La composizione del sogno di Luigi Malerba G li antichi mistici del deserto, dopo lunga osservazione, riuscirono a scoprire le differenze tra i pensieri degli angeli, quelli degli uomini e quelli ispirati dal demonio. I pensieri degli angeli cercano di penetrare il significato spirituale e simbolico delle cose, quelli del demonio non conoscono e non comprendono nulla ma suggeriscono solo il possesso delle cose, i pensieri degli uomini si limitano a introdurre nella mente una nuda immagine delle cose. Non si potrebbe immaginare un rapporto peggiore con le cose di quando l'uomo accampa la pretesa di prendere il posto degli angeli. Quasi mai ci si è preoccupati di introdurre nella mente una nuda immagine dei sogni, di osservarne la forma e la composizione, ma si è cercato sempre e soltanto di captarne i supposti messaggi attraverso simbologie fantasiose. Il mistero attrae e seduce, ma spesso è proprio il suo fascino che ostacola la conoscenza. Il mistero della lingua etrusca ha attratto e sedotto per lunghi tempi schiere di studiosi, ma in questo caso è bene che non siano caduti tutti i veli perché, quand'anche si riuscisse a possedere un perfetto vocabolario di questa lingua, non troveremmo niente da leggere al di fuori di scarne iscrizioni tombali. Il sogno invece dispone di una sterminata, costante e quotidiana produzione di «opere», ma come l'etrusco ci mette di fronte a/l'imbarazzante consapevolezza del nostro analfabetismo. Non so se è a causa di questo analfabetismo cronico che abbiamo trovato rifugio nella simbologia degli angeli o se siamo rimasti analfabeti a causa di questo rapporto angelico e primitivo nello stesso tempo, ma forse è proprio l'incertezza della materia e la difficoltà delle verifiche che ha prodotto, da Artemidoro a Freud, una sterminata serie di repertori e manuali per l'interpretazione simbolica dei sogni. L'incertezza che ha incoraggiato l'attivismo degli interpreti dei sogni non ha cancellato il disagio che ci procura lo stato di passività e di impotenza del sognatore: siamo vittime dei nostri sogni, siamo totalmente disarmati di fronte a essi, incapaci non soltanto di dominarli ma perfino di introdurre nella mente la loro nuda immagine come suggerivano i più assennati fra i mistici del deserto. Possiamo scrivere una poesia o improvvisare una canzone e se non siamo soddisfatti del risultato nessuno ci può impedire di ricominciare da capo il nostro lavoro di composizione. Possiamo rifare lo stesso quadro o riscrivere la stessa pagina quante volte ci sembra necessario e possiamo scegliere e modificarne il soggetto. Al contrario, non siamo in grado di introdurre nei nostri sonni qualche sogno confortevole, non possiamo impedire o frenare i sogni sgradevoli o _paurosiche spesso irrompono selvaggiamente nel mezzo dei nostri sonni e ne vengono a turbare la quiete. Pure illudendoci di essere sceneggiatori e registi e spesso anche protagonisti dei sogni che facciamo, non siamo padroni della scena e dobbiamo subire ciò che ci porta la notte. Forse è per questa ragione che cerchiamo di vendicarci avanzando nei loro confronti molte pretese. Da migliaia di anni il sognatore pretende che i sogni gli portino illuminazioni sul futuro, memorie dal passato e suggerimenti sul presente. Non ci ha mai sfiorato il dubbio che probabilmente facciamo un errore grossolano inscrivendo i sogni nel!'area della «comunicazione» e attribuendogli messaggi di ogni genere, anziché assegnarli più ragionevolmente all'area incerta, ambigua ma anche più affascinante, della «espressione». Che i sogni potessero comunicarci per mezzo di simboli gli avvertimenti e i messaggi degli dèi che vigilavano sopra i destini della umanità smarrita di fronte ai propri destini, era un atteggiamento naturale nei secoli delle antiche civiltà mitologiche. Ma l'umanità smarrita di oggi sa che i suoi messaggi e avvertimenti deve andarli a cercare altrove. L'uomo che non sapeva trovare una spiegazione al lampo, al tuono o al terremoto ne attribuiva la presenza a esseri misteriosi e spesso ostili. Da quando l'uomo ha trovato una spiegazione razionale di questi fenomeni ha abbandonato l'interpretazione simbolica e ha instaurato con essi un rapporto realistico. Il mistero che ancora avvolge il sogno ci ha indotti a un rapporto pietrificato nelle simbologie, ci ha nominati eredi di una piccola ma tenace catastrofe semiologica. Nel corso dei millenni l'uomo ha fatto miracoli, ha inventato la ruota, ha esplorato tutta la crosta terrestre e messo i piedi sulla superficie polverosa della luna, ha spezzato I' atomo e l'io, ha costruito cuori artificiali, ma nei confronti del sogno siamo rimasti tali e quali i nostri antenati delle civiltà mitologiche. Solo da pochi decenni gli scienziati hanno intrapreso la difficile decifrazione del sogno, ne hanno studiato la dinamica, gli effetti psicofisiologici, ma soprattutto hanno scoperto i famosi REM, movimenti rapidi oculari, che sono la spia che ci ha consentito di individuare l'insorgere dei sogni nel dormiente e la loro durata. Questo primo approdo scientifico ha smantellato alcune fantasiose supposizioni come la istantaneità del sogno, la sua assenza di durata, la sua riduzione a fantasma assoluto. In linguaggio geometrico il sogno non è du,nque un punto come si era tentati di credere, ma una linea con un suo percorso che ci consente di ipotizzarne uno svolgimento e una struttura insieme narrativa e figurativa, e di conseguenza delle costanti se non addirittura delle regole grammaticali e sintattiche. Qualcuno ha detto che la personalità-dell'uomo si realizza