Alfabeta - anno VI - n. 56 - gennaio 1984

• The world may be viewed as a myriad of To Whem lt May Con• cem messoges». Norbert Wiener L, osservazione in epigrafe del fondatore della cibernetica risale ai tardi anni quaranta, e implica un'idea della realtà che al giorno d'oggi ci è abbastanza familiare, ma che a quel tempo era affatto nuova. L'immagine del mondo che allora era di gran lunga la più in voga nella scienza doveva il proprio enorme s1:1ccessaol fatto di avere introdot• to il concetto di energia (nel senso moderno) e di avere perciò elaborato dei principi per la spiegazione di processi che a stei:itoo per nulla potevano essere dedotti dal concetto statico di materia. La ·definizione che Wiener dà del mondo, come di una miriade di comunicazioni dirette a ogni essere vivente, funge da metaforica introduzione a un terzo concetto, indipendente da materia e energia, cioè al concetto di informazione. L'aggettivo 'indipendente' non significa naturalmente che l'informazione possa, per così dire, esistere solo per sé: tutti e tre i concetti sono interdipendenti e nessuno di essi è pertanto riconducibile a uno degli altri. Senza purtroppo poter avanzare la pretesa di essere un conoscitore di Wittgenstein, l'opera di questo grande personaggio mi sembra esemplare riguardo al progresso dall'immagine classica del mondo a un'immagine nuova, per la quale, molti anni dopo, non abbiamo ancora un giusto nome. Il Tracta• tus logico-philosophicus è ancora pervaso dalla certezza (che Wittgenstein condivideva con il Circolo di Vienna) che la comprensione del mondo - e quindi anche di noi stessi - potesse poggiare sul fondamento di proposizioni elementari riferentisi a fatti esistenti, indipendenti, per cosl dire, dagli uomini. In questo modo si dava un ulteriore sostegno alla speranza che la filosofia potesse diventare una scienza esatta, e essere quindi equiparata alle scienze della natura. poiché «soltanto le proposizioni delle scienze naturali hanno senso». Come è noto, il Tractallts conduce questo tentativo fino ai limiti delle due possibilità e qui, nelle grandiose proposizioni finali, urta contro una realtà sulla quale anche Wittgenstein può soltanto tacere. Nella sua opera tarda domina invece il concetto di gioco linguistico, e con esso una visione del mondo nella quale l'ultima conseguenza è la realtà del linguaggio. Per citare solo un esempio noto: nelle sue Osservazioni sui fondamenti dtlla matematica, Wittgenstein parla di giochi linguistici paradossali e delle loro conseguenze per chi trasmette e per chi riceve tali comunicazioni: «I diversi e svariati rivestimenti semiseri del paradosso logico sono interessanti nella misura in cui ricordano che per comprendere veramente la funzione del paradosso è indispensabile presentarlo in una forma seria. Sorge la questione: Quale parte può avere, in un gioco linguistico, un siffatto errore logico7»1 Wittgenstein menziona poi il paComunicazione • e scienzeumane radosso del re che si era trovato di fronte a un dilemma irrcsolvibile, emanando una legge per la quale ogni straniero che arrivava avrebbe dovu10dichiarare. sono minaccia della pena capitale, il vero molivo del suo viaggio. Ma non aveva previs10 l'arrivo di un sofista che spiegò candidamente di esser venuto per venire giusliziato in base a tale legge. E Wittgenstein si chiede: .cChe regole dovrà mai da• re il re per sfuggire alla spiacevole situazione in cui l'ha messo il prigioniero? - Che problema è mai ques10?»1 P roprio questa domanda fu nuovamente formulata negli anni cinquanta da un piccolo gruppo di ricerca guidato dall'anPau/ Watzlawick be concordato con i risultati delle ricerche di Batcson. Ma è possibile anche il contrario, e perfino più probabile. Baie• son si interessò della seguente questione: sia nell'interazione con un partner, che nell'interazione con se stessi (tra le due metà