la spia clamorosa di una situazione di estrema gravità. Tanti casi di arresto provocati dalla sola identità di nome e cognome sono davvero troppi e denotano quanto siamo lontani dal modello di giudice tratteggiato all'inizio dell'articolo. Qualcuno potrà sostenere che il problema non è il tipo di inchiesta, ma le sue modalità operative, sempre «migliorabili,. in concreto. E probabilmente il processo di Napoli, se è una espressione del processo-inchiesta, non ne è un modello. La via proposta dai sostenitori di questo tipo di processo, infatti, sembra essere quella del superamento di certe «rozzezze• tipiche della retata di polizia, attraverso l'affinamento dei meni tecnici (informatica, banche dati, ecc.) e «culturali• a disposizione della magistratura. così come già accaduto nei processi per fatti di violenza politica (in questi. per esempio, basta confrontare le in• chieste pre 1978 con quelle post 1978 per vedere come sia possibile «migliorare» le procedure). L'ammodernamento delle tecniche non muta tuttavia la sostanza del problema di partenza, e ci~ il fatto che un'attività del genere, anche se compiuta da giudici, non cessa di essere attività di polizia, vale a dire di diretto controllo sociale con mezzi paramilitari. Le conseguenze di un tale tipo di proccsse>inchiesta, per giunta eretto a sistema, sono molte e tutte negative. In primo luogo, se la magistratura svolge funzioni di tipo poliriesa>, «sall»- quel passaggio logico e istituzionale che vede i giudici in posizione di equidistanza, e quindi di controllo e garanzia, tra apparati direttamente coercitivi e cittadini. Inoltre, la segretezza delle istruttorie e la loro prevalenza rispetto ai dibattimenti risultano ulteriormente accentuate. Sul piano più generale, poi, si fa strada una concezione tutta politica dell'operato della magistratura come momento fondamentale della lotta tra «poteri legali» e «contropoteri criminali,., all'interno del quale è già messo in conto che siano travolti in una certa misura i diritti individuali dei cittadini. In questo modo il processo cessa definitivamente di essere luogo di mediazione di istanze conflittuali (la «pretesa punitiva• dello Stato e la «pretesa di libertà» del cittadi• no) e diventa puramente e sempli· cc.mente una delle sedi di decisione amministrativo-politiche, dove è possibile che vi siano «patteggiamenti• e momenti cogestori tra in· quircnti e inquisiti che in vario grado collaborino e manifestino lealtà verso i «poteri legali». Non manca certo chi accetta come immutabile uno sviluppo del genere, all'interno del quale l'atti• vità giurisdizionale diventa essenzialmente «strumento di conoscenza» e il processo penale «si trasforma da sanzione dei comportamenti passati in occasione di elabora• zione di modelli prescrittivi ed interpretativi per i comportamenti futuri» (V. Denti. «La cultura del giudice», in Quaderni costituzio• nali n. 1, aprile 1983, pp. 39 sgg.). Sta di fatto che, assecondando questi fenomeni, magari in ossequio alle richieste della pubblica opinione, si arriva al risultato per ~ cui la tanto sbandierata e ricercata .S «professionalità» dei giudici (ca- ;' vaJJo di battaglia soprattutto delle - .componenti di sinistra della magi- ~ :a;~fa!;!n::OCS::n!:o u1: 0 s=: ] possibilità di una giurisdizione dc- ~ gna di questo nome. g Se abbiamo parlato a lungo del processo•fochiesta, è stato perché ;:!; questo tipo di processo costituisce C una acquisizione relativamente re- j ccnte. Accanto ad esso. tuttavia, ~ vanno ricordate anche due altre 1i caratteristiche del processo penale italiano attuale che hanno reso possibile il 1:rocesso-inchiesta. La prima è costituita dalla durata della carcerazione preventiva, che può superare addirittura i dieci anni. La seconda è costituita dai poteri degli inquirenti (pubblici ministeri e giudici istruttori), i quali non solo operano in segreto ma possono disporre, e di fatto hanno disposto e dispongono, delle libertà personali dei cittadini per tutta la fase che precede il pubblico dibattimento - fase che può durare alcuni anni (gli imputa· ti del 7 aprile sono stati portati in pubblica udienza più di quattro anni dopo il loro arresto). I guasti creati dai tre «grandi principi» del processo penale italiano contemporaneo - processo-inchiesta segreto, carcera• rione preventiva lunghissima, poteri degli inquirenti sulla libertà personale - non sono una inven• rione di critici malevoli delle patrie istituzioni, ma una realtà riconosciuta anche dalle paludate e · prudentissime giurisdizioni comunitarie. La Corte europea dei diritti dell'uomo, con due sentenze del di· c.embre 1982 (si possono leggere ne li Foro italiano, 1983. Parte quarta, colonna 181 e sgg.), ha dichiarato - in entrambi i casi all'unanimità dei giudici che la compongono - che da parte del governo italiano vi è stata una ripetuta violazione dell'articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questo articolo dispone che «ogni persona ha diritto a che il suo processo sia trattato equamente, pubbli• camente e in un tempo ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, stabilito secondo la legge... • I casi portati davanti alla Corte concernevano proprio uno dei primi esempi di processo-inchiesta per fatti politici, quello relativo ai «tumulti» di Reggio Calabria dei primi anni settanta. In una delle due sentenze (quella Corigliano, dal nome del ricorrente), la Corte ha dichiarato