Il piccolo Hans 39 luglio/settembre 1983 Tradurre, rappresentare Scritti di: V. Finzi Ghisi, S. Finzi, A. Prete, G. Gramigna, T. Kemeny, S. Agosti, P. Colaiacomo, C. Viviani, I. Viola, M. Spinella, E. Krumm, V. Bonazza edizion~Dedalo Comune diModena Assessorato alla Cultura Museo Civico Archeologico-Etnologico MISURARE LATERRA: CENTURIAZIONE ECOLONI NEL MONDO ROMANO Galleria Civica VI. Vittorio Veneto 5 li dicembre 198312 febbraio 1984 feriali: 9,J0-/2,30//5,J0-/9,J0 festivi: JO.JJ/16-19 lunedi chiuso della loro professione che nelle prime sociétb savames dell'epoca i parlamentari incontrano coloro che panecipano, insieme a loro stessi, alla trasfonnazione delle idee del tempo: medici, matematici, teologi e ben presto fisicicostituiscono il loro ambiente intellettuale ordinario» (p. 626). Se dalla Francia passiamo all'Inghilterra, notiamo come alla fine del Seicento, nei circoli illuminati, la credenza nelle streghe fosse in netto declino. Negli ambienti clericali, al contrario, la credenza conservava ancora una sua vitalità. Quando Francis Hutchinson scrive il suo saggio storico sulla stregoneria, nel 1718,può indicare quasi una trentina di lavori pubblicati dopo il 1660che si esprimono in favore della esistenza della stregoneria (K. Thomas, «Religion and Decline of Magie», in Witchcra/r, p. 170). E anche personaggi altolocati, come il giudice lord Grange, si erano opposti a che. nel 1736, fosse abolito il «Witchcraft Act• che reprimeva penalmente i delitti di stregoneria, ecc. Alla metà del secolo, in ogni caso, Conyer Middleton poteva tranquillamente scrivere che «la credenza nelle streghe è ora totalmente estinta» - anche se, a livello popolare, la credenza continuava ad avere adepti. Dopo il 1736. quando non era più possibile intentare un processo per delitto di stregoneria, a volte gli abitanti dei villaggi ricorrevano tuttavia a violenze dirette, a pratiche contro la magia e, in qualche caso, anche a linciaggi nei confronti di presunte streghe. Anche se più tardi rispetto alla Francia, sembra innegabile dunque che la cessazione della caccia ebbe luogo in Inghilterra attorno ai primi decenni del secolo XVIII. La situazione italiana, come è descritta da Canosa e Colonnello, si presenta per più di un aspetto diversa da quella analiuata da Mandrou. In primo luogo, non si riscontra un ruolo 'progressivo· dei giudici nella trattazione dei casi di stregoneria. Infatti, se per la Francia è possibile proporre, senza eccessive forzature, una equazione «juges-savants» e u1ili22arla per spiegare alcuni comportamenti giudiziari innovativi, nella penisola italiana una tale equazione è improponibile, sia per l'assenza in generale di soeiétb savantÙ di tipo francese in quasi tutte le capitali dei vari Stati in cui la penisola era divisa, sia per la struttura e composizione delle corti, i cui membri, anche se erano indubbiamente esperti di tutti i diritti di questo mondo, lo erano assai meno di storia, filosofia, matematica, scienze naturali, ecc., in ciò esprimendo già un modello di giudice destinato a perpetuarsi nei secoli successivi (Canosa-Colonnello, Gli ultimi rogM, p. 13). Per di più, a differenza di quan• to accadeva in Francia nella materia che qui interessa, negli Stati italiani la magistratura ordinaria occupava un ruolo del 1u110subordinato e marginale, essendo le questioni di eresia, stregoneria eretica, possessione diabolica, ecc., istituzionalmente affidate ai tribunali del Sant'Uffizio. L'abolizione di questi organi speciali di giustizia, infatti, fu attuata quasi dovunque soltanto alla fine del Settecento, qualche volta addirittura tra i rimpianti dei ceti domi• nanti (in Sicilia, ad esempio). D'altra pane, la magistratura «lai• ca» del Settecento italiano non brilla per «libertinismo» intellettuale e per cultura filosofica, e appare assai lontana dal modello descritto da Mandrou per il Seicento francese. Catalogo Edizioni Panini Delle varie magistrature laiche italiane solo quella piemontese si avvicinava in qualche modo al mo- '----------~ dello francese dei «parlamenti». Al vertice di essa erano posti i «se· nati», uno per ogni territorio della monarchia (Savoia. Piemonte, Nizza). Al senato, oltre che nelle questioni giudiziarie. era riconosciuto un ruolo di una certa importanza anche nella attività legislati• va. attraverso la cosiddetta «interinatio». Al senato non si accedeva dopo un cursus nelle magistrature inferiori, ma di prima nomina. Gli statuti e le