Laperdita tQJ paesaggio Jacques Barrau «Plantes et hommes au seuil du XXI• sièclc» in La PtnStt n. 234 (giugno-agosto 1983) Pierre George La gcograna nella società Industriale a c. di M. Milanesi Milano. F. Angeli, 1981' pp. 144, lire 5000 Hildebert lsnard Lo sparlo geografico a c. di M. Milanesi Milano. F. Angeli, 19821 pp. 168. lire 9000 N ell'accelerata e ossessiva produzione di ambienti arlificiali, ancora Jacques Barrau. chiudendo a Sydney il Xlii Congresso internazionale di botanica (1981), viene a ricordarci che il rapporto di uomo e vegetale è la dimensione umana per eccellenza, e che le pian1e sono degli indicatori straordinari della storia culturale e dei modi della nostra appropriazione dello spazio. Il rapporto col mondo vegetale - ha scritto teorizzando l'etnobotanica- è una «nicchia,., in cui troviamo atteggiamenti e comportamenti antichi che si sono sottratti all'usura del tempo; è una testimonianza preziosa e una presenza inestimabile, da cui attingere una cultura perduta. Ricercatore di campo tra le popolazioni e l'amt:-iente della Nuova Guinea, amico di Haudricourt, che di questo atteggiamento nuovo è stato teorico e precursore, Barrau è un etnobotanico che ha contribuito a una ricostruzione nuova dei rapporti tra l'uomo e l'ambiente, nella preistoria e nel presente, utilizzando un approccio transdisciplinare che combina i metodi delle scienze naturali con quelli delle scienze storiche, con l'iconografia, con l'analisi dei proverbi, con la decodificazione dei miti (cfr. «Etnobotanica ed etnozoologia come strumenti della conoscenza del passato», in Autori vari, La riscopertadellapreistoria. Milano, Est-Mondadori, 1979). Ora Barrau ci invita a riflenere sulle conseguenze di una artificializzazione distruttiva, sulla perdita di un rapporto equilibrato e «rispettoso» (Haudricourt) tra le piante e l'uomo, sui limiti e sui paradossi di una conoscenza raffinatissima della cellula vegetale e delle tecniche di coltivazione (resa possibile anche nello spazio interplanetario), delle possibilità di manipolazione. Tale conoscenza. infani. ha dimenticato la foresta, la savana. il bosco: ha perso la diversità e la peculiarità associativa di vita del vegetale, la sua contestualizzazione. L0ecumene - come Max Serre ha chiamato lo spazio abitato - ha smangiato gli ecosistemi naturali e ha raggiunto i limiti della propria distanza; cinque ettari di foresta tropicale, ci ricorda Barrau, spariscono nel tempo utile a pronunciare una frase. La sussistenza dipende dunque da un numero sempre più ristretto di 'piante addomesticate sempre più fragili mentre vi è la perdita di una conoscenza millenaria accumulata nei secoli, di cui più che la scienza sono depositarie le popolazioni delle civiltà tradizionali o arcaiche. È la validità dei modelli agro-ecosistemici occidentali che occorre rimettere in questione, per recuperare alrinterno di una tecnologia sofisticata il sapere e una pratica millenaria, e per ristabilire un rapporto corretto tra la pianta e l'uomo .. Si torna da più parti a parlare di «archeologia ecologica ... di •ritor• no del paesaggio». ci si rimette in contatto con le scienze naturali, con la botanica, con la zoologia. oltre che con le scienze della vita, nell'attenzione all'inseparabilità del paesaggio dalla società. Con la consapevolezza che oggetto dell'analisi è l'organizzazione dello spazio, creata dall'uomo, non \'ambiente naturale; e che gli stessi ambienti protetti sono •artificiali,., frutti dell'intervento umano, ..riserve» con limiti di tempo e spazio molto streni. La differenziazione tra l'ecologico e il sociale è un dato caratteristico della geografia critica e della moderna teoria dello spazio. Ciò non toglie che lo spazio naturale sia, come dice lsnard, •una componente strategica della vita», in quanto contesto di ogni società umana (Lamberti): non dobbiamo più considerare contesto la società stessa, ma, unitamente, lo spazio naturale. Ora, non vi è «amicizia rispettosa» per la pianta dove non c'è giustizia per l'uomo, ci ricorda Barrau nella sua riflessione in attualità e nel suo sogno di una cultura e di