Alfabeta - anno V - n. 55 - dicembre 1983

Carlo Emilio Gadda Racconto italiano di ignoto de:I Novecento (Cahier d'étudn) a c. di Dante lsella Torino, Einaudi, 1983 pp. XXXVl-383, lire 25.000 Il palazzo degli ori a c. di Alba Andreini Torino, Einaudi, 1983 pp. 114, lire 10.000 Le bizze del capitano in congedo e altri racconti a c. di Dante lsclla Milano, Adclphi, 1981 pp. 223, lire 7500 M oltissimo è stato detto su Gadda e sul suo linguaggio. La confluenza di parole ed espressioni arcaiche e tecniche, dialettali e straniere, a costituire un impasto (pasticht) sempre diverso è stata più volte illustrata nei suoi risultati espressionistici. Si è parlato di uno stile macaronico, attestato in Italia sin dal Medioevo, e con i punti di forza nel Folengo (da cui la principale diramazione francese, Rabelais), negli scapigliati piemontesi, in Dossi e appunto in Gadda. Al già fatto si potrà aggiungere ancora, poco mutando. La conoscenza tardiva dell'opera di Bachtin e la diffusione delle ricerche americane sul «punto di vista» rivelano ora funzioni poco avvertite, e decisive, dello stile plurilingue ed espressionistico. Non possiamo più fermarci agli effotti dello scontro e dell'interferenza di materiali linguistici eterogenei sulla pagina di Gadda. non possiamo misurare bene le continue mutazioni dello stile di Gadda, senza tener presente la prospetti• va, le prospettive, secondo cui i fatti vengono affrontati nella narrazione romanzesca o novellistica. Perché l'impiego del plurilinguismo è uno dei procedimenti usati da Gadda per impiantare i rapporti tra la prospettiva dello scrittore e quella dei personaggi, tra l'espo• sizione e il giudizio, la scrittura e la referenza. Il Cahier d'études e li palazzo degli ori sono decisivi per avviare questa nuova ricerca. Il Cahier, del 1924, contiene e commenta l'abbozzo di un romanzo da presentare al Premio Mondadori. Nella sua parte narrativa presenta temi e mosse stilistiche poi ripresi in opere posteriori. Qui ci inleres• sano però le Noie compositive e le Note critiche che Gadda. già assillato da problemi di metodo letterario, intercala ai frammenti di romanzo ragionandone, giudicandoli, proponendo alternative. Tra queste note, trovo straordinarie quelle delle pp. 86-115. ln esse Gadda discute sul «punto di vista organizzatore della rappre• sentazione complessa» (p. 87). do- .5 ;ea;b~a:::~ C:n~~t:i~b ri~,::,.::~ [ o ab e:cttriore. «Nel primo caso - ~ dice - vi è un lirismo della rappre- ~ sentazione attraverso i personaggi. i r~!:oco:~~a::::i r.~~,~~:.re;o~ ! munque le due condotte si possono confondere• (p. 86). Gadda ve- ~ de pure una terza possibilità. il i: «gioco indirelto d'au1ore». in cui ] «prima di commentare il perso- ~ naggio secondo un suo proprio liri• ci smo. egli autore inserisce sé ncll'u• NovitàsuGadda niversale umano» (p. 108). Mane.i spazio per commenta.re minutamente. E n010 solo alla svelta le molte osservazioni prebachtiniane, come quelle sulla possibililà di scrivere «ogni intui• zione col suo stile» (p. 87), o di esprimere «una intuizione nostra di in1uizioni altrui, o di realtà altrub• (p. 91); o persino formule bachtìniane, come l'abbondante uso del termine sinfonismo (p. I 13): Bachtin parla di polifonia. Ciò che importa di più è che Gadda mette in vista da una parte l'autore nei suoi vari rapporti con i personaggi, dall'altra il ricevente, il letlore. Basta collegare questi due brani. Primo: «il ricettore-eiettore autore non si può dimenticare. Egli accoglie, crea e rimanda. Crea, percM ciò che accoglie è l'informe e può essere il nulla. Se egli infatti Usare Stgre carsi di possibilità entro i due tipi fondamentali della narrazione (dall'interno o dall'esterno). Egli avverte, per esempio, che «~ istintivo nell'autore il sovrapporre le