alla decostruzione e a un rapporto elaborativo con Kris-Freud, che egli pure giunge a una differenziazione, simile a quella continiana e diversa. Da una parte, «la tipologia del lirico puro•, gravitante sui significanti, con la poesia «anagrammatica, ritmica, allitterativa, collegata al pulsionale e al corpo materno, poesia dell'ordine semiotico•, citando pure Petrarca. Dall'altra parte, «la tipologia del discorsivo». citando Dante, col semiotico assunto al proprio interno col compito «di sfigurare i valori di senso istituiti•; presentandosi cosl il semiotico come «un sistema parassitario rispetto a un sistema di base•. Descrizione di straordinario interesse. Mi formo qui nel riferimento ad Agosti (Cinque analisi, Milano. Feltrinelli, 1982, pp. 131e 187). Ma ciò mi vale anche a illustrare il complesso slittamento avvenuto, e possibile appunto. a partire dalle categorie interpretative di Contini. Si svolgeva assai fitta la discussione «militante» relativa al saggio del ·51 quando ero attivo nel Cinquanta con la rivista Officina. Disincantato, a distanza. trovo divenuto col tempo equivocabile il grande stimolo di Contini (stilcritico allora. mi pare, come Longhi, e più oltre jakobsoniano) secondo il quale si definiva lo sperimentalismo dantesco. È certo che i termini «sperimentalismo• e «plurilinguismo• e insieme anche «espressionismo• {col suo stile) si sono confusi. Ed è certo che P.P. Pasolini, che fu il primo a usare in un·estensione attuale la tesi di Contini, non poteva avere dubbio sull'«esperimcntO:it nel suo senso fondamentale, quando intervenne col saggio «Il neosperimentalismo• nella rivista Officina del ·57. in una sua ascendenza stilcritica (e combinatoria col «marxismo italiano•) che veniva intanto corrosa dalla dominanza semiologica in crescita. Si può comparare l'esperimento e la verifica scientifica su cui poggia l'induzione fin già da Galilei (ritenuto performativo oggi dai teorici ipercritici del periodo post· popperiano) e l'esperimento linguistico nella letteratura? che anzi è un laboratorio della lingua come istituto comunicazionale? Si deve porre una correlazione: la ricerca scientifica non è forse, tutt'uno col suo accertamento relativo di «:verità», un laboratorio del nostro sistema di pensiero e comunicazione? Ora, se sperimentalista vuol dire ricercatore, conoscitore, ulisse. in molti andiamo d'accordo a dirci tali. lo mi sono detto a buon motivo nel Cinquanta e anche oggi mi dico. Tuttavia, se oggi il grande parametro, lo scientifico, non mantiene questa sperimentalità della percezione e del linguaggio relativo come prova convalidante, abbiamo un disagio nell'uso del termine «sperimentale» per dire contraddittorio alla norma, innova1ivo, antiautori1ario, o magari dialenico ... Cresce anzi il significato corrente di provvisorio e volon1aristico. E ancora. Sperimentale può voler dire invece: consapevole che c'è distanza fra la cosa e il nome (e con precisione, presso Marx e Engels - e non presso Gramsci coi suoi conceHi sbagliati di ideologia e di egemonia - c'è disomogeneità fra il reale e il pensiero, fra la conoscenza empirica e la conoscenza concettuale che agisce in modo astratto-concreto). Tale distanza emerge anche nell'uso di E. Sanguineti del termine. Solo cosl una sua credibilità resiste: pur non amanti della funzione simbolica resa assoluta, possiamo tenere lo sperimentalismo in mano, con una specie di resistenza sul suo vecchio valore. Passiamo ad «avanguardia». Certo vale per indicare chi è in anticipo, e - come dovrebbe sempre l'artista - avanza in terra sconosciuta. Indubbiamente si nutre più di recente della differenziazione fra significante e significato. e anzi della «barra• stessa che tutti ci decide e divide in due. La mangiano e vi fanno esercizi tutte le nuove avanguardie. Il loro sostrato è fenomenologico a uani. prima che semiologico. Viene inoltre effettuato