Alfabeta - anno VI - n. 56 - gennaio 1984

Salitae visionidiMosèalmonte Nota o premessa. Font due o tre pr«:isazioni si debbono~, oMStà al. kttort bruJalmtnte confrontOlo con qunto aerano da un romanzo in cono (non mtta M ipo nt pararomanzo ... ). An1efano a piacere: ora il narrantt sale a ricovtrani MJ.la sua ca/Mrttta d'albergo. Il luogo, umporaMWMnlt, i Parigi; i nomi che compaiono, anche in forma anagrammatica (Vallrit t Nathal~). sono di minori personaggi della favola: comt Lisa o Lise, bearriu o dontUJtrict secondo casi, anche Eva di quota «ipn<Hrotomachia•. W ho do you no tonigh, lady ond gentleman? Qualcuno l'emportò fuori dalle acque malmostromiche dcUa Lustc-- tia Parisonum: di notte! e che notte! Com'altrui piacque, beninteso. Per mano di Sciacqua? Ma la tuba che gli deve suonare ancora al reeduo i queUa di Falloppius. Reintegrato al su' venusbergo, monta il Montaperto, il Monte Se che lo interrogava fin dall'infanzia, piccolo Moscsbrugger nascosto fra i rovi, domandandogli: se' tu uomo? auritzerai come esige la Homo Rulc? il gran Rizzo lo visitava ogni notte minacciandolo - dio Bombolone che solo qui in Parisi Esther-Heatber ba finalmente esorcizzato aprendo le cosce, alzando la gamba fino alle spalle (col ditino a pcrforue la guancia, la sguangia!) M'arrapo su verso il mio cubile non degnato d'alcuna dea o idea. ll pumpcmickel c:arogno che mi cbapperonò para todo cl camino noctumo, nemmeno voglio domandarmi sia un Incappucciato Rosso daddovero o appena un Roscio Froscctto... lnliftato exc:els.ius,oleosi scotimenti pcriprostatici mi elevano di floor in fleur a espandermi da quel bel virgulto che sono, gramen dc gramine, a emontarmi di tutto l'ammonto di errari e sbancamenti collezionati durante il giorno: perché è nell"altitudine del ·lettoche ognipene può ~ntersi. Facile J'asccnso: di là dai vetri della cabina i fantasmi delle due gemelline dicono di sl, sorrisi vulvalerici, fanno pulsare il loro anellino: pulsate e vi saranno aperte. Si apre la porta della cabiVinttmA>lloaazza da Fiocchi di neve oa: «parta al monte Horeb il tuo zcbb». Questa parte dell'albergo non la conosco. Forse bo premuto il bottone sbagliato e l'ascensore mi ha condotto oltre il mio piano. È un corridoio molto lungo e semibuio, illuminato soltanto dai quadri delle chiamate per il personale, con grandi armadi a muro sulla mia sinistra, intervallati da un paio di porte imbottite con la scritta: Servizio. Sulla parete di destra si aprono delle finestre molto distanti l'una dall'altra. Le finestre danno su un cortile, o meglio su un 3. + + + passaggiointerno non molto largo, che divide il retro dell'albergo da un'altra costruzione, più bassa. Mi avvicinoa una finestra e guardo, a meno di quattro, cinque metri, !"altromuro ossia la fila delle altre finestre. Quella direttamente opposta~ illuminata: forse la luce s'è accesa in questo momento. Dato che il mio punto d'osservazione è leggermente più elevato. vedo una buona parte della stanza, fino alla parete dove c'è una porta. La stanza t tappezzata con una stoffa marezzata color rosso vivo; non ci sono molti mobili: sulla sinistra, un gran divano grigio, gonfio, largo, e due poltrone in tinta A Nina, inciampando Giuliano Gramigna sembrano disposti per fronteggiare una platea. Come se il mio occhio avesse centellinato i particolari, concentrandosi via via sugli uni e poi sugli altri, adesso scopro che due donne stanno in piedi davanti al divano. Sono belle, alte, ben fatte; una è bionda con un ciuffo di ricciolisulla fronte, l'altra ha i capelli castagno chiaro più corti, arrotolati come da un colpo di vento sull"orecchio sinistro ornato di un brillantino. L'abito bianco della bionda e quello azzurro della bruna hanno spaccature a losanga attraverso le quali appare 2. + + la carne. Le ragazzeguardano qualcuno o qualcosa verso destra, sorridono giocherellando con i braccialetti e anelli, aspettando forse un segnale di via dopo un esame. Di colpo. con una leggera torsione che l"occhio coglie appena, fanno emerge• re dall'abito i seni tondi, le natiche, il pube. È una specie di gioco di prestigio eseguito con maestria e disinvoltura. Mi viene voglia di applaudire. La bionda e la bruna hanno scalciato via il vestito, i corpi nudi si strofinano adagio spalla a spalla, anca ad anca. Continuano a sorridere verso destra, adesso chiedoVoglio che siafelice, questo, pieno no qualche cosa, indicano col dito. La bruna si piega sulle ginocchia, prima adagio poi si tuffa con la bocca semiaperta. La bionda guarda un momento