Alfabeta - anno VI - n. 59 - aprile 1984

el ._'69Milovan Gilas introduceva nuovamente le sue Conversations with Stalin di I . • : otto anni prima con una scoperta in forma di dubbio: «Tutte queste· • domande che ancora una volta mi • pongo su di lui non sono forse la prova che Stalin non ha smesso di perseguitarmi?»: A ipnotizzare co~ sì anche i più insospettabili, non sono certo le qualità umane abba1 stanza esigue del personaggio, e • quello che le autorità chruséeviane hanno inumato secondo un rito faraonico capovolto, rovesciando , non semplice terra ma una cascata : di solido cemento sulla sua fossa, 1 non è solo il cadavere del nuovo : autocrate, ma per così dire una ere- , pa che attraversa profonda tutto il nostro tempo. In modo analogo il libro che (quasi quarant'anni dopo l'edizione originale) oggi l'editore Adelphi presenta al pubblico italiano, lo Stalin di Boris Souvarine, è tutt'altro che una semplice biografia, come del resto dichiarava apertamente il sottotitolo: Aperçu historique du bolchevisme; e ancora recentemente lo storico sovietico Roy Medvedev lo ha defmito «forse il primo serio tentativo» di studiare la carrierapolitica di Stalin. Nelle sue tre redazioni e aggiunte (1930-35, 1940, 1977) confluisce un immenso materiale documentario: ma Souvarine non è soltanto l'erudito che per più di mezzo secolo di ricerche ininterrotte ha raccolto e studiato tutto ciò che sulla sto~ ria dell'Ursssi è venuto via via producendo - e in effetti (tra l'altro anche grazie ai preziosi frammenti autobiografici che da qualche anno Souvarine ha inizit1toa pubblicare) noi oggi siamo sempre meglio in grado di riconoscere, dentro Lestesse pagine dello storico, L'impegno appassionato e Lapresenza personale del protagonista. ILsuo destino è esemplare: nato a Kiev ottantotto anni fa, da una famiglia di piccoli artigiani ebrei poco dopo emigrati a Parigi, nella Parigi proletaria e cosmopolita - dove ben presto incrocerà personaggi come Trockij, Martov, Nguyen Ai Quac (il futuro Ho Chi delle Buttes Chaumont») assume il valore paradigmatico del viaggio senza meta nel labirinto privo di Minotauro della modernità. Allo stesso tempo, e questa volta contro Breton e le attività creatrici collettive, questo esercizio individuale voleva dimostrare la convergenza tra le proprie prose descrittive del meraviglioso quotidiano e il surrealismo del gruppo. Con l'unica ma decisiva differenza (per alcuni la matrice del futuro realismo socialista) che, per Aragon, «il 'meraviglioso' non è una dimensione occulta, un altro regno dello spirito che possa esserci svelato per illuminazione, ma è 'la contraddizione che appare nel reale'» (Rella, p. XLII). Testo ibrido fin dal suo titolo, IL paesano di Parigi si apre e si chiude con due brevi saggi di carattere astratto in netto contrasto con i più descrittivi «Il 'Passage de l'Opéra'» e «Il sentimento della natu- ~ i:: ra al parco delle Buttes Chau- ·~ ~ mont». ell'equilibrio del volu- ~ me, «Prefazione a una mitologia ~ moderna» e «Il sogno del paesa- -. ~ no» dovevano alleggerirlo, agli oc- .__ chi dei surrealisti, dal peso refe- §, renziale che riallaccia invece gli al- °' tri tri due alla «metafisica del concrei to», veicolata e autenticata alla ~ prima persona pronominale, unica l istanza narrativa dell'intero libro: ~ «lo non mi esibisco, Ogni metafisiBorisSouvarine Minh) e cosi via -, il giovane operaio avido di conoscere e capire assiste al trapasso tra i due secoli: tragico vertice Laguérra, che Souvarine vive in prima persona, perdendovi anche il fratello. ILcataclisma del 1914-18 è una prova decisiva per migliaia di giovani, e non a caso, reagendo alla degenerazione della civiltà europea da cui nasceva quello «sterminio senza senso» (parole di Gor'kij}, Souvarine si farà allora militante della minoranza socialista ostile alla guerra e nei protagonisti della rivoluzione sovietica saluterà i veri «eroi dei tempi moderni». Il terreno era nuovo e sconfinato: nel '20 Souvarine fonda il Bulletin Communiste, nutrendo così tra