Autori vari Palestina poe,le presentate da B. Scarcia Amoretti Palenno -Sào Paulo. Jla Palma - R. Mazzone ed., 1982 pp. 264, ili.• lire 10.000 Poeti"lestinesi to poeta libanese, emigralo in passato nell'America meridionale, si ricorda che i proventi di una delle prime raccolte edite di liriche furono devoluti a favore dei Palestinesi già esuli o profughi; e a un militante della resistenza palestinese, caduto per un attentato a Roma nel 1m. Wacl Adel Zuayter. è dedicato uno dei suoi più bei componimcnli: •Il martire e l'anno nuovoi. (trado110 da Gianroberto Scarcia, è apparso in Autori vari, Per un Palestinese, a cura di Jane1 VennBrown, Milano, Mazzotta, 1979). Mucen Bsyso Poesie sui vdri ddlt nnest~ trad. it. di Ariodante Marianni Roma. Stampa Iter, 1982 pp. 48, s.i.p. Fathi Makboul Fadwa Tuqan attravtrSO le sm poesie Roma, Centro cult. arabo, 1982 pp. 104, lire 6.000 L a pubblicazione di Palestina pMsie, un'ampia antologia di liriche palestinesi. ripropone il discorso sulla poesia palestinese contemporanea, i suoi antecedenti. il suo contesto e i suoi sviluppi. Il volume ingloba praticamente tutte le precedenti scelte di liriche palestinesi. tradolte in italiano a cura di letterati e studiosi come Biancamaria Scarcia, Francesco Gabrieli, Giovanni Canova. Dacia Maraini, l.ssa Naouri, Gianroberto Scarcia. nonchi del Movimento sludentesco di Milano. Se il 1982 t stato ancora una volta un anno tragioo per il popolo palestinese, specialmente per i •rifugiati• in Libano, la vitalità persistente della sua cultura ~ stata attestata da noi non solo dalJ'antologia citata, ma da altre pubbltearioni, che riguardano anch'esse due delle maggiori voci della poesia palestinese contemporanea: Muecn Bsyso (Poesie sui vetri delle finestre, Roma, Iter. 1982) e Fadwa Tuqan (Fathi Makboul. Fadwa Tuqan attrav~rsole s~ poesie. Roma, Centro culturale arabo. 1982). In Palatina poesie, realizzata a cura dell'Ufficio romano delrOlp, non sono state trascurate, necessariamente, le voci femminili. In particolare appaiono qui Fadwa Tuqan e Salma al-Khadra' alJayyusi, che - a fianco dell'irachena Nazik al-Mala'ika o della libanese Mayy (Maryam) Ziyade. scrittrice e poetessa la quale può essere considerata una «pioniera.-, - ci danno esempi sufficienti del risveglio culturale della donna araba, almeno come esso si esprime appunto in poesia. linguaggio letterario estremamente popolare nel mondo arabo, oggi forse più che ieri. Se a queste voci accostiamo quelle delle tunisine Zubeyda Beshir e Fadhila Shabbi, o ancora della palestinese Mayy Sayigh. di Leila Ojabali, Malika O'Lahsen. J",(adiaGuendouz, poetesse algerine in lingua francese all'epoca della guerra di liberazione anticoloniale del loro paese, di Forug Farrohzad, la più famosa poetessa iraniana moderna, avremo allora una visuale abbastanza consistente della produzione letteraria femminile non solo nel mondo arabo, ma nell'intera area islamica del Vicino e Medio Oriente. L a poesia ~alestinese contemporanea, intesa come espressione della persecuzione e dell'esilio, affonda radici nella poesia e nel canto popolari della prima metà del Novecen10, ma non è priva certo di precedenti nella tradizione letteraria araba e di analogie nel suo contesto attuale. Basti ricordare per curiosità, nel periodo classico, il canzoniere di lbn Hamdis, i cui versi si struggono di nostalgia per la terra natale - la Sicilia musulmana, dalla quale gli Arabi erano stati da poco espulsi dai Normanni; e, in 1empi recenti, i versi dell'importante poeta iracheno Badr Shakir alSayyab, nel periodo in cui era esule dal proprio Paese per le sue idee politiche di