Alfabeta - anno VI - n. 60 - maggio 1984

L a rivista il verri ritorna a Milano, dove è nata, con una sua breve mostra e, ritornando, ritrova la memoria del calore, delle tensioni e della forza che le venne dal respiro vivo e stimolante della città, di una città cui, a cominciare dal titolo, è strettamente legata. Per chi ha vissuto quegli anni, il recupero si dà con piacere come un rivivere una esperienza irripetibile; ma, nello stesso tempo, non senza emozione, e un certo grado di inquietudine, e qualche sopportabile trauma proprio nel momento di ritrovare i segni-di· uno slancio ormai remoto, ma che pure continua ad agire. In ogni caso, senza il verri milanese il verri nei suoi vari momenti, e quello attuale, sarebbe davvero impensabile. Ci sono molti fili delle filande lombarde che ancora tessiamo ... Una mostra in progress Ma ecco: siamo davanti a una mostra; una mostra ... proprio il verri tenta di esibirsi in una mostra? L'impresa non rischia di essere una sorta di prefigurazione del Museo, proprio mentre la rivista vuol continuare ancora a saggiare il terreno dell'inaspettato, del movimento, della fertile sorpresa? Una mostra di una rivista, di una rivista .che vuole essere vivente, non è una clamorosa contraddizione? Un freddo avviso del genere non ha mancato talora di paralizzarci nel corso del progetto, ma, ecco, la mostra a Milano è già diversa da quella proposta a Zurigo, o altrove. Essa va intesa come un oggetto in progress, pronto ad accrescersi, e a trasformarsi continuamente, a rivedere i propri limiti senz'altra meta che non sia quella di indicare in breve, ma nel modo più attento, percorsi per se stessi mobili e ricchi di relazioni. Una mostra vivente di una vivente rivista; ed è anche una buona introduzione ad un rilievo, nel .contesto, determinante: quello del carattere mobile e continuamente sollecitato delle pagine. Se ne vedranno i motivi; o, se ci è consentito di usare una parola difficile, il metodo. Ma è proprio questo procedere, sembra, che ha permesso alla rivista di non perdere mai il contatto con le cose, anzi di sollecitare cose nuove tenendo sempre vivo il proprio progetto, senza perdere se stessa, anzi dichiarando sempre un proprio senso e una propria intenzione .continuamente inquieti di sé nel desiderio di una presenza, di una sollecitazione senza sosta allarmata .. Una rivista della crisi • Una mostra in progress di una rivista in progress; anche direi - le due considerazioni son legate tra loro - una rivista che nella crisi delle riviste vuol presentarsi come u~a rivista della crisi. E bene non . tocca a me·parlare, qui, di profitti e di perdite, di risultati e di acquisti; altri parli di ciò. Mi pare invece lècitò che io dica qualcosa delle intenzioni, del tessuto di intenzioni che si sottintende a tutto il lavoro della rivista; e gli dà figura di senso. Certo della rivista si è parlato; se ne è parlato in vari modi ora privilegiando il suo interesse per le avanguardie, ora sottolineando un certo eclettismo di fondo. Ne sono state fatte letture «sociologiche» / I lumidel<<verri>> non senza accenti moralistici. E altro. E altro ancora. Siamo grati a tutti i lettori, di cui non oseremmo mai mettere in dubbio la buona fede. Ma a questo punto va detto che, per una comprensione più aperta e meno parziale, dovrebbe esser considerato che la rivista ha voluto, e vuole, essere soprattutto un modo contemporaneo e articolato di vivere consapevolmente la crisi - quella crisi che da quasi tin secolo inquieta il pensiero, e soprattutto quel luogo sensibilissimo del .pensiero che è l'Europa, tra improvvisi sussulti, distesi momenti di calma, e pesanti inquietudini. Questa crisi ha, nel nostro vissuto, aspetti particolari e variabili; e di questi aspetti si occupa continuamente il verri, così che ogni singolare, pur emergente tra le altre, e anche più insistita attenzione del suo discorso a questo o a quell'aspetto particolare della letteratura, dell'arte, della filosofia acquista un suo significato davvero più organico nella prospettiva di questa condizione generale in cui tra segni non eludibili ci troviamo a vivere, mentre essa stessa, la crisi, si qualifica nella rivista in rapporto alle ragioni riflessive della vita dell'uomo. Così il verri può esser letto in molti modi, ma certo anche come un fitto reticolo di