Alfabeta - anno VI - n. 60 - maggio 1984

O ccorre oggi interrogarsi esplicitamente su ciò che avviene nell'impresa culturale, nell'editoria e in altre produzioni. A cominciare dal riferimento alla Einaudi. Occorre, sia per svolgere ancora un'organizzazione di cultura (accanto ai propri libri e • all'interesse teorico). sia.per corrispondere al _ériticismo_nuovo _del movimento in cui siamo immessi oggi. Il gruppo editoriale I primi scritti i_nproposito sono dovuti a Rossanda che in un Manifesto di mesi fa volle proporre· un etico salvataggio della Einaudi-·da parte dello Stato, per il merito culturale, mentre non celava un'in~ sofferenza •verso Giulio Einaudi per i suoi modi aristocratici e indi- . sponenti. Subito una lettera di Francesco Ciafaloni ribadiva che occorre considerare la Einaudi come un'altra azienda industriale e riferirsi anzitutto ai dipendenti in rischio del posto di lavoro. (Poi l'intervento statale si è dato nei termini noti dell'ammissione alla «legge Prodi»). Non sono d'accordo né con l'una né con l'altra valutazione, mentre va svolto il discorso sull'argomento: Il personalismo di Einaudi non conta, pur dovendosi constatare che, in questa fase più recente delle sue difficoltà continue sul piano tecnico finanziario, non risulta da parte sua una chiara idea del suo ruolo, per la troppa tensione del momento. Ma il catalogo Einaudi, che è il migliore d'Europa forse, e il corso di storia culturale che lo ha costituito, ha il nome di Einaudi in senso rappresentativo e designa e accomuna il lavoro di molti: quello di Pavese (che io non ho conosciuto); quello di Vittorini, col quale ho avuto dopo il '60 un periodo di sodalizio (con un fitto carteggio, esteso anche a Barthes, Blanchot, Enzensberger - che ora è in attesa di pubblicazione nell'Epistolario - per una rivista europea in tre lingue, poi interrotta dalla morte di• Elio, e per lé:lquale ho ayuto un rapporto di lavoro con la Einaudi). E di Bobbi9 e recentemente di Fortini. E soprattutto di Calvino e di Bollati, e di altri che non ho frequentati come questi: l'uno, grande scrittore attivissimo (mentre in gioventù ci pareva pigro), l'altro, saggista acuto con rinuncia al lavoro proprio, in favore dell'attività dirigenziale einaudiana ... Ora è certo che a questi, e ai con-· sulenti e ai funzionari, Giulio Einaudi si lega come imprenditore di • grande capacità. Tuttavia un'impresa culturale di questo tipo"è indefinibile senza il rilievo dei vari apporti decisivi nella sua storia. L'impresa ha anche un suo stile. In questo caso si tratta di uno stile di istituto culturale: assunto, si deve dire, erroneamente, e in connessione con certi motivi della sinistra. La Einaudi è un'azienda industriale come le altre case editrici, anche se·non ha voluto mai proporsi così. Non basta il fatto di nùn pubblicare libri economici hé altre collezioni speculative per non dirsi industria; ci vuole l'impianto -cooperativo. La Einaudi ha pubblicato i francofortesi senza. avvedersi fino in fondo di essere. coinvolta nei fenomeni studiati dai francofortesi ... Del materialismo marxista - di cui fino almeno-al Sessanta ha rappresentato una punta, come editrice ~sterna e indipendente L'impresa culturale / Einaudi Il no111eeil valore della nuova tradizione comunista - ha trascurato sia la componente . «econ·omicista» che quella «politicista» per sviluppare a fondo il cul- ·turalismo. Con taluni passaggi (da : Lukacs a Adorno, quindi con ostacoli interni alla semiologia) e con alcune esclusioni caratteristiche (Nietzsche, ma anche Freud - aprendo poi su· Lacan - e anche l'antropologia sino a poco fa) la cultura è stata posta in senso prioritario, e anzi come promozione, non come critica, in una egemonia svolta qui come se fosse questo il terreno decidente. . Ma il prodotto culturale complessivo è il maggiore della storia italiana, e in esso Giulio Einaudi ha portato i suoi vizi e le sue virtù, insieme con altri.:·. Ora, l'obiezione di Ciafaloni è caratteristica di ·1alcune correnti della· nuova sinistra, in cui il culturalismo permane ih forme di intransigenza culturale pura e tutt'insieme. si è svolto un basismo con aspetti di «pratica cieca». Certo, è giusto richiamare, specialmente dall'interno della Einaudi, il fatto che l'azienda è padronale ed è un posto di lavoro: proprio contro il suo mito di efficienza •culturale meritoria e bastante. E contro una strana militanza culturale «malpagata» che è stata propria di tutta la cultura di sinistra. Ma ciò non vuol dire scartare i valori di strategia cognitiva che non solo nell'opposizione di una volta, o nella trasformazione come concetto centrale di molte