sinistra, così come la poesia algerina in lingua francese durante la lotta di liberazione anticoloniale (cfr. Walter Mauro, Poe- ,; algerini, Parma, Guanda, 1966). Dalla persecuzione per motivi politici, inohre, è ispirata parte della produzione dell'egiziano Fu'ad Negm e del palestinese Mu'in Busaysu in Egitto. Ma !"antecedente geograficamente più vicino e più rilevante dal punto di vista letterario è la poesia detta «romanticai. del mahjar,appunto l'esilio o emigrazione forzosa, che avvenne agli inizi di questo secolo dalla Siria e dal Libano soprattutto verso le Ameri· che, più che per motivi di lavoro in seguito alle sanguinose persecuzioni messe in atto sotto l'Impero ottomano, specialmente nei confronti dei cristiani. A questi eventi allude «I miei parenti sono morti•, la lirica di Jubran Khalil Jubran con la quale abbiamo voluto aprire la breve serie di esempi qui riportati, per un parallelo e confronto con le testimonianze palestinesi. salve le dovute e evidenti distinzioni o differenze di situazione e circostanze. Khalil Jubran, nato in Libano nel 1883 e morto negli Stati unili nel 1931, è uno dei più influenti e conosciuti esponenti della lettera• tura araba moderna. Egli è noto anche in Italia perché le sue opere sono state in parte tradotte e pubblicate dalla Guanda, in particolare il poema intitolato li Profeta, il cui testo originale fu steso in lingua inglese. Di Georges Saydah, un altro noLa poesia palestinese si è distinta negli ullimi anni nel contesto della poesia araba in generale, e siro-libanesc in particolare, specialmcn1e in virtù della tematica, legata al rimpianto e alla rivendicazione della patria abbandonata, o alle condizioni di vita nei territori occupati a partire dalla costituzione unilaterale da parte dei sionisti dello S1a10 di Israele, nel 1948. e poi a seguito delle guerre combattute tra Israeliani e Arabi a decorrere da quella dala, soprattutto il conflitto del 1967. Essa si è spesso evoluta verso il canto di lotla o di battaglia, lendenzialmente popolare e a volle anonimo, non esente dai rischi, del resto ampiamente gius1ificati, della retorica di propaganda o di una esasperata politicizzazione dei contenuti. P recursore aulico di questa tendenza, più che ahro al livello delle implicanze del discorso, va considerato il poeta Ibrahim Tuqan (1905-1941), fratello della nota poetessa vivente Fadwa Tuqan, i cui temi a carattere esistenziale e amoroso si sono Poesiapalestinese Jabrao K.l&alil Jubran I miei parenti sono moni I mid pare,ui sono morti. lo vivo ancora piangendo/i infondo al mio silenzio. & ava.si condiviso lafame con ; mi~iparenti, la ptn«uzione con i mieifratelli martiri, igiorni sarebberorMno gravosisul mio petto, rMno tenebrosele notti ai miei oa:hi. lnvtte«comi vivo nell'ombra al sicuro al di Id cki settemari: un ignavo cheha trovatosistemazione. lo sono qui lontano dalla sv~ntura: non ho niente di cui andareorgoglioso, fossero pure questemie lacrime. Avrei potuto esserespiga di grano cresciuta al sole delmio paese cosi che il bimbo delmio paese carpisselamia vitaper non morire, fruito maturo n~i giardinidel mio paese che ladonna cogliesseper nutrirsi, uccellosono il cielodel mio paae cui /'uorrwdarebbe lacaccia stornandoJNr mezzo delmUJcorpo l'insidia dellamorte dal suo corpo. I miei par~nli sono morti cosi, senza ribellarsicon le armi in pugno. Nessun terrerrw10ha squassato il loropaese. I miei parenti sono morti ra.s.sqnati, moni sulla croce, con le mani tese w:no l'oriente e veno l'occidente, gli occhi affascinatidallospazio oscuro. Sono morti muti: di fronte al loro grido l'universo interosi t tappato