in giù, allungando il collo, come se sccglies.scil posto; poi anche lei scompare dal mio campo visivo. li riquadro della finestra rimane vuoto, però animato da una specie di pulsazione lu• minosa. Mi pare perfino di sentire un ronzio leggero, come quando il proiettore si ferma su un fotogramma senza immagini, abbagliante. Stacco gli occhi da quel bcrsa5. + + + + + glio, perché adesso si sta animando qualche cosa nella finestra ac-- canto, che è più grande. Siccome t piuttosto spostata a sinistra, cambio il punto di osservazione pas• sando alla finestra s~ccessiva del corridoio. Le aperture nei due edifici non corrispondono perfettamente, anche qui debbo contentarmi di una vista di sbieco e parziale. Vedo degli emisferi allungati, perlacei, stupendamente lisci, che combaciano secondo una fenditura che si allarga sempre più ombrosa e sfugge verso il basso. Mi intirizzisco a studiare quei globi che sembrano oscillare appena, e soprattutto la fessura che li unisce e li disunisce. Al disopra di ogni coppia di globi parte un'insellatura morbida e abbastanza profonda, nella quale traspaiono appena le vertebre: sto osservando le schiene nude di tre donne, che hanno capelli folti e lucidi lunghi fino alle scapole. Scuotono adagio i capelli, il movimento si propaga lungo le tre groppe, strette in vita dalla fascetta del reggicalze. La prospettiva lascia vedere solo la parte superiore delle cosce con il bordo appena più scuro della calza. Nella stretta di quei finimenti la carne risulta più densa ed elastica. Cambio improvviso di posa nelle tre figure. Cominciano a piegarsi in avanti protendendo il sedere con un movimento circolare crescente, mentre le mani adesso scendono lungo le natiche, le impugnano, ne allargano la spaccato• ra. Vedo ruotare tre piccoli vortici di ombre e pelosità, tre stelline violacee in fondo, mentre loro si piegano e si aprono sempre più. Da destra entra nel campo visivo una ragazza, anche lei svestita, che regge con una mano un pene bruno, dì dimensioni spropositate. La grandezza, il colore, vorrei dire l'autonomia di quell'aggeggio mi fanno pensare a un simulacro di cartapesta; ma gli viene dietro il corpo di un negro altrettanto enorme, che la ragazza conduce come se reggesse un animale per la cavezza verso quei tre sederi spinti in fuori. Sceglie quello di me2ZO, che adesso mi viene completamenle coperto dal dorso dell'uomo. Anche lui si piega in avanti, appoggiandosi (credo) con le due mani sulle anche della donna, come si fa nel gioco della cavallina. e comincia a stanluffare lento e po· tente. La scena si ~ spenta di colpo. Non si t spenta, piuttosto qualcuno deve avere tirato le cortine, probabilmente pesanti e a chiusura quasi ermetica, perché del riquadro sono rimaste a malapena righe luminose sottili. Faccio qualche passo lungo il corridoio. C'è ancora una finestra accesa nella facciata: quando arri- ''' Oppure che i idiota, mi dico, e allora? AppWtlo: i idiota Purt, sorrido adesso che l'ho detto, wdo le tue numi sporche- di vino - penso, sporcht, travasarlo ntllt bolli deciso, cosi, in due tempi, il tappo che spunti come ad Alba domani: pieno per questo andammo col pattino, a remare, un po' tu, un po' io, seguendo l'orizzonte L ·angosciaha il sapore di una mela, un pauaggio che scompare, laforma di un seno intravisto a malapena - di.ut- Vtdo Ma io rutai in mezzo tra lei e lei temevo le mie mani romperla, che sgusciavano di fuori, o volevano - tuoro- accarezzarti spingerti di dentro. -Il tuo anice rifiutai di assaggiarlo, che tra amaro-dicuti-o solo un lapsus? a serpentina, in lungo, in largo. da tua zia (oh un'isterica, esclamai,finalmentt) Vedrai dissi imparer6 a rtmart andart drillo dritto al contenuto, in mart schizzando l'acqua fredda sul 1110ventre Voglio cht qi,attro t quattro fanno otto stavolta, la capra, Argentina -Il solito? il solito Al ritorno non trovastì i sandali e ridevo che li avevo nascosti io nella sabbia adesso posso dirttlo -io - nella sabbia cosi, per scherzo, che spuntava dovremo fare un viaggio, tu ed io seduti davanti alfintstrino, l'uno accanto ali'altro, non fa malt Poi parlai del polipo, per ridere, cht pu6 amare solo un altro polipo e fu come un morso nella carne, una domanda di suppltnzo Mi piace questo nome- Nereo -dissi per cambiare, sono solo dei poemi e classici, per giunta: una muraglia andiamo tesoro Ii accompagno non è manco mezzanotit, hai trovato la tua musa finalmente, un allro luogo SI, adesso sono stanco, per davvero

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