organico, che non la famosa science dei positivisti»). È la stessa sostanza filosofica della Teoria che Lukacs contesta, additandola come fonte anche delle 'false direzioni' sul terreno della 'prassi'. A un materialismo 'intuitivo' che costituisce un'ingenua quanto arcaica metafisica, Lukacs oppone una teoria che ha fatto tesoro di Hegel e,. soprattutto, dell'eredità valida degli 'storicisti' tedeschi, e della loro problematica circa il rapporto fra 'scienze della natura' e 'scienze storiche'. «L'intera fondazione filosofica della teoria di Bucharin rimane ferma al punto di vista 'intuitivo' ( ... ), ed egli, invece di sottoporre le scienze della natura e il loro metodo a una critica storico-materialistica, cioè di intenderle come prodotti dello sviluppo capitalistico, applica senza esame, acriticamente, astoricamente, adialetticamente, il loro metodo alla conoscenza della società». O vviamente il discorso dovrebbe continuare, e ripercorrere il complesso delle discussioni e delle riserve suscitate dalla pubblicazione della Teoria, e che felicemente accompagnano la fedele versione del Mastroianni, e costituiscono uno dei pregi del libro. Più giova qui soffermarsi ancora un momento sull'esame - avviato da Zanardo nel '58 - del rapporto fra le critiche di Lukacs e le discussioni di Gramsci. L'analisi gramsciana, posteriore di vari anni rispetto a quella di Lukacs, si muove tuttavia per vari aspetti nella stessa direzione, e rivela una vicinanza di fondo anche nelle radici teoriche. Lo rilevava bene Zanardo già nel '58, anche se soggiungeva che La rivoluzione contro il capitale (il noto articolo gramsciano del '18) aveva, con le posizioni di Lukacs, «aspetti di affinità molto più appariscenti». In realtà in Gramsci come in Lukacs è acuta soprattutto l'esigenza, per usare una battuta di Lukacs, di contrapporre, alle istanze proprie del fatalismo meccanicistico, il «capitalismo storico, neutralizzazione dell'uomo e della praxis sociale, l'azione della tecnica ( ... ) come legalità naturale», «forze contrarie, caratteristiche di un'ideologia rivoluzionaria» - e l'esigenza non è, o non è solo, teorica: è una presa di posizione politica, Su Marx/ 8 per la lotta politica. Nel marzo del '67 il vecchio Lukacs, ripercorrendo il proprio itinerario e ripresentando Storia e coscienza di classe, a proposito del suo intervento contro Bucharin faceva un'osservazione da non dimenticare: «per il lettore di oggi si noti che nel 1925, quando la recensione venne pubblicata, Bucharin era accanto a Stalin la figura più importante del partito russo». Criticarlo, e su quei punti, non era solo combattere una battaglia filosofica; era combattere un cattivo marxista - tale rimarrà sempre agli occhi di Lukacs - per una lotta politica. Spostato nel tempo, è un rilievo da non dimenticare neppure nei confronti di Gramsci, anche se, su taluni argomenti, ci si poteva aspettare che Gramsci facesse maggior conto dell'intervento di Bucharin al secondo Congresso internazionale di storia della scienza e della tecnica (Londra 1931), intervento che ben conosceva, avendo avuto attraverso Sraffa il volume Science at the Cross Roads, che riuniva i testi dei membri della delegazione sovietica. In verità anche Gramsci combatteva innanzi tutto una battaglia politica, e il suo stesso retroterra 'filosofico', in molti punti, non era poi troppo lontano da quello di Lukacs. Anche per meglio intendere tutto questo, e la nostra vicenda culturale e politica di ieri (e di oggi), una comprension~ del testo di Bucharin, e delle discussioni .che suscitò, può essere importante. Il sistemae lanorma Nilcolaj I. Bucharin La teoria del materialismostorico. Testo popolare della sociologiamarxista a c. di Giovanni Mastroianni («Connessioni», direttori: A. Giasanti, V. Pocar) Milano, Unicopli, 1983 pp. 506, lire 30.000 P er la sociologia contemporanea, sollecitata da ricorrenti crisi che investono i fondamenti stessi del suo status scientifico, il pensiero di Bucharin appare oggi particolarmente significativo. La teoria sociologica negli ultimi cinquant'anni è, per gran parte, un tentativo di dare coerenza e fondamento al concetto di «sistema sociale». Da Parsons a Luhmann, il senso della sociologia sembra essere quello di una spiegazione dei rapporti sociali e degli aggregati umani in termini di un sistema coerente e integràto di funzioni, in cui la funzione costituisce l'elemento centrale e unificatore, e l'analisi funzionale il canone fondamentale della spiegazione