Sraffa scomodo inattuale P iero Sraffa ~ un mailrt Il ~nstr scomodo e inattuale. Nel dibattilo economico contemporaneo. dominalo da monct;\risti e non-monetaristi, i problemi, le idee e il metodo di Sraffa sono, non vi ~ alcun dubbio. trascurati e oscurati, nonostante vi siano - oome ha notato recentemente Michele Salvati - «discepoli brillanti. agguerriti e tenaci'". Molti giovani, e non più giovani. economisti ronsidcrano l'opera di Sraffa un tentativo sterile e sostanzialmente fallito di costruire una mitica nuova economia politica al di fuori del tradizionale modello neoclassico. I più aggiornati, affascinati dalla lezione di Popper e soopcrtc le teorie di Rawls, disdegnano il bagaglio teorico e la visione del processo economico di Sraffa, e si affidano con rinnovata fede alla teoria tradizionale, che Sraffa aveva cercato di demolire. il cui punto di partenza i costituito daJl'individuo egoista e razionale con le sue se.che. Le aspeuative suscitate dal libro Naturalmente, il libro affronta poi questioni più complesse, deducendo «una serie di proposizioni riguardanti gli effetti che mutamenti nella divisione del prodotto tra profitti e salari possono avere sui valori delle singole merci». L'analisi viene condona senza ricorrere ai concetti (che contraddistinguono la teoria tradizionale marginalistica) di domanda e offerta, ma riprendendo il punto di vista degli economisti classici, da Adam Smith a Ricardo, consistente nel «considerare la produzione come un processo circolare in cui merci dello stesso genere figurano tanto fra i mezzi di prcxhµ.ione quanto fra i prodotti, anzicht (come nella teoria marginalistica) un processo che ha inizio con i 'fattori della produzione· e termina con i beni di consumo». di Sraffa. Produzione di merci a mezzo di merci, pubblicato nel 1960, di sconfiggere una volta per tulle l"economia neoclassica, sem- .,. brano dunque essere andate deluse, e anche molti che negli anni sessanta e settanta pur si consideravano sraffiani oggi si occupano d'altro. Un giudizio sull'opera di Sraffa non può prescindere da questa attuale situazione nel car.1po dell'economia. Ed i importante ripercorrere lo sviluppo stesso del pensiero di Sraffa alla luce di questo cs.ito, e partendo proprio dal suo unico libro. per comprendere meglio le ragioni della sua odierna collocazione in una posizione marginale - al di là della verità e del valore intrinseci delle sue proposirioni - dopo u,1a iniziale entusiastica accoglienza, soprattutto in Italia. Accertato questo punto, risulterà allora più semplice capire quali sono gli ostacoli che oggi impediscono di proseguire l'opera iniziata da Sraffa, e se questa possa ancora essere utilizzata come «base per una critica della teoria marginale del valore e della distribuzione», secondo l'intenzione espressa da Sraffa stesso nella prefazione a Produzione di merci. N cl caso dell'opera di Sraffa, a differenza di quella di altri grandi economisti. la difficoltà non sta nel definirne l'oggetto o il metodo. Apriamo Produzione di merci alle primissime pagine. Sraffa descrive, in uno stile asciutto quanto elepnte, una economia in cui si producono 450 quintali di grano, 21 tonnellate di ferro e 60 porci. utilizzando come mezzi di produzione determinate quantità di graN no, ferro e porci. Si considera prima il caso in cui le quantità dei ·l prodotti sono uguali alle quantità ~ dei mezzi di produzione impiegati. ~- poi quello in cui le quantità dei prodotti sono maggiori (e vi i ] quindi la formazione di un sovrap- - più). e si determina infine quel si- j sterna dei prezzi. del salario e del .... saggio del profitto che. scrive Sraf- ~ fa, «permette di ristabilire la distribuzione originaria dei prodotti, j creando così le condizioni neccssa- §. rie percht il processo possa rinno- ~ varsi». Il ragionamento viene sempre mantenuto a un livello altissimo di rigore formale e di astrazione, pur «non richiedendo conoscenze di matematica oltre l'algebra elementare». li libro di Sraffa si presenta, dunque, come un lavoro di «teoria economica pura•, senza alcun immediato riferimento alla cosiddetta realtà economica, e non sembra offrire alcun risultato concreto immediatamente applicabile alla pratica. In una frase rivelatrice, Wingenstein disse di dovere a Sraffa «ridea che ogni modo di pensiero riflene il carattere di una cultura•, e di dovergli