N el 1788 Giacomo Casanova dà alle stampe un romanzo di mole davvero imponente e lo intitola /cosameron1 • L' Icosameron è un romanzo utopistico, fuori schema però, diviso in venti giornate di racconti e relazioni (donde il titolo «alla greca») dei protagonisti e altrettante di commenti e riflessioni filosofiche, assieme a un gruppo di nobili inglesi, sulle cose appena narrate. La struttura è la stessa di molti romanzi settecenteschi, tra viaggio e avventura: il protagonista parte alla ricerca del luogo felice, per verificare poi che questo luogo non esiste o perché la felicità è interiore, sta tutta «dentro», o perché la natura dell'uomo e della società non lo consentono. Si tratta per lo più di un utopismo scettico e conservatore, con motivazioni tanto religiose che laiche. Tutt'al più con venature satiriche o ironiche. Oppure, sullo slancio riformistico, si ipotizza e si descrive un paese platonicamente o anarchicamente comunistico, saggio, disinfettato, disinfestato. Cioè un «non-luogo» raggiunto con una fuga dalla storia, quasi inevitabilmente e naturalmente reazionario, a dispetto delle apparenze. Ma il viaggio casanoviano 1 non perviene sulla Luna, né in • un'isola né in un'oasi, bensì finisce al centro della Terra, con bella anticipazione vemiana. Credo sia opportuno ricordare come la cosmologia settecentesca scopra la progressiva angustia del mondo, non più sufficiente all'espansione dell'avventura. Con qualche raro segnale seicentesco. I Gulliver's Travels e Micromégas stanno lì a dame filosofica testimonianza, così come ne danno testimonianza più romanzesca, e in tempi diversi nel secolo, La Kemis ou les Voyages extraordinaires d'un Egyptien dans la Terre intérieure, avec la découverte de l'lle des Silphides (1737) del De Mouchy, o La découverte australe par un Homme-Volant (1781) di Restif de la Bretonne. Fino al romanzo del danese Ludwig Holberg, scritto in latino, Nico/ai Klimii iter subterraneum (1741), ch'ebbe particolare e immediata fortuna: è la storia di Niels Klim che nel 1665 «precipita» nel pianeta Nazar, e a Martinia trova gli abitanti simili a scimmie, mentre nel paese dei Quana costruisce armi da fuoco, là sconosciute, diventandone così il dittatore, un po' come l'Édouard casanoviano. Angustia e dilatazione, dunque, che troveranno il loro conclusivo capovolgimento nel non-viaggio stemiano o nel Voyage autour de ma chambre di Xavier de Maistre. Ovvero nella fuga nel tempo, nell'avventura in un tempo esotico, l'antico: val la pena ricordare che l' Icosameron è del 1788, lo stesso anno del Voyage du jeune Anacharsis en Grèce, di Jean-Jacques Barthélemy. Qui in mezzo è da collocarsi anche la minima produzione italiana, da Seriman a Chiari a Casanova, quando le Lettere (1760) di Baretti potrebbero valere come referenziale termine di romanzo dis-avventurato, negato, realistico ... LI Icosameron è un romanzo filosofico o un romanzo fantascientifico? Nella dedica al Conte di Waldenstein, Silcosameron gnore di Dux, si legge: «Personne au monde n'est en état de décider si cet ouvrage est une histoire, ou un roman, pas meme celui qui l'auroit inventé, car il n'est pas impossible, qu'une piume judicieuse écrive un fait vrai dans le meme temps qu'elle croit l'inventer, tout comme elle peut en écrire un faux étant persuadée de ne dire que la vérité. De cet antécédent on peut faire une introduction. On ne pourra sans preuve évidente ni nier un fait quelconque, ni y ajouter foi. L'homme qui lit doit se Giacomo Casanova quasi nulla perché «non si sa come va a finire», si conclude col ritorno in superficie; dei due eroi, che hanno abbandonato le monde intérieur, non abbiamo più notizie. Va però detto che quell'Eden non· è analogico ma riprodotto, in modo scoperto, poiché una delle prime scoperte di Édouard e Elizabeth è l'esistenza di pomari, organizzati in modo che «ces fruits servoient d'aliment unique à des serpens ( ... ). Les Mégamicres, regardoient ces monstres comme leurs ennemis naturels, mais ils les laissoient tellettuali, politiche e scientifiche, non meno intriganti. C'è comunque un'eccezione subito all'inizio, ed è l'incesto consumato dai due fratelli, Édouard e Elizabeth, donde la perpetuazione, alla fine sopraffattrice, della loro specie. Ma anche questo incesto è una parodia biblica (o una parodia della Natura): «Notre nudité nous exposoit à un danger auquel il étoit impossible que nous ne succumbassions. La nature ne nous laissa pas le tems d'y penser ( ... ). Nous nous trouvames devenus mari et Sezione orizzontale del Gran Teatro di Parma, secolo XVII, Parma, Archivio di Stato mettre à son aise, et croire vrai tout ce qu'il trouve vraisemblable, et faux tout ce qui choque sa raison». È già una bella proposta, abbastanza indicativa d'una scelta: un'invenzione che sia verosimile e non turbi la ragione, ferma restando la libertà della fantasia di ambientare il racconto secondo le sue norme, anche in un non-mondo: «Vous apprendrez que le monde intérieur est le Paradis terrestre, ce meme jardin d'Eden, dont nous ne pouvons pas révoquer en doute l'existence réelle», ben poco allegorico e idillico (e incomincia infatti con un Commentaire littéral sur /es trois premiers chapitres de la Genèse). Una