Il sen·sodella lètteraturà / 6 Elogio•d. ell.,c.,;,lebolezza Q ual è il senso della letteratura? Risponderei con un aforisma di Blanchot, in L'écriture du désastre: «Veiller sur le sens absent». È quasi un imperativo, un'istanza cruciale: nello spazio letterario il senso non viene alla presenza, e ogni domanda sul senso di questo spazio è «question qui se rapport à autrui sans non plus attendre de lui une réponse. L'Autre ne répond pas->i.Questo non può essere dimenticato, io credo, pena l'ideologia, la ricaduta nel discorso forte. Se la letteratura mantiene aperta 'la domanda, essa è ancora lo spazio tragico della vanificazione, dell'indebolimento delle categorie forti di cui si è sempre valso, invece, il discorso occidentale. Ha scritto di recente Giampiero Comolli, in un saggio su Kafka compreso nel volume Il pensiero debole (a cura di G. Vattimo e P.A. Rovatti, Feltrinelli, 1983), che la «propensione narrativa è dunque innanzitutto descrizione di questo spazio tragico: il paesaggio appare il luogo chiuso dove va e viene barcollando il soggetto che non può più sapersi». Spariti i 'pioli' della metafisica, come sapeva Musi!, la letteratura trova spazio nella Lichtung del non-sapere, del rapporto impossibile con l'Al- • tro, dunque nel luogo dove si indeboliscono i criteri che fanno da fondamento al discorso di verità. Il senso della letteratura consiste allora, prima di tutto, in quella • voglia sul «senso· assente», nel rammemorare l'originaria infondatezza del linguaggio, nella percezione esatta del negativo, in .un modo nuovo di rapportarsi al rea, le. Credo che questo contegno, che definirei debole, costituisca lo specifico della letteratura rispetto ai discorsi oggettivi, da quello filosofico-ontologico a quello scientifico a quelli più genericamente istituzionali. Sigma anno XVI, 1983, nuova serie Milano, Serra e Riva n. 1: Letteratura: un delitto imperfetto pp. 128, lire 10.000 n. 2-3: Grande stile e poesia del Novecento pp. 166, lire 15.000 L'ombra d'Argo anno I, 1983, n. 1-2 Lecce, Milella pp. 173, lire 18.000 N egli ultimi anni la definizione di uno statuto della letteratura era sembrata correre il rischio di una estenuazione che non derivava però dall'abbondanza dei discorsi teorico-metodologi-. ci che affollavano lo «spazio letterario», con una perdita di credibilità descrittiva e propositiva pro0 porzionale alla rapidità di succesSi badi bene che debolezza non significa, qui, rinuncia, né richiamo a malintesi atteggiamenti •nichilistico-passivi.. Il . nichilismo, Heidegger lo ha sufficientemente dimostrato, è una sovracrescita metafisica, è il punto di arrivo dell'atteggiarsi forte del .pensiero; l'indebolimento di cui parlo, al contrario, favorisce l'apertura, il passaggio, la riproduzione di una domanda che passa dal lato dell'esclusione, della differenza, del basso (è forse questo che intende Edmond Jabès quando dice: «La . question s'érige dans la solitude où nous laisse toute réponse»). Indicazioni ci vengono, in questo seriso, da alcuni momenti importanti della poesia 'anni 70'. E mi sia concesso di sottolineare che il dibattito teorico-critico attorno a questi temi non sempre ha tenuto nel debito conto gli apporti decisivi che sono venuti dal movimento poetico di questi anni; resta difficile pensare che certi problemi, come la crisi della razionalità e la ge- . nesi di nuovi modelli di 'sapere', possano prescindere da un terreno sul quale la teoria si misura imme: diatamente con una pratica, quella della scrittura e del linguaggio, dove nuove ragioni e nuovi soggetti· escono dall'ambito della pura speculazione· per materia_lizzarsi nel segno e nella parola. strettoie dell'approccio philosophisch, dunque nei"limiti di un linguaggio dove il discrimine tra forza e debolezza è difficilmente indi- •viduabile; tarito che Perniola, in Alfabeta n."58, ha avuto buon gioco nel capovolgere il discorso di Vattimo, rivendicandp al pensiero una nuova forza r~spetto alle forme, sia storiche sia attuali, della sua indigenza. minacciato da colpi di mano dialettico-retorici se si tenesse sufficientemente conto dell'effettivo lavoro letterario di questi anni, e in particolare di quello poetico. Si vedrebbe allora che la debolezza, oggi giustamente ma talvolta astrattamente teorizzata, la nuova poesia la pratica da tempo, e che in molte occasioni vi sono stati richiami espliciti a un'etica della deDai momento che l'essere, parafrasando un verso di Porta nel suo recente Invasioni, è un fare, ii' dibattito sui fondamenti sia ontologici che linguistici del reale rischia di votarsi alla sterilità se si prescinde dal laboratorio .poetico, dalla Giovanni Lussu, Incisionisugomma ( 1979) . scena dove la crisi di questi fondamenti è costantemente sperimentata. Si prenda, per restare nel tema che ci siamo proposti, la que: stione del pensiero debole. • Il dibattito che in questi giorni si è sviluppato, grazie anche al libro curato da Vattimo e Rovatti, sembra destinato a rinchiudersi nelle Se si resta ·nell'ambito strettamente filosofico, non si sfugge a un armamentario concettuale che rischia di riprodurre un contegno potente anche là dove si predica la debolezza, o che