inohre «un modo antropologico e etnologico di guardare alla realtà•. Ebbene. di quale cultura il libro di Sraffa appena riassunto è il frutto maturo? Se merci producono merci senza l'intervento apparente di alcun soggetto umano, dove è il ..modo antropologico e etnologico» di guardare alla realtà? L a formazione culturale di Sraffa (nato a Torino nel 1898) è stata estremamente complessa, poco accademica. molto politica. e con una fortissima connotazione etica - «kantiana», disse Gramsci. Le sue eccezionali facoltà logiche, che «toglievano il respiro al contradditore• (Angelo Tasca). si esercitarono soprattutto Fabio Ronchetti su questioni politiche: !"inflazione, il funzionamento del sistema bancario e le sue crisi, il ruolo della speculazione, la politica economica del fascismo, la disgregazione della società liberale in Italia e in Europa alla fine ddla prima guerra mondiale (in quel «grigio e affannoso periodo di 1ransizione»). la Rivoluzione in Russia. In una corrispondenza dall'Inghilterra per l'Ordine Nuovo di Gramsci. il giovane Sraffa così scriveva nel 1921: «La migliore volontà non riesce a sanare l'assurdo, teorico e pratico. della separazione tra lotta economica e lotta politica. Tutte le volte che, sia pure per una semplice disputa di salari. il blocco della classe operaia si trova di fronte al blocco capitalista, lo Stato non può fare a meno di intervenire e prendere posizione a fianco di quest'ullimo. La lotta diventa chiaramente politica, cioè è una lotta per il potere statale. Allora ogni via di mezzo è chiusa, o si accetta la battaglia suprema sul terreno politico, o i necessario rinunciare alle più modeste richieste economiche». Nell'agosto dello stesso anno, presentato da un biglietto di Mary Berenson, moglie di Berenson e cognata di Bertrand Russcll, l'allora ventitreenne Sraffa incontra per la prima volta Keynes. L'economista inglese i colpito dal modo brillante e originale con cui Sraffa discute della questione della copertura sui mercati a termine (ossia di come gli agenti economici possano «coprirsi• contro i rischi di variazioni inanese dei prezzi, scambiandosi promesse di acquisto o di vendita a una certa data futura di merci o titoli a prezzi prefissati)- una questione evidentemente pratica. che interessa gli uomini d'affari e non solo i teorici. Da ques10 incontro con Keynes, che nel 1927 avrebbe portato al trasferimento definitivo di Sraffa a Cambridge. nasce una delle avventure intellenuali più affascinanti di questo secolo: il tentativo di elaborare un pensiero economico «alternativo» alle ortodossie allora prevalenti da un lato e dall'altro della Manica. Ciò che univa i due economisti era la convinzione della crisi della società liberale e deterministici, e che ogni analogia della teoria economica tradiziona- tra mondo naturale e politica ecole. Ciò che li distingueva era il di- nomica deve essere decisamente verso giudizio sulle possibilità di respinta. Come ha scritto Massimo tenuta dell'una e dell'altra: per Cacciari, Sraffa ha inteso mostrare Keynes era possibile un nuovo li- che «la forma della politica econoberalismo e mantenere alcune ca- mica non si deduce linearmente da tegorie economiche tipiche del un set di proposizioni teoriche di pensiero neoclassico, per Sraffa la base (... ). Ciò che Prod11ziot1edi crisi del capitalismo era senza vie merci proibisce è parlare di ogge1d'uscita interne all'ordine borghe- livittl della politica economica~. se, e la crisi della teoria economica Questa posizione è assai vicina a neoclassica definitiva. quella di Keyncs. Per Keyncs. coSraffa si propone quindi il com- mc per Sraffa, le «leggi» e le conpito di combauerc questa teoria trattazioni del mercato non dcterche offriva .