in tutto il Sessanta, con Della Volpe e con Benjamin non ancora stornato come cabalistico, un nesso di avanguardia e materialismo (senza riferimento netto. per precisione, né nella prefazione marxiana del '57 sul mito o «sentire collettivo» né nel «t1p1co»engelsiano, soh supporti class1c1) In questa osc1llaz1onedel sostrato sta la vaghezza del termine d1 avanguardia genericamente usato Esistono le sene dt elaboraz10111 partiti. È noto che peri movimenti è decisivo il soggeuo, l'uomo. non la politicità né la struttura. come risulta in Breton. Ebbene, dagli anni settanta è venuto chiaro che dire «l'uomo.. vuol dire riferirsi al sociale. al globale, alla rivoluzione sociale che si è scompagnata dalla politica. ai bisogni radicali, ecc. E dunque le avanguardie artistiche e letterarie avevano la loro ragione verso le politiche, sia del '20-30che del '6070; mentre però non se ne possono staccare interamente, autoriproducendosi. Ciò almeno mi disturba. Avanguardia non è una meta• fora semplicemente. È meglio in sede teorica accantonare anche e_ r6ì\...:_ '-1• ......~- dei movimenti sul piano percetti- questo termine per ogni lavoro vo, che sono il loro maggior meri- formale con modi innovativi e con to specifico a costituirli come una tensione «allegorica» o. nel avanguardie artistiche e letterarie senso hegeliano, «simbolica». Il del Novecento (cancellate da talu- termine è attualmente decaduto; ni teorici contrari). Ma insieme le cosl come - vediamo poco più olcostituisce, a mio avviso, una tre - il suo valore estremizzato strutturazione di idee che viene proveniente da Adorno. estesa al sociale e politico, magari opponendo il nulla, magari non consapevolmente. È ciò stesso che nutre il francofortismo. Ed è noto che vi emerge una differenziazione nettissima verso la politica culturale delle avanguardie politiche o L'attuale esercizio di espressionismo: problemi Mentre mi risultano discutibili i due riferimenti di sperimentalismo e di avanguardia (contigui fra loro nonostante una spropositata tensione interna, che ha più ragion d'essere secondo me fra le componenti di «avanguardia.». suJ loro sostrato), ritengo che si possa stimare utile il riferimento a ogni avanguardia o corrente specifica col suo stile. E per esempio il surrealismo non è estinto, né in Blanchot da alcuni inteso come successore di Breton, né in aJtri francesi; e lo leggo in A. Giuliani, oppure in E. Baj e in Sergio Dangelo. E ne ascolto tutti i principi di gauche da F. Fortini. Oggi operiamo dopo due grandi teSti teorici più recenti, che ci arricchiscono nel fondo, K.ris e Bachtin, la comparazione col motto e la dlaletticità del discorso. E viene da entrambi, nei filoni delle vecchie avanguardìe, il ludico, l'autoironia, l'enormità eccentrica, l'autoriflessivo. Per quanto mi compete, la mia area è espressionistica: ed è in que5ta che risento di Kris e di Bachtin. E certamente oggi non è Gadda nella insistita ed estesa lettura continiana a illustrare l'espressionismo in modo privilegiato. Verifichiamo Fortini: rispetto al filone simbolista e anche al surrealista. egli tende a connenere alla tradizione prenoveccntesca o a una scelta «antinoveccntesca,. l'espressionismo; e lo ritiene definibile come «una letteratura impegnata o militante o contestatrice» (ciò mi pare diminutivo oggi) di• cenciopiù oltre assai bene che oggi «le distinzioni tra le tendenze ap-- paiono meno nette• (/ poeti del Novtunto, Bari, Laterza, 1'177,p. 6). R. Luperini propone acutamente di ampliare la nozione di espressionismo, ma resta all'impronta primonovecentesca (// Novtctnto, Torino, Loescher, 1981, p. 139). Mi pare utile ricordare come il termine e concetto (anche nelJ'arte) contenga una deformazione di Una nvisla nuova. La vostra dose mensile di fumeltl, v1agg1e awenture In edtCOlac·e il qumto numero non perde1evelo
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