Guida editori s:lh 'lf'"I' 111 \~rHq,:l1<r1 )i\ lsl 1:x11 qJ)i4\ ARCHIVIO DEL ROMANZO Daniel De Foc LEAWENTURE DEL COLONNELLO JACK pp.ZSOLircll.000 Charles Dickens IL MISTERO DI EDWIN OROOO pp. ll6 Lirr 11.000 Silvio Pellico BREVE SOGGIORNO IN MILANO DI BATIISTINO BAROMETRO pp. IO Lirt•.SOO Francesco Dc Sancti..s LA GIOVINEZZA pp.lHLittl.000 Luigi Ciampolini VIAGGIO DI TRE GIORNI PP· u,tir,,.ooo Alckscj Tolstoj IL PRINCIPE SEREBRJANYJ pp. J10 Litt lt.000 Alonso Fe;nànckz de Avdlancd:a IL SECONDO CHISCIOTTE pp. 170 Litt tt.000 f Nifri!~o~:s~~co PER L'AMOR Pl,.ATONICO "pp, 140 Lir< ll.000 NOVITÀ Wolfgang Goethe LETTERE DA NAPOLI Trad. di G. Fortunato A cura di M. Rossi Doria 16 ili. a colori 16 ili. in nero pp. 184 lire 60.000 G.W.F. Hcgcl EPISTOLARIO Voi. I pp. ll7 LittJ0.000 Giulio B.1rsanti LA MAPPA 'DELLA VITA pp.2SOUrrll.000 Eugenio Mazurella NIETZSCHE E LA STORIA pp. 1,0 Litt lt.000 L Bulfcrn.ti O. Iucovich ORIENTAMENTI DI STORIOGRAFIA QUANTITATIVA pp.Jl!LittU.000 VincenzoVitiello UTOPIA DEL NICHILISMO pp. H•Lin, 11.000 POESIA CONTEMPORANEA Mariella Bcttarini VEGETALI FIGURE pp.~Lirr4.000 Adriano Spatob LA PIEGATURA DEL FOGLIO pp.0Litt4.000 Cfr. Giuseppe Conte L'Oceano e il Ragano introduzione e note di Giorgio Ficara Milano, Rizzali, 1983 pp. 153, lire 7000 È uscita in novembre, nella Biblioteca Universale Rizzali, questa raccolta di poesie di Giuseppe Conte, una antologia personale in gran parte composta di inediti, e tuttavia à fa manilre de Borges (che è, tra l'altro, uno dei riferimenti culturali e talora espressivi della sua poetica), introdotta da un bel saggio di Giorgio Ficara. Un avvenimento editoriale notevole per la sua oggettiva ricchezza (una poesia colta, mitica, geografica e botanica). Vi si ritrovano la tradizione barocca, di cui Conte è stato più volte studioso - si veda in particolare il suo libro La meta• fora barocca (Milano, Mursia, 1972); il ricorso non ovvio al mito: cioè, non alla mitologia generica per cui un JX)CO di aura remota e vaga gioverebbe alla poesia, bensl a riferimenti storici e etnologici precisi, come la Grecia o i miti precolombiani e celtici; la geografia - la Liguria presente per molte ragioni, biografiche e culturali, è caratterizzata da indicazioni di luoghi e di circos1anze, e integrala da altri riferimenti cartografici (Italia, Grecia, Irlanda, Nuova Inghilterra, Messico); finalmente, la botanica, che non si riduce all'elogio di piante senza nome, di fienili e di felci - Conte scrive di araucarie e di yucche, queste ultime specificate con il loro nome scientifico: Cordyline australis hooc. Queste osservazioni, del resto, sono condotte con maggiore competenza di chi scrive da Giorgio Ficara nella Introduzione (che comprende inoltre, secondo gli usi della collana, una nota bibliografica e una rassegna critica). Restano da fare alcune considerazioni. Rilanciando, per cosl dire, Viialismo e Romanticismo auraverso una onorevole ripresa del Mito, Con1e sfata certi miti (negativi) che corrono da diverso tempo in1ornoalla filosofia - e alla poesia - della vita, e che squalificano lo Spirito del romanticismo in quanto tale. li vitalismo quale lo in1ende Conte non è affallo rustico, incolto e solo pulsionale. Identificare vita e irragionevolezza immediata è una idea piùttosto recente, nata forse con il positivismo, e confermata - per motivi professionali e disciplinari - dagli etnologi (natu· ra vs cultura) e dagli psicoanalisti (pulsione vs ragione). In tempi culturalmente non remoti, viceversa, Schelling era vitalista proprio