Mare Augl Gioie du paganis~ Paris. Gallimard. 1982 pp. 336 David L. Millcr James Hillman U nuovo politeismo. La rinascita degli Dei e ddle Dee a c. di Bianca Garufi trad. il. di Mauro Bonacci e Paola Donfrancesco prefazione d1 Henri Corbin Milano, Ed. di Comunità, 1983 pp. 158, lire 16.CXX) L e ragioni della rinnovata at• tualità del politeismo sono a prima vista molteplici e varie. Cè. in primo luogo. l'interesse per il mondo che abbiamo perduto. per le sopravvivenze d1concezioni del mondo e di strutture sociali che sembrano destinale ovunque a scomparire, in seguito all'avanzata inarrestabile della tecnica e della cultura occidentale. In secondo luogo, c'è il sentimento di «estraneità familiare» e di «strana familiarità» (come giuslamente lo definisce Augt) che sempre più fre• quentcmcnte, a causa dello sviluppo del turismo su scala planetaria, suscita nell'osservatore occidentale la vista dei riti e delle cerimonie pagane: questo sentimento fa riemergere le origini politeistiche della nostra civiltà e favorisce il ritorno a livello psicologico delle divinità greco-romane (di C-.Jiappunto Jamcs Hillman si fa promot~ re). Cè, infine, la crisi dell'ordine metafisi~teologjoo che sembra condurre in ogni campo all'avvento di prospettive pluralistiche: questa crisi è stata preparata teoricamente da una serie di autori la rui importanza e la cui influenza non fanno che crescere (Nietzsche, Bataille, J;.mg... ). Nessuna di queste ragioni è tuttavia sufficiente a spiegare davvero l"attualità del politeismo, e anzi ciascuna di esse può portare a equivoci e fraintendimenti. Infatti, in primo luogo, le stesse nozioni di sopravvivenza, di residuo, di resto, sembrano strettamente connesse con una prospettiva evoluzionistica del divenire delle socielà che relega inesorabilmente in un passato definitivamente trascorso lo stadio del politeismo: può l'antropologia, l"etnologia, la storia del folclore e delle tradizioni J>O:- polari sottrarsi a questo presuppo:. sto evoluzionistico senza cadere nel funzionalismo, oppure è in gi~ co anche lo statuto di queste discipline? U seoondo pericolo. cui non sempre Hillman si sottrae (oome è ancora più evidente nella lnkrvista su anima. amore e psiche. a cura di Marina Bccr, Bari, Laterz.a, 1983). deriva daJ considerare il politeismo N con la lente defonnante del mistici- :::s :..'110 estetizzante neo-platonico, che :: stabilisce un rapporto di intimità t spirituale tra l'uomo e gli dei. Se gli ~ dei sono intesi come modelli di ~ identificazione psicologjca. che con Js i loro miti forniscono all'anima una guida senza costringerla nella strut- 1 tura rigida dcll"io. si dissolve com- " plctamente l'esperienza del divino ~ come differenza e tutto viene armonizzato in un flebile wnanismo spi- ] ~~~·~~~~aJ=:ti~~ ~ alla tradizione occidentale come pretende: essa è. al con1rario. il ri· tornopuroesemplicealplatonismo, la rimozione di ogni differenza. Infine, un pericolo ancora più grave deriva dalle conclusioni teoriche e sociali in senso nichilistico che alcuni si sen1ono au1orizza1ia trarre dal ritorno del politeismo: il problema non consiste nello scegliere tra un sistema che prevede un solo dio, una sola chiesa. un solo partito. una sola autorità scientifica. e un sistema che prevede invece tanti dei. tante chiese. tanti partiti. tante autorità scientifiche: bcnsl tra una società in cui il pensiero è vivo. operante. effettivo, e una società in cui esso è debole e impotente. Q uesti tre pericoli sono molta chiaramente e molto lucidamente combattu1i nel volume di Mare Augé, la cui prima ispirazione si può trovare nelle voci da lui compilate per l'Enciclopedia Einaudi («Religione .., «Eroi». «Persona», «Stregoneria», «Cannibalismo»). A suo avviso, l'attualità del paganesimo non dipende da un interesse verso l'esotico, verso il selvaggio. verso l'arcaico ma, proprio al contrario, dal bisogno di un «pensiero pratico» per il quale l'individuale e il sociale siano inseparabilmente connessi. A partire dal momento in cui si prendono finalmente sul serio gli dei pagani dell'Africa, dell'America e dell'Oceania, si scopre all'opera una logica, che non è affatto primitiva ma, al contrario, piena di sottigliezze e di incredibili