costituzioni esigevano che si scegliessero persone di dottrina, talento, probità e austerità di vita; ma i principi, spesso stretti da necessità finanziarie. a più riprese avevano messo in vendita i posti del senato, e avevano concesso ai senatori il potere di cedere la carica e di nominarsi un successore, dietro pagamento di premi al sovrano. Riguardo alle caratteristiche di questa magistratura, i giudizi sono alquanto diversi e in contrasto tra loro. Mentre alcuni sostengono che - almeno a tutto il Seicento - i giudici, anche quelli più alti. si erano caratterizzati per ignoranza e servilismo, altri sostengono che questa magistratura «cosl mal re• clutata, non meglio organiuata e sottoposta all'arbitrio di un principe assoluto, senza garanzia di carriera, di grado e di sede», era stata tuttavia una delle migliori non solo tra le italiane, ma anche se comparata alle straniere, e che i giudici erano sempre «austeri di vita, alieni da lotte politiche» (E. Piola Caselli, voce «Magistratura». in li digesto italiano). rensi, ma anche in ogni materia di civile filosofia», per cui non vi era «opera morale. storica o politica che cscissc nel secolo XVIII di cui essi non diano prova di aver tratto profitto nelle loro decisioni» (F. Forti, Scritti vari, Firenze 1865, p. 733), non ci si può dimenticare che questo si verificò quando ormai, per ritornare al discorso che qui interessa, la caccia alle streghe era irreversibilmente finita. Indubbiamente peggiore di quelle sin qui descritte era la situazione per il regno di Napoli. Tratto caratteristico dell'amministrazione giudiziaria napoletana era l'esistenza, accanto alle giurisdizioni ordinarie, di una miriade di giurisdizioni speciali, il cui numero era superiore a quello di qualunque altro Stato della penisola (a prescindere dalle giurisdizioni in materia feudale, da quelle relative a contese di altro genere tra i membri della nobiltà e dai tribunali ecclesiastici, nel periodo di tempo compreso tra il XVI e il XVIU secolo si riscontrano più di trentacinque giurisdizioni distinte). Proporzionata al numero delle giurisdizioni era la dimensione della litigiosità, grandissima, ramificata cd estesa per tutto il territorio, a tal punto che nel 1786si rite• neva che in tutto il regno vi fossero per lo meno 26.000persone addet• te ai tribunali tra giudici, avvocati, cancellieri, notai, ecc. In questo quadro le figure di maggior spicco erano gli avvocati e i professori di diritto. I giudici in• lrmHumo.nnin DiebinerenTrinen der PetravonKan1 (/911) Buona o cattiva che fosse, nessuno si è sentito di sostenere che essa sia stata protagonista del dibattito culturale, e anche coloro che se ne sono fatti apologeti non hanno potuto fare a meno di constatare che, ..:ilsuo compito essendo essenzialmente conservatore», essa - come tutte le magistrature, del resto, - non aveva potuto ..:partecipare al moto progressivo della società:»(C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontue, voi. I, Torino 1881, p. 3). Se dal Piemonte passiamo alla Toscana, il quadro-quanto a indipendenza, conformismo e cultura dei giudici- non muta. Cosimo de' Medici aveva saputo organizzare una giustizia non soltanto efficace, ma anche, eccezion fatta per le cause politiche, relativamente saggia e giusta, attraverso una scelta oculata dei funzionari e la sua personale diretta ingerenza. Ma nei secoli successivi l'amministrazione giudiziaria ..:sisfaccia e si corrom• pc» sotto i suoi degeneri suc:cessori. Essa era destinata a risorgere soltanto nella seconda metà del secolo XVIll, in connessione con le riforme leopoldine. E tuttavia, se anche, come ha scritto il Forti, a partire dalla seconda metà di quel secolo e fino ai primi anni dell'Ot• tocento, la magistratura toscana aveva fatto «bella mostra di ~ nell'uso dell'autorità nelle questioni legali, senza pregiudizio dei sovra• ni diritti della ragione», e era a~ parsa istruita «non solo nel diritto romano puro e nelle opinioni fovece, specie per i tribunali più bassi, erano reclutati tra coloro che, per difetto di cultura o di ingegno, non erano riusciti a fare fortuna nell'arengo forense. Dal c;anto suo, la giurisprudenza, e ci<Xl'operato di queste corti, era nel complesso scadente, sia sotto il profilo tecnico, dove spesso continuava a essere riconosciuto il primato alle opinionu doetorum an• che contro il testo della legge, sia sono quello dei contenuti sostanziali, nel cui ambito l'ostinata resistenza dei giudici all'obbligo di in· dicare nella sentenza i motivi delle proprie decisioni spesso serviva da copertura a traffici assai poco leciti, sia nelle province che nella stessa capitale. E sembra che neppure le rifor• me tanuccianc della metà del Settecento abbiano inciso in profondità sulla situazione. 