Alfabeta - anno VI - n. 61 - giugno 1984

In Total Resistance Statements and Poetry From L. Peltier, Standing Deer, Bobby Gene Garcia Mohegan Lake (NY), LP Support Group Pubi., 1980 pp. 70, $ 2 Living in Reality A story of a struggle Olympia (Wash), Hard Rain Pr. Coli., 1982 pp. 88, sip R. Dunbar Ortiz The Great Sioux Nation An Oral History ofthe Sioux Nation & its Struggle for Sovereignity Typeset at Archetype, Berkeley, 1980 Printed and Bound under direction of Bookcrafters, Inc. (Mich.) pp. 224, $ 6.95 Akwesasne Notes Mohawk Nation Akwesasne (NY), Mohawk Nation, 1982 voi. 14, n. 4, pp. 18, $ 1.50 Oyate Wicaho Porcupine (S. Dak.), Publication of Dak. American Indian Movement, 1981, n. 6-0 pp. 20, sip Black Hills Paha Sapa Report Publication of Black Hills Alliance Rapid City (S. Dak.), 1981, n. 3 pp. 8, sip L a poesia indiana, almeno come noi la intendiamo secondo i canoni della cultura occidentale, è il prodotto (frutto di un processo di acculturazione) di una limitata cerchia di indiani. A nostro avviso, quella che noi chiamiamo per comodità 'poesia indiana' in fondo e in una certa misura non è che una creazione della cultura occidentale che ha proiettato i suoi schemi e la sua visione attraverso gli indiani acculturati inseriti e più o meno integrati nel mondo istitunonale e culturale bianco. «Tra la nostra gente non ci sono poeti. Tutti noi parliamo in poesia». Questa affermazione di un giovane indiano testimonia e sintetizza molto bene la «diversità» culturale dei nativi americani e il loro modo di essere poetico, che sfugge a ogni tentativo di inclusione in categorie né tanto meno si presta a essere valutato secondo parametri e valori eurocentrici. Il linguaggio poetico dei nativi riflette l'intreccio tra storia indiana passata e presente, lo scontro e i conflitti tra la cultura occidentale - soprattutto di segno americano - e quella tradizionale a cui gli indiani cercano disperatamente d'aggrapparsi (almeno quelli che vivo- -.. no in parte in maniera tradiziona- -.. ~ le), per non scomparire definitiva- .5 mente come popolo, per non farsi ~ t:)... .sommergere dal «diluvio culturale ...... 'O dei bianchi». L'espressione poetica, rintracciabile soprattutto ·nel. linguaggio di tanti 'militanti' indiani, anziani, leaders spirituali, tende - dopo le lotte degli anni .sessanta-settanta e quelle più recenti - alla formazione di un' «indian ~ consciousness», alla riaffermazio- i ne della identità culturale e al re- ~ cupero della 'versificazioné tradizionale' indiana sia a livello di contenuti sia a livello formale, cercando di aprirsi un varco - come notava J.D. Forbes - nella muraglia della letteratura («indiana») creata dalla società bianca. A questo bisogno di rivitalizzare e ritrovare, alla luce del nuovo contesto storico, le proprie radici, è da ascriversi il ripristino della lingua nativa: di quel linguaggio - legato alla tradizione orale - di per sé poetico, mutuato dall'esperienza e dal contatto con la natura che è la chiave di volta per comprendere il mondo poetico indiano. Va letta anche in questo senso la rivisitazione dei riti e delle cerimonie e la riattivazione dei miti, delle leggende, dei canti, degli inni, patrimonio in parte disperso e frantumato dal genocidio culturale in atto da tempo. Si veda per esempio il revival della «Suo Dance» (Danza del So-. le), della «Ghost Dance» (Danza degli Spettri) o la pratica della re basata su presupposti di reale uguaglianza, democrazia e libertà, e dunque il rispetto di culture diverse che hanno un rapporto equilibrato con l'habitat e la visione di un ordine naturale e umano delle cose e delle persone. 11 linguaggio poetico indiano con la sua spontaneità e senza alcun progetto teorico cerca di realizzare sul piano formale e di contenuto quella indipendenza culturale di cui i maggiori leaders si fanno orgogliosamente portavoci. Come nel caso di Henry Crow Dog, padre di -Leonard, vecchio sciamano Chippewa-Sioux, la cui scrittura poetica conserva il sapore e il bisogno di un autentico e antico rapporto con le forze naturali all'interno di un sistema di vita tra- • dizionale che spazzi le influente del mondo dei bianchi (di cui si descrivono, con sottile ironia tipicamente indiana, le contraddizioni e le storture). Alberto Savinio, bozzetto per siparietto di Vita dell'Uomo, 1950-51, Milano, Teatro alla