finezze: la logica ritualistica del pensiero pagano è basata su processi di duplicazione e di moltiplicazione dei segni quanto mai articolati e elaborati. Perciò giustamente Augé polemizza contro l'interpretazione estetizzante del paganesimo, che ritiene completamente fuorviante. Parafrasando Chateaubriand, l'autore del Genio del cristianesimo, egli si chiede: di paganesimo sarà forse meno bello quando apparirà più vero?», e mostra come il misticismo estetizzante neoplatonico, fondato sulla sublimazione e sul rapporto di intimità tra l'uomo e Dio, stia agli antipodi del paganesimo. Il paganesimo non è una religione dell'anima, né una fede o una credenza soggettiva. Tra gli uomini e gli dei ogni mediazione è ~ ciale. La possessione non ha niente a che fare con la comunione: gli dei che «cavalcano» i loro adepti rimangono a questi estranei - essi Glidei Mario Puniola sono potenze, non persone. li culto pagano è una pratica rigorosamente impersonale, cui è completamente estraneo l'appello ai misteri dell'anima e alla solitudine del cuore. Infine. il paganesimo non vuol dire affatto relativismo nichilisti· co. Augé sostiene che ogni po1cnza divina deriva il suo essere e la sua esistenza dalla rete di relazioni che la unisce al sis1emadivino nel suo insieme. La molteplicità degli dei. perciò. non è la conseguenza di un processo di frammentazione, né l'avvento di una situazione babelica in cui tutto si confonde e si scambia con tulio. Il politeismo ha per definizione grande capacità di assimilazione e di adattamento, ma questa capacità non è illimitata: csis1eindubbiamente qualcosa che ne distrugge la logica e ne mina le basi. Questo nemico radicale del politeismo deve essere probabilmente ricercato nella visione escatologica, nel SCI· tarismo, ma anche nel loro apparente contrario - vale a dire nella confusione, nel livellamento indiscriminato. La religione cinese, che secondo alcuni è il perfezionamento del paganesimo, si fonda sull'idea che il principio di una buona inlesa universale s'identifica col principio di una universale intellegibilità: «Ogni capo deve essere un santo o un saggio. Ogni autorità riposa sulla ragione• (M. Granel). Essa rende cosi il sociale pensabile. Se dunque il ritorno del politeismo non può essere spiegato né come una sopravvivenza né come un fenomeno estetico-spirituale né, infine, come una conseguenza del nichilismo, in che cosa consiste la sua attualità? Perché gli dei dell'antichità classica ci sembrano più che mai prossimi? Perché gli dei dell'Africa, dell'America e dell'O• ceania stanno a poco a poco prendendo il posto che era finora occupato, nell'immaginario collet1ivo europeo, dal buddismo e dalla spiritualità indiana? la risposta va al di là dell'antropologia, dell'estetica e della sociologia, e riguarda il problema più essenziale del ritorno di un pensiero che la modernità riteneva di aver sepolto per sempre. Un pensiero di cui il libro di Augé ci fornisce molti interessanti esempi. relativi alle culture extraeuropee, quasi tutti fondati su processi di inve~ione, di mimetismo, di cancellamento, i quali mostrano all'opera un aprii de fi· nase che sembra appartenere alla nostra premodcmità. Tra esprit de finesse e poli1eismo esis1ono del res10legami profondi: proprio Pascal definiva tale spirito col riferimento a una «molteplicilà di principi così tenui e così numerosi che è quasi impossibile che non ne sfogga qualcuno ... Questi principi - continuava Pascal - non si lasciano trattare tutti alla stessa maniera e «sono in così gran numero che occorre un senso molto perspicuo e delicato per sentirli e poi giudicare in modo retto e gius10». M a che cosa ci autorizza a supporre il ritorno dell'espril defi,iesse? Perché l'esprit de gtometrie, che invece procede per rigorosa deduzione da un solo principio e che è stato così strettamente connesso con l'epopea della modernità, ci sembra destinato a tramontare con ques1a? Nonostante tutte le apparenze in contrario, nonostante la volgarità, la superficialità e l'ignoranza che mettono in mos1ra, il ri1orno attuale di un pensiero politeistico mi sembra inseparabile dai massmedia. Tale legame deriva non tanto- come comunemente si crede - dalla scristianizzazione, dalla