Alfabeta - anno VI - n. 56 - gennaio 1984

Julcs Michclct L'insetto trad. it. di Anna M. Scaiola Milano, Rizzoli. 1982 pp. 219. ili., lire 12.0CXl Jcan-Jacqucs Rousseau fantasticherie del passeggiatore solitario intr. di Jcan Starobinski trad. it. di N. Cappelletti Truci Milano. Rizzoli, 1979 pp. 336, ili.. lire 5500 Jean Starobinski La traspartnza e l'ostacolo. Saggio su Jean-Jacques Rousseau trad. it. di Rosanna Albertini Bologna, il Mulino. 1982 pp. 440, lire 25.000 L'occhjo vi,·ente trad. it. di Giuseppe Guglielmi e Giorgetto Giorgi Torino, Einaudi. 1975 pp. V-345. lire 7000 Il ~-è s0110. sopra. dentro, '' intorno a questo mondo un ahro mondo insospet· tabile. Solo a volte lo ascolliamo un po' mormorare, frusciare e al• !ora diciamo: 'è poco, è niente'. Ma questo niente è l"infinito'" - l'infinito della vita silenziosa e invisibile che respiriamo con l'aria, o che coi liquidi circola in1orno a noi inosservata. È l'infinito della vita animale. degli «impercettibili cos1rut1oridel globoitcui Michelet dedica una deliziosa 1ra11azioncdile11an1csca e squisi1amen1eletteraria, inti1ola1a L'insetto (Milano. Rittoli, 1982). Diletlante entomologo. Michelet ripercorre le passeggiate intorno al lago di Ginevra. vicino a Clarens (l'immaginario rifugio di Julie e Saint Preux nella Nouwdle Hélofse ha lo stesso nome), nei luoghi ancora vivi della 1oponomas1ica rousseauiana. Egli ci appare un po· diverso dal Michelet caro a Bar1hes,chino sui vasidi fiori: con un bicchiere alla mano lo vediamo bere acqua a tulle le sorgenti, cercare il sole e scru1arenei boschi la presenza della vita animale. Non è solo. lo accompagna la giovane donna che d"un trallo scoperchia. con un colpo di bacchetta, un termitaio nascosto in un vecchio tronco. L'ammirazione per quel mondo. e la tristezza .:sentimentaleit del vederlo distrutto, con ratto stesso che ha portato a osservarlo. sancisce l'opera riparatrice. Un patto nuovo lega i due escursionisti: «Tornammo pensosi, senza parlare ci eravamo capiti. Quel che fino a quel giorno era stato un divcrlimento. una curiosità, uno studio, da quel momento fu un libro.it Il dilCttante sa - lo ricorda Sergio Finzi. presentando il Piccolo Ha11.s n. 36 dedicalo a questa figura, - che praticare molte arti è bello, ma che basta anche solo una seconda arie per essere salvi dall'inebetimento nel quale si finisce a praticarne una sola. Lo sa Savinio che ha formulato questo pensiero. ma lo sa anche Michelet che fa l'«enlomologo)t per riposare da tre anni di comple10 assorbimento nella storia cinquecentesca. Egli racconta come fosse uscito Ilnaturalista da quelle fatiche il 15 maggio 1857, quando interprelò e scrisse la vicenda di un piccolo ragno che aveva diviso con lui lo spazio di uno scantinato al tempo della sua infanzia. I dilenanti sono precisi, almeno in certi particolari. come lo sono i nevrotici di Freud. che tcsfoganoa paroleit eventi del pas• sato con una puntualità talvolta straordinaria (Anna O. ricorda da un anno all'altro ciò che è accaduto nello stesso giorno). I dilettanti, come i pazienli di Freud, sono motivati da un desiderio infantile. Nella tipografia del padre - Finzi mostra il dilettante sempre in compagnia di qualcuno. in particolare in compagnia di ciò che gli resta del lavoro del padre, - il sole entrava a illuminare una cassa scura in cui Michele! bambino raccoglieva «le piccole lettere di piomErmanno Krumm riceve un'impressione. la quale si fa carica di senso e di conseguenze intorno ai quanro anni, ma finisce per farsi comprendere solo venl'anni più tardi nel lavoro dell'analisi con Freud. Cosl. alla «terza estaleit. si attiva l'antica conversazione col ragno e nasce L ·;11jefto. È un libro della fantasia e del desiderio: gli insetti sono visti come magici segni. pieni di grazia essi appaiono non come sono in natura «ma