senso imperialistico (la politica di Édouard è espansionistica persino demograficamente, si estende con l'aumento geometrico e necessario della sua popolazione «umana») e capitalistico del progetto, l'utopia casanoviana è anomala rispetto al «genere» e il suo interesse (e significato) va al di là del valore letterario del romanzo in sé. È quasi un unicum, tanto è indisturbato dalla natura (anzi, il meccanismo romanzesco, come quello economico, si fonda proprio su un «contro natura», quale l'incesto originario tra i fratelli e tra i loro figli). È cioè un non-luogo vicinissimo ai luoghi storici, quale un Verne economico-politico. Gli stessi termini dell'utopia sono curiosamente capovolti. Édouard sbarca in un paese relativamente ordinato e felice, ma lo lascia in qualche misura sconvolto dal suo «progresso» e squilibrato dalla sua occupazione biogenetica. Sono già proprio (ne. è il costo da preventivare) «le magnifiche sorti e progressive», con minore ironia. Perciò va presa in considerazione una certa dose di ambiguità critica attorno all'ottimismo progressista, senza però scambiarlo con un lontanissimo Voltaire, al quale è legato solo da un non so quanto volontario calembour tra i Mégamicres di Casanova e il voltairiano Micromégas. Per il resto, l'ironia si esaurisce nel divertimento analogico di smontaggio del delitto di leso pomo, all'inizio. La seconda considerazione si riferisce invece al genere letterario adottato, il romanzo d'avventura nel quale si cala, per oggettivarsi, il discorso filosofico: è quasi inevitabile che all'anomalia ideologica debba corrisponderne un'altrettale di struttura narrativa. Innanzi tutto, l'Icosameron è un esempio abbastanza raro di viaggio centripeto, di contro all'uso prevalente dell'esplorazione centrifuga verso altri continenti o altri pianeti. È una conseguenza della già ricordata insufficienza dello spazio avventuroso. Il Voyage di X. de Maistre è imminente (1795) ma nell'inseguimento d'archetipi illustri si può scendere all'Inferno dantesco. Resta comunque il fatto che un percorso centrifugo è meno lineare, è labirintico, e favorisce l'introspezione e la riflessione piuttosto che la foga. È così che le avventure di Édouard e Elizabeth sono più intellettuali che romanzesche. Per trovare il primo ~olpo di scena, un imprigionamento, bisogna attendere la Quinta giornata (ed è a lietissimo fine), per arrivare poi alla Diciassettesima, la guerra e la rappresaglia, ormai alla vigilia del rimpatrio. Accade di leggere espressioni come «Nous passions notre tems assez agréablement» (IV), o «Nous passames dix ans européens dans la plus grande paix (... ) et il ne nous arriva absolument rien qui vaille la peine de vous etre narré» (IX), e ancora «Pendant ces trois ans il ne m'arriva rien qui mérite de vous etre récité» (XIII). Semmai il rischio incombente, in questo clima ideologico, è che il meraviglioso possibile si componga in idillio razionale, scientifico, com'è il caso, nella Sesta giornata, di un megamicro resuscitato, per esempio. Basterà la scienza, appunto, o la conoscenza a normalizzarlo. Le avventure intellettuali di un'utopia precapitalistica (attenti costretto a considerare l'istituzione dello 'straordinario' pagato, nell'organizzazione di fabbrica: «Je fis payer à mes ouvriers six journées pour les avoir fait travailler dans !es heures du repos»). Solo dopo aver ottenuto il controllo della stampa e delle fabbriche d'armi Édouard può pensare alla cultura, anch'essa controllata però (XI: «Mon théatre fut fini»). Ormai è «Prince du premier fief du saint royaume d'Héliopolis», ha un potere ufficialmente riconosciuto e perciò può pensare all'organizzazione burocratico-amministrativa d'una forza (i suoi figli e nipoti in geometrica moltiplicazioAccade che l'avventura intellettuale trovi un suo correlativo oggettivo nell'avventura scientifica, per cui i colpi di scena ci sono e sono di natura scientifica (un tributo inevitabile alla settecentesca fede laica). È questo il connotato d'una fantasia utilitaristica, che insegue l'invenzione di cose o situazioni da utilizzare, funzionalmente: se è forse facile risalire all'isola volante, Laputa, nella terza parte di Gulliver, non è fuor di luogo ma attinente far riferimento alla fantascientifica fantasia verniana. Già nella Terza giornata ci è presentato «un beau char découvert auquel nous ne vimes aucun Juan Mir6 mentre dipinge il sipario di Jeux d'enfants, B~lletsRusses, 1931 ' però a non scambiare Casanova per un borghese rivoluzionario, pur