sa in tutto il mondo, «un cablogramma di un ambasciatore americano giungeva sulle scrivanie dei più alti dirigenti degli Stati uniti». Il cablogramma «prediceva che Andropov avrebbe dato le dimissioni dalla carica di capo dello Stato sovietico il mese successivo, rimanendo però alla testa del Partito comunista». Dietro queste «curiosità» è dato intravvedere la delicata tessitura della circolazione di informazioni che accompagna le fasi di transizione ai vertici dell'Urss. Il Financial Times del 14 febbraio - all'indomani della nomina di Cemenko alla guida del Pcus - rivela un episodio significativo, accaduto nei giorni della fase di successione dopo la morte di Bremev, quando Cemenko era in lizza con lo stesso Andropov. «Una storia messa in giro dai canali di disinformazione del Kgb nel periodo della scorsa lotta per la leadership raccontava che Andrej Gromiko, il navigato ministro degli Esteri, interruppe Cernenko durante la riunione decisiva del Politburo con le parole: 'Cemenko, stai zitto, tu non sai distinguere la Libia dal Libano'» (cfr. Chernenko: the rise and rise or the perfect bureaucrat). Ciò, aggiunge il Financial Times, «sottolineava crudelmente la mancanza di esperienza di Cernenko negli affari esteri in un momento nel quale i grandi mediatori del potere all'interno del Cremlino erano alla ricerca di un uomo esperto, capace di giocare il ruolo di leader di una superpotenza con interessi mondiali». È appena il caso di ricordare che l'apparato del Kgb era sotto il controllo di Andropov, che lo aveva diretto per molti anni. A prescindere dalla verità della storiella, diversi articoli in questi giorni hanno_fatto cenno al ruolo che i «canali di disinformazione» sovietici (e forse non solo sovietici) possono giocare nella costruzione dell'immagine di un dirigente sovietico, e non soltanto nella delicata fase della transizione al vertice. Le Morule del 12 febbraio (Le triomphe de la grisaille) scrive in proposito: «Yuri Andropov è arrivato al potere aureolato di una buona reputazione, che aveva lui stesso contribuito a forgiare nei quindici anni trascorsi alla testa del Kgb. Anche coloro che non vedevano in lui il 'liberale' dell'iconografia, lo consideravano un intellettuale 'aperto' alla cultura moderna e occidentale. Non si diceva forse che possedeva una collezione di quadri astratti, che leggeva romanzi in inglese, che amava il jazz e beveva... whiskey?» L'articolo ba buon gioco nel tracciare il bilancio poco incoraggiante del regime Andropov, questo 'libéral' très repressi{-nei confronti dei dissidenti, degli intellettuali e degli artisti in odore di eterodossia: un bilancio assai poco conforme all'immagine di Andropov che molti media occidentali avevano accreditato nei giorni della sua ascesa al potere. Lo stesso Le Monde, commentando nel suo editoriale del 14 febbraio l'ascesa di Cemenko alla segreteria generale del Partito comunista dell'Urss, sotto il titolo Une mauvaise image, tratteggia così la «cattiva immagine» del nuovo leader: «Così come l'insediamento di Yuri Andropov dopo la scomparsa di Bremev, quindici mesi fa, era stato interpretato - forse con qualche eccesso - come l'annuncio del cambiamento, della ripresa e di un nuovo vigore della politica sovietica, cosi la nomina di Konstantin Cemenko a capo del partito sovietico evoca un'immagine di passività e di immobilismo, forse di ritorno a un dogmatismo ancora più corrusco che nel corso dei due regni precedenti». Questa immagine, aggiunge Le Morule, «è anch'essa probabilmente esagerata»: gli individui proiettati al vertice dell'Urss «appaiono tutti all'inizio come i prodotti incolori e insapori dello stesso apparato anonimo, 'un robot che succede a un altro robot', come amano dire i dissidenti». Nell'editoriale dell'll febbraio, all'indomani della morte di Andropov, Le Monde ammoniva: «Le illusioni nate qua e là al momento dell'elezione di Andropov dovrebbero incitare alla prudenza». Le illusioni, le imprudenze, le «immagini» frettolosamente accolte dai media occidentali, in queste circostanze, non sono da attribuire solo a più o meno romanzesche attività dei «canali di disinformazione», dell'Est o dell'Ovest. Le «immagini» stereotipe dei leaders sovietici nascono innanzi tutto dalla oggettiva scarsità di informazioni attendibili. Davanti al cadavere di Andropov, nella camera ardente predisposta nel palazzo del sindacato, è improvvisamente comparsa in lacrime la moglie dello stesso Andropov: in Occidente si ignorava persino la