Scala «Sweat Lodge» e della «Crying for a Vision», intese come elementi di profonda indianità ritrovata e di coesione nazionale, a opera di grossi militanti e medicine men tradizionali come Archie Fire Lame Deer, Brooke Medicine Eagle (donna sciamano), Wallace Black Elk, Phillip Deere, Crow Dog. Quest'ultimo, insieme a Black Elk, partecipò all'occupazione armata dello storico villaggio di Wounded Knee nel 1973; ha un centro spirituale insieme alla sua famiglia a Rosebud nel S.Dak. (Crow Dogs Paradise), conosciuto in tutta l'America. È ora rinchiuso nel carcere speciale di Marion dell'Illiriois, dove subisce trattamenti disumani. Certamente i nativi devono fare i conti con le interferenze culturali proprie della cultura egemone, con l'accerchiamento anche fisico della comunità indiana, con l' «american way of life» che informa e influenza tutti gli aspetti della realtà. Non a caso la poetica indiana, espressa in primo luogo da migliaia e migliaia di sconosciuti e anonimi indiani, denuncia l'estraneità del 'pellerossa' di oggi, come di ieri, a un mondo dove non vi è posto per il <mative and natural people», per i canti, le preghiere tradizionali, le cerimonie; dove le leggi della «despiritualizzazione e disumanizzazione della realtà» - come dice R.. Means - non permettono una concezione del viveVi è una «poesia popolare» che mantiene il modo di sentire e di essere indiano (maggiormente tra la vecchia generazione più vicina e più legata al passato) e si nutre di un rapporto più diretto con gli elementi simbolici tradizionali e con i cicli e i ritmi della vita; al contrario della poesia acculturata di tanti «zii tomahawks» e di «apples» (nomignoli dati agli indiani più o meno integrati) che, una volta usciti dalle università del tutto trasformati, scrivono sulle riviste letterarie alla moda nello stile dei bianchi e che il più delle volte riescono a esprimere solo una generica «indianità di razza». Essi cercano,, ma non tutti, di adeguarsi ai modelli culturali e di vita americani, mediando tra la cultura d'origine e quella dominante. Senza dubbio, le più belle e più rappresentative espressioni dello spirito poetico indiano e del suo modo di essere e di comunicare nel contesto della moderna società americana - con tutti i problemi e le contraddizioni che ciò comporta - si possono leggere tra le pagine dei giornali nativi quali Akwesasne Notes, Oyate Wicaho, Paha Sapa Report e altri, dove vengono sistematicamente pubblicate, e negli innumerevoli opuscoli, riviste di vario genere, curati da circoli, organismi indiani e dai gruppi di supporto. Esse sono il frutto di riflessioni, di sensazioni, di «visioni», di pulsioni emozionali, di appunti di semplici persone che co- • municano i propri pensieri poetici sulle realtà che vivono. È da sottolineare lo spirito delle narrazioni poetiche di questa gente considerata 'astorica', che esprime le sue esigenze comunitarie, il suo vissuto, il profondo bisogno di riaffermare la propria identità culturale, anche se attraverso un lungo processo contraddittorio all'interno e a dispetto di una società disumanizzante, capitalistica, che forse, per i presupposti economici e culturali che incarna, storicamente non è mai riuscita a capire il mondo dei nativi. In fondo, essi tendono a sintetizzare in una visione poetica sofferta e piena di contrasti la comprensione del !llOndo attuale, il ruolo e la funzione degli indiani al suo interno. Ecco perché, a volte, è evidente la difficoltà di 'gestire' in maniera coerente le tradizionali concezioni e visioni del mondo pellerossa, la non sempre felice espressività del linguaggio simbolico, le interferenze e le commistioni tra vecchio e nuovo dovute anche ai condizionamenti e alle ineliminabili influenze dei vari movimenti culturali e politici dell'America bianca, principalmente di quelli progressisti e di sinistra:, e delle minoranze di colore. L'espressione poetica, così come quella musicale, riveste ancora oggi tra gli indiani un'importanza fondamentale. Essa ha una funzione strettamente sociale con finalità concrete legate a avvenimenti e comportamenti collettivi non di mero appagamento estetico, né tanto meno ha una funzione fine a se stessa. È concepita come linguaggio spirituale, come mezzo per instaurare e mantenere un rapporto armonico tra gli uomini e tutte le forze dell'universo; non è