Wittgenstein.. @J' antropologo Jacques Bouveresse Wittgenslein: Scienza Etica Estetica trad. it. di S. Benvenuto Bari. Laterza, 1982 pp. 236. lire 15.000 ..wingenstein antropologo» in Ludwig Wiugenstcin Noie sul .e.Ramod'oro• di Frazer trad. it. di S. De Waal Milano. Adelphi. 1975 pp. 90, lire3<XXJ La parole malheureuse Paris. Minuit. 1971 Dcrck L. Phillips Wittgenslein e la conoscenza scientinca trad. it. di A. La Porta Bologna, il Mulino, 1981 pp. 340, lire 20.000 Frank Cioffi ..wingenstein"s Freud,. in P. Winch (<tcura di) Studies in the Philosophy or Wittgenstein London, Routledge & Kegan Paul, 1969 Petcr Winch Il concetto di scienza sodale e le sue relazioni con la filosofia trad. i1. di M. Mondadori e M. Terni Milano, Il Saggiatore. 1972 pp. 163. lire 10.000 e crtamcntc la riflessione wittgensteiniana -presa nella sua fondamentale continuità, dal Tracratus in poi - ha ispirato vari sviluppi nella filosofia delle scicn• ze: basti ricordare P. Winch nell'e• pistemologia delle scienze sociali, la teoria «sociale» della matematica di O.L. Phillips, la scuola di J. Hintikka e r«anarchismo» di P. Feyerabend nella teoria delle scienze fisiche. Resta invece ancora tutta da verificare la possibilità che Wittgen• stein ispiri in positivo dei «paradig• mi» (per usare la terminologia del• l'epistemologo T.S. Kuhn) - e quindi teorie nuove - nelle scienze umane. Potrà mai il pensiero del• l'autore delle Ricerche filosofiche influire sul lavoro degli psichiatri, sociologi. linguisti, ecc., come hanno influito le altre grandi filo• sofie di questo secolo (fenomenologia. bergsonismo. positivismo log_ico.marxismo, pragmatismo)? È opinione diffusa che, dato il suo carattere per lo più «analitico», negativo, o puramente «lin• guistico", la filosofia di Wittgenstein non sarà mai all'origine di un corpus di teorie; ciò non toglie però che col tempo possa ispirare (e non fondare, quindi) una diversa etica ne1lescienze umane, soprattutto una modificazione dell'immagine e dei requisiti di quel nuovo Graal, alla cui incessante ricerca la nostra civiltà sembra ormai votata: la f(scientificitb. Anche se sono impensabili «paradigmi wittgensteinianb, in ciò che Dihhey chiamò «scienze dello spirito», tutlavia certi sviluppi della riflessione di Wittgenstein - soprattutto quelli più tardivi - posso• no favorirne la nascila e produzione. Ciò avverrà tanto più quando gli uomini di scienza rinunceranno a un diffuso pregiudizio rispettoso nei confronti della Teoria (compresa quella filosofica). secondo cui questa serve a legittimare. fon• dare o istituire le loro pratiche. più o meno empiriche. di ricerca: uno degli effetti mentali della frequen• tazione di Wittgenstein è la rinuncia a ques10 pregiudizio. il riconoscimento dell'indipendenza tra teoria e scienza empirica. della lo• ro inevitabile sfasatura. La teoria può fondare solo nel mito delle pratiche di ricerca scientifica. in compenso essa è capace di ispirarle. Come già ha sottolineato A. Gargani. le scienze si fondano non nel rigore di una metateoria. ma nelle «forme di vita». cioè nella comunità vivente degli scicnzia1i. che nel loro fare e nel rapporto che questo fare ha con le altre operazioni umane danno senso e valore alle teorie. Così. c'è da s1upirsi che finora, per esempio. psichiatri e psicanalisti non abbiano pensalo di rifarsi all' Argomenlo del Linguaggio Pri• vato (su cui Wittgcnstcin è spesso tornato) per un approccio meno superstizioso ai problemi spinosi dello slaluto della follia, dell'io• conscio. dell'apparato men1ale. Come ci si stupisce che in generale non lo si sia utilizzalo per superare l'alternativa ormai irrigidirn- vero cul-de-sac - tra approccio dialettico e metodo analitico-induttivo nelle scienze umane. P er una strana ironia. oggi è di moda invece rifarsi un po' a Wittgenstein non per rinnovare le teorie-pratiche esistenti ma proprio per legittimarle. Per esempio, alcuni insistono su una fondamentale convergenza tra Freud e Wittgenstcin (magari in quanto ambedue viennesi!), minimizzando la porlata delle critiche, per certi versi radicali, che il secondo ha rivolto al primo (tra l'altro, in conversazioni raccolte nelle Lezioni e conversazioni, trad. it., Milano, Adelphi, 1966). Questa volontà di convergenza tra i due pensatori sarebbe stata attribuita dallo stesso Wittgenstein a un profondo bisogno. nella cultura odierna, di conciliare attraverso i due teorici due aspeni mo/. to diversi della nostra mentalità: la profondità del bisogno fa vedere una profonda analogia tra i due. Eppure il far prevalere le somi• glianze sulle differenze, la colla sul rasoio, è ben poco wittgensteinia• no (/'Il teach yo11differences, vole• va scrivere in epigrafe alle Ricer• che filosofiche