comunque rende estremamente labili i connotati di un pensiero realmente sottratto ai condizionamenti forti della filosofia. Questo per dire che il dibattito sarebbe molto più ricco e meno Il senso della letteratura / Riferimenti . • • ·- - Duer1v1 si.one sull'orizzonte critico (questo era stato un fenomeno che, dagli anni sessanta, si era proiettato fino alla ·metà degli anni settanta); • sembrav·a piuttosto derivare dalla carenza di un sostanziale e specifico rinnovamento di quel dibattito, esautorato ora dalla trasposizione, ·per lo più meccanica, di modelli teorici. derivati da ambiti diversi - filosofia,.psicoanalisi, teoria sociale - a quello letterario. • Se la letteratm:a derivava sugg~- stioni interpretative da tali modelli - anche di indubbio valore e originalità - ne· ricavava complessivam·ente la tendenza a ridimensionare i propri codici specifici, la propria peculiarità semiotica, acqui- .sendo per contropartita una ipotetica e imprecisata potenzialità assertiva o evocativa. Su questo orizzonte di finalizzazione totalizzante del fatto letterario - vale a dire che il testo semGiorgio Patrizi ~/4t1t1 -~-,· .. . . Giovamii L1issu, logotipo per Cervovolante ( 1982) brava acquistar~ se·nsosolo a partire dal suo esito ultimo, dai valori di cui a esso si attribuiva la pronunzia - si è andata stagliando, in anni più recenti, un'ipotesi critica che, pur rifiùtando sostanzialmenbolezza come base dell'atteggiamento poetico-pensante. Tutto il discorso della 'parola innamorata', per quanto oggi orientato in tutt'altra direzione (penso soprattutto al congelamento metafisico della parola nell'ultimo De Angelis), andrebbe riletto in questa ottica, così come in una prospettiva debole sarebbe opportuno rivedere l'influenza di Lacan sul - 0991 te questo particolare processo di autovalorizzazione della letteratura, si è mossa in direzione di un ulteriore svuotamento del discorso critico, al fine di promuoverne la natura, innanzi tutto privata e successivamente socializzata, di esperienza di «lettura». Il lettore che si sostituisce al critico vale, sul versante opposto, l'«opera» che si sostituisce al testo - e penso qui, evidentemente, ai libri recenti di Berardinelli (Il critico senza mestiere) e di Brioschi (La mappa dell'impero). Vale a dire il prodotto letterario non come «macchina» linguistica, oggetto semiotico analizzabile, scomponibile, conoscibile al di fuori del rapporto bilaterale con l'autore e con il lettore; ma come «esperienza», costantemente ripetuta, che nasce dal gioco di culture diverse che autore, testo e lettore mettono in campo. lavoro poetico degli ultimi anni; al di là naturalmente della vulgata lacaniana che non ha mancato di favorire cadute in nuove ontologie, casomai negative. Ma di particolare interesse, in ordine a questo problema, mi sembra la nozione di «decentramento dell'io», da Viviani introdotta al· convegno del Turati nel '78. dove si postula un indebolimento del soggettivismo cartesiano, del soggetto forte, quindi un io che «non si oppone alla debolezza ed alla forza», che si lascia attraversare e modificare dai molteplici aspetti del reale. E nella medesima occasione, di cui ci resta un indispensabile documento nel libro Il movimento della poesia italiana negli anni settanta (Dedalo. 1979), Giuseppe Conte parlava, sul terreno di una poetica del mito. di «irresponsabile debolezza». «l'energia delle vibrazioni che il nostro corpo ha in comune con quelle della terra e del sole». Si tratta in questi casi, parafrasando Simone Weil, di un io che rinuncia alla propria sovranità immaginaria sul mondo, che conosce l'abbandono e la nudità, che si rapporta al reale e agli oggetti dal lato della mancanza, dell'inconscio, di quello che Lacan definiva il «non-réalisé». Tutto questo a scapito dell'ontologia forte, della maitrise, di quanto fa da supporto, credo sia importante ribadirlo, alle forme istituzionali e linguistiche del potere. Quando ne Il gesto di Callicle parlavo di oltranza, di eccesso, non era certo a un fantasma di potenza che mi riferivo, bensì a un desiderio inconciliabile, che non si sottrae al conflitto, alla negatività del reale. Tutto ciò è presente, mi sembra, negli aspetti migliori della nuova poesia. Questa esigenza di riformulare l'esperienza fruitiva ha anche aspetti legittimi di reazione a certe superfetazioni del commento critico ma, nella scelta alternativa, troppo radicale finisce per essere il rifiuto che investe gli strumenti stessi d'analisi e non, come sarebbe utile, alcuni modi d'impiego di questi strumenti. Altro dato che va rilevato in queste posizioni, in tali ametodi- ~ che proposte di metodo, è la ten- ~ ·== denza - d'altronde già osservata, ~ negli anni sessanta, nell'establish- ~ ment culturale di allora - ad ac- ~ compagnare il rifiuto della critica -. semiotica (o formalista) con il ri- -~ ~ fiuto della letteratura d'avanguar- dia. Mi sembra, infatti, che il ridi- E <::::, mensionamento e la valutazione 'Cl negativa delle esperienze delle i:: avanguardie negli anni sessanta si ~ inscriva all'interno di un rifiuto so- 1 stanziale dei modi specifici del c:i
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