reali sia costante in percentuale del prodotto interno lordo. Poiché i pochi numeri offerti nel program• ma di governo consentono - tramite alcune banali operazioni che sono la somma, la sourazione e la divisione - di ricostruire l'inflazione. il reddito e la spesa pubblica nel 1984, se consentiamo che la spesa pubblica sia costante in termini reali, essa deve essere di 357 _(XX) miliardi nel 1984. Se consentiamo, invece, che essa sia costante in percentuale del prodotto interno lordo, essa deve essere di 346.000 miliardi. Ecco che è o:r minciato il balletlo. Vi è una differenza di 11.000 miliardi nel programma di governo. Nel resoconto vi è una differenza di 11.000 miliardi su cui altri governi sono ca• duti e che comunque potrebbero rappresentare una manovra complessiva di bilancio. Dunque, anche questo governo, prigioniero di una logica che riduce la finanza pubblica ai suoi aspetti meno nobiL a storia della giustizia statale è la storia del costituirsi e del rafforzarsi del potere statale. Espressione e allo stesso tempo causa del monopolio statale della forza, la «giustizia». a un certo punto della evoluzione storica, non «gestisce» più - come accadeva in passato - volontà di potenza separate e distribuite secondo sistemi egualitari (al fine di impedire che eventuali disparità si radichino nel tessuto sociale in modo irreversibile), ma soltanto gli interessi e le scelte di quell'unico centro di imputazione-assorbimento di volontà di potenza costituito dallo Stato. E cosl il giudiziario, nella misura in cui ne fa parte. contribuisce per questa via, in modo non marginale. all'affermarsi e al prevalere dell'«unico» potere politico d'ora in avanti destinato a contare (J. Gil, «Giustizia», in Enciclopedia Einaudi, voi. VI, p. 861). Emanazione dello Stato. non sembra dunque che la giustizia possa servire interessi altri da quelli statali. E tuttavia, all'interno di questo schema di fondo, la storia della giustizia è anche la storia dei tentativi di dare al sistema giudiziario una autonomia relativa rispetto allo stesso Stato da cui, ormai irrimediabilmente, promana. La «terzietà» del giudice rispetto alle parti e agli affari che egli è chiamalo a giudicare - terzietà nella quale, da un certo punto in avanti. si comincia a identificare la caratteristica prima della funzione giudiziaria (secondo Montesquieu: «sous Ics rois de Rome, la loi était si imparfaite que Servius Tullius prononça la sentence contre Ics enfants d' Ancus Martius, accusés d'avoir assassiné le roi son beau-père») - esprime appunto la necessità che non sia l'offeso a giudicare l'offensore. ma un personaggio in qualche misura «estraneo» alruno e all'altro. Questa «estraneità», che è pos· sibile realizzare in qualche modo nei conflitti in1erpriva1i. è invece di difficilissima praticabilità nei crimini di Stato, nei quali la condotta «criminale» investe gli interessi fondamentali dell'apparato di li di disavanzo, inizia con poche cifre che danzano freneticamente. Infine, un'osservazione connessa sempre ai temi della finanza pubblica. ma coniugati con quelli dello Stato del benessere ovvero. ancora una volta, con la distribuzione del reddito. Ora noi siamo d'accordo sul fatto che questo governo voglia difendere il «welfare State». Ho il forte sospetto, però, che il welfare State che il governo vuole difendere non sia quello che ho in mente io perché, se rileggia• mo i testi classici del welfare State, vediamo che lo Stato del bcnesse• re richiede sostanzialmente due elementi: un fortissimo contenuto redistributivo che deve essere coniugato con un fortissimo controllo. Ovvero, non si tratta di consen• tire la mano protettiva. Tragica, questa mano protettiva. Mi è venuto in mente quel manifesto della Democrazia cristiana: «Vota Dc ed entrerai in qualunque posto». Il welfare State non tratta di mano protettiva, tratta di riconoscere dignità agli individui e il diriuo a ricevere certe prestazioni; per ques10 si traila di affermare il diritto, lo statuto dei diritti e dei doveri dei cittadini, non di mano protetti· va dello Stato( ... ). Vi è un altro elemento di fondo che ancora mi lascia dubbioso. È l'idea che la spesa pubblica dipen· da da un eccesso di domanda: i cittadini italiani voraci mangiatori di spesa pubblica. Ma è noto (è uno dei fenomeni complessi più studiati nelle società moderne) che la spesa pubblica non dipende dalla voracità del cittadino: è la struttura pubblica che offre spesa pubbli• ca. L'esempio più probante è of• ferto dalla spesa pubblica per farmaci. Questa non rappresenta la singolare voracità del cittadino italiano che «mangia» farmaci: rappresenta piuttosto gli interessi delle ditte farmaceutiche, gli interessi dei medici. E allora il problema dei farmaci si risolve controllando; ecco perché il controllo de\·e esse• re un tutt'uno con lo Stato del benessere. Quindi. non domanda di spesa pubblica ma controllo dell'offerta di spesa pubblica - ma tutto questo nel programma del governo non si trova. 