Alfabeta - anno VI - n. 56 - gennaio 1984

Nessundoisturban, essunointerrompe S i ritiene comunemente che la notte sia contraria alla scrittura. Per via dell'oscurità (nel buio si può parlare, però~ difficile scrivere). Invece ha degli aspeui favorevoli. Perché, sospen• dendo le attività del mondo esterno. crea un'oasi di raccoglimento. Nessuno disturba, nessuno in1errompc. Tuttavia, essendo la notte un luogo sommerso nell'ottundimento, la scrittura non può infilarsi che in strc1ti interstizi. Ogni suo tratto~ conteso alla cancellazione. Nella breve scossa che attraversa la notte, cerco di fissare dei punti. Si tratta infatti di scrivere a punii. L'appunto~ un genere particolare di linguaggio che vanta la massima aderenza, ma lamenta una notevole provvisorietà. Per un verso, esso segue immediatamente la scintillamentale, ed ~ dunque la sua resa più appropriata. Si tratta di scrivere a punta, in modo da infilzare il pensiero sulla ca.rtacome la farfalla con lo spillo. Ma, contemporaneamente, i punti mancano ancora di linee di raccordo. Sono solo dei materiali, abbisognano di manipolazione. Non sono una scrittura che si mostrerebbe in pubblico, ma ciò che attende ancora di essere scritto. A qualcuno è capitato un caso singolare: alla luce del giorno il senso dell'appunto notturno si è dissolto. Come se la farfalla si fosse incenerita e fosse rimasto lo spillo. La fon:a dell'oblio è tale da rendere una frase enigmatica per quello medesimo che ne era stato l'autore. Si ritiene comunemente che la ~7~::. i~:?~~~;~l.a Gas~:~~~;!: to: l"alba dissolve i mostri. Ma il mostro non esiste, prima che la luce non lo riveli. La stessa parola mostro deriva dall'atto di mostrare. Che cosa è del mostro che nessuno scopre? Non si può immaginare niente di più frustrato di un mostro invisibile. La notte ~ un appartamento (ci si apparta). In essa cadono le proibizioni alla metamorfosi. Perciò può accadere di lutto: che un'ameba sieda a tavolino, al lume di lucerna, inlenla a vergare il suo diario. Ho cercato affannosamente una derivazione comune delle parole diario e diarrea. Niente da fare. La prima deriva dal Ialino dits, diarium era la razione giornaliera dei prigionieri; la seconda dal greco «scorrere auraverso,.. Malgrado la sconfessione etimologica, resta il parallelismo: in entrambe non ci si può tratlenerc. Si sa che l'ameba produce dissenteria. Sentendomi diventato ameba avrei dunque la proprietà di far evacuare il mondo? Questa domanda dimostra a qual punto i parallelismi e le similitudinipossano dare alla testa. Avverto i seguenti sintomi: movimenti intestinali, prurito sulla pelle, brividi nella schiena, pesantezza al capo. Sento che sto per trasformarmi, fenomeno bizzarro, in un'ameba. Durante la notte questa conclusione non verrà smentita. Ma per il giorno, dove trovare il travestimento adatto? L'aforismo fa pensare a una pietra ben levigata. Ma, lavora che ti lavora, una parte della pietra è andata perduta. Poco male: si presume che tutto sia concentrato nel poco. È la soluzione ideale per chi, già in partenza, ha il poco. Deve solo stare attento a non levigarlo troppo, sennò gli resta il niente. La vita ~ una malattia psicoso- &. ■ ■ ■ ■ ■ ■ matica. Questo fa parte dei motti memorabili e facezie di Cecco Allocco. Aforismo significa porre limiti, separare. Lo stesso di definizione. Marcare confini. Si potrebbe dire che in esso la sapienza si arrocca aristocraticamente in cittadelle sempre più ristrette, di fronte al dilagare della scempiaggine. Un bel ribaltamento, chi riuscisse a fare aforismi idioti, limitati rispetto alla sconfinata sapienza. Billet doux: domani viene la bella. Ci risiamo. La bella e la bestia. La bella è invidiosa della bestia e perciò la farà ritornare uomo. Non gli ripugna alla bella di toccare la bestia? No. Con il contatto scatta il cortocircuito. La bestia si scarica: subito, spossata e sfinita, è addirittura un angelo. Paradosso delrintensità. Quanto più forte è una sensazione, tanto più è breve e difficileda ripeterFranusco Muzzioli 9. ■ ■ ■ ■ ■ - ?. ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ - ■ IO. ■ ■ ■ ■ ■ ■ si. In questo senso si deve credere a chi dice che viviamo per la morte. Andiamo in cerca di una sensazione tanto forte che ci disgrega. Incisione della membrana protettiva. Separazione dei due lembi dell'incisione. Succcssiviifflente, congiunzione di detti lembi ad altri di una membrana adiacente. Si ottiene cosl la comunicazione tra due spazi interni. in cui fluttuano corpi estranei. Si intuisce che, malgrado intervenga una congiunzione, si tratta di una alterazione che perturba lo stato dell'interiorità. Cosl è il contatto, almeno da un certo punto di vista. Il sogno, secondo quanto si ritiene comunemente, è un compromesso. Anche la scrittura è un compromesso. Per quanti conflitti e lacerazioni vi si possano inserire, vengono tenuti insieme nel medesimo tessuto, omogeneo e organico. È, inevitabilmente, una forma di mediazione. L'estraneo si colloB. ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ca, dunque, soltanto al di là dell'interruzione della scrittura. In altre parole, provate a baciare uno scrittore e vedrete che smetterà di scrivere. Con la parola alba si designa, per solito, l'inizio del giorno. Perché non la fine della notte? Probabilmente perché il giorno è un tempo progressivo, parcellizzato e centellinato, mentre la notte ~ un blocco di tempo. Ciò spiega come mai la parola alba conduca con sé tutto l'armamentario ideologico dell'inWo: l'ottimismo euforico, il rcinverginamento del ricominciamento. il rilancio, la rinascita. È un vero respiro di sollievo (niente, infatti, ci garantiva che la notte non continuasse a durare). Eppure l'alba è un confine. Ci sarà ben un punto in cui l'alba e la notte si toccano. Come impedire che avvengano traffici e confusioni illecite? Tra il lusco e il brusco? Perch~ non può una none simile durare più a lungo? È l'invocazione del Seduttore. Ora, fin dalle antiche fiabe, un buon metodo di differimento può es.sere la scrittura. Non smettere di scrivere per sospendere l'esito del destino. SenonchE le energie della scrittura si esauriscono. Anzi, a un certo punto essa sembra correre a predisporre la propria fine. Addirittura, per troppa fretta, l'inchiostro si rovescia dal calamaio della notte. Come sfuggire all'enfasi della fine? Come impedire all'ultima parola di alzarsi di tono sopra le alt.re,pavoneggiandosi sul bordo del silenzio? Avanti con le dita dell'alba. Le dita bianche sa.ranno segni su un foglio nero. Ma siamo abituati, invece, al c:ontrario. A seguire neri su fondo bianco. Tutto sommato, sarà il caso di rinunciare a questa immagine. È in vista un cambiamento. Per- ~ si cambia? È colpa delle c:ontraddizioni interiori oppure delle discrepanze tra interno e esterno? Vall'a capire. Ma, in fondo, sarà l'istesso. Fatto sta che nessun equilibrio regge per sempre. Anzi, l'instaurazione di un equilibrio crea nuovi squilibri, nel senso della coperta troppo corta che tirata sul pe:110 scopre i piedi, e nel senso pure delle falle della barca che, tu· rate, se ne aprono delle altre. Debbo aggiungere che questo ~ il succo della mia osservazione della vita, anche se, ci tengo a dirlo, non ho mai avuto coperte troppo corte, e neppure barche piene di falle. Ribaltamenti pascaliani. A costo di voler sembrare intelligente, affermo che, in questi striminziti tratti conclusivi, avrei voluto riunire le espressioni più deficienti che siano mai state scrine (che pubblicherei sotto il nome di penna di Cccco Allocco). L'obiezione che~ esse siano pur sempre troppo intelligenti in confronto all'autentica deficienza, dimostra trionfalmente, in rapporto alle intenzioni, la mia deficienza. Alla fine, verrà lasciata l'incertezza sulla sorte del personaggio. Su come lo troverà l'alba. Se trasformato nel corpo unicellulare dell'ameba. Oppure, riedito giovanotto grazie al bacio, s'intratterrà con la bella. Viene buttata n un'eventualità poco raccomandabile: che piuttosto la bella, per il gusto di cambiare, diventi ameba. Un estremo avvertimento: non si dovrebbe mai nominare troppo spesso una cosa di cui si ha paura. Nominare significa chiamare. Ma la paura può essere tanto tormentosa, che allora è meglio che la cosa venga, cosl ci se ne libera. AJJora: sono ossessionato. L'alba! L'alba! L'alba! L'alba! ,,,,,, ~ e ·i ~ PaoloR•petU -- .2 ~ Est Sospettoso e incredulo ho scavato fra la nuca e il collo nd rigore men1ale e divenni macchia Juunte, muschio fiorito sui dirupi: lo cibo del mio corpo. linfa leggera sepolta nd guscio ghiandolare. Sud Quando I' ordint si sptzza e una luce bianca auraversa la materia l'intero spazio si incn·na in atttsa dello schianlo. Ma non c'è segno in quu1a pausa di pensiero da cui nasce il mondo. Nord Un 'antica legRt governa gli strumenti che modulano il sonno. L'orchestra dtllt miii:bra si placa finchi un solo accordo sCJ'ii::..!el'int~ra sinfonia. E nell'approssimar;: dtlla quitu si dissolvt l'oscura simmetria che divide il corpo dalla rMntt. Ovest ~ ~ Ntllo sptcehio si raccoglie C la migraziom di.screUJdtllt forme S: woa!!l..tt!nazzulla trattitnt il racconto li; dti miti sguardi t conttmpio §_ f:: .ma !fama t la immagino conclusa. Cosi I e la vtritd svanisu nti ,tf.::!._~ i e dal mio inganno no.set un oorpo :: sco•osciuto. I I t

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