il loro autore). Wittgens1ein critica la teoria freudiana non in quanto non scien• tifica - o non falsificabile, direbbe Popper - ma solo in quanto essa si descrive come scienza. come sape• re descrittivo di un 'oggetto' men• te. Come aveva fatto con le tesi di J. Frazer (vedi le sue Notes11l «Ramo d'oro» di Frazer, tradotte da Adelphi). e con la teoria cantoria• na dei transfiniti. ne critica il riduzionismo, la pretesa cioè che la varietà dei •giochi linguistici,. debba essere ridotta a un principio esplicativo unico (benché per allri versi •dialettico,.). che Freud chiamò Lustprinzip, principio del piacere e/o desiderio. In reallà Freud 11011scopre una legge scientifica quando, per esempio. dice che qualsiasi sogno soddisfa sempre un desiderio. inventa piuuosto una •grammatica,. secondo cui un soggetto viene in fin dei conti addestrato a rico110• scere il suo sogno come soddisfazione di un desiderio. Così, il possibile effetto terapeutico dell'analisi per Wittgenstein si produce non perché si è scoperta una verità profonda, interiore - è invece, piuttosto, come il risultato di un training: il paziente impara a dare un senso, per lui più soddisfacente, alle sue produzioni psichiche involontarie. Sviluppando \'Argomento del Linguaggio Privato. il filosofo austriaco aveva concluso che dire ..,homal di denti,. non è descrivere un oggetto pri,•ato- il mal di denti del locutore - ma esprimere in mo• do verbale ciò che il lattante esprime con un strillo. Senonché. quando il bambino impara a dire •ho mal di denti" per lo più strilla meno: il linguaggio è una medicina a effetto placebo. Strilla meno perché. parlando. soffre meno? E chi è stato psicoanali:a.a10soffre me• no? La sola cosa sicura è che, quando si parla, il proprio dolore diventa comprensibile. e quindi pare meno penoso. In definitiva, ciò che guarisce in psicoanalisi è l'apprendimento di un linguaggio. I. Zdaruvit, Tiflis /918. la cui regola è l'interpretazione analitica. Ma ciò che vale per la psicoanalisi come pratica può valere anche per ogni pratica umana, e potrebbe essere l'embrione di una nuova teoria non psicologistica sull'uomo: ancor prima di articolare teorie sull'uomo, occorrerebbe riconoscere che l'uomo è definito da un insieme, spesso problematico, di teorie, connesse ai •giochi linguistici,. e sociali in cui egli è pre• so. Ciò apre a un sapere sull'uomo •che, scostandosi dall'imitazione dell' Erkliinmg scientifica, imboc• chi la via più •terapeutica» della Klarheit - cioè, che alla spiegazione causale delle cose umane sostituisca una chiarificazione dei problemi umani. Più che elaborazione di nuove teorie, scioglimento chiarificatore delle teorie in cui gli uomini - come attraverso nodi - si comprendono e si imprigionano. U na rilettura di Wittgenstein può contribuire al superamento di una dicotomia irrisolvibile del pensiero sociologico: da una parte l'approccio olistico. che considera la società come un t11tto (organismo. struttura, relazioni funzionali, Spirilo, ecc.) non riducibile alla somma delle sue parti. dall'altro l'individualismo metodologico, che ricostruisce ifenomeni sociali come risultanti delle azioni degli individui membri della società. Ambedue le concezioni hanno argomenti validi se non altro a limitare la validità dell'approccio rivale. Forse però il ricorso creativo a nozioni come «gioco linguistico». -regole• del gioco, «forme di vita,. può contribuire a un superamento della dicotomia, aprendo la strada a una prospettiva teorica pluralistica. L'autore del Tractat11.r sembra optare per l'approccio individualistico quando. portando come esempio J"istituzione di punire i criminali. respinge una teoria che ne proponga una ragione 1111ica: ci sono molti motivi al perpetuarsi di un'istituzione, come ci sono molte ragioni per cui si sogna (contraria• mente a quanto pensava Freud), così come ci sono molti tipi di gio• chi. È verosimile. infatti. che qual• cuno voglia punire i criminali per un senso di giustizia. allri per sete di vendetta, altri perché è un dc• terren1e efficace. ecc.. e così, infine, i criminali vengono puniti. D'altra parte. pero, l"is1ituzione - in quanto •gioco• regolato- rende esprimibile e pubblico ciò che resterebbe privato, irriconoscibile. Per esempio, perché ci si sposa? Innanzi lutto Wittgenstein farebbe notare che. attraverso l'istituzione-matrimonio. si dà significato all'amore e al legame. Proprio perché non c'è linguaggio privato. «individuale•, proprio perché i sentimenti personali non fondano le istituzioni ma sono le istituzioni a rendere riconoscibili e identificabili i sentimenti privati. l'uomo è confrontato all'enigma di ciò che veramente egli è, sa e vuole. Ogni gioco linguistico, ogni