Alfabeta - anno VI - n. 56 - gennaio 1984

AberrazionlJm!eravigle Jurgis Baltru!aitis Abt:rrazioni trad. it. di Anna Bassan Levi Milano, Adclphi, 1983 pp. In, ili., lire 50.000 Adalgisa Lugli Naturali.a d Mirabilia. D collezionismoenciclopedico od.le Wundcrkammern d'Europa Milano, M3.220tta, 1983 pp. 262, ili., lire 50.000 S i ripubblica contemporaneamente in Italia e in Francia un antico libro di Jurgis Baltru'3itis, Aberrations: essai sur la légende des forma. uscito nel 1957.Il saggio è parzialmente rivisto e ammodernato, soprattutto nelle illustrazioni, ma non risiede in questo la sua novità. La novità sta nel fatto che la sua stessa hmzionc viene oggi reinterpretata, pensandolo come il primo capitolo di una serie di tre famosi testi di Baltru~itis, di cui l'ultimo è stato già edito anche in Italia (Anamorphoses del 1969, sempre da Adelphi), e il secondo, La quite d'Jsis del 1967, è ancora da ripub-- blicare. I tre volumi dovrebbero costituire un unico viaggio entro la storia della rappresentazione insolita, che Baltrubitis ha deciso di intitolare Us puspectives dipravies, di cui Anamorphoses è l'indagine nel campo dell'ottica, La qué,e d'Jsis quella nel campo della mitologia, e il presente volume quella nel campo della «leggenda delle formeit. Ma prima di entrare nel merito di questo scritto, e soprattutto in quello della sua riformulazione concettuale odierna. vediamo il riassunto delle puntate precedenti a maggior soddisfazione del lettore non specializzato. Baltrubitis è uno dei maggiori storici dell'arte viventi, anche se uno storico di tipo molto particolare. Lituano di origine, ha studiato a Parigi con Henri Focillon. lo studioso di arte e estetica che elaborò fra gli anni venti e trenta una teoria della struttura e dell'evoluzione delle immagini artistiche nota come «vita delle forme'° (che è anche il titolo della sua opera più nota). L'idea di Focillon è che le forme (intese in senso visibilista) sono dotate di una loro autonomia, e le loro mutazioni, la loro crescita, o persino la loro degenerazione, possono essere spiegate rimanendo strettamente all"interno degli specifici visivi presi in esame, senza ricorrere né a spiegazioni esterne di tipo storico-evenemenriale, né a spiegazioni sempre esterne di tipo storico-culturale. Vale a dire: il mutamento di una forma artistica non dipende da quello che accade agli artisti o dagli eventi storici della società in cui vivono, né dagli "'l eventi che permeano un ambiente l :!:~~~~~ :1~-i~~e~om:re~:g~e~: .:- storia dell'immagine. ~ Come si potrà notare, siamo al ·~re::~=-~~=~ ~:~p:t~n~~~ t in quegli stessi anni trenta dall'iconologo Fritz Saxl e dagli altri allie-, ~ vi di Warburg. e che voleva studiare le «figure'°della storia dell'arte, ] pur indipendentemente dal loro ~ valore estetico, tenendo conto del i::s loro significato o contenuto. Foci!- lon è piuttosto vicino alla fenomenologia, e all'indagine sul contenuto oppone quella sulla forma. Baltrubitis ha proseguito sulle orme del maestro e, dopo sei anni di insegnamento in Lituania, dal 1940 è tornato alla Sorbona, a Parigi dove tuttora vive, dopo un breve periodo trascorso a Roma, a Villa Medici. I libri di Baltrubitis sono sempre stati dedicati, però, ad argomenti limitrofi a quelli di Focillon. BaltruSaitis è. un uomo curioso e erudito, che nel quadro della storia e della vita delle forme ha preteso di dare un posto di risalto alle immagini cosiddette «fantastiche'° o «insolite'°, mostrando che le deviazioni dalla normalità figurativa non solo hanno un ruolo preciso nella storia, ma hanno anche una loro logica profonda. Ecco cosl succedersi le opere più note: oltre a quelle che abbiamo già citato, Medioevo fantasti• co, che gode anche di una edizione economica negli «Oscar Studio», e L-0 specchio, tradotto in Italia appena due anni fa. A berratio,i.s tratta, come si diceva, della «leggenda delle forme'°, nel senso che si occupa di alcuni casi nella storia della cultura visiva occidentale in cui l'origine o la spiegazione di una forma (esistente in natura o prodotta dall'uomo) è apparentemente fantasiosa e aberrante, e comunque fatta risalire a motivi leggendari e non razionali. Ma questo è lo scopo di Baltrufaitis, per !"appunto coerente con i progetti dei suoi altri saggi: mostrare come le «stranezze'° o le .,.fantasie'° non siano per niente frutto di irrazionalità, quanto piutlosto l'effetto di operazioni intellettuali anche raffinate. e sempre coerenti. Dice l'autore: .,Le leggende si sono formate naturalmente secondo concezioni valide e in virtù di apparenze, ma, introdotte nel campo della speculazione, si sono sviluppate con rigore implacabile, spingendosi in certe fasi oltre il limite della