relazioni mobili e inquiete tra la poesia, le arti, le scienze umane, la filosofia in uno sforzo continuamente rinnovato di collegamento e di comprensione. Comunque, non a caso una delle regioni più frequentate o più stimolate è quella della poesia in quest'ordine ricchissima e significativa nella realtà stessa istituzionale delle sue molteplici figure, manifestazioni, presenze. La resoluta volontà di vivere, di vivere il disagio nelle sue forme contemporanee e nei suoi movimenti interni, fa del verri qualche cosa di insolito, di particolare nel-· la continua volontà di sollecitazione e di riconoscimento: in un tempo di crisi delle riviste, il verri si presenta come una rivista della crisi, attenta a coglierne tutti i segni di positività, di forza, di espansione. E il fatto che la rivista contenga in sé diacronicamente e sincronicamente varie riviste che talora proliferarono e vissero a loro modo è un altro lato dello stesso discorso. Il verri ha voluto essere proprio questo; e così non è un caso che nella stessa casa in cui si raccoglievano i giovani poeti che confluirono nei Novissimi, si tentassero anche le prime prove delle nuove ricerche di arte cinetica, con il Gruppo T. Infine, tra numeri «liberi» e numeri dedicati a un tema, tra inattese riletture della storia e sollecitazioni di novità inquietanti, la rivista si è trovata a tessere un largo tessuto di dialogo con diverse scritture di complessa intenzione, , e vi sono molte cose da leggere tra le righe, e nelle relazioni tra le righe dei diversi e liberi discorsi. «Il verri» Nel 1956 ci si trovava con Porta, Balestrini, Pontiggia e altri in un «Caffè Verri» (non so se ci sia ancora) in una vecchia via di Milano, via Verri appunto. Lì si concretò il progetto della rivista, e di lì venne il nome. Ma, è chiaro, il richiamo del titolo volle essere soprattutto una conveniente e diretta allusione alla tradizione dell'illuminismo Luciano Anceschi lombardo ... Lontano dalle compiaciute esaltazioni della morte degli apocalittici, al verri sono stati sempre estranei i furori contro l'illuminismo tanto diffusi nella loro irritata· astrattezza dei nostri giorni. Un fervido stare alle cose - dove le cose acquistano il senso problematico ed eventuale della fenomenologia critica - consente di vedere le difficoltà del mondo anche sotto l'aspetto della loro produttività, della loro veloce inquietudine, nel loro pronto mutare. Certo le nostre analisi partirono sempre dalla situazione in cui realmente ci trovavamo a vivere. nel luogo in cui vivevamo: quando la rivista nacque, nel 1956, c'era la giugno 1977 tività disinteressata, senz'altro scopo all'infuori di se stessa? E che questo piacere si applica anche nella insistita attenzione alla grafica come immagine viva della cultura? La tradizione del nuovo Il nostro secolo è sorprendente e ricco in ogni sua giuntura, ma molte esperienze e molte ragioni del secolo sono state presto ·ossificate, talora sono stat!,!sepolte e dimenticate e come disperse; per cui talora nel verri la fenomenologia della crisi si è trasformata in una sorta di archeologia del nuovo; e disoccultare e risignificare fu in molti sensi un compito fertile. Si scoprì che l'idea corrente di numero 6 il verri rivista di letteratura diretta da Luciano Anceschi edizioni del verri Giovanni Anceschi, copertina del verri ( 1977) stanchezza dell'ermetismo, l'improduttiva ripetizione idealistica (spesso anche mascherata), i ritorni neorealistici. Si avvertiva come un senso di vuoto, di smarrimento, di epifanie incongrue. Il verti è sorto da un momento pieno di ostacoli? tra molte difficoltà, come a tentare un recupero che fosse nello stesso tempo un layoro di invenzione critica e di risveglio, di riconoscimento del nuovo, di riaggancio al contesto generale della cultura. Nessun timore di fronte all'inaspettato, anzi uno sforzo continuo per rendersene conto, e una critica rigorosa e implacabile contro tutte le assolutizzazioni nella loro incomprensione e nella loro volontà di dominio. Ho detto che l'interpretazione .dei risultati non spetta a me e tanto meno un tentativo di valutazione; mi sia però consentito dire che abbiamo l'impressione che qualcosa si è fatto. Almeno si è disegnato o si è cercato di disegnare un cammino tra i complessi intrecci e incroci del secolo - un secolo molto produttivo. E