sue proprie rappresentazioni e commenti a quelli dei personaggi• (p. 88) e avvalora le possibililà di identificazione fantastica autore-personaggio-lettore con la sua teoria degli onnipottnzioli: potenzialmente ognuno di noi ha la personalità di tutti gli uomini, salvo che poi si polarizza in una direzione precisa. E sintetizza cosl il risultato cangiante degli slittamenti del punto di vista: «Comunque: relatività dei momenti, polarità della conoscenza, nessun momen• to ~ assoluto, ciascuno ~ un sistema di coordinate da riferirsi all'al• tro sistema» (p. 911). Questa intersezione di sistemi è ciò che Bachtin chiama plurivocità nica, con le sue varie voci variamente riportate dallo scrittore non neutrale: e.il lettore (... ) accetta la mia umanilà e poi mi vien dietro a seguire quello che dico del personaggio. lo faccio oggetto di un mio momento lirico il mio personaggio e poi presento questo momento Ji. rico al lettore. Ma il lettore ha fatto me oggetto di un suo proprio momento lirico•, ecc. (p. 108). Sarebbe emozionante, credo, leggere Qutr paslicciaccio bruno de via Merulana tenendo presenti queste teorizzazioni. Ma manca un'edizione critica di quel capolavoro, non dico pari ma vicina a quella che ha fornito Dante Lsella per il Cahitr. Non conosciamo eventuali fasi anteriori alla pubblicazione, a puntate, in Untratura del 1946; nt eventuali fasi posteriori all'ediziooe, rimaneggiata e ampliata (quattro capitoli in pià), stri stilistici (linguaggi speciali di classi e mestieri; stili poLitici e ideologici, ecc.) e linguistici (lingua letteraria, colloquiale, ccc.; dialetti, gerghi, ecc.). Un impiego che può essere stilizzazione o pa· rodia, adesione o stigmatizzazione. li Gadda del Pasticciaccio giunge, nella prassi scrittoria, ag!i stes-- si risultati; e in quegli anni parlava appunto del suo macaronico come di «un immergersi nella comunità vivente delle anime, un prevenirne o un secondame in pagina l'ingenito impulso a descrivere, lavolontà definitrice del reale, per allegri segni•; diceva che «guardando il mondo avviene di rilevare che esso, in certa misura, ha già rappresentato si medesiJno,.; e che «le frasi nostre, le nostre parole, sono dei momenti-pause (dei pianerottoli di sosta) d'una fluenz.a (o ~-------------------------------~ d'una scansione) conoscitivanon sa, non può, ciò che accoglie si trasforma in un nulla,. (p. 100; e si noti il rictttore~itttort). Secondo: «c'è un punto di arrivo: il lettore. Accolga questo direttamente il lirismo del personaggio; o accolga il lirismo dell'autore; o quello del personaggio attraverso l'autore; o reazioni vicendevoli; certo la materia poetica o meglio la materia poetizzata (ptptokya yle) arriva a lui, lettore, e lui compie in sé l'ultima creazione» (p. 101). Gadda aveva insomma individuato perfettamente il funzionamento del circuito comunicativo del romanzo. le funzioni dell'emit• tente e del ricevente. Ancor più, Gadda medi1ava sulla gamma di possibili manipolazioni della ma• leria na.rrala, a seconda che lo scrittore narri le vicende dall'esterno (romanziere onnisciente) o dalfinteroo, aderendo alla psico• logia. alle deformazioni e limitazioni dei singoli personaggi; e avvertiva pure quanto sia inevitabile la presenza dell'autore enlro l'opera (narratore implicito): «nell'esteriore l'autore può funzionare da personaggio. da persona dramatir lui stesso: nulla lo vieta .. (p. 101). D ivinando una falsariga che è quella su cui poi avrebbe lavorato nei futuri romanzi, Gadda è consapevole del moltiplio polifonia; anche alludendo al timbro ideologico che ogni parola o espressione conserva. Ed ecco Gadda parlare già di «termini comuni• o «termini-moda•, di universalizzazione attraverso il ricorso alle concezioni vigenti: «Mode filosofiche. Mode