sua esistenza, come del resto nulla ne sapevano i cittadini sovietici. Alle ansie e alle curiosità del pubblico i media occidentali debbono rispondere con ciò che hanno a disposizione, in sostanza non molto di più di quello che sta scritto nelle magre e insipide biografie ufficiali dei dirigenti sovietici. In quanto poco sappiamo» ha detto un alto dirigente dell'amministrazione che legge quotidianamente i rapporti informativi riservati sull'Unione sovietica. «Gli unici esperti dell'Urss sono le persone che siedono nel Politburo» ha detto Malcom Toon, già ambasciatore americano a Mosca. Arnold Horelich, fino a poco tempo fa il maggiore analista della Cia per quanto riguarda l'Urss, sostiene che il problema non nasce da una disfunzione dei servizi di informazione americani, ma dalla impenetrabilità della società sovietica. «Noi non siamo più all'oscuro di quanto lo siano i sovietici» fa osservare un . analista della Rand Corporation. Così come la spettacolarizzazione e l'abbondanza (relativa) dell'informazione caratterizzano la maggior parte delle società occidentali, così la segretezza e la scarsità informativa sono parte integrante del sistema sovietico. Da ciò derivano molte delle difficoltà e molti dei paradossi in cui si ritrovano i mezzi di comunicazione di massa occidentali quando debbono produrre notizie su processi di evoluzione nelle strutture del potere sovietico, non essendo pensabile che i media siano informati, al riguardo, meglio del governo americano. Un alto dirigente dell'amministrazione Usa, citato anonimaDie Ingel der Seligen (Union, Berlino 1913), regia di Max Reinhardt. una simile condizione, ricorrere alle illazioni dei «cremlinologi», o alle informazioni confidenziali di origine e natura incerta, è quasi inevitabile. Si innesca così un gioco intricato e rischioso, la cui unica garanzia sta nella onestà e nella capacità dei giornalisti di orientarsi nel labirinto delle fonti confidenziali, quasi sempre «interessate». A questo proposito è da considerare quanto ha scritto il Wali Street Journal del 13 febbraio, in un articolo intitolato U.S. Attempts to Evaluate Kremlin Struggle Hampered by Dearth or Intelligence Data. Secondo una fonte del Congresso, gli Stati uniti per quattro mesi non banno avuto la minima idea su dove fosse il più potente ammalato dell'Urss. Per almeno 152giorni i servizi di informazione del governo Usa non sono stati in grado di individuare l'ubicazione di Andropov. Con amore tutto americano per le statistiche, il giornale precisa che si tratta del nuovo record in materia dal 1922; il limite precedente era di soli 10 giorni. Statistiche a parte, l'articolo del Wall Street Journal ha raccolto una serie di opinioni qualificate che pone in evidenza le carenze delle informazioni di cui il governo. americano dispone per valutare i processi decisionali in Unione sovietica. «Rimarreste colpiti da mente dal Wall Street Journal, afferma che vi è un ironico beneficio nella mancanza di informazione in profondità sulla politica all'interno del Cremlino: dal momento che gli Stati uniti sanno così poco, non sono tentati di «puntare» su qualcuno dei leaders sovietici. Ogni tentativo di manipolare in questo modo le decisioni sovictil'he sarebbe «una trappola e una delusione», secondo l'alto dirigente citato dal giornale. Non ci si può attendere, per altro, che l'amministrazione americana, nel caso in cui disponesse di buone fonti sui processi decisionali del Cremlino, lo faccia sapere attraverso la stampa - tutto sommato, sarebbe ragionevole pensare che si preoccupi di far sapere di non sapere niente. Ma, anche in questo caso, le caratteristiche di segretezza e di scarsa penetrabilità del s_istema sovietico rimangono un fatto innegabile e costituiscono lo sfondo per comprendere la portata e la natura di ciò che leggiamo sulla nostra stampa. Tendiamo invece a considerare meno credibile l'impossibilità di influenzare i processi decisionali sovietici, determinata dalla scarsità di informazioni. L'informazione - come la natura e _ilpotere - aborre il vuoto. Un sistema che, strutturalmente, opera in un vuoto di informazione è di necessità vulnerabile alla manipolazione delle poche notizie disponibili, provengano esse dall'interno o dall'esterno. Accreditare una certa «immagine» di un dirigente sovietico, per esempio, diventa relativamente facile quando non esiste virtualmente nessun feed-back in grado di rettificare tale immagine attraverso altre informazioni. Gli esempi citati dal