sociale. .Questo modello teorico (che, del resto, ha radici culturali piuttosto lontane: anche non volendo risalire troppo indietro, da Durkheim in poi la sociologia si presenta soprattutto come studio dei gruppi sociali e della loro organizzazione) non appare tuttavia un semplice schema, uno strumento adiaforo che può essere usato in ogni contesto analitico. Al contrario, esso si accompagna a una filosofia sociale che tende a presentarci, attraverso il concetto di sistema, la società come un insieme, la cui razionalità è l'integrazione delle parti, la coesione, il consenso. Nel corso del suo sviluppo questa filosofia sociale tende anzi a assumere aspetti sempre più formalistici e astratti: nel suo momento iniziale, con Parsons, il funzionalismo ci appare una dottrina ancora radicata su fondamenti empirici e, in qualche modo, ancorata a elementi storici e concreti; con Luh- ~ .5 mann, il Systemdenken rifiuta qua- ~ lunque debito alla storia e all'ero- ~ piria e si allontana da qualunque ~ spiegazione «storicistica» (è ciò ....., che Habermas definisce «funzio- ~ ... ~ ~ nalismo totalizzato» nelle sue discussioni con lo stesso Luhmann). Nel pensiero funzionalista la commistione tra spiegazione scien- ~ tifica e orientamento ideologico è "° assai sottile e nello stesso suo lin- ~ ~ guaggio, già di per sé metaforico e allusivo, il livello descrittivo e quello prescrittivo spesso si confondono in modo impercettibile. Ma, in quanto tale, l'analisi funzionale - intendendo con questa espressione lo studio di funzioni, ruoli e apparati sociali - non presuppone e non conduce inevitabilmente a una filosofia sociale «funzionalista». L'analisi della funzione significa identificare gli scopi manifesti e quelli latenti di un ruolo, di una istituzione, di un apparato, e descrivere il lavoro svolto-sotto forma di prestazioni o di aspettative - da un ruolo sociale. Può anche significare la ricomposizione - attraverso la connessione tra scopi latenti o manifesti e tra prestazioni o aspettative - di ruoli e di istituzioni in uno schema comune. Ciò non significa tuttavia ricomprendere il «mondo» in un unico «sistema di sistemi» in cui ruoli, istituzioni, gruppi, società sono riconducibili gli uni agli altri e deducibili gli uni dagli altri. La discontinuità, il conflitto, la non compatibilità di interessi e di situazioni sono dati e premesse altrettanto necessari all'analisi e alla spiegazione sociale. L'esempio di Bucharin è, a questo riguardo, molto significativo. Da un lato, infatti, egli usa con perizia non comune l'analisi funzionale e costruisce il suo schema teorico sul concetto di funzione; dall'altro, egli non dimentica che ciò , non costituisce tutta la spiegazione dei fenomeni sociali, e anzi sottolinea che al concreto della storia (e al concreto del modo di produzion~ e della divisione in classi della società) bisogna rifarsi per ricollegare l'analisi del «funzionamento» del sistema sociale ai fondamenti strutturali del sistema medesimo. Vincenzo Torneo porti e della correlazione tra ambiente sociale e ambiente fisico, della continuità e della reciproca modificazione tra il primo e il secondo (con.le forze produttive come indice di questo «stato di trasformazione»). Così pure il Capitolo sesto, che non casualmente si rifà al concetto di «equilibrio sociale», è il risultato di un'analisi funzionale: la considerazione di un equilibrio costante tra le parti di un sistema sociale, la compresenza di elementi tra loro collegati e le cui modificazioni interagiscono, l'impossibilità di considerare singolarmente le parti, la cui analisi acquista significato soltanto dal contesto, sono tutti modi di intendere il sociale che possono condurre a una prospettiva «funzionalistica». Ve ne è una riprova nei riferimenti dottrinali che Bucharin usa a sostegno della sua analisi, non soltanto nell'ovvio richiamo a Comte e a Spencer (che, per la cultura sociologica, specie del suo tempo, è un richiamo obbligato) ma soprattutto nel riferimento a A questo punto il discorso potrebbe aprirsi a una serie di domande intorno ai risultati del pensiero di Bucharin. Egli rivela una capacità inconsueta di ragionare in termini di analisi funzionale: inconsueta per i tempi in cui egli scrive, dato che le teorie strutturai-funzionaliste acquisteranno forma e dimensione in anni successivi con l'opera di Parsons e con il dominio che essa eserciterà sul pensiero sociologico contemporaneo; e inconsueta, rispetto ai sociologi funzionalisti, per