discipline, ma anche nella collettività attuale con fini sociali non certi né purtroppo contrattualistici, sono dati dalla teoria, dalla critica culturale, dalla rete sistematica e da quella· extrasistematica. Per un'analisi della situazione oggi Bisogna anzi, a mio parere, porre in termini netti di analisi politica, pur non avendo i dati per effettuarla estesamente, questo livello o strato di valori culturali orientati, che ha un'incidenza non secondaria nelle società di tardocapitalismo. Come si sa bene, la cultura di sinistra nel suo complesso istitu- . zionale di case editrici, e di altri strumenti, è già stata descritta e criticata nell'ottica propria della «nuova sinistra» con le sue varie correnti; poi la successiva involuzione della «nuova sinistra» ne ha screditato anche l'analisi. Essa verteva, presso· alcuni, sull'emarginazione avvenuta nel corso del Novecento delle componenti non partitiche della tradizione operaia (il comunismo di sinistra, l'assemblarismo, ecc., poi ricuperati come filoni di studio dalla Casa editrice Feltrinelli). Presso altri, la critica verteva su una certa riduzione avvenuta nel passaggio dalle Tesi di Roma del '23, ancora rigorose, a .quelle del '26 e al filone GramsciTogliatti, tradizionalmente considerato centrista, con idealismo •crociano sul piano culturale, poi a lungo influente. • Quest~ giudizi hanno perso mor- • dente e tuttavia ricorrono con for- . mulazione più sofisticata_appena si tratta di fare un'analisi del sociale in movimento. Negli anni in corso non pare difficile formulare l'ipotesi che alcune frazioni del capitale, e in sostanza il padronato italia0 no; ritengano utile una interruzio- • ne di continuità a livello cùliurale. Certo vi ·è un'oggettiva restrizione Francesco Leonetti della lettura, un interesse diminuito per il testo letterario, la ben nota crescita del microprocessore e del sistema binario, e l'alto costo dei libri ... Ma è utile insieme avvertire nell'aria, oggi, il fastidio che l'asse di sinistra abbia deciso in passato ogni afflusso del pensiero teorico e di quello poetico dal '45 in poi. È bene aver chiaro che avviene questo e che questo avviene senza chiarimento. Si deve aggiungere che, come i vecchi militanti sanno bene, nella cultura di sinistra in Italia c'è anche una tendenza suicida, o una specie di autofagia, o se si vuole una forma acuta di ipercriticismo. E per esempio l'attrazione per il decisionismo è sorta qui, non in una destra che culturalmente non esiste; e ora in Italia si guarda con tativo della lunga durata rateale, anche quello di un rilancio del dibattito. Eccellenti inizi sono la Storia d'Italia e gli Annali, pur con gusto di tipo storicistico sull'ispirazione venuta dalle Anna/es (mi pare di averlo mostrato con qualche cura in uno scritto sul Rinascimento, «Lavoro, utopia, moderno, giochi», in Alfabeto n. 54). Le Storie dell'arte e della letteratura risultano interessanttss1m1 Archivi-storici, non dichiarati però come tali, e forzando dunque il lettore ingenuo. L'Enciclopedia costruita per concetti, senza unità teorica (a differenza dunque completa da quella di Chicago), talora fornita di episteme brillante, è una straordinaria scommessa... Come mai tutto ciò non ha aperto un buon ciclo produttivo? Anno uno / Numero primo / llolojina. giugno 1977 / I.ire 1.500 s,,_.di:ìOM i,, o1bbcrw1•ll'nto f'V"'~lr- ! Gruv110Il' IL CERCHIODIGESSO Attorno ai fori. !-i('tonJo il rito. un ci:r...:hiodi ge.-sobianco calcol• il nunw,.., ddlc pallouok Dovrebbe ,.,,se,~ ..:mplir,· da ,·opi,-•: il potere di,,,m,u as.soluw ~ nu:utcal'opf'k.~i1.ionacl potere. se l'opposizione si fo parte (kl po1~rc l) si compromette col po1cre, S<: il potere si produce e riproduce con il conS<:n$0dell'opposizione... Demro il «:n:hio. Fuori del cerchio. "Signore. penlon■ loro perché sanno quello che fanno'. Roberto Pieraccini, copertina de Il cerchio di gesso ( 1977) stupore il materialismo negli studi economici in Inghilterra, o quello antropologico e quello neo-evoluzionistico nelle scienze, dopo averlo liquidato da noi ... Che cosa si deve dire su ciò? Anzitutto che il fare i conti con qualsiasi ricerca, interessandosene a fondo, è un giusto puntiglio ... E insieme che la via del culturalismo in Italia non è bastata, né è bastato il liberalismo culturale, che si è via via svolto verso il piacere attuale dell'eclettismo. In modo semplicemente mascherato, o con un'alternativa plausibile che favorisce ora gli studi di mistica o il nominalismo, si assiste a poco a poco a un tale spostamento per cui il fatto che la sinistra discuta con ogni interesse Schmitt non ritarda affatto ·lo svuotamento dei suoi propri motivi (e anzi). È in questo quadro che forse può essere vista anche la più recente produzione Einaudi. Ci sono concessioni di rinuncia al fondamento teorico anteriore e ci sono sforzi di aggressività sul mercato.