-una riposante veduta» • minano affatto la distribuzione del della realtà capitalistica, nascon- reddi10 tra salari e profini. né esi• dendone i conflitti che la dilania- ste alcun meccanismo «oggettivo• vano. con il quale il sistema economico Negli ultimi anni Joan Robinson può raggiungere una posizione che teneva all'Università di Cambrid• assicuri l'equilibrio e il pieno imge un ciclo di lezioni dal significa- piego di tutti i fattori della produ• tivo titolo di «The Cambridge Tra- zione. dition•. Dopo aver affroniato il In Sraffa, la distribuzione del pensiero di Marshall e Pigou, ve- reddito i un da10, cioè qualcosa nendo a parlare di Sraffa. la Ro- che si deve già conoscere, avendobinson ricordava «lo shock» pro- la ricavata «in modo cxlraeconovocato dalle lezioni del 1928. in mico» dalla realtà, perché il mocui Sraffa «distruggeva. la teoria dello economico possa poi deterdominante di Marshall (che anco- minare ciò che resta: il sistema dei ra nel 1922Keynes riteneva, insie- prezzi e quella delle due variabili me alla lettura quotidiana del Ti- dis1ributive (salario o profiuo) che mes, runico bagaglio necessario e non è staia presa come noia. sufficiente di un economista). La Robinson ci aiuta a capire il caranere «negativo» delrintelligenza di Sraffa, e come mai la gestazione di un libro così breve come Produzione di merci sia staia tanto lunga: «La sua intenzione era di far saltare (blow 11p) le altre teorie. Sraffa credeva che se critichiamo una teoria possiamo riuscire ad avere ragione al cen10 per cento, mentre invece se costruiamo una nuova teoria è mollo facile cadere in errore•. A mano a mano che le esperienze culturali e politiche di Sraffa diven1ano sempre più ricche (il rapporto con Bloomsbury, il sodalizio umano e intellettuale con Mattioli, Gramsci, Wittgcnstein, i matematici e i filosofi del Trinity College, i viaggi in Europa, Russia e Cina, ccc.), le sue pubblicazioni diventano sempre meno direnamente politiche e sempre più di storia del pensiero {le edizioni di Hume, insieme a Keynes, e di Ricardo, con l'aiu10 di Dobb) o di teoria pura. La portata generale della teoria economica, in quanto teoria, viene grandemente ridimensionata da Sraffa, e il problema economico in senso stretto viene accuratamente circoscritto entro quei termini che abbiamo schematicamente richia• mato prima. Le questioni politiche e pratiche - da cui era partita la meditazione e il lavoro teorico di Sraffa - sembrano scomparse; in Prod11zione di merci il processo economico è esposto «in modo logicamente rigoroso ma storicamente muto» (Claudio Napoleoni). Dunque, pur provenendo dalla sfera della poli1ica l'incentivo e la direzione di rinnovamen10 del pensiero economico, tra politica e teoria economica si pone uno iato ineliminabile: la seconda non può fondare la prima. Questo risultalo fondamentale della ricerca di Sraffa non significa certo che si debba tacere di poli!ica, o che l'antropologia e l'etnologia siano eliminate, ma che la realtà che esse rappresentano non può essere analizzata in termini fisicoP roprio riflettendo sull"intenzionc e sui risultati della ricerca di Sraffa risulta chiara la sua differenza. e quindi inattualità, rispetlo a ciò che oggi è consi• dcrato generalmente il modo scientifico e produttivo di fare economia. Si pensi, per fare l'esempio forse più rilevante. a quel dibattito tra monetaristi e non-monetaristi a cui accennavo all'inizio. La principale questione in discussione è se gli agenti (quei soggetti assenti nello schema teorico di Sraffa) formulino le loro aspettative sui prezzi futuri in modo razionale o meno. se le loro teorie dell'economia siano esalle o meno, se la politica economica sarà correttamente o meno prevista dagli agenti e conseguentemente modificata. se le verifiche ..empiriche», ovvero econometriche, confermino o no l'i• potesi delle aspeuative razionali. Ebbene, in questa formulazione dei problemi economici si ritrovano esattamente quelle pretese - di fondare la politica economica sulla teoria, di inserire l'antropologia all'interno stesso del discorso economico, di applicare alla politica economica metodi na1uralistici - che Sraffa aveva inteso eliminare. Ribadito ciò, e dopo avere invitato chi già non lo avesse fatto a andarsi a leggere o rileggere Sraffa e Wittgenstcin (soprattuuo quel .-secondo» Wiugenstein, debitore a Sraffa delle «idee più feconde»), resta tuttavia il problema: perché delle politiche economiche teoricamente infondate rimangono oggi cosl for1i o, ma è la stessa cosa, perché chi crede in teorie rigorose e perfe11e è poi, in politica, così debole. Il sospetto è che, per permellersi teorie come quelle di Sraffa - o di Keyncs - bisognerebbe avere anche un proge110 politico altrettan10 preciso di quello che essi avevano, o almeno una fiducia altreuanto forte nelle possibilità del comunismo. o del nuovo liberalismo. Progetti politici e fiducie che, come ben sappiamo, noi non abbiamo più.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==