perché faceva della Naturphi• losophie; il vitalismo di Lawrence non gli impediva di leggere dei libri; e in questi anni Deleuze (che si rifà a Bergson e a Spinoza, intellettualisti e vitalisti insieme) scrive: «Si avranno delle idee sbagliate sull'irrazionalismo, finché si crederà che questa dottrina contrapponga alla ragione qualcosa che non sia pensiero: i diritti dei dati, i diritti del cuore, del sentimento, del capriccio o della passione. Nell'irrazionalismo è del pensiero che si tratta, di nient"altro che del pensiero•. È precisamen1e alla lignée in1ellettualistica e vitalistica che si riferisce Conte. E le sue poesie sfatano anche il mito sussidiario per cui il romanticismo sarebbe solo vaghezza e nescio quid terminologico. Le ragioni per cui Leopardi elogiava un certo tono vago da adottarsi in poesia si riferivano alla scelta dei temi, e non a quella delle parole. L·aura del mor jwte nasce dalla precisione; tra i romantici, d'Annunzio sapeva bene, e Conte lo riconferma, che il migliore aiuto per il poeta non è il rimario, ma il dizionario; e che i dizionari migliori sono le enciclopedie e le biblioteche. Rilanciare Mitologia Vitalismo Romanticismo significa allora riprendere quelle "mitologie bianche' (l'espressione è di Derrida, antologizzato da Conte in un reading sulla metafora, uscito nell'SI da Feltrinelli) che definiscono la cultura e la tradizione dell'Occidente. Dimostrando come l'opposizione tra mythos (vita, pulsione) e logos (conversazione, ragione) valga forse solo per taluni ambiti disciplinari, come le scienze umane; e come, in ogni caso, questo dissidio non abbia troppo corso in poesia. Maurizio Ferraris Alberto Maria Moriconi Decreto sui duelli Laterza, Bari, 1982 pp. 144, lire 7500 Alberto Maria Moriconi è al suo terzo libro con l'editore Laterza, che molto di rado concede spazio alla poesia. Dunque lo spazio concesso deve essere occupato da autori o opere che si raccomandino per una particolare vivacità. È certo il caso di questo Decreto sui duelli in cui la scrittura di Moriconi sembra seguire gli sbalzi e gli umori di ritmi molto personali piuttosto che rifarsi a canoni o a indicazioni provenienti da una qualche riconoscibile area contemporanea. Mi pare che la caratteristica saliente di Moriconi sia la teatralizzazione del linguaggio. L'autore interviene sulla pagina manovrando le parole come maschere o CO· me segnali, a volte in prima persona (quando dialoga con un soggetto, per esempio i nomadi), altrove meuendo in scena i duellanti (da cui la poesia centrale della racco!• ta, quella che le dà il ti1olo). Per fronteggiare la minaccia del silenzio, che come sappiamo in ogni istante grava sulla parola, Moriconi scende in lizza, esce allo scoper10 e improvvisa il suo spet• 1acolo nella prima piazzetta che trova, come per un teatro da campiello o -da vicolo. Regista o gran b1.1raninaio,a seconda dei casi e dei personaggi, sostiene la rappresentazione con tutte le forze di cui dispone (e la sua è anche esuberante vitalità). «Decreto sui duelli• comincia cosl: «Da un arco a un largo I Don Pedro el Cruel I (no, «il Giustiziere» dice lsabel) / che passeggiava/ Siviglia nera / - lassù, per stracce ovatte I di nubi in fuga, mezza ostia, / fuma, al taglio del minareto» e si ha subito idea di come attacchi con foga e proceda per tagli e fulminee scorciatoie. Si capisce che in alcuni tratti possa peccare in eccesso e per generosità, quasi trascinato da una prima intuizione forse resistibile ma che risulta, di fatto, irresistibile. Forse sono