leorecchie. Mortigiacchi non ,nqstraronoamore IN' il loro nemico, cosi come i vili, e nemmeno hanno preso ad odiare l'amico, comepurefanno gli ingrati! TradUZtOnedi Pino Blasone, da Antologiedt la littiroturt arabe conttmporoim - La pohit. a cura di L. Norin e I=:. Tarabay, Paris, Éd. du Scuil, 1967 FadwaTuqan Oblio Tho incontratoieri, magli occhi miei ti di.sconobM.ro,non ti riconobberopiù. E UJpraia inu"ogare il mio cuore, se davverofosse mai passato in lui l'amor tuo Ne palpai lepartii, seper caso vifossero ancora restidi ombre, rati di immagini. Ma niun ricordo vi pulsavapiù dtlla passioneper te non vi apparivapiù Il tracciaalcuna E quando mi tendestiambo le mani per stringerlemit, quanto stranieromi eri! E io tesia te di rimando delle dita in cui eramorto ogni sentimemo e ognifiamma. E quando il tuo nome si inceppb sullemie labbra e a stentoarrivaiaproferirlo, Suonò sbiadito e vuoto, senza bellezza a colorarlo,senza eco, senza dolcezza. Davvero ti ho amato un giomo, e come? O fosti solo unfantasma passato nelsogno? E sii pur tu stato unfantasma cheho amato come I svanito e s'l cancellatol'amore? Niun restopiù, niun vestigiopiù? Ricordo: io ti avevo sollevato un giorno sulleeccelseluminose mie cime Ma si ptrdé il tuo vi.sotra lafolla dei vi.si sull'orizzonte dellapi~namia vita. Tradurionc di Francesco Gabriclì, da Polatinll poait. p. 40 Mu'in Busaysu La luna diciotto anni dopo Qui si arres1a110le traccedei passi qui dietrole roccele tendegli alberi la luna giacefra i lupi con i canie con lepietre e vende lasuafaccia ptr un pugnale una candela e uno trecciadi pioggia Non gettatesassinei lorofuochi non sottraetegli anelli di vetro dalle ditadeglizingari essistanno addormentati cosi come ipesci lepietrt gli alberi Qui si arrestanole traccedei passi qui la luna g~meper le doglit e voi- o zingaridate a lei i vostri ant!.llidi v~tro datele; vostri braccialettiblu.I Mahmud Darwlsh La vecchia ferita StOSOIIOlefinestre. Sto sulla strada. I gradinidellascalaabbandonala 110nconoscono i miei no, neppure lafinestra li conosce. Davantiallapalma inseguivo una nube... Unamosca cade nellamiagola epassano sui rottami dellamia 1m1anit6 il sole e i passi delletempeste. Sto sotto lefinestre vetuste. passi, Davantia me fuggot10un passeroe i fiori di u11giardino. Chiedimi:quanto tempo dellamia vitadtve trascorrere si incontrino in un a1timo, tutto questo colore e la morte? Attraversouna voltad'incenso, di ptpe, dalla voce del rame. Davantia me fugge un passero, affinché si incontrino, nelmio occhio il silenzio sostituisceil dir la verit6! Quando si a/zeri)il ventosullamia pelle, e ilsolt cesserddi cuocert!.l'assopimento chiameròogni cosacol suo nomt. Allora acquisterbuna chiavee una nuovafinestra con lecanzoni dell'ardore! O cuore! Tifurono proibiti il soledel giorno i fiori t!.lafuta, basta! a insegnaronoa custodire l'amort nell'avversione! A vela~ la rugiadadellarosa... con polvere! O VOCI!. che vibrandla mia carni!. come uccellodi fiamma, ci insegnaronoa cantare,ad amare 1u11al'uba che spunta nel campo, tulleleformiche, e ciò che lascial'estatesui ruderi di una Ci insegnaronoa camart!.,a celare il nostro amoreselvaggio, affinché non diventi noioso il canto de/famore. Quando si alzer6 il ve,itosulla mia pelle chiamuò ogni cos,, col SHO nome e colpiròcon lamia caumala tristezza e la notte o mie vecchiefinestre.. Traduzione di Giovanni Canova, da Pofes1inap0tsit, pp. 53-54 ] Ja~!:=01::::::i:t:,:~,t, ,·ol. V, t '---'-----------~~-----Lc-•dc_n_._E_.1_.o_n_·11_.1_97_•_·P_·_'29 __________________________ __, H' 'l "1 lii Ili ~ li
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