del cervello, per utilizzare una metafora moderna), la comunicazione paradossale può diventare la fonte della creatività. Sogni, giochi, fantasie, ogni forma di umorismo o di espressione artistica hanno strutture paradossali'. Interventi para• dossali da parte di uno psicoterapeuta possono produrre sorprendenti soluzioni di problemi che op• ponevano una tenace resistenza ai metodi classici dell'interpretazione e della presa di coscienza'. municazione: la struttura dei sistc• mi sociali umani (cd evidentemente anche animali), la tradizione, la formazione complessiva (gesamte Bildungswesen), tutte le scale di valori umani - e l'enumerazione potrebbe procedere ancora a lungo. Per tanto, sarà ora forse più ch.iaroquello che Norbert Wiener poteva avere inteso quando definì il mondo come una miriade di comunicazioni. Nel quadro delle scienze del comportamento, in particolare nella psichiatria, queste rincssioni hanno un significato rivoluzionario. Ancora oggi, in psichiatria, lo stato mentale di un uomo viene valutato sulla base del suo adattamento alla realtà, dove per «real• tà» si intende l'ambiente del suo mentiamo anche la realtà del nostro Io solo attraverso e nella comunicazione. Già Martin Bubet4 sottolineava che noi ci sentiamo reali solo nella misura in cui siamo «confermati» da altri uomini nell'immagine del nostro lo, immagine che peraò ratificmamo,per così dire, mediante la comunicaziooe. Ciò che accade nell'ambito deUe relazioni interumanc non è più, dunque, un fenomeno secondario delruomo primariamente inteso in modo monadico, ma, propriamente, l'essenza della coscienza umana. A questo proposito Frey scrive: .cAccettando la nostra tesi di fondo, secondo cui la funzione fondamencale della coscienza è la riflessione, e una parte notevole delle riflessioni si compie nel linguaggio, pos.siamo anche ammettere che la coscienza tende sempre a manifatarsi al di fuori delfindividuo, e si realizza nell'interazione degli uomini,.'. L e deduzioni che si possono lrarre da rnuo ci~ ~no di vasta portata e cos111u1sconuon terreno relativamente inesplorato per la scienza dell'uomo, mentre il pensare nei concetti dei sistemi di relazioni anziché in quello di monade è già da tempo un fatto acquisito in altn campi. GamherKaufmanne Ullilommel in Whity (1970) Proviamo a avvicinarci a questo nodo problematico a partire dalla più piccola unità possibile, il rapporto umano tra due soggetti. Già qui entriamo in connitto con la tradizione, per la quale l'individuo concepito come monade è la misura di tutte le cose. Ma questa monade umana è un'astrazione senza carne e senza sangue: essa oon si trova in nessun luogo del nostro mondo. Eremiti che vivononel deserto e si nutrono di cavallette non esistono più da tempo - se mai sono esistiti. Ogni uomo, anche il ..:....-:....:::==-.J più solitario, è collocato in un contropologo Gregory Bateson, e ad essa venne da1a risposta in un forma che è di grande significato al• meno per le scienze del comportamento, e in particolare per la psichia1ria. Queste ricerche sono interessanti per il tema del nostro simposio, poiché grazie a loro vengono finalmente introdotti anche nella nos1raconoscenza dell'uomo principi che negli altri rami della scienza sono accettati e applicati già da lungo tempo. Nella logica formale, la risposta classica alla domanda di Wittgenstein «Che problema è mai questo?» è naturalmente quella secondo cui, da un punto di visia prettamente logico, non «possono» esserci il re, il suo regno, e il sofista entrato illegalmente. Bateson, for• nl invece la dimostrazione che possono benissimo verificarsi situazioni strullurate in quel modo. e che esse mettono tanto chi riceve quanto chi trasmette simili comunicazioni paradossali in una posizione insostenibile, nella quale è appunto possibile soltanto un comportamento paradossale, cioè, in senso proprio, folle - la