secolarizzazione, dalla laicizzazione che fanno del benessere materiale e del godimento l'unico obiettivo di vaste moltitudini, non soltanto dall'enonne importanza che nella società contemporanea hanno acquistato il segno e l'immagine, quanto soprattutto dalla estrema ambiguità, indeterminazione e plurisignificanza di ogni evento. Il politeismo dei mass-media non dipende dalla molteplicit·à dei loro messaggi, ma più essenzialmente dal fatto che ogni singolo messaggio è così complesso da autorizzare interpretazioni opposte e contraddittorie e da smentirle tutte. La nostra società è diventala politeistica e pagana non perché c'è possibilità di scelta fra tante merci, tanti partiti o tanti stili di vita - come superficialmente pensano alcuni, - ma perché ogni merce, ogni partito, ogni stile di vita che voglia presentarsi come vincente, tende a assimilare e a contenere anche i caratteri di tutte le altre merci, di tutti gli altri partiti, di tutti gli altri stili di vita concorrenti, al punto di diventare tanto ricco e tanto povero di determinazioni quanto gli dei del paganesimo, i quali - come rileva Augé - implicano sempre !"eccezione, la sfida, la trasgressione. Il rapporto tra monoteismo e politeismo non è perciò il conflitto Ira l'uno e i molti, tra unicità e pluralità, bensì Ira qualcosa che è o aspira a essere solo se stesso, e qualcosa che è o aspira a essere 111ttele allre cose insieme. Monoteismo vale dunque per identità e politeismo per differenza. La tipica situazione politeislica è quella descritta da un pensatore premoderno per eccellenza. Baltasar Gracian, il quale inizia il suo Oracolo manuale con l'aforisma: «Più occorre oggi per fare un savio che an1icamente per farne sette e più ancora ci vuole per trattare oggi con un solo uomo che non con tutto un popolo nel passato». li legame tra i mass-media e il poli1eismo consiste dunque nel fauo che essi 1endono a privilegiare ciò che è sfacce11a10,pluridimensionale, a bassa definizione, e viceversa a escludere ciò che è univoco, rigorosamente dc1ermina10. a alla definizione. Da questa concezione del monoleismo come identità e del politeismo come differenza, derivano impor!anli conseguenze. Infatti, risulta evidente come non sia possibile considerare sic et simpliciter il cristianesimo come monoteismo e le religioni classiche come politeistiche. All'interno del cristianesimo spesso si muove e si sviluppa una logica politeistica. che si manifesta in tanti modi, dal politeismo cristiano di Blake alla preoccupazione missionaria, tipica dei gesuiti in Cina, di procedere sulla via dell'analogia e del ricupero nello sforzo di trovare punti di contatto e di affinità tra cristianesimo e confucianesimo. Nemmeno l'ebraismo è totalmente monoteistico: Augé sostiene che solo a partire da Geremia appare nella Bibbia un Dio trascendente interlocu1ore delle anime individuali, e Hillman mette in evidenza che nel giudaismo JHWH non è definito e la Torah può avere seicentomila volti, uno per ogni ebreo in esilio. Del resto, non bisogna dimenticare che la stessa nozione di differenza e alterità radicale è stata pensata nel modo più estremo con riferimenlo al dio biblico. Parimenti, è indubbio che la religione e la filosofia dell'antichità classica non possono essere definite toul court come politeistiche: la metafisica dell'identità nasce e si sviluppa in Grecia sulla base dell'oblio, della rimozione della differenza e lungo prospettive che- come ha mostrato Rohde- non sono prive di connessioni col misticismo spiritualistico. Infine, è arduo etichettare come politeistici numerosi movimenti religiosi conlemporanei la cui matrice è costituita dall'elemen10 millenaristico e escatologico, come il culto del cargo in Melanesia, la danza degli spirili in America, il movimento Han-Han in Nuova Zelanda .. Mono1cismo e politeismo sono dunque nozioni che richiedono un nuovo approfondilo esame e una nuova definizione precisa. Il fatto che i loro confini risultino assai diversi da quanto comunemente si crede non autorizza in nessun modo a confonderli tra loro, e a C"onsiderare il ri1orno del politeismo come il semplice trionfo del nichilismo relativistico.
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