troppi i soggetti affrontati, i temi attraversati, e pare a me che i quadri storici (per esempio «Il calcagno di Cesare») siano meno convincenti: conservano una certa dose di ossequio verso i Grandi della Storia, e la poesia male sopporta questo aueggia• mento deferen1e, tanto meno quando contrasta con un·aggressività diffusa. Nella memoria rimane l'eccitazione, rimangono strofe come questa: «E nudo, che non mi svolino, schizzo storti/ versi sulla parete I- come alloggiassi in galera-/ ch'è tanta buona carta fiorata che porta / un poema / se anch'io ci sto ... I no no, li casso / sterili, / resta un baffo, / o un morto ragno fra stinti fiori•. Una poesia intitolata «No al Petrarca• ci mette sulla pista della tradizione burchiellesca, e forse a Alberto Maria Moriconi vanno su misura le parole che Domenico Dc Robertis ha dedicato al Burchiello (1414-1449):«le parole( ... ) contano sul loro valore semantico, stan• no per la realtà che rappresenta• no, entrano in scena come c'entra• no le cose che significano, sono il loro stesso modo di essere•. Poesia come teatro, appunto ciò che si voleva suggerire. Antonio Pona ~ttuaJità• di Marx Università di Urbino (22-25 novembre 1983) Nel titolo del convegno, indetto dall'Istituto di Filosofia dell'Università di Urbino e introdotto da E. Giancoui, emergeva evidente la «provocazione• nei confronti delle complementari mosse di silenzio e di ufficiosa commemorazione che hanno segnato il centenario marxiano in troppe sedi politiche e accademiche italiane. In questo caso il convegno si è mos• so, generalmente senza troppe preoccupazioni di ortodossia, su un versante ben preciso: la ricerca sulle possibilità di lettura interdisciplinare della realtà consentita dagli strumenti interpretativi marxiani, attraverso e anche al di là della pluralità dei marxismi. Si spiega cosl la voluta eterogeneità delle giornate del convegno, da una prima «economica• (con contributi di Pala, Valentino, La Grassa e altri) a una conclusiva «filosofica.,.,imperniata sulle relazioni di A. Tosc! (dedicata al materialismo storico) e S. Tagliagambe, passando per una parte centrale dedicata ai temi del lavoro e in particolare alla collocazione del frammento cosiddetto delle macchine (e più in generale dei Grundrisse) nello sviluppo del pensiero di Marx e nel dibattito contemporaneo. Mentre A. Natoli ha marcato la contrapposizione fra la corrente utopica del frammento e la più sobria considerazione delle macchine nei quaderni del 1861-63e nel Capitale, polemizzando con l'interpretazione operaistica del primo, G. Baratta ha piuttosto difeso la continuità dei testi marxiani, sottolineando la dialettica asimmetrica dei Grundrisse che aprealla soggettività rivoluziona.rianella sproporzione fra sistema capitalistico e potenzialità delle macchine più che in una presunta tendenza al deperimento automatico della legge del valore. In questo senso si segna il limite di Raniero Panzieri, ma anche l'immenso impulso da lui dato a una critica di massa del determinismo tecnologico, assai più complessa e sfumata di certe posizioni «verdi,., a volte affette da anti-industrialismo romantico. La presenza dei verdi è stata garantita dal vivace intervento di W. Hoss, ex leader operaio della Mercedes di Stoccarda e ora deputato al Bundestag, e dal sociologo Sackstadter. Le possibilità di uso interdisciplinare di categorie marxiste è stata efficacemente messa in luce dalle relazioni di Pugliese, che ha letto con un'estensione del concetto di sovraproduzione relativa alcuni fenomeni di