L'altrodei maggiori testi bolscevichi Lasinistra socialista; Lascissione di Tours da cui nasce il Pcf ha in Luiuno degli arteficiprincipali, anche se occulti (in quel momento era in carcere per motivi politici); nel giugno del '21 fa dunque parte della delegazione francese a Mosca, dove Lavoreràfebbrilmente per tre anni ai vertici dell'Internazionale. Quegli anni tumultuosi e irripetibili portano a Mosca una serie di personaggi straordinari, uniti da consuetudini non solo di lavoro ma anche di vita comune (basti pensare alle vacanze del '23, da Souvarine passate nella villa di Bucharin, in compagnia di Zinov'ev, Trockij, Stalin... ). Souvarine stringe rapporti di amicizia con uomini dalle origini più diverse, riuniti intorno alla speranza bolscevica: Pierre Pascal, il grande slavista recentemente scomparso a novantadue anni (singolare e Luminosa figura di erudito messosi umilmente al servizio della rivoluzione), lo Storico americano Max Eastman (fohn Reed scriveva sulla sua rivista), il fondatore del Poum spagnolo (poi schiacciato dagli stalinisti durante Laguerra civile non solo antifranchista) Joaquin Maurin, Angelo Tasca, Loscrittore francorusso Vietor Serge (da cui Souvarine si allontanerà in seguito) e tanti altri... Clima e uomini votati a dissolversi sotto il rullo compressore delca è alla prima persona singolare. Ogni poesia anche» (p. 191). Laddove metafisica sta per il contrario di follia o ragione, e concreto per il desiderio di dire, senza riordinarlo e con il tramite dell'immagine (che non vi riesce fin0 in fondo, condannata com'è a essere soltanto «la più grande coscienza possibile del concreto»), il «disordine impensabile» (p. 179) del mondo. Nato dal caos labirintico della metropoli moderna, il testo vi ritorna in un percorso circolare che rifiuta ogni forma di liberazione. Allontanandosi dalla tentazione di una metafisica del progresso, esso si abbandona alla vertigine del moderno. Si vota «interamente al concreto e al particolare contro ogni spiegazione unitaria e assolutistica del reale» (Rella, p. XLVIII). Ciò che invece non tarderà a succedere, nelle modalità che conosciamo. Il Ayant remarqué que tou- '' tes les mythologies du passé, à partir du moment où l'on n'y croyait plus, se transformaient en romans, je m'étais proposé d'en agir à !'inverse et de m'adonner à un roman qui se présenterait camme une mythologie. Naturellement une mythologie du moderne» (Incipit, p, 50). Quella che, negando alla ragione il suo Sergio Sacchi La standardizzazione burocratica; anche se proprio in questi ultimi anni, alla frontiera di un'epoca ormai conclusa, quasi preistorica, veditimo alcuni tra gli ultimi testimoni diretti sforzarsi al contrario di resuscitarne per quanto possibile tutto Lospessore e Laricchezza concreta: così Pascal, pubblicando e annotando il suo minuziosissimo diario di allora, miniera di informazioni sulla società russa dal 'I 6 al '27 (Mon journal de Russie, 4 voli., Lausanne, L'Àge d'homme, 1975-82); così il suo amico e compagno Marcel Body (Un piano en bouleau de Carélie, Paris, Hachette, 1981); così Lostesso Souvarine. Souvarine si è già segnalato per il suo spirito combattivo e indipendente, ma nel rovente dopo-Lenin, facendo pubblicare in francese testi di Trockij ormai all'indice, si attira infine l'esclusione dal partito. Trockista? È a fianco del Nemico che ancora nel '37 Stalin Loanatemizza ufficialmente; ma in realtà LeLoro vie divergono (se mai si sono incontrate), come dimostra Larottura consumata nel '29, cioè appena Trockij uscì di Russia. Dal '25, infatti, ritornato in patria, Souvarine volta per così dire le spalle alla cronaca: la crisi che sta scuotendo comunismo sovietico e europeo non è per Lui né casuale né puramente connessa con la scomparsa di Lenin. Questa sua ricerca a Lungo raggio attira via via i membri di una libera, inquieta e disparata élite: Panai"t I strati_(del LoroLibrocomune sull' Urss è stata recentemente riedita in Francia Laparte veemente, personalissima, dello scrittore rumeno: Vers