istituzione, «fonda» l'illusione di una privatezza che fonderebbe la comunicazione e lo scambio sociale, ma si tratta appunto di un'illusione. Il «pluralismo» wiugensteiniano è un corollario della pluralità dei giochi linguistici. Ma l'inadeguatezza di ogni gioco e istituzione nell'esprimere le forme di vita umane è forse la molla del mutamento storico: le società cambian• do «analizzano• i bisogni e desideri degli uomini, così come il nevro• tico può analizzare, solo cambiando, i propri desideri. A nche in antropologia si ri• schia di ridurre Wi11genstein ad anfitrione degli approcci strutturalisti, più che utilizzarlo per il loro rinnovamento. Nelle critiche a Frazer, egli ha attaccato il pregiudizio della spiegazione storica in antropologia, secondo cui il significato dei riti magici e dei miti è chiarito dal riferimento alla loro origine, ci~ agli atti supposti che un tempo venivano effet• tuati. Anche qui Wittgenstein denun• eia una condensazione tra due grammatiche, quella che decifra un senso e quella che descrive cau- .re. Per Wingenstein non contano i legami storici ma le connessioni concettuali dell'osservatore, a partire da certi dati sociali: nelle scienze umane raccomanda la iiber.richtlicheDarstell11ng, la •rappresentazione perspicua., che •designa la nostra forma rappresentativa, il modo in cui vediamo le cose• (RF, I,§ 122). Essa tende a mostrare, nella presentazione dei fatti noti in un ordine •parlante», la relazione tra fenomeni senza per questo dire la loro causa - come mostrare la derivazione di una ellisse da un cerchio, senza che questa 'derivazione' vada confusa con l'affermare una priorità cronologica di una figura sull'altra. Alcuni pensano che l'antropologia detta strutturale risponda ai criteri della «rappresentazione perspicua•. Per esempio. si consi• deri il lavoro, che parte anch'esso da una crilica radicale al metodo di Frazer, di M. Detienne su feste e ri1i nel mondo greco. come le Adonie e le Tesmoforie (cfr. / giardini di Adone. Torino, Einaudi, 1983). Qui. certo. l'antropologo non incorre nei pregiudizi •storicisti,. frazeriani: Detienne isola il carattere perspicuo di elementi, per noi moderni del tutto eterocliti, come il sacrificio e il matrimonio, la lattuga e la mirra, la puzza e i profumi. ecc. Grazie a questa connessione tra ·significanti', correlati tassonomicamente in un tutto di simboli, a loro volta definiti correlativamente da opposizioni, pare alla fine che tuno è chiaro. Certo. così comprendiamo me• glio la cerimonialità greca. ci rendiamo conto del senso delruso di certi prodotti nelle Tesmoforie, e di altri nelle Adonie: vediamo meglio come i greci opponessero il matrimonio all'erotismo. ecc. Eppure qualcosa di importante sfugge: comprendiamo ora i segmenti di quelle feste. ma ci sfugge ancora del tutto il perché le facessero. L'antropologo strutturale ci configura il significalo (nell'uso cerimoniale) delle lattughe e degli aromi, ma non può dirci perché le si usasse. L'amropologo strutturale ci spiega gli usi rituali interrogandone i significati, ma non cerca di spiegare i significati degli atti culturali interrogandosi sul loro uso. Il fatto è che questi usi, una volta perspicuamente rappresentati, non dicono qualcosa di rappresentabile (per esempio, una strut• tura, o una topologia, formalizzabile), ma mo.rtra,w soltanto in questi significati-usi qualcosa a proposito del quale possiamo solo dire: «Così era la vita umana, in Grecia». E questo perché «la fine non è il presupposto senza fondamento, è il modo di agire senza fondamento» (Della certezza, § 110). Le teorie nelle .scienze umane, proprio perché per essenza non sono calcolative•predittive (come sono invece le teorie delle scienze naturali), «spiegano. i miti umani solo nella misura in cui sono esse stesse mili: più che dire l'essenza dei miti e dei riti mo.rrrano le preoccupazioni e le regole implicite del «fare• dell'antropologo, dello psichiatra, del sociologo. Una teoria accettabile per Wittgenstein non ha l'arroganza di pretendersi non mito - perché ogni teoria sull'uomo è mito -, ma un mito che mostri perspicuamente non "soloil fare deJlo scienziato (la forma di vita che si rivela nella teoria) bensl la modificazione da una configurazione all'altra. s:c:i~:. ca;;t=~~~~':~t ;: ~ sempio della mutazione del cer- t chio in ellisse;:è Ubtrsichtlich non ~ una teoria-mito che ci riveli un ~ motivo unico t profondo delle azioni umane, ma una che sia ca- t pace di moslrarci una modificazio- _ ne di giochi e di ragioni. L'effetto ';!:, di verità nelle teorie sull'uomo sa• "' rebbc dovuto alla giustezza della i teoria stessa: e ci~ mostrare nel ] ~~::~:m::~.e in modo giusto, un ~
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