fantastici, incredibili, come li ha visti. desiderandoli, il bambino che dorme o la fanciulla che aspira ad avere un bel vestito o come la giovane donna incinta, con le voglie, li ha sognati». La gestazione di questo libro è laboriosa: la luminosa estate svizzera si spegne. La coppia di ricercatori si ritira per l'inverno nella solitudine perfetta di Fontaine1/anna Schygu/fa ~ 1/ark Bohm in Liii Marlecn (/980) bo~. Fu accanto a quel raggio che egli vide avvicinarsiprudentemenle un ragno: sembrava chiedersi se c'era da fidarsi a raggiungere quel bambino che giocava al sole. li suo pacifico lavoro alle lettere parve tranquillizzare l'animale («con l'istinto del lavoro, che è notevole nella sua specie, sentì che dovevo essere un pacifico lavoratore e che ero anch'io occupato come lui a !essere la tela»), che finl col prendere posto sulla cassa. Pareva che dicesse: «Fatti coraggio e fraternizziamo. Questo raggio che mi concedi, te lo restituisco, conservalo ... Fra mezzo secolo illuminerà ancora il tuo invernoit. Tutto ciò fu poi sopilo. La cosa ebbe un breve risveglioin una certa estate del 1840 quando, ormai adulto. Michelet trascorse. solo. un'estate a Parigi ed ebbe modo di passeggiare a lungo nel suo giardinello di rue dcs Postes. in mezzo a certe belle tele a stelle concentriche che i ragni tessevano intorno agli alberi. Ma lutto si riaddormen1ò per risvegliarsi solo in quella nuova estate del 1857.durante la vacanza svizzera con la giovane compagna. Solo allora Michelet «in1erpreta e scriveit la sua storia dì ragni e di insetti - simile in questo all'uomo dei lupi che a un anno e metto bleau. Oui i due lavorano al microscopio, lo strumento che dà lingua e voce al mondo apparentemenle muto; qui Michelet si avventura da solo, a mezzogiorno, nella foresta . .._inclinea vaghe fantasticherie, privo di un"idea dominanleit. Lo rattrista la mancanza di acqua (quanto importante quella dei laghi e delle sorgenli per fantaslicare, e quamo ne aveva goduto Michelet. e quanto anche Rousseau) e la severità scarna e un po· angusta dei luoghi. Ciò che essi non offrono immediatamente, bisogna prendere con la ricerca e con i suoi strumenti: una bacchetta di nocciolo. Bas1a impugnarla per trovare tuuo quanto si cerca. Graz.ie alla bacchetta, ma grazie anche al genio del luogo che, seppure severo, è molto celebralo. Al luogo incantato sono state indirizzale le parole dell'amato all'amata: tcChe io viva. muoia in te... A esse Michelet aggiunge: «Lo strano è che ognuno vi ritrova quel che ama». A nche in Rousseau c'è un «movimento di bacchetta», in particolare in quel Saggio j11/l'origi11t dellt lingue su cui insisle Jacqucs Derrida nella Gramm.a1ologia. C'è in Rousseau anche un dilettante di botanica e un instancabile passeggiatore di luoghi e di fantasticherie. L'occasione !ematica e la recente traduzione del famoso saggio di Jean Starobinski. del lontano 1957. La trasparer,za t toscacolo (Bologna. il Mulino, 1982) portano all"au1ore delle Co11/e5jioni. C'è un vizio nella caratteristica doppiezza di Rousseau. un movimento interminabile che Starobinski analizza: è il circolo vizioso del segno e della cosa, del linguaggio e del gesto. della scrittura (come indirizzo a qualcuno) e della solitudine, del velo e della trasparenza. delrimmediato e del riflesso. Di questo vizio osserva Maurice Blanchot nel Libro a vtniu: ..