politiche. Mode e momenti sociali. Riferimento alle idee che vanno per la maggiore. Riferimento alle idee religiose, riferimento a tutte le ccneue, tanto certe quanto relative• (pp. 107-8). E naturalmente all'ironia e alla parodia. Pluralità di punti di vista e di credenze, e unità degli universali umani: questa appunto la formula che sorregge la narrazione polifouscita presso Garzanti nel 1957. Della redazione del 1946 si spera sempre che Garzanti dia presto un'edizione; per ora si può leggere la parte che non entrò nel volume del 1957, e ci~ il capitolo «L'interrogatorio» ne U bizu del capi• tono in congedo a cura di lsella. // palazzo dtgli ori, pubblicato a cura di Alba Andreini, è un «trattamento» cinematografico destinato alla Lux-film, scritto tra la prima e la seconda redazione del romanzo, più vicino comunque alla prima. Esso colma una parte del nostro vuoto di informazioni (si veda pure, della stessa Andreini, un articolo in Filologia t critica VI, 1981, pp. 366425). Nel Pasticciaccio la problematica esposta nel Caliier fa un altro passo avanti, decisivo, nel senso che la plurivocità diventa plurilinguismo. Il Gadda del Cahitr considerava sì l'uso del dialetto per caratterizzare i personaggi; elencava (p. 14) i cinque stili che aveva al suo arco, ricorreva a un moderato espressionismo, ma non progetta• va ancora l'uso ampio e complesso di livelli linguistici e stilistici poi esperito nel Pasticciaccio. Bachtin ha parlato molto della possibilità che hanno i romanzieri di rappresentare la varietà degli atteggiamenti umani e delle concezioni portando entro il testo narrativo elementi propri dei molti regiesprcssiva,. (/ viaggi la morte, pp. 105, 91, 20). P rendiamo ora in mano il Pasticciaccio. I primi sci capitoli del 1946 e i quattro aggiunti nel 1957 sembrano esempi chiarissimi di un impianto ab interiore (i primi) e ab ut~riort {gli allri). Nei primi domina lngravallo, mente giudicante e insieme condensatore della molteplicità di voci individuali e collettive che congenialmente si esprimono nei vari dialetti e stili. Negli altri, chi espone situazioni e avvenimenti, condiscendendo talora a un dialetto di cui comunque è l'arbitro, è il romanziere; e lngravallo può restare tra le quinte, mentre l'indagine è svolta da altri funzionari o da miLitibenemeriti. Sempre vigile verso l'impianto narrativo. Gadda deve aver deciso di cambiarlo, al momento di completare la storia. Cè dell'altro. li palazzo di via Merulana, nei primi capitoli, è un piccolo universo che dalla scala A dei più ricchi, alla B, alla portinaia, ai fornitori e servitori, fornisce uno spaccato sociologico e linguistico della capitale. Gli ultimi capitoli hanno invece come teatro la zona dei colli Albani, quasi convergenti sull'Appia alla bettola-sartoria-bordello di Zamira, con le sue donne procaci di origine contadina e i loro amichetti. Gli ultimi quattro capitoli rappresentano un cambiamento di rotta che andrà analizzato criticamente. Motivato forse, tra l'altro, dallo scarso interesse di Gadda alla trama, dalla renitenz.a a concludere (nemmeno con i quattro capitoli in più il romanzo si può dire veramente finito; si confronti con la vicenda della Cognizione). Vedeva la complessità delle situazioni e l'aggrovigliarsi dei moventi, ma proprio per questo la Linearità dell'intreccio, l'univocità causale gli erano estranei. È la leoria del suo alter ego ln-- gravallo: «le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo. d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione cidonica nella coscienza del mondo, verio cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti,... Il romanzo giallo tentava Gadda perché incentrato sul delitto, un problema per lui angosciante. e

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==