non è mai accaduto che mi venisse fatta la benché minima domanda. La loro virtù arrivava a tal punto che non si fermavano neppure a considerarne il meccanismo, per paura che li sospettassi curiosi di sapere di cosa si trattasse. Fu in quell'anno che la mia polvere da sparo fu portata alla massima perfezione. ( ... ) L'invenzione della polvere da sparo è ciò che può far attribuire al genio dell'uomo carattere divino: ·è vero che il caso ha contribuito in modo considerevole alla scoperta delle proprietà degli ingredienti che la compongono, ma senza la scienza, il profondo discernimento, la pazienza, lo studio, la fermezza che aiutarono l'artista a raggiungere il fine che si era proposto, noi non l'avremmo. Se questa polvere abbia aumentato la felicità del genere µmano o le sue miserie, è un'altra questione: quand'anche dovesse causare la caduta totale di questo mondo, sarà nondimeno giudicata un miracolo del potere dello spirito umano. La costruzione del Teatro Dopo la partenza della mia bella carovana, impiegai un gran numero di figli nelle occupazioni che gli emigrati avevano lasciato vacanti e, avendo progettato di offrire al re un fuoco d'artificio per la mia festa di compleanno, scelsi tra i miei figli quelli nei quali avevo scoperto un particolare talento per un lavoro del genere, durante i dieci anni in cui avevo studiato simili questioni con continui esperimenti. Ne avevo realizzato di molto ben riusciti, ma solo nel corso di quel- /' anno arrivai a saperne abbastanza. li mio dodicesimo figlio Matteo e suo figlio Giuseppe si erano dedicati allapirotecnia con tanta attenzione che ero sicurissimo di riuscirvi. Feci costruire in un luogo del mio parco, dove lo scavo era già pronto, un teatro tale che nessun architetto in Europa ne ha mai immaginato uno simile. La grande spesa che deve addossarsi chi intenda costruire laggiù dipende dagli scavi: si tratta di portare la terra in superficie e di distribuirla in modo tale che non formi mucchi da nessuna parte; deve elevare il terreno senza che il dislivello che si rende inevitabile sia sensibile: nel mio caso, dovevo farla trasportare molto lontano, dato che le campagne vicino allagrande città erano tutte già piuttosto elevate a causa di una quantità considerevole di profondi scavi accumulati nel corso di tanti secoli. I Megamicri sono eccellenti in questa pratica: quelli che lavorano a trasportare la terra con le carriole sono tanti quanti coloro che lavorano agli scavi. Una tesa al cubo di terra ne dà tre a causa dell'espansione: chi si vuol far costruire una casa, quindi, è in grado di sapere in un quarto d'ora quanto gli verrà a costare, ma il saperlo non diminuisce la spesa. li trasporto doveva spingersi a più di venti leghe di distanza ogni volta: spesi una fortuna. Un cubo di cento tese dava un milione di tese di terra, che riempivano tre milioni di carriole: potete immaginare quanti viaggi dovetti fare per trasportare tanto terreno. Ma avevo capito che laggiù, per fare la massima fortuna e sistemare tutta la mia posterità, non dovevo far altro che conciliare nei nostri confronti il più profondo rispetto con la loro stupefatta meraviglia. Oh, la meraviglia che avrebbe prodotto un gran fuoco d'artificio sarebbe stata superiore a quella mai prodotta altrimenti fino a quel giorno. (... ) Tutti i miei operai ignoravano cosa volessi fare di quel luogo; credevano che sarebbe servito per recitare una commedia, anche se non riuscivano a capire come avrebbero fatto a godere dello spettacolo quelli che si trovavano dietro agli attori. Ma queste difficoltà e questa ignoranza non li turbavano tanto quanto il rumore continuo che veniva dalle sale sotterranee, dove i giganti lavoravano a qualcosa di misterioso e dove nessun megamicro era mai ammesso; in tutta la capitale non si parlava c.he di quel rumore, e tutti, non conoscendone la causa, tremavano ·e ne inventavano d'ogni natura! (Traduzione di Silvia Delaude)

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