il modo con cui egli ricollega l'analisi funzionale a una prospettiva conflittuale della società. È un fatto, comunque, che, nei modi con cui Bucharin intende e espone l'analisi funzionale, il riferimento è sempre al dato: gli elementi reali e i fondamenti empirici della sua descrizione e della sua spiegazione fanno pensare più a Parsons che a Luhmann. A Parsons, d'altra parte, si avvicina il modo d'analisi e di descrizione che Bucharin espone nel presentare il sistema sociale, i suoi rapporti con alcuna filosofia funzionalista nelle sue conclusioni, non vi è l'affermazione di un consenso o di una integrazione o di meccanismi autoregolativi nel sistema sociale. Vi è la constatazione che un sistema sociale è sempre l'espressione compiuta e coerente di un modo di produzione, ma ciò non significa che esso sia totalmente integrato: anzi, gli elementi di discontinuità e di conflitto tendono a manifestarsi con sempre maggiore penetrazione via via che si accresce la complessità sociale. Sotto questo profilo, Bucharin appare ancor più lontano dai più recenti sviluppi del pensiero funzionalista, e in particolare da Luhmann - lontano, per i risultati formalistici a cui tale pensiero conduce nello sforzo di ricomprendere, all'interno del sistema sociale inteso come un universo di pure funzioni, tutta la complessità del «mondo» (per usare la terminologia di Luhmann); lontano, per gli intenti ancor più sottilmente integratori che il Systemdenken manifesta. U n'ultima osservazione, infine, sulla capacità analitica di Bucharin rispetto a singoli problemi e a singole specializzazioni della ricerca sociologica. .Nell'analisi degli elementi sovrastrutturali che contribuiscono necessariamente alla costituzione del sistema sociale, Bucharin fa ampio spazio allo studio delle norme, dei fenomeni normativi. Ricordando chiaramente Durkheim, egli si dimostra ben consapevole ...:e lo nota con una serie di osservazioni assai appropriate - della fitta rete di norme che avvolge la vita· sociale e del fatto che questa rete sia costituita da un continuum di regole tra loro correS e consideriamo, in particolare, il Capitolo quarto e il Capitolo quinto del libro di Bucharin, non è difficile riscontrarvi un esempio di descrizione e spie-· gazione sociale di questo ti-po.Ve ne sono le premesse nella nozione di-insieme (reale o logico), nell'uso del concetto di divisione del lavoro sociale, nella convinzione del primato della società sulla «persona», nell'affermazione del ruolo esercitato dalle regole come simboli e strumenti della coesione sociale. L_:.::.~•ra-.r.=.r~;;.:::~~U.:C:.:!1....::::S~.L:..~~~~.C~-::..::!l.::=:::::d late e funzionalmente compatibili: Tali premesse si confermano nel modo con cui egli colloca il sistema sociale nell'ambiente e stabilisce i criteri per lo studio dei rapMarcello lori Durkheim e a Simmel, e in particolare al primo. Dalla sociologia durkheimiana Bucharin ritiene molti e importanti elementi: la nozione di divisione del lavoro sociale, il rapporto società-individuo, il ruolo e il peso delle norme e delle regole nella vita collettiva. Ma nello sviluppo del suo pensiero, Bucharin oltrepassa i risultati dell'analisi durkheimiana, sia nella considerazione più approfondita della complessità sociale- sia nel rifiuto del modello evoluzionista così congeniale al sociologo francese. l'ambiente, da un lato, e con le parti che ne compongono la costruzione complessiva, dall'altro. Tutto il discorso parsonsiano sui prerequisiti funzionali del sistema sociale, sul rapporto subsistematico che collega i sottosistemi (economico, politico, giuridico, ecc.) al sistema sociale globale, è già latente nel discorso di Bucharin, soprattutto nel senso attribuito a tutta la costruzione, e cioè in quanto espressione di bisogni reali e di inputs concreti. Ma Bucharin non è, ovviamente, «parsonsiano». Non vi è infatti dalle norme di etichetta e di buon vicinato, alle norme dei ceti professionali, al costume, alla morale, al diritto, le regole sociali costituiscono un insieme, articolato e duttile ma estremamente coerente, di intimazioni per la condotta degli individui e dei gruppi. Qui il sociologo dei fenomeni normativi, e il sociologo del diritto in particolare, può trovare più di uno spunto per le proprie analisi e soprattutto per l'analisi di quel rapporto struttura-funzione nel diritto che costituisce oggi uno dei problemi più importanti della sociologia del diritto. ....
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