- Sono pur presenti certe resistenze a una ricombinazione culturale in vista dell'eclettismo; qualche coerenza è serbata. I grossi li- • bri collettivi contengono, col tenIo ritengo che per certuni, con loro potere nell'attuale frammentazione del potere, si deve produrre ora cultura in tutt'altro modo, ben più differenziato da quello di ieri. E se vi è stata una competizione personale fra Giulio Einaudi e altri industriali, ciò mi sembra un epifenomeno della situazione. A noi, infine, oggi serve semplicemente difenderci dal peggio, con precisione e buonsenso. Il senso del passivo finanziario Einaudi Va detto ora, per essere precisi ed evitare errori di valutazione nell'attuale perdita di incidenza culturale della sinistra, che l'entità del passivo Einaudi è relativa, non deve indurre scandalo alcuno. Sia perché grossi fondi industriali altrove vengono destinati a incrementare attività d'immagine; sia perché tale passivo esisteva già in precedenza ed era noto come crescente. Così come è indubbio che l'attuale soluzione è buona in partenza, e che il nuovo «commissariatci» ha un buon lavoro possibile. Tuttavia si richiede .ogni pubblicità sul seguito. Si tratta degli impiegati e si tratta dei manoscritti della ricerca là giacenti, di cui rendersi conto. E, a motivare l'esi- .genza di una straordinaria informozione sul processo del «risanamento», si tratta della ragione tutt'affatto particolare del passivo stesso. A spogliare infatti il catalogo, controllando le date, le procedure, i tempi di attività, si scopre facilmente che nel periodo del primo venticinquennio (fino al passaggio che con analisi non rigorosa si usa dire «neocapitalismo») vi è un caratteristico andamento di accelerazione produttiva. Esso è disfunzionale alla logica d'impresa; non solo, è sproporzionato all'assorbimento stesso del prodotto culturale; sembra un catalogo perfetto per un periodo più lungo, e non si dà via via il respiro utile per realizzare il suo potenziale. Cosa dire di ciò? Lo sappiamo già, ma si usa ora dimenticarlo. La Einaudi, particolarmente, ha effettuato un ricupero contro l'intero blocco fascista verso la prodigiosa cultura europea della prima metà del Novecento. Ed è per questa misura che ha travolto, nell'investimento di livello, la corrispondenza necessaria fra produzione e reddito (già sempre deficitario nel sistema culturale). Poi non ha potuto rovesciare, certo, questa ragione. Alla fase del neocapitalismo, si è posto il problema dell'Economica (che, come ha osservato di recente Leonardo Mondadori, in Italia non si è costituita come autonoma, ma come livello secondo e divulgativo). La Einaudi la rifiutò per elitarismo? o non piuttosto per un giusto dubbio verso l'industrializzazione e la cultura di massa in senso autoritario (come è intesa dalla scuola di Francoforte), pur caricando questa scelta del rigore con una propria ottica culturalista, a mio parere? Abbiamo di qui il prolungamento del libro Einaudi con mirabile copertina Munari, distanziante e limpida (diversa dai pregi diversi di quella Steiner, in una fase Feltrinelli, o di quella Mari per Boringhieri);-il libro Einaudi che è artigiano e altoculturale, e insieme risponde a una dinamica di riappropriazione progressista. È successivo e originale l'affrontamento della crisi con la misceilanea, col grosso libro, in un gusto di azzardo, prestigio, calcolo e rigore. E certo se un lavoro simile fosse stato compiuto con pessimismo sul futuro (e cioè sull'involuzione del moderno che è oggi possibile) bisognava far tornare tutti i conti: in una operazione complessiva di sinistra non ci si può scoprire sul bilancio. C'è stata invece la generale fiducia nel progresso. E c'è stato nella Einaudi un coefficiente di utopia, di investitura, di espansività, come se l'egemonia culturale fosse la trasformazione stessa. Non si tratta però di qualche cosa da scontare in silenzio. Non è un caso di cattiva gestione. Né al contrario di semplice merito. È -o parte di un processo complessivo, ~ che investe il periodo più maturo ·g, della nostra storia nazionale. E a ~ noi, proprio ora che la trasforma- ~ zione è in crisi e ogni ricucitura -. viene compiuta, interessa la conti- -~ nuità della sinistra e della tradizio- ~ ne recente, coi suoi meriti e limiti, E e::::, e gli ipercriticismi e gli eccessi -o esercitati nella speranza come nel i::: dubbio. . ~ .,C) ~ c::i

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