geografia lontana da quella di Paul et Virginie, per intenderci. Allora è un romanzo fantascientifico-filosofico, non so fin dove utopico, se le utopie possiedono in genere l'ottimismo della fede e il pessimismo della storia. Di questa utopia, invece, non si può dire tranquilles» (III). Sarà loro cura primaria di sbarazzarsene, e con strumenti pratici, per nulla teologici o allegorici, a pistolettate, parodisticamente. Ma è altrettanto vero che il romanzesco avventuroso si esaurisce nelle sue stesse cause, nel naufragio, addirittura nell'introduzione, che ci seduce per l'anticipo netto rispetto alla discesa al Maelstrom di Poe: «noyés dans le vaisseau de Volsey, qui fut absorbé en Norvège par le Maelstrand, gouffre infame,· et effroyable, qui entraine dans les abymes tous les navires qui s'y approchent». E nell'imprevedibile sopravvivenza dei naufra- • ghi, per via d'un'occasionale sorta di sottomarino, assieme all'incontro con gli abitatori del centro della Terra, i Megamicri. Da questo momento in avanti il romanzo diventerà una regolare relazione, una descrizione genericamente apparentabile allo stile gulliveriano, dove i colpi di scena cedono il posto alle avventure infemme sans avoir fait aucune résistence ( ... ). Pouvons-nous avoir offensé la nature, tandis que ce fut la nature elle-meme qui nous fit agir ainsi sans le concours de notre volonté?» (II). Tutto fila regolarmente senza tirare in ballo «funzioni» devianti la regolarità. Niente Edipo, perciò. Se quello è l'Eden, loro non possono essere che Adamo e Eva, e come tali daranno vita a una nuova specie che si moltiplicherà geo- . metricamente: quando gli eroi torneranno in superficie lasceranno laggiù quattro milioni di eredi. La mancanza di romanzesco puro non comporta comunque l'alternativa di un'utopia idillica, ove si raggiunge un equilibrio ideologico, e quindi sociale, in uno stato di quiete. Benché i «palais» siano • «topes cubes parfaits qui ont leur surface couverte de cours, de jardins, de canaux, et de petits bois et remplis dessus de tout ce que !'industrie, la science, et le luxe peuvent fournir aux 'désirs d'un monarque spirituel, voluptueux, et magnifique» (II), tra i Megamicri ci sono ricchi, poveri, monarchici, repubblicani, delinquenti, «il ya dans ce monde là pauvreté, et richesse, le tien, et le mien comme chez nous». Il modo di procedere del romanzo è assai lento ma non poco scaltro, perché l'intrigo non appare, sommerso in parte dalle quotidiane digressioni filosofico-riflessive con gli ospiti, ma governato soprattutto da un tono complessivo «staccato», straniato, qggettivo, nella finzione del documento. Non l'utopia rivoluzionaria, ripeto, quanto piuttosto la minuziosa descrizione di un mondo in cui il demiurgo Édouard cerca di perfezionare l'esistente, secondo una visione politica spregiudicatamente realistica: «C'est ce que le sentiment auroit du faire partout où il y auroit eu une religion dominante, entretenue par une bonne police». D'altronde, quello è un Eden con tanto di re e repubbliche, classi sociali e mali sociali, ove la sistemazione della società è affidata alla naturale (altra parodia?) causalità genetica, classisticamente discriminante, nascer~ rossi o policromi: «quoique !es seuls féconds soient ces des rouges. Cette seule couleur est la prolifique, età cette seule couleur appartient la noblesse, et le droit d'aspirer aux grandes charges, et aux principaux emplois de l'état ( ... ). On peut bien dire que la noblesse est réelle: c'est la nature meme qui fait là ce qu'on appelle un gentilhomme» (V), dove sembra che si restituisca alla· natura l'organizzazione rigida e gerarchica della società. Una profezia, altrettanto «naturale» e selettiva, ne prevede la modificazione e sostituzione: «Le bonheur des Mégamicres finira, lorsque leurs mauvais traitements auront irrité un peuple d'une autre espèce plus grande, plus forte qu'eux, nourri par eux meme» (V), sul versante aggressivo, conflittuale, imperialistico, coloniale. Il principio vale cioè fino a quando un elemento estraneo, l'uomo in questo caso, non rovesci le regole e invada dall'interno quel Paradiso, secondo una procedura che anticipa di quasi due secoli la formula fantascientifica dei marziani sono tra noi. Con tutte le considerazioni di identità e di relazione che ne derivano. H a parenti Édouard? Ovviamente, e li ha nel suo secolo. Édouard è una sorta di Robinson rovesciato, più che un Gulliver. Non è un esploratore, mentre può essere assunto come una dimostrazione esemplare di 'self made man', sebbene in una situazione capovolta. Egli arriva all'Eden, lo dichiara, ma vi impone le sue leggi e la sua logica di capitano d'industria, paleoindustriale pour cause, e la sua utopia progetta una struttura capitalistica nell'organizzazione della società e dello Stato. Che non è piccola invenzione romanzesca, per i tempi che corrono. Édouard è uno che approda non alle Galapagos ma alla White House e che persegue le strategie dell'economia, caricandole di valori morali, d'una morale laica e illuministica, fiduciosa nella fonte energetica della ragione. Ne derivano due considerazioni. La prima di carattere generale: nel
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