follia come componente necessaria di un gioco linguistico paradossale, che è percepilo come depersonalizzazione soggettivo-monadica.Si può supporre che Wittgenstein avrebMa il fascino che, in senso tanto negativo quanto positivo, emanano i giochi linguistici paradossali può distogliere solo per poco lo sguardo dal significato molto più ampio della comunicazione in ambito interumano. Spesso il dato immediato è, notoriamente, quel• lo più difficile a cogliersi, e la comunicazione - nel senso più ampio del termine - è perciò l'elemento che pervade tutta l'esistenza umana. Così ad esempio solodopo una riflessione più approfondita comprendiamo quello che poi si rivela come una verità lapalissiana. cioè che la grande maggioranza delle nostre azioni e decisioni si fonda su un'informazione comunicata, e non tanto sulle nostre proprie per· cezioni immediate. Se volessimo considerare solo queste ultime come .cvalide»,«vere» o .crea!illos,aremmo praticamente incapaci di agire e di sopravvivere. Io sono sicuro dell'ora di partenza di un treno perché essa è indicata sull'orario; so dell'esistenza di altre parti della Terra perché sono raffigurate sull"atlante; dal distributore di benzina mi aspetto che non riempia il mio serbatoio di acqua. Questi esempi banali devono soltanto chiarire la funzione produttiva di mondi propria della cosussiscere realt, cioè indipendente dagli uomini, al di fuori di noi. Trascureremo qui il fatto che proprio le cosiddeue percezioni sensibili immediate del mondo esterno sono tutt'altro che immediate ma ci gjungono solo per la via traversa di processi neurologici incredibilmente complessi. Che il cielo blu sia •veramente» blu è improbabile, perché il concetto di «blu)!,è la denominazione umana (e perciò comunicata) di un determinato stimolo della corteccia visiva del cervello, mentre .clà fuori» sono solo vibrazioni elettromagnetiche - e anche «vibrazionielettromagnetiche» rappresenta soltanto la denominazione di un fenomeno. Per tanto, quello che tradizionalmente vale come conforme alla realtà (e perciò come normale) nel migliore dei casi si dimostra in accordo con una determinata interpretazione della realtà - di una realtà quale ci verrà trasmessa nel corso della nostra vita, e in ciò consiste la già menzionata funzione produttiva del mondo propria della comunicazione. Mediante la comunicazione, tuttavia, non vengono costruite soltanto immagini del mondo scientifiche, sociali e ideologiche, ma anche il nostro immediato esserenel-mondo. Noi cogliamo e speritesto di rapporti con altri, anche quando questi rapporti consistono essenzialmente nell'evitare contatti, cioè sono, per cosi dire, rapporti negativi. ln questa prospettiva perde progressivamente significatoogni spe· culazione su processi intrapsichici. Già ogni rapporto a due è qualcosa di più e di diverso dalla somma degli elementi che i due partners vi introducono. In altre parole, ogni relazione è una figura ( Gatalt) nel senso classico di questo concetto. Tutto ciò viene illustrato da un'analogia spesso utilizzata, tratta daU'ambito della chimica: se un atomo di ossigeno e due di idrogeno entrano l'uno con l'altro in un determinato rapporto, il risuJtato (H20) è una sostanza le cui proprietà sono completamente diverse da quelle degli elementi che la compongono. I biologi, ai quali questo fatto è ~ noto da parecchio tempo, chiama- e no il risultato qualild tmtrgente -~ (Neubildung). L'aspetto più rile- 0. vante della qualità emergente è ~ dunque il fatto che essa non può essere ricondotta ai suoi clementi, -~ e che le sue caratteristiche non po- [ trebbcro essere previste soltanto _, sulla base della conoscenza di que- lr'I sti elementi. È dunque affatto S:: chiaro ciò che ~ implicato da un ! rapporto umano tra due individui ""§: - e ci~ che il numero degli ele- ~

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