l'autre fiamme, Paris, Uge 10118, 1980), Breton e i suoi amici, che proprio in quel tempo aderiranno al Pcf, uno spirito sensibile e profondo come Simone Weil: sono solo alcuni dei nomi significativamente congiunti intorno al suo (in particolare i giovani surrealisti staccatisi da Breton nel '29 - Leiris, Queneau, Baron, Bataille - lavorano con Lui a quella sua Critique Sociale la cui raccolta è stata appena riedita a Parigi, Éditions de la Diff1rence, 1983). lungo predominio sui sensi e il privilegio della verità, accetta il rischio dell'errore («A ogni errore corrispondono strani fiori della ragione», p. 7), la folle verità dei desideri e dell'immaginazione. Nella sua rovesciata e ibrida mescolanza di realtà e di verità, il «nero reame», luogo del vagabondaggio del paesano, sembra anticipare quell'altrettanto difficile tentazione di dire il reale (non più chiamato «surrealtà») come verità di cui Julia Kristeva ha fatto, attraverso la nozione. di «vréel», il segno distintivo della modernità (cfr. Folle vérité, Paris, Seui!, 1979). Giocando sull'equivalenza tra la sorpresa che sorge dagli incontri casuali del reale e quella che sgorga dalle faglie dell'inconscio («Un passo falso, l'incepparsi d'una sillaba, rivelano il pensiero di un uomo, Vi sono, nella instabilità, dei luoghi simili a serrature che chiudono male sull'infinito. Là dove si coltiva la più equivoca attività dei viventi, l'inanimato rispecchia talvolta i loro moventi più intimi», p. 12), il paesano si inoltra nei passaggi; luoghi transitori e effimeri nei quali, ai bordi dell'ignoto e dell'avventura, egli si può mescolare alla folla baudelairiana dei passanti. E lì, davanti alle botteghe misteriose dei parrucchieri, dei sarti, Prima ancora che si possa parlare di stalinismo (se con Stephen Cohen prendiamo il 1929 a vera e propria data d'inizio del sistema), Souvarine ne ha così denunciato i prodromi in una serie di pagine che gradualmente preparano il grande Stalin degli anni trenta. I suoi legami personali gli consentono la presa più diretta sugli eventi di Russia (per esempio, è il primo a pubblicare il Testamento di Lenin, che gli giunge per interposta persona dalla Krupskaja; così, su un altro piano, può valersi niente meno che degli occhi di Babel' per scrutare atti e parole del!'alta società staliniana); si direbbe soprattutto che con lui la Francia dell'umanità, dell'ironia e dell'intelligenza si eserciti a corrodere con feroce pazienza i fantasmi più imponenti del regime (Franco Venturi fa il nome di Voltaire - ma un Voltaire che abbia vissuto in prima fila le tappe cruciali del movimento operaio contemporaneo.. .). Sotto Lafragile superficie sovietica ecco dunque riemergere, via via, da un lato un fondo burocraticomilitare di marca zarista (se non ancor più arcaico), dall'altro altri fattori, anch'essi opposti alle formule ufficiali, ma non per questo meno profondamente radicati nel tempo, e di fronte a cui, grazie alla sua indigenza intellettuale e morale, il sistema è rimasto del tutto impotente. La decadenza della classe operaia (parallela a quella del capitalismo, secondo un saggio pubblicato nella Critique Sociale) l'ha portata, per Souvarine, a abbandonare la sua missione storica nelle mani di «intellettuali declassati», i «rivoluz.ionari di professione» di Lenin: ma uno dei temi portanti dello Stalin è proprio questa irresistibile evoluzione dei professionisti rivoluzionari verso la burocrazia. Non a caso un lettore intelligente come Brecht da questa tesi fondamentale del libro trarrà lumi su una realtà più generale, annotando «depresso» nel suo diario: «Una simile trasformazione appare effettivamente in nuova Luce in seguito alla comparsa del fascismo» (quel dei tipografi, dei filatelici, delle prostitute o dei lustrascarpe, egli si abbandona al suo vizio, un «vizio chiamato Surrealismo», caratterizzato dall' «impiego sregolato e passionale dello stupefacente immagine» (p. 59). Che si abbandoni alla fantasticheria, nella quiete dei bar, o che si lasci invece attrarre dallo