-Si direbbe che c'è in Rousseau qual· che cosa di misteriosamente falsato che rende furenti quelli che non l'amano e mette in imbarazzo quelli che non vogliono fargli torto, anche se non riescono ad essere certi di quel difelto e proprio perché non riescono ad esserne certi. Ho sempre avuto il sospello che questo vizio profondo e inafferrabile sia ciò a cui dobbiamo la letteratura. Rousseau, l'uomo del cominciamento. della natura e della verità,( ... ) aiuta la letteratura a prendere coscienza di se stessa sciogliendosidalle \'ccchieconvenzioni (... ). Il notevole saggio di Starobinski mi sembra confermare questo punto di vista». Le ultime pagine delle Confajioni ci presentano il loro autore costretto, con grande sofferenza, a lasciare l'isola dì Saint-Pierre. L'isola in mezz.oal lago di Bienne è anche lo scenario della Passeggiata quinta delle Fanrastichuie dtl pa.sjeggiatore solitario (Milano, Rizzali, 1979). In questo rifugio solitario egli «intendeva attuare finalmente il grande progetto di una vita d'ozio» quale si raffigurava in Papimania. l'isola di cui Rabelais aveva serino che vi si fa di più, non vi si fa nulla: «Quel "di più' era tutto per me. giacch~ ho sempre rimpianto poco il sonno: l'ozio mi basta, e purché io non faccia nulla. amo ancor più sognare da sveglio che nel sonno. ..-L'ozioche amo non è quello del fannullone che resta n, a braccia conserte, in un'inazione totale, senza pensare più di quanto agi- ,;ca. È a un tempo l'ozio del fanciullo in moto senza requie per non far nulla, e quello di uno svanito che divaghi mentre le sue braccia se ne stanno in riposo. Mi piace dedicarmi a nonnulla, cominciare cento cose e non concluderne una, andare e venire come mi frulla in capo,( ... ) seguire una mosca. ( ... ) svellere una roccia (... ). La botanica (... ) era csanamente uno studio ozioso, adatto a colmare ogni vuoto del mio tempo libero, senza concedere posto al delirio dell'immaginazione». Non ha parlato Michelet di un poco o niente c:hc è !"infinito? Ed ca:o che questo poco in più al nulla fa tuIlo il fascinodella fla.Mrie e del dilettantismo di Rousseau. Più ampi dettagli sulla qualità del fantasticare troviamo nella Passeggiata quinta: ben chiusi i libri di la\'oro, il «prezioso far niente» si applica con fervore alla botanica. Con una lente in mano e il Syjt~ma namrae sotto il braccio, Jean-Jacques perlustra risola ripartita in piccoli settori, dai quali riporta nella sua stanza quan1ità di fiori e dì erbe. Niente di più singolare dei rapimenti, delle estasi che prova nell"osservare la struttura e l'organizzazione \·egetale (p. 259). Questo piacere è diversamente ripartito. Col bel tempo, il primo pomeriggio. è in barca sul lago. immerso in mille fantasticherie confuse ma deliziose (p. 260) - anche per Michele! la fantasticheria è prevalentemente senza oggetto. Se il lago è agitalo. Jean-Jacqucs siede su terrazze e poggelli per fantasticare ad agio. Due condizioni sono però richieste: che ..-ilsentimento dell'esistenzait sia in equilibrio con il mondo esterno (che a sua volta è equilibrio dei tre regni), in uno staio di intenerimento senza passione; e che il tempo sia preso in un movimento uniforme e moderato, senza scosse nl intervalli - che il presente «duri sempre, senza però dar segno del suo durare e senza traccia di successione» (p. 263). R ousscau fantastica e. cosi fa. cencio, «inventa creature conformi al suo cuore... La situazione è tratteggiata nella lettura del Pigmalione fatta da Sta.robinski (La trasparenza e ros,acolo, p. 122). La statua di Galatea si animerà non per avere percezione del mondo. ma di se stessa. Rispetto al mondo esterno, Rousseau «si accontenta benissimo dell'idea che un velo nasconda gli ogge1ti1(tanche la statua è coperta da un velo), poich~ la sola rivelazione è quella che si annuncia direna- g: mente nella nostra coscienza (p. g 132). -~ Ora, come appare Rousseau al- :, le proprie fantasticherie, piacerà ~ loro? Potrà il movimento di dcsi- ~ derio che lo ha mosso verso di loro ·s farsi transitivo (il transitivo è ne- ~ cessarlo per la ricerca dell'imme- =o diato). e riportarsi su di lui con il :g medesimo compiacimento con cui ::: lui si è portato su di loro? ~ A questa curiosa domanda (ben §.. rousseauiana però), la risposta è ~

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