ragione( ... ) tutto prende corpo in una logica imperturbabile, con analisi tecniche ardue e un'incontestabile erudizione mitologica e storica,.. Le aberrazioni, insomma, sono sì giochi, divertimenti, spettacolo visivo. ma oltre lo spaesamento psicologico (come R.M. Fassbindersulsetdi Berlin Alexanderplatz (1979-80); (sopra) Brad Davis in Querelle (1982) effetto nello spettatore) esse sono portatrici anche di six,stamen1i intellettuali: le aberrazioni fanno vedere le cose là dove esse non ci sono, producendo così una sorta di teoria figurata del mondo. I casi analizzati nel volume sono una serie di splendide testimonianze di questo assunto. Nel primo capitolo, ad esempio, si ripercorre la storia della fisiognomica animale - di quella scienza dell'espressione dei volti e dei corpi, cioè, che in certi periodi, e a partire dalle osservazioni di Aristotele in materia, viene fatta risalire agli animali. Ecco allora succedersi nel Cinquecento l'italiano Giovan Battista Della Porta, nel Seicento il francese Charles Le Brun, nel Settecento uno dei maestri della fi. siognomica, lo svizzero Johann Kaspar Lavater, passando per artisti come Tiziano, Rubens, fino alle origini della caricatura moderna con Grandville. Nel secondo capitolo, invece, si prende in esame un allro s1raordinario episodio di storia delle forme: la nascita secentesca della fi• gurazione su pietre dure. quando gli oggetti del mondo (nubi, paesaggi, rocce) vengono raffigurati medianle l'uso delle stesse particolarità visivedelle pietre. Gli arabeschi di un'agave, ad esempio, ix,ssono diventare un cielo nuvoloso: e ciò introduce anche nella pittura tradizionale un gusto straordinario per la rappresentazione arabescata o geroglifica. Nel terzo capitolo è la voha dell'interpretazione dell'architettura gotica come metafora della foresta intricata: una interpietazione stabile nell'Ottocento in Goethe, Schlegel, Chateaubriand, Baudelaire, e rimasta in vigore fino al XX secolo. Baltrufaitis, con un caix,lavoro di erudizione, ne mostra l'origine vera: la reinterpretazione del Medioevo in senso naturalebotanico, da parte di artisti e sopratlutto architetti della seconda metà del Settecento, che addirittura riedificano architetture arborescenti dichiarandole neomedicvali. Infine, il quarto capitolo è di nuovo un saggio di interpretazione ambientale: si tratta della creazione di luoghi immaginari mediante rarchitcttura dei giardini. e fra questi luoghi l'autore presceglie soprattutto l'idea del Paradiso e dell'antichità classica, e l'immagine della Cina e de11'Oriente. Ma, lasciando da parte il contenuto specifico del libro, è bene ritornare un istante sulla sua concezione di fondo. Quello che colpisce nell'indagine di BaltruSaitis, come in quelle che già conosciamo, è la riscoperta di forme di rappresentazione che da un lato giocano sulla speuacolarità (nel senso etimologico di visibilità sottolineata), ma che al temix, stesso costituiscono una rottura epistemologica. Le aberrazioni sono trasfigurazioni della realtà. ma non per questo sono irreali. anzi: costituiscono p11mi di vista diversi sulla realtà medesima. Le aberrazioni fanno vedere in modo insolito, perché insolito è il punto di vista da cui si osservano i fenomeni: .,La vita delle forme dipende non soltanto dal luogo in cui esse esistono realmente, ma anche da quello in cui ve,igono viste e si ricreano». Il che può essere tradotto come: gli oggetti non vengono visti per come sono (il luogo in cui si trovano realmente), ma per come li vede un osservatore (i luoghi da cui vengono visti). Il virtuosismo e la soggettività della conoscenza vanno così di pari passo. .,Le aberrazioni contengono anche verità metafisiche•, sottolinea l'autore. V irtuosismo e soggettività della conoscenza: questo è il punto fondamentale che definisce l'opera di Baltrufaitis, non per nulla quasi sempre dedicata (almeno ne Lo specchio, in•Anamorfosi e in questo libro) a quel periodo di massima esplosione del binomio suddetto che è stata la seconda metà del Cinquecento e il Seicento. Un periodo in cui, accanto a un gusto particolare per la variante tecnica nell'arte, si collocava anche una concezione virtuosistica e soggettivista della conoscenza. Una dimostrazione di questo assunto sia in un secondo libro che proprio in questi giorni Mazzotta pubblica come strenna natalizia. Si tratta di Nawralia et Mirabilia di Adalgisa Lugli, una giovane storica dell'arte che lavora a Bologna. Il suo soggetto è lo studio di quei «.musei delle meraviglie» che, in ambito religioso come in ambito laico privato, cominciano a diffondersi dalla metà del Cinquecento in avanti, e pullulano ix,i in tutta

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