Financial Times e da Le Monde costituiscono segni inequivocabili che questa attività di informazione/disinformazione è stata ed è, verosimilmente. praticata dai dirigenti sovietici. che sono in grado di controllare direttamente i canali opportuni. Ma è impensabile che, in Occidente, ci si limiti a registrare passivamente, se non altro perché una selezione e una interpretazione delle informazioni/disinformazioni provenienti dall'Urss devono essere comunque compiute. Selezionare e interpretare significa, in ogni caso, agire potentemente sulle aspettative e sull'immagine che, in Occidente, si vengono formando nei confronti di un leader, o di un gruppo di poterc. del Cremlino. Ciò, a sua volta. non può mancare di avere riflessi sullo sviluppo dei processi decisionali e delle lotte di potere al vertice dell'Urss, come dimostra la cura che Andropov poneva nel diffondere in Occidente un aneddoto che screditava radicalmente le capacità di Cernenko in materia di politica estera. È come se, potendo usare molto limitatamente i media di casa propria ai fini della lotta di vertice (uso che implicherebbe una incrinatura imperdonabile nell'immagine di compattezza che la burocrazia sovietica si sforza di mantenere presso la popolazione), i dirigenti sovietici trovino. spesso, più opportuno dare notizic ai media occidentali per farne «rimbalzare» gli effetti all'interno del proprio paese, soprattutto nelle cerchie dirigenti che godono di un accesso privilegiato a tali media, la cui fruizione resta invece preclusa alla stragrande maggioranza dei cittadini dell'Urss. I paradossi che nascono dalla contiguità di un sistema imperniato sulla «scarsità informativa» con un sistema imperniato sull' «abbondanza informativa» sono numerosi e probabilmente poco studiati. Così può capitare, per esempio, di leggere che «se fosse stato fisicamente più forte e fosse durato più a lungo, Andropov sarebhc potuto entrare nella storia come il miglior leader sovietico dopo L1..·- nin»: questo giudizio non ~ comparso su L'Humanité, organo dc! Partito comunista francese, o su qualche giornale cecoslovacco, ma sul quotidiano della City londinese, il Financial Times, a firma di uno dei suoi giornalisti più prestigiosi, Anthony Robinson, corrispondente da Mosca fino allo scorso aprile, quando il governo del «miglior leader sovietico dopo Lenin» ha ritenuto opportuno espellerlo dal paese (cfr. Kremlin power broker's dilemma, in Financial Times, 11 febbraio). Anthony Robinson ha probabilmente le informazioni e la professionalità necessarie a formulare un giudizio così netto. A noi rimane tuttavia misterioso su quali basi sia possibile avanzarlo, considerando che Andropov è stato in carica quindici mesi, per dodici dei quali è stato gravemente ammalato. Un giornale e un giornalista altrettanto autorevoli, Le Monde e André Laurens, che ne è direttore, hanno mostrato al riguardo un'attitudine opposta. «Andropov se ne va come è arrivato: da sconosciuto. Uomo dell'ombra, ha governato incognito una delle due grandi potenze del pianeta» ha scritto Laurens nell'editoriale del 12 febbraio, Le Kremlin du monarque inconnu. Al posto del «monarca sconosciuto» c'è oggi un monarca forse più sconosciuto di lui. formicona Autori vari Genti di Lomellina, dell 'O1trepo e del Pavese « gli almanacchi» 1983, rilegato 235 pagine, lire 35.000 nella stessa collana: Autori vari Il Ticino e la sua gente La storia l'economia l'ambiente 1981, rilegato 160 pagine, lire 32.000 A.M. Picara, D. Vicini, G. Zaffignani, S. Zatti Risorgimento pavese 1982, rilegato 120 pagine, lire 25.000 nelle migliori librerie oppure con vaglia postale intestato a formicona editrice via Fasola 23, 27100 Pavia • poesia Premio per tre raccolte inedite Il Premio «Rimini poesia» è bandito dall'assessorato alla Cultura del Comune di Rimini in collaborazione con il Centro internazionale Eugenio Montale (Movimento Poesia) di Roma e con la Società di poèsia di Milano. La giuria dell'edizione 1983-'84 è composta da Carlo Bo, Maria Corti, Maurizio Cucchi, Mario Luzi, Mario Petrucciani, Silvio Ramat, Giovanni Raboni, Giacinto Spagnoletti, Maria Luisa Spaziani, Carlo Villa, Ennio Grassi, Piero Meldini. Le raccolte premiate saranno pubblicate nelle edizioni della Società di poesia. La premiazione avrà luogo a Rimini, sabato 28 aprile 1984. Per informazioni: Premio «Rimini poesia», Biblioteca civica «Gambalunga», via Gambalunga 27, 47037 Rimini tel. (0541) 704318.
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