che l'assenza ingiustificata di ogni attività istruttoria per lunghi periodi comporta un ritardo nello svolgimento del processo penale incompatibile, appunto, con l'articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione . Evidentemente, l'appetito viene mangiando. Quei ritardi irragionevoli nello svolgimento dei processi che, quando il processo-inchiesta iniziava i suoi primi passi, erano ancora parzialmente temperati dalla concessione della libertà provvisoria. ecc., negli anni succ.essivi vedono venir meno anche questo temperamento: istruttorie segrete lunghissime, con imputati sentiti una volta all'inizio (il caso Ferrari-Bravo nel processo «7 aprile» è da manuale), e poi una carcerazione preventiva senza fine, nel corso della quale per anni non viene compiuta alcuna attività istruttoria, quanto meno nei confronti di alcuni imputati! (L'introduzione di un fantomatico «tribunale della libertà» non ha migliorato in alcun modo la situazione. Non c'è da meravigliarsene, vista la sua composizione, i suoi poteri e il tipo di procedura per l'esame dei ricorsi). Se la giurisdizione, intesa come attività giudiziaria pubblica, •equa», ccc., non esiste più in Italia nei processi politici e, da qualche tempo, anche nei «grandi• processi comuni, e in suo luogo opera una sorta di attività di polizia camuffata, gestita da magistrati, con poteri enormi sulle pubbliche libertà, sembra evidente che compito primario per tutti gli «uomini di buona volontà,. (ce ne sono anche tra i giuristi e i giudici... ) è quello di ricostruirne almeno un decente simulacro. Non sembrano operare in questa direzione alcune «teorie• da qualche tempo svolte da alcuni «addetti ai lavori» i quali, dopo aver lasciato degradare la situazione (e, in alcuni ~i, contribuito attivamente a questo degrado ... ), insistono sulla nec.essità attuale di un «depotenziamento» della giurisdizione penale come rimedio necessario a una «sovraesposizione,. politica della magistratura. Teorie del genere sono dubbie nei fini e insostenibili nella sostanza. Infatti, se con il concetto di de· potenziamento della giurisdizione penale si vuole alludere a una società in cui l'uso degli strumenti coercitivi non deve essere necessa• rio se non in misura minima, non si può non essere d'accordo nel condividere l'auspicio. Ma vi è motivo di sospettare che non sia questo !"obiettivo dei suoi odierni sostenitori. Depotenziamento potrebbe allora indicare il muoversi verso una restrizione dell"area di applicazione della sanzione penale che andrebbe esclusa del tutto o sostituita con altre forme di con• troilo per tutta una fascia, «inferiore» quanto a entità della pena, di comportamenti devianti. Ma una fascia «inferiore .. cosi individuata viene a comprendere anche i reali tipici di imprenditori (violazione delle norme di protezione del lavoro, ecc.) e pubblici ammi• nistratori (reati omissivi. ecc.). con la conseguenza che un depotenziamento del genere avrebbe più che altro il senso di una sostan• ziale immunità penale per i «col• letti bianchi». Se è questo che si vuole, il dis• senso non può che essere radicale, e non per la scoperta da parte de• gli scriventi della funzione taumaturgica della pena, ma perché in una società in cui gli strati sociali in posizione di inferiorità, o comunque posti fuori dal mercato del lavoro, ecc., continuano comunque a essere i destinatari principali delle sanzioni punitive, un alleggerimento delle già lievi san• rioni (minacciate più che effettivamente applicate) ai colletti bianchi sarebbe fatto gravissimo, nel senso che accentuerebbe le diseguaglianze. Sgombrato il terreno da ambigui bersagli, l'obiettivo fondamentale da perseguire attualmente è sol• tanto uno: la «ricostruzione,. di un processo penale degno di questo nome, gestito da giudici in pubblico dibattimento, che prenda il po• sto di quello - dominante in questi anni - gestito in segreto da pubblici ministeri e giudici istruttori. Costoro, negli ultimi anni, hanno abbondantemente debordato dai loro ruoli, hanno disposto delle pubbliche libertà con poteri estesissimi, hanno dato origine a una cate• goria nuova, almeno sul piano isti• tuzionale: quella dei «pentiti,., e si sono infine eretti a «storici.. di una intera fase della vita della Repubblica, dettando persino i criteri che - ai loro occhi - distinguono politi• che «buone,. da politiche «cattive» (criminali, «da immondezzaio della storiai., ecc.). Ovviamente, trattandosi di magistrati, vale a dire di organi dell'apparato statale, non era da sperare che si comportassero da «storici imparziali,,..E infatti non lo SO· no stati. Hanno tutti dimenticato la «massima» di Charles Nodier secondo cui «il n'est point de pou• voir qu'on ne puisse accuser, il n'est point de révolte qu'on ne puisse défendre ... Limitare drasticamente i poteri dei «giudici» inquirenti in tema di pubbliche libertà, ridurre altret• tanto drasticamente la durata della carcerazione preventiva, cominciare a diffondere all'interno della corporazione dei giudici la ideologia liberale della «terzietà• della giustizia in luogo di quella autori• taria, dominante, della «ragion di Stato», ormai in via di estensione anche ai delitti comuni - in una parola, ricostruire una giustizia, una giurisdizione, dei giudici che si ispirino a quella concezione del mondo, questi sono gli improcrastinabili compiti attuali.
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