un sapere nuovamente illuministici, nel suo invito ai botanici a rendere «accessibile,. il loro sapere e a scendere in campo per una difesa attiva, in avanti, non nostalgica, non da «riserva .., del vegetale, quindi di una strutturazione dello spazio che ne tenga conto. Occorre dunque prestare tutta la nostra attenzione alle modificazioni dello spazio, alle nuove (orme di rapporto tra lo spazio, la società e la natura che l'era neotccnologica mene in atto. E a tutto ciò che ne segue: la produzione e il controllo dello spazio e la modificazione dei valori che si ingenerano nelle sue diverse parti e in quelle del vissuto collettivo, individuale e quotidiano. Soprattutto occorre porre attenzione alla pluralità e diversità dei «paesaggi». Con lo sviluppo del capitalismo, infatti, si è verificata una riduzione dei modelli che prima erano multipii: ci si muove verso un unico modello che trova realizzazione a livelli diversi. La •globalizzazione» come forma tipica del sistema capitalistico è tema teorico centrale di Pierre George nel suo lungo percorso di ricerca di geografia umana e sociale, che torna ora di straordinaria attualità, nel sogno di un mondo in cui, come scrive Barrau, ..1epiante non siano pezzi da museo conservati in riserve protette per il solo piacere intellettuale di qualche ricercatore» e in cui «rumanità tutta sia liberata dai bisogni in una diversità di ambienti insieme vivi e piacevoli». Ripercorriamo dunque i nodi centrali della ricerca di Pierrc George, uno dei maestri della nuova geografia francese - una geografia sociale. umana, che è stata dominante negli anni sessanta. Anzi è proprio nel mutamento socio-economico indotto dal capitalismo che George colloca le ragioni della stessa trasformazione critica della geografia, in un h1l..incio critico del ·12. La repen111111.1 dei mutamenti tecnologici e delle rivoluzioni politiche ha messo in discussione la continuità del tempo e dello spazio; appaiono forme di discontinuità dello spazio e del tempo e con esse si dà la perdita del senso di appartenenza e di identità, e anche di responsabilità verso il passato e l'ambiente (-Discontinuità e aspazialità in geografia umana», in Bollettino della Societdgeograficailaliana, 1972, f. I, pp. 29-52). L'analisi della nuova crosta tecnologica è l'oggetto della ricerca del '74 La geografia nella società industriale. Vi troviamo la rottura degli equilibri spaziali e le modificazioni dell'esistenza che la nuova tecnologia e la sua generalizzazione comportano. In particolare George esamina, accanto alla strutlurazione industriale e commerciale, l'impiego della chimica e della biologia, che modificano la composizione del suolo e danno vita alle fragili e strane creature della agricoltura e della zootecnia industriale. Si chiamano a raccolta gli specialisti dei vari settori per un esame dettagliato e completo della nuova «crosta tecnologica» che ha mutato il paesaggio e posto fine a un 'ecologia «naturale» e umana. Perché di ecologia si tratta, ci~ di un modo di operare, produrre, vivere, immaginare e sentire. ancora in simbiosi con la natura vegetale e animale: in un"associazione triadica (uomo, piante, animali) di alleanza, di rapporto, di scambio. di utilizzazione. Un ambiente pulito e asettico ha sostituito oggi il paesaggio tradizionale: la produzione è aumentata, ma è un ambiente incapace di riproduzione, che dà luogo a mutamenti climatici e a ..evoluzioni regressive», e a una degenerazione progressiva dello spazio rurale e complessivamente dell'ambiente. «L'invisibile più che il visibile», avvertiva allora George. mette in pericolo la stabilità di un assetto, di un equilibrio costruito in un percorso di millenni, e minaccia lo spazio planetario. L'invisibile sono gli effetti secondari e derivati: ora l'invisibile sta prendendo corpo, massicciamente, confermando puntualmente le previsioni di degrado climatico e ambientale e di lacerazione del vissuto. L'irradiazione della città A risultati simili giunge anche la ricerca di un altro dei maggiori geografi francesi, Hildebert lsnard, che formula il concetto di spazio geografico: esso si costituisce per proiezione delle strutture sociali in parallelo con lo spazio ecologico. Per lsnard, l'elemento dominante dell'economia capitalistica è costituito dalla logica economica che impone e dilata la sua •razionalità unidimensionale». Se ne constatano gli effetti di •progressivo impoverimento», di •uniformità», di crisi degli equilibri. È un'u· niformità che si dilata nella società e nello spazio, annullando le differenze. La produzione, infatti, struttura insieme le gerarchie sociali degli individui e la loro distribuzione sul territorio, moltiplicando all'infinito questo modello gerarchizzato. Interessa a Jsnard richiamare l'attenzione sul fatto che, nel percorso storico-sociale, è avvenuto un indebolimento della corrispondenza tra spazio geografico e spazio naturale: si tratta di un fenomeno di debiologizzazione, a vantaggio della socializzazione della terra. È nello spazio capitalistico, decifrato e privato dei significati simbolici, che l'uomo perde l'adeguamento, l'accordo, la oorrispondenza, con l'ambiente. Il capitalismo espande inarrestabilmente se stesso e la sua ottica di redditività fino al disordine paralizzante. Gerarchizza gli spazi e pone in un centro il potere economico-politi· co-culturale. Se vogliamo descrivere con un'immagine questa struttura, dobbiamo pensare a un fascio in cui la gerarchia parte da un vertice. La città è questo centro che si irradia attraverso lo spazio. La città è l'oggettivazione per eccellenza dello spazio capitalisti· co: risponde alle esigenze di codificazione dello spazio nell"unico linguaggio dell'economia, di costituzione di una uniformità che cancella progressivamente i diversi linguaggi di cui le case. gli edifici, le strade, i campi. parlano ancora, differenziando le storie e i percorsi delle comunità e conservando la memoria e l'eredità delle società tradizionali. L"irradiazione della città travolge gli spazi agricoli. L'agriooltura viene sottomessa all'economia monetaria e soffre di una doppia dipendenza: quella dall'industria e quella della sua riduzione a monocoltura. La stessa monocoltura, infatti, è già una semplificazione e un degrado progressivo rispetto alle potenzialità di un sistema vivente. La definizione non è troppo forte percM, nel tempo, la monocoltura comporta una distruzione della forza produttiva della natura, in quanto~ venuta meno quella varietà di oolture che permetteva all'agricoltura tradizionale di mantenere un rapporto con l'ecosistema, pur nella semplificazione dell'intervento selettivo, tra il vivente e l'inerte. lsnard, alla fine del suo percorso teorico e analitico, registra che l'oggetto della separazione tra spazio geografico e spazio ecologico, prodotta dalla società industriale, porta a un ordine tecnico fragile, incapace di autoriprodu.zione, e quindi minacciato dalla distruzione. L'industrializzazione ha a tal punto esteso e accelerato il consumo dello spazio da mettere a rischio la vita. Sono dati, quelli che Isnard fornisce, che trovano ulteriore conferma in alcune relazioni presentate al Congresso mondiale sul clima, organizzato dall'Onu e tenuto a Ginevra nel 79. n presidente dell'Organizzazione meteorJ>logica mondiale R.M. Whithc ha analizzato i cambiamenti climatici provocati dalle attività produttive umane. Oltre a segnalare quello che ~ noto come «effetto serra», ci~ il riscaldamento dell'aria indotto dall'aurhento di anidride carbonica (con minore ricambio ool mare stesso in estate), ha richiamato l'attenzione su un nuovo fenomeno. Si tratta dell'immissione nell'aria di doro, fluoro, metani e composti azotati, che intaccano l'ozono della stratosfera determinando una maggiore esposizione 00 degli esseri viventi alle radiazioni ";; ultraviolene, con imprevedibili -~ conseguenze. &_ zio1:e,s~i~qC:en ~~ :::t;:!t~':~ ~ riflessione sempre più attenta e ~ sensibile -che torna a interrogarsi ~ sullo statuto epistemologico di una -~ t~ria ~Ilo spazio, sulla combina- ~ none dmamtca e oomplcssa che "'I collega le strutture spaziali con ::: quelle sociali e culturali. ] ,;,. 1i
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