nuova stratificazione di classe in Italia, e da A. Baratta, che ha problematizzato l'uso del labelling approach nelle scienze giuridiche e della sua connessione con il problema della criminalizzazione e della devianza. Assai importante, nella parte conclusiva del convegno, è stata la relazione di S. Tagliagambe, che della tematica «materialista,. ha ridefinito la nozione stessa di «:materia-, con un originale sforzo di lettura sistemica della sua irriduci• bilità e insieme non-evidenza agli approcci meno ingenui. L'analogia posta con l'uso di alcune categorie generali marxiane (quale, per esempio, quella di cooperazione) consentiva l'avvio di una suggestiva integrazione fra problemi epistemologico-scientifici e problemi storici. Da ricordare, infine, i con• tributi di U. Schmicdcrcr, F. Vidoni, G. Mottura, V. Riescr, H.P. Mii:llere R. Winckclmann. Augusto Illuminati D privato ddl'architdtura italiana dal dopoguerraad oggi Taccuini di viaggio, quaderni di appunti e note Galleria Aam., Roma (20 settembre • 29 ottobre 1983) La mostra allestita da Francesco Moschini nei locali della Aa.m, via del Vantaggio 12a Roma, permette di curiosare nei block-notcs degli architetti, di frugare nei loro pensieri privati, di mettere in cvi• denza il materiale figurativo da cui l'architetto trae ispirazione e il progetto prende le mosse. Pcrchl è interessante questo -sguardo in• discreto» nei cassetti segreti degli architetti? Il disegno è tecnica di indagine della forma; attraverso il disegno si chiarisce il rapporto fra l'architetto e la città, la periferia, la campagna. Ma non solo: anche fra l'architetto e i libri su cui lavora, le città che ama, le immagini da cui, senza scandalo, «copia,.. Qui saltano agli occhi le sorprese. Da quel mondo segreto si comprende che le immagini che influenzano la fantasia degli architetti non sono quelle della produzione recente, n~ solamente quelle antiche dei grandi esempi della storia dell'arte. Non solo dunque la grande tradizione greca e romana, ma anche gli elementi «pavcri,. dell'architettura spontanea, il carattere quotidiano della città, al limite lo stesso ripetersi ossessivo delle case di speculazione della pc· riferia romana o berlinese. Per questo le immagini della Roma barocca di P. Ponoghcsi vivono vicino a quelle della periferia urbana di D. Passi; i grandi edifici della Roma imperiale disegnati da C. Aimonino sono motivo di ispirazione così come i cimiteri di M. Martini. Nel percorso della matita le immagini si separano dal tempo e dai luoghi della loro storia - buona o brutta che sia, - e concorrono a formare uno stile autonomo, assolutamente legittimo. «li paesaggio urbano - appunta Aldo Rossi - mi sembra sempre più caratterizzato da clementi che nascono da costruzioni abbando-- nate o da crolli o da diverse sedi• mentazioni, oggetti che si pongono, nella storia, sullo stesso piano di oggetti domestici_...Sono questi gli oggetti che assumeranno, nel progetto, il ruolo di simboli della condizione moderna. E la realizzabilità di queste im• magini? Si coglie certamente nei disegni dei più anziani - e in parti- ~ colare negli stupendi csccutivi a :: mano libera di Ma.rio Ridolfi, do- -~ ve si realizza l'intima completa ~ adesione del segno con la materia ~ costruita. Piuttosto, nei disegni dei .g più giovani che hanno vissuto la - crisi dei grandi sogni dei Maestri ! :~n::t~:t!:i:?~::a:=~=t~ ~ con il disegno nel campo apcno t: della storia delle immagini. j Franet1co Montuori ~ ~
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