soprattutto nei tortuosi labirinti della espressione. Forse si tratta di una generosa esagerazione, ma la psicofisiologia ce ne dà nel caso del sogno una conferma indiretta. Dai laboratori di ricerche neurologiche cominciano ad arrivare leprime frammentarie risposte alle domande sulla natura e sulla origine dei sogni, e si sta tracciando un primo quadro della attività onirica. Questo quadro, sono gli stessi scienziati ad ammetterlo, è ancora più fantastico delle nostre congetture. Cito un testo di Gay Gaer Luce e Julius Segai (Il sonno, Garzanti, /967): « Da queste ricerche lafunzione REM risulta talmente dissimile dal resto del sonno che non sembra quasi farne parte. Il cervello si comporta come se fosse non solamente sveglio, ma addirittura in un momento di estrema vigilanza e concentrazione». Gli stessi autori aggiungono: «Il cervello 'caldo' di chi sogna fa pensare a una intensa attività metabolica cerebrale, a una rapida conversione e utilizzazione di energia. Un elevato metabolismo cerebrale è indispensabile ali'efficace funzionamento della mente, alla intelligenza, alla rapidità delle percezioni. Forse la scoperta della aumentata temperatura cerebrale durante le fasi REM ci può spiegare la vivacità del periodo onirico in confronto con la monotonia del resto della notte». Pare inoltre che il sogno sia una necessità vitale, una funzione indispensabile per mantenere l'integrità dell'io e che la privazione del sonno, e quindi del sogno, possa scatenare turbamenti devastanti della personalità. Sono gli stessi psicanalisti a correggere l'idea freudiana del desiderio come motore primo dei sogni. Può sembrare una affermazione ovvia, ma quando gli psicofisiologi della scuola psicanalitica affermano che il vero impresario dei sogni è la pulsione di vita e • di morte, siamo già passati dal pensiero degli angeli a quello Armando Ceste e Gianfranco Torri. Manifesto (1983) degli uomini. Possiamo chiamarla cosÌ o in altro modo ma si tratta in ogni caso della stessa matrice dalla quale ha origine ogni creazione artistica o, per usare un termine più generale e meno impegnativo, ogni «espressione». Una prima peculiarità in negativo che intralcia w1 eventuale progetto di circoscrivere e definire il fenomeno del sogno nella zona della «espressione», è la sua precarietà. li prodotto di questa attività «creativa» non ci conseme una indagine pacifica dal momento che quando siamo in grado di parlarne, cioè quando siamo svegli, non esistepilÌ, è come un romanzo non scritto, rimasto nella mente de/fautore e di cui solo l'autore è a conoscenza. Non dispongo del mio sogno se non per mezzo della memoria, e perciò 11011 sono in grado di sottoporre la mia «opera sognata» a nessun esame critico che non sia il mio, perché lo spettacolo si è svolto in assenza di spettatori. L'unico mezzo che ho a disposizione per fissarne le immagini è la trascrizione, scritta verbale o figurativa. Un rapporto siffatto ha scoraggiato da sempre qualsiasi tentativo di indagarne le meccaniche invemive. Situazione penosa ma inevitabile dal momento che /'oggetto in questione è soltanto un simulacro notturno che si dissolve con la luce del giorno. Si potrebbe cedere alla tentazione di attribuire alla trascrizione dei sogni lo stesso rapporto che ha la scrittura di un·opera narrativa con la sua ideazione. Il sogno dunque come progetto letterario. Ma si tratta di una forzatura. La trascrizione del sogno è soltanto un promemoria, un espedieme per ricomporre in tempi successivi le immagini sognate e perdute. Può succedere che la trascrizione abbia una propria autonomia, può essere addirittura un testo profetico come/' Apocalisse di Giovanni o un capolavoro letterario come Il processo di Kafka, ma in questi casi il sogno è soltanto un pretesto - scusate il gioco di parole - per produrre un resto. Ne/l'ordine delle somiglianze la trascrizione può semmai avere con il sogno un rapporto simile a quello della sceneggiatura con il film dopo la sua realizzazione, un resto che evoca sommariamente le immagini. le parole e i suoni che appartengono all'opera realizzata. Ma come potremo mai ricomporre i tratti di un volto sognato desumendoli dalla trascrizione del sogno? Ammesso che il sogno sia «espressione», questa si realizza dunque nell'opera, cioè nel sogno stesso e non nella sua trascrizione. Ho detto poco fa che il sogno è come un romanzo non scritto, rimasto nella mente de/l'autore. Questo non è esatto. Le immaginazioni che precedono un'opera narrativa e ne costituiscono il primo nucleo inventivo, oltre che instabili si presentano volatili e passeggere, prendono consistenza e forma solo nel momento in cui vengono tradotte in scrittura. È soltanto nella scrittura, o comunque nella loro realizzazione formale, che acquistano dimensione. Soltanto in quel momento il fantasma inventivo diventa un 'opera e si stabilizza in una struttura che resiste alle intemperie e agli esercizi della • critica. Al contrario il sogno, per quanto labile e altrettanto volatile di queste immaginazioni, si manifesta subito come una rappresentazione totale, immagine suono e parola. Per quanto possa essere frammentario, si manifesta con l'apparenza della realtà al punto che il sognatore solo in casi eccezionali ha la coscienza di stare sognando e quindi partecipa alle vicende sognate come se fossero del tutto reali. Un processo di identificazione cosÌ intenso non si verifica con nessuna delle arti note. Ma il sogno non appartiene a questa categoria: il sogno è un'arte ignota ancora in attesa di essere decifrata.
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