1..a rmt della «caccia» Per un altro aspetto la situazione italiana si differenzia da quella francese (e in quesco caso anche inglese), e cioè per l'epoca in cui la «caccia,. ebbe termine, giuridi• camente e culturalmente. In Francia e in Inghilterra, la persecuzione dei delitti di stregoneria cessa all'inizio del Settecento (in Fran• cia, secondo Mandrou, ancor pri• ma); in Italia, es.sa continua per tutta la primf metà del Settecento, anche se con intensità via via decrescente. I primi decenni del secolo XVIII vedono ancora roghi (sia pure in misura modesta) a Torino e in alcune zone periferiche (ne Gli ultimi roghi sono riportati i casi di Poschiavo che, per quanto geograficamente situata in territorio elvetico, riproduce una dimensione comune a molte delle valli alpine) per tani che sono innegabilmente di stregoneria. lnoltrc, i tribunali inquisitoriali restano all'opera contro questi •delitti» fino alla l«r ro definitiva soppressione, che avviene nella seconda metà del Settecento. Indubbiamente, le pene inflitte da questi tribunali sono meno feroci di quelle da essi comminate in passato, ma non mancano lunghe carcerazioni (ad esempio, quando l'lnquisizione venne soppressa dal Caracciolo in Sicilia, nel 1782, e furono aperte le carceri di quel tribunale, vi vennero trovate rinchiuse quindici persone, delle quali quattro detenute per crimini di sortilegio). Questo sul piano istituzionale. Su quello culturale, la battaglia è definitivamente vinta dalla intt!lligtntsja illuminata solo intorno alla metà del secolo, attraverso un travagliato dibattito sorto a seguito della pubblicazione dell'opera di G. Tartarotti, Del congru.so notturno dtllt lammie (Venezia 1749). li Tartarotti aveva esattamente notato come «dopo tre se-- coli che con molto calore viene agitata questa quistione, siamo ancora sulle difficoltà di prima, e gli sforzi di tanti ingegni per illustrarla non hanno potuto persuadere lutti, e far sl che i Giudici non mcl• tessero sì agevolmente le mani nel sangue di queste miserabili». E aggiungeva: «Non mancano esempi anche al presente in più luoghi, spezialmente della Gennania, ma noi senza andarli a cercare altrove, abbiamo fresca la memoria della dcplorabil carneficina che se n'è fatta in queste nostre parti, ove al· ue lasciarono la testa sono la spada del carnefice, altre nelle carceri miseramente perirono» (cit. in Canosa-Colonnello, Gli ultimi roghi, p. 7). Alla polemica stregonica della metà del secolo partecipano, in posizione critica verso il Tartarotti, scrittori conservatori (special• mente di parte ecclesiastica), ai quali risponde uno dei più noti let• terati del tempo, Scipione Maffci. Alla fine la questione si risolve a favore dei «novatori», anche se non poche sono le oscillazioni aJ. l'interno del loro campo (anche il Tartarotti, rigido negatore della esistenza delle streghe, ha un at• teggiamento as.sai più sfumato per quanto eone.eme le «maghe»... ). Se poi dalla culcura «letteraria. passiamo a quella medica e a quella giuridica, notiamo un ritardo anche maggiore sulla strada della «espulsione• dalle cose del mondo del diavolo, delle streghe, dei ma• ghi, ecc. ln conclusione, tuttavia, possiamo dire che nell'arco di un secolo, tra la fine del XVI1e quel• la del XVIII, la caccia alle streghe termina in tutta Europa. La stregoneria e la cultura demonologica cedono il campo dopo numerosi secoli in cui avevano rappresentato un potente fattore di organ.iz:zaz:iooe gestione della società - potente pcrcbi le forze che venivano evocate, Dio e il l)e.. monio, erano •massime» e oon del rutto controllabili (potevano colpire anche i notabili}. Per altro vcr• so, lo scontro era mortale e non ~ mcdiabile, ma una delle parti po- ~ teva comunque godere di una ·i «clausola. di limitazione del ri- ~ schio: infatti, era pacifico (nella i cul!Ura demonologica) che Sa1ana ; nulla potesse contro la «giustizia., ~ e non sottraeva mai alle prigioni le ~ sue creature. Senza dubbio, un e,o bell'intrcccio tra «:reali»fantasie di ::S:: lotta mortale e gioco delle parti... i:: non sempre facile da decifrare. ] §. -;;
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