un'attività staccata né parte separata della realtà umana e cosmica, ma è parte di un insieme altamente ritualizzato dove convergono religione, riti, cerimonie, magia. Certamente affascina una cultura che vede nella spiritualità, diffusa in tutte le forme della vita e delle attività umane, la forma più alta di coscienza politica e che mantiene il mito come chiave di lettura della storia e come interpretazione del mondo circostante. Ed è spiegabile anche, alla luce di tutto ciò, il bisogno di recuperare, da parte del nuovo Movimento indiano, il tradizionale rapporto con le forze naturali attraverso le attività e le cerimonie collettive, «la ricerca di visione» dei nuovi sciamani, la trasmissione di gesti, parole, conoscenze ancestrali, realtà «non-ordinarie», che permettono la sopravvivenza di un'entità etnica. Q uesti riti e cerimonie, recherche profonda dell'indianità, mancando le condizioni ambientali, economiche e culturali che li avevano fatti nascere, sono fuori dal tempo e senza significato? È quello che pensano taluni con scarsa dimestichezza con la realtà dei nativi, che 'studiano' gli. indiani come «curiosità storica» e con la mentalità «under glass», credendo - come faceva notare E. Zolla - «di poter inchiodare [la realtà di un popolo] come una farfalla da collezionè ·nella cornice delle loro ipotesi». I nativi sostengono che il bagaglio spirituale è il sostrato insostituibile del loro sapere ancora oggi, nonostante le mutate condizioni storiche e gli adattamenti di vita conseguenti. Essi sono - per dirla con Don Juan, uno sciamano Yaqui - i profondi conoscitori del nagual, cioè di qualcosa che sta così dentro da non poter essere distrutto neppure nelle condizioni di un popolo sconfitto e sottomesso. In un'intervista, uno degli ultimi grandi capi irochesi, Leon Shenandoah, c_hevive a Nedrow nella Riserva Onondaga, ci faceva notare come la sola strada per essere e rimanere indiani sia quella del popolo tradizionale che conserva il modo di sentire antico e mantiene la religione, la lingua, le leggi degli avi, le tradizioni comunitarie, tendendo a separarsi dal mondo dei bianchi e assumendo la Riserva come base territoriale nazionale per rivendicare l'autonomia e l'autogoverno. •. Giudicare la cultura e la realtà dei nativi oggi, magari includendola in categorie e schemi, partendo dall'analisi dei libri di scrittori e poeti «indiani» acculturati che scrivono per i bianchi, nello stile e nella scrittura dei bianchi, può essere un'operazione fuorviante, quando non è macroscopica ingenuità. Diceva Russell Means, il maggior leader dell'Aim (American Indian Movement), che una laurea in «studi indiani» o in sociologia o così via, non farà di un individuo un essere umano né fornirà le conoscenze ai modi tradizionali indiani. Potrà solamente rendervi 'un europeo mentale', un escluso. E aggiungeva: «Sono molto preoccupato per il popolo indiano, gli studenti e gli altri, che hanno cominciato a essere assorbiti nel mondo bianco attraverso le università e le altre istituzioni. Ma anche questa è una forma marginale di preoccupazione. È senz'altro possibile nascere con la faccia rossa e la mentalità .bianca... Questo è un aspetto del genocidio culturale,intrapreso contro gli indiani americani oggi». La cultura nativa in America si esprime oggi attraverso i mille rivoli di una pratica di riappropriazione della propria identità e del retaggio millenario da parte delle nuove generazioni, formatesi alla scuola degli anziani e dei leaders spirituali all'interno del mondo indiano e a contatto con i suoi valori. In passato, parecchi studiosi avevano predetto la fine della spiritualità indiana, ma essi - come fanno notare alcuni medicine men - hanno preso troppo in considerazione le forze esterne della storia, la potenza militare, il progresso, e non abbastanza i bisogni dello spirito umano, la persistenza della coscienza mistica e la capacità di recupero della saggezza nata a contatto con la Madre Terra. Le comunità tradizionali e i leaders più accorti pongono come obbiettivo principale quello della lotta per la sopravvivenza di una razza •che ritrova i propri valori più •au- . tentici e si aggancia indissolubilmente alle proprie radici culturali e etniche malgrado il contesto di un mondo diverso, ostile e prevaricante.

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