con tutta l'ambiguità di cui è carico), ma anche di una strategia di potere. In questo senso è una vera lezione sul tema della presa e della detenzione del potere, magari in nome della felicità e del benessere collettivi. Con strategie moderne e rinnovate. Basta seguire le scelte prioritarie di Édouard, la loro progressione Siamo nell'Ottava giornata: «Je tournois toute mon attention à l'établissement d'une papeterie». L'uso cioè della carta e della stampa come strumenti di comunicazione e di pressione, e il loro controllo monopolistico con rogito regale: «Vous etes mon imprimeur royal». È la prima mossa. La successiva, dopo la cartiera e l'imprimerie, è la realizzazione d'una fabbrica d'armi: «Je passois la plus grande partie de mon tems dans mes forges qui me coutoient beaucoup d'argent; la quantité d'armes que j'avois fabriqué étoit surprenante» (e per arrivare a questo risultato è ne) che gli garantisca la stabilità del potere: «Dans cette meme année quarante deux, je divisai ma famille en quarante tribus» (XIV). Sarà questa forza che gli consentirà di resistere e di vincere contro le ribelli pretese repubblicane, in cui non è difficile leggere un atteggiamento critico antirivoluzionario casanoviano, nella imminente vigilia francese. Ed è la sua proposta politica conservatrice: «La république apprendroit à ses dépenses à faire la guerre aux géants» (XIX). lf /cosameron è quel che si dice, con una formula abusata, un grande affresco, di grande fantasia, dal momento che immagina una gran storia al centro della Terra, un'esplorazione nel luogo inesplorabile, una filosofica utopia in veste narrativa antropomorfa, differente e originale, benché non lontana dagli schemi sperimentati nel suo tempo. L'esiguità dell'azione romanzesca e dei colpi di scena violenti non significa che non vi succeda nulla. attelage. Le gouverneur en touchant à des ressorts le faisoit aller à droite, à gauche, rapidement, et lentement, et l'arretoit à son gré» (e nella Tredicesima: «Nous vimes le roi avec son inséparable qui venoit (... ) dans une carosse coupé qui alloit fort vite sans chevaux, ni cocher»), mentre «!es chevaux volans» (111) sono più vicini agli aeroplani che agli ippogrifi. E si può continuare con la stilografica, il sottomarino, i gas venefici. Ma pure con l'uso dei manifestini aerei e con una sorprendente razionalizzazione chimica dell'alimentazione (si veda il brano sui cuochi). C'è da domandarsi quant'altri romanzieri coevi abbiano prestato un'attenzione così concreta e pratica alle scienze emergenti, quant' altri l'abbiano introdotta nelle loro applicazioni possibili tirandole fuori dall'ossequio generico e astratto. Nella Diciassettesima giornata M. Dunspili commenta: «C'est une grande découverte, et qu'on peut pousser bien loin». Di che si tratta? Dell'elettricità e del suo uso. Infatti Édouard ha appena finito di raccontare come, mentre puliva «un sceptre», «je le frottois avec force en le tenant ferme contre un grand morceau carré de poix qui me servoit de table (... ). Cent causes toutes absurdes me passèrent par l'esprit, puisque je n'avois nulle idée du feu éléctrique». Ed ecco l'applicazione: •J'imaginai une roue qui tournée avec violence prés du verre fit l'effet de· la rendre source de ce feu que j'appellai fluide( ... ). La vitesse au moins avec qui le feu électrique alloit, devoit etre égale à celle de la pensée». Il ricorso a Verne, ad quem, è legittimo ma non esaurisce la consistenza della novità casanoviana. Nel romanzo c'è un occhio attento e fantasioso assieme, che è testimone della settecentesca fiducia nella scienza applicata, inventiva e innovativa, soprattutto nella chimica e nella fisica. U salto di qualità e di modernità è visibile in questo compromettersi con le invenzioni e i progetti di macchine utili, descritte nella loro funzione, più che in una considerazione ideologica o in un ossequio generico. Vederne già l'uso. Dopo se ne potrà discutere teorizzando e moralizzando, come ~vviene nei venti dialoghi a commento, enciclopedisticamente assieme al tutto (la religione, le leggi, la morale, il piacere, i pregiudizi, la politica, l'economia, le riforme, ecc.), perché di romanzo enciclopedico si tratta. Ma intanto si discute su cose pre:- senti e funzionanti. Concludo la scheda dicendo che è mia opinione (e lo era, con tristezza, di Casanova stesso) che la scarsissima fortuna dell' /cosameron sia da attribuire alla scarsa diffusione. Fu ed è un libro pochissimo letto. Ne son derivati perciò giudizi che appaiono