spettacolo del «passage», sognatore o osservatore, il paesano parla, senza soluzione di continuità, un identico linguaggio - il linguaggio lirico-descrittivo dell'incontro del soggetto con il mondo. Contro chi, troppo a lungo, gli ha rimproverato il suo dono di osservazione, egli ribadisce la sua disponibilità agli incontri inattesi, il suo rifiuto di riprodurre meccanicamente il reale se non nell'istantaneo dell'effimero. Deformata dal prisma dell'immaginazione, l'osservazione diventa un'altra forma dell'ispirazione. E questo, Breton, come i commercianti del «Passage de l'Opéra», incapaci di «discernere ciò che viene da te [il paesano] da ciò che viene da loro. Sono come dei bambini davanti a uno specchio deformante» (p. 77), non è in grado di capire, di accettare. Accecato da quello sguardo che vedeva l'insolito nel consueto, il meraviglioso nel banale, il fantastico nel familiare (si possono vedere le pafascismo che appunto, continua Brecht, prenderà in prestito dal «socialismo di Stato» sovietico messo a nudo da Souvarine «istituzioni» e «materiale ideologico», diventandone così l'immagine «distorta riflessa nello specchio»). Nel '27, Joseph Roth parlava non meno paradossalmente di una Russia «cittadina, borghese», generata dal bolscevismo: qualche anno dopo la civiltà contadina sarà di fatto rasa al suolo dall'ondata collettivizzatrice. E cosa fosse concretamente questa vera e propria civiltà, al di là dei miti positivi o negativi degli scrittori cittadini, ce lo ha ricordato da poco il vividissimo Récit di qualcuno che è stato ali'origine un vero contadino russo, Ivan Stoliaroff (Récit d'un paysan russe, Paris 1983). Ma L'acrepenna di Souvarine ha saputo fissare a suo tempo anche questo segreto matrimonio tra strutture interne «asiatiche» e il nuovo «modernismo americano» inteso al culto del «dio macchina». Tacere tutta l'attività di Souvarine dopo il suo Stalin, tacere per esempio la sua settennale esperienza dell'altro colosso moderno, gli Usa, tacere i lavori che occupano oggi lapugnace vecchiaia dello storico ottantottenne: a questo ci costringe lo spazio. Una sola constatazione finale: davanti a certe pagine della storia recente, anche sdegno e rivolta sembrano destinati a spegnersi in un eccesso di desolazione. Gor'kij nel '33 proponeva di medicare la realtà contemporanea con una «menzogna che eleva»: molti l'hanno seguito - non Souvarine, che ha scelto un'altra via: chiamare brutalmente, aspramente, infamia l'infamia, follia 'la follia e orrore l'orrore, ridargli un vero nome umano, Forse così anche il caos saprà gradualmente ricomporsi in ricchezza, nutrimento e speranza per il futuro? Boris Souvarine Stalin trad. it. di Gisèle Bartoli Milano, Adelphi, 1983 pp, 983, lire 50.000 gine sui capelli, pp. 35-37), Breton preferiva chiudere gli occhi davanti allo slittamento metamorfico che rispecchiava l'impatto del soggetto sull'oggetto e non il contrario. A giusta ragione, ma inutilmente, il paesano Aragon gli obietta tramite i suoi immediati denigratori, gli allarmati commercianti del «passage»: «Che il mondo mi è dato, non è mio sentimento. Questa negoziante di fazzoletti, questa piccola·zuccheriera che se non siete saggi vi descrivo, sono dei limiti interiori di me stesso, delle vedute ideali delle mie leggi, dei miei modi di pensare» (p. 81). E ribattezza il luogo delle sue alchimie «Passage de l'Opéra Onirique» (corsivo mio). Presa felice di una fortunata rete di parole - «la mia 'gaffe de mots'», dice Aragon in un'intraducibile quanto suggestiva immagine -, il reportage sensazionale (di origine apollinairiana) su una delle tante speculazioni edilizie degli anni venti così come la passeggiata notturna (scritta esplicitamente sotto il segno di Lautréamont) nel parco delle Buttes Chaumont si mutano, in un •processo di tipo anamorfico che accentua la precarietà dell'angolo visivo, in una folgorante mitologia del moderno che, come tutte le mitologie, è innanzi tutto «question de mots»,

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