posso dire che quel che si è fatto lo si è fatto con piacere, con il piacere che accompagna ogni atmolti movimenti era quasi·sempre parziale e riduttiva, nata da interpretazioni pregiudicate o nel gioco pesante delle generazioni e dei loro rifiuti. Tra l'altro, il recupero delle avanguardie nella loro inquietudine problematica consentì di ristabilire una tradizione, una delle tante tradizioni che attraversano significativamente il secolo; ma fu anche un modo per ritrovare contatti più fruttuosi con il presente. Le avanguardie talora avevano avuto una sorta di spirito di profezia; e credo che il loro tormentoso lavoro •non possa essere di nuovo dimenticato; certo, si può anche fare - si ricomincia anche a fare - cattiva letteratura per ventagli, un ornato che ci respinge. Quanto ai tempi del verri, ci sono stati e ci sono continuamente movimenti di riassetto e di riorganizzazione nel dar corpo al progetto. C'è stata una fase di orientamento, e ci sono stati vari momenti di espansione e di riflessione. I numeri unici segnano spesso nodi complessi in cui si concentrano ragioni giunte probabilmente· a maturazione o recuperi del passato e avvisi del presente - nel movimento ormai trentennale - e talora sono proprio essi, i numeri unici, a indicare le variazioni interne come un diagramma della vita della rivista nel suo tentativo di sollecitare, di muovere, o di suscitare sempre forme diverse di presenza e di attenzione. Comunque sia, tentare di identificare il verri con uno qualsiasi degli eventi che ha prodotto o sollecitato o riconosciuto, è cosa che mi sembra impropria. Così i Novissimi sono un aspetto della rivista, un aspetto in cui la rivista si riconosce senza dubbi, ma non si esaurisce; e in generale l'attenzione della rivista per la neoavanguardia o ciò che così impropriamente da taluni vien chiamato appare come una delle figure di una attività ricca di direzioni intrecciate tra loro, anche se è una delle più sottolineate dai lettori e appare molto influente. Ma la forza propulsiva del verri si può indicare in un metodo (con la m minuscola)- meglio un cauto procedere che una labile grinta - che ha dato prova di sé anche nella organizzazione della rivista, nel farne una testimonianza ricca e articolata di ciò che diciamo «fenomenologia della crisi», o che in altri termini possiamo dire «umanesimo disilluso», nel tentativo continuo anche di comporre ciò che si dice rigore letterario con un particolare rigore scientifico. E si tenga presente che il numero unico che il verri dedicò alla bomba atomica non volle essere un gesto di disperazione o di profezia apocalittica, volle essere una motivata ragione di speranza. C'è nella rivista un senso aperto verso le cose, una disponibilità che non pone a se stessa limiti se non di rigore, una volontà di riconoscimento, di indicazione, di sollecitazione di un progetto di attiva società letteraria. Un conoscere che, nel rifiuto di ogni definitività e assolutezza prestabilita, appare flessibile, più incline alla ipotesi che all'assioma pregiudicato e, in genere, ostile a ogni modo di dogma e di obbligazione nel rilievo di due piani, il momento della comprensione e quello della scelta. In quest'ultima dialettica si ~olloca tutto il ricco e fertile e promettente teorema delle poetiche che ha il suo peso nel discorso di oggi. Intanto, si è tentato di seguire. un movimento trentennale, e ora si annunciano tempi di nuove stanchezze, ripiegamenti e rifiuti. La domanda è questa: la-rivista, i suoi modi di procedere saran capaci di nuovi impulsi e di nuove pro-. poste, di nuovi riconoscimenti? Stiamo per iniziare una nuova serie ... Quel che è certo è che guardiamo con ansiosa serenità un futuro. minaccioso e difficile... Qualche parola di ringraziamento. Ringrazio qui tutti i collabora- · tori che col loro volontario apporto consentono di fare la rivista come· si fa, e· in particolare ringrazio Mario Artioli a cui dobbiamo moltissimo e Giovanna Manduca che 00 ha organizzato questa mostra. E .s ringrazio le autorità che .ci han ~ consentito di presentare la mostra ~ in questa Milano ehe fu in vari ~ tempi detta «felice». -. C) -~ E e:, 'O Intervento letto a/l'inaugurazione s:: milanese della mostra de il verri ~ (Palazzo Sormani, l-20 marzo Ì 1984). • <=i

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