per lo più di seconda o terza o quarta mano, se non han saputo coglierne la novità, non solo e non tanto in rapporto a un panorama narrativo di modesta consistenza come l'italiano. Si ha un bel dire, ma Histoire de ma vie e Icosameron restano i due prodotti più convincenti e moderni e europei (anche dal punto di vista dello stile, della scrittura) della nostra letteratura settecentesca. Peccato che, come i Mémoires di Goldoni, siano scritti in francese. Folco Portinari Nota (1) Il titolo c9mpleto è: lcosameron ou Histoire d' Edouard et d' Elizabeth, qui passèrent quatre vingts un ans chez /es Mégamicres habitants aborigènesdu Protocosme dans l'intérieur de notre g/obe, traduite de l'anglois par Jacques Casanova de Seingalt vénitien docteur en loi et bibliothécaire de Monsieur le Comte de WaldensteinSeigneur de Dux Chambel/an de S.M.J.R.A., Praga 1788. Se ne ha una ristampa (Spoleto, Argentieri, 1928), e una traduzione ridottissima (con prefazione di G. Spagnoletti) intitolata: Edoardo e Elisabetta (Milano, Lerici, 1960). Il naufragio Partimmo l'ottavo giorno, con un vento di Sud-Est in poppa che ci spingeva in direzione della Groenlandia. A metà del nostro percorso, vedemmo. le Gundebiurnes Skeer, piccole isole abitate da orsi che ne impediscono l'accesso a chiunque voglia mettervi piede. Non lontano ci fecero vedere, fuori dall'acqua fino all'anca, una spaventosa figura di mostro che chiamano Haffenstramb: ha la testa lunga e appuntita, le spalle larghissime e le braccia molto lunghe, senza mani. Ci mostrarono poi, nello stesso mare, quello che chiamano il Margugner, scoperto fino a/l'ombelico: per il petto e la lunga capigliatura lo si direbbe femmina: alle spalle ha due tronchi che a qualcuno sembrano braccia con grosse mani dalle lunghe dita attaccate insieme come zampe d'oca: si divertiva a mangiare i pesci che afferrava. Il terzo mostro che gli anziani del vascello ci fecero vedere fu il sorprendente Hafgierdinguer: le sue tre testesono tre montagne d'acqua che formano un triangolo il cui centro inghiotte chi vi si incaglia. ( ... ) Stavamo per doppiare Capo Nord e prendere il cammino della Nuova Zembla, ma i venti contrari, che perdurarono forti e costanti otto giorni, ci rispinsero tra le grandi lastre di ghiaccio, e non cessarono che quando ci trovammo verso le coste della Norvegia, dove la bonaccia ci arrestò. Eravamo tra la piccola isola di Vero e la parte meridionale delle isole di Laff ouren a 34 gradi di longitudine e 68 e 15 primi di latitudine. Era la mattina del ventesimo giorno di agosto quando ci vedemmo in balìa di una corrente la cui violenza ci trascinò irresistibilmente verso l'abisso. Su/l'imminente pericolo di morte in cui ci trovavamo, nessuno dell'equipaggio aveva alcun dubbio: una voce generale, spaventosa, si mise a gridare: Maelstrand, Maelstrand: è il nome di un'ampia area di quel mare, la cui circonferenza corrisponde a 6 delle nostre 17J-igliae,il cui centro è una roccia che chiamano Muske. Si tratta di un abisso soggetto a un'attrazione"sotterranea così forte da inghiottire ogni corpo solido che si trovi sulla sua superficie. to a me sul ponte di coperta, vicino al bordo a cui si trovava legata la cassa di piombo che un vecchio ufficiale di marina voleva con sé in tutti i suoi viaggi. Diceva che avrebbe dovuto essere la sua tomba se fosse morto per mare di qualche malattia: pretendeva che se lo si fosse chiuso lì dentro i più immani mostri marini non sarebbero mai riusciti a divorare il suo cadavere, e che in questo modo era sicuro di andare tutto intero a render conto al creatore della sua condotta il giorno del giudizio universale. (... ) Al momento di questo grido terribile, Elizabeth era accan- <:::> e-. <::t .s ~ ~ "t ~ ~ () -~ CC) ~ '0 i: !:! 'Il .Q g Questa cassa aveva all'interno di ciasc.una delle sue sei facce due fori rotondi de{ diametro di una ghinea, che la aprivano ali'esterno da tutti i lati: le facce erano sei e i fori dodici: in ogni foro era sistemato un canocchia/e di otto pollici (... ). I vetri esterni erano incassati in modo tale che difficilmente avrebbero potuto rompersi nell'urto con un corpo duro. All'interno di ciascuna delle due fiancate laterali, la cassa aveva dodici tasche di marocchino, piene di ogni genere di cose e chiuse in alto da un cordone a mo' di borse. Dodici bottiglie, sei di acqua potabile e sei di spirito, ne -----------------------------------------------------------------------------' <::t
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==