11 Paese ha già dovuto sopportare quella spesa senza controUo che porta lo Stato a produrre esclusivamente una legislazione di spesa sulla quale la maggioranza può mettere liberamente le mani. Questo governo, che si presenta con una maggioranza dichiaratamente chiusa. non autosufficiente ma dichiaratamente chiusa, emette un segnale sinistro in questa direzione. Signor rappresentante del governo, come vede molti dubbi si sono affacciati semplicemente uti• lizzando una categoria interpretativa che avevo riassunto nella distribuzione del reddito, categoria interpretativa che vedo però del tutto assente nell'impostazione del Limitarei poteri Romano Co,iosa, Amedeo Santosuosso potere politico esistente. Ma tan• t'è, anche in questi casi il principio - almeno per i teorici liberali dello Stato- non subisce eccezioni, e lo schema della «terzietà» deve esse• re rispettato. Accanto alla statualità e alla terzietà, principi da tempo affermati, la giustizia presenta (o si vuole che presenti) una caratteristica più recente: la pubblicità. Non basta più - da un certo momento in avanti - che il giudice sia «terzo»; si pre• tende anche che questa sua terzietà sia verificabile in concreto dalla collettività - o da segmen1i di essa interessati - nel cui nome egli parla e agisce. Infatti. qualora ciò non avvenisse, nessuno pouebbe escludere a priori che la terzietà, proclamata in astratto. in concreto non fosse praticala, e che il giudice - soprattutto nei crimini di Stato - si «riconfondesse» con lo Stato stesso in una indifferenziata unità. Giustizia statale, giustizia «terza», giustizia «pubblica», costituiscono dunque gli elementi del sisterna giudiziario nello Stato moderno di impronta liberale. E tuttavia. le cose non sono così semplici. Se le prime due caratteristiche sono infatti accettate da tutti, la terza ancora oggi incontra molli ostacoli e difficoltà. In alcuni Paesi (quelli a cultura giuridica «napoleonica», per intenderci). una buona parte della «giustizia» penale - la parte relati• va alla raccolta delle prove nel processo penale - anche se affidata a giudici, è gestita in modo segreto. E questa pratica è cosl connaturata a alcuni di questi sistemi giuridici da durare ancora ai nostri giorni. Essa rappresenta il male oscuro della giustizia-giurisdizione. «il coccodrillo in agguato in mezzo al fiume» di una procedura che pure si proclama garantistica, e il principale elemento di inquina• mento del processo penale contemporaneo. Se alla segretezza si aggiunge una carcerazione preventiva della quale sono unici arbitri dei «giudici» che operano in segreto e che per tanto (indipendentemente dalla loro volontà e onestà personale: dopo tutto esistono anche agenti di polizia onesti ... ) esulano totalmente dallo schema della giustizia così come sopra delineato, ne consegue la «morte» della giurisdizione, intesa come allività terza, pubblica, ecc., di rendere «giustizia.». Questo è quanto è avvenuto in Italia, a seguito di alcuni «nuovi» modelli di inquisizione penale, dapprima adottati nell'ambito dei reati politici e poi estesi (o in via di estensione) a quelli comuni. 11 processo penale oggi esisten• te in Italia ha un impianto normativo di tipo nettamente inquisitorio, nel quale prevale l'attività istruttoria tuttora sostanzialmente segreta. All'inizio degli anni settanta si era posto il problema del superamento di questa situazione attraverso l'elaborazione di una riforma (rimasta poi «lettera morta») che tendeva a ribaltare la situazione, facendo del dibattimento il fuiprimo governo a guida socialista. Non voglio dire che la politica economica sarà sicuramente antioperaia e antipopolare, ma sicuramente sarà una politica che tenderà a favorire quei ceti che con il loro potere di dominio riusciranno a mantenere invariato - se non a accrescere - il loro comando sulle risorse reali. Tutto ciò noi della Sinistra indipendente cercheremo di evitare con le nostre modeste forze e con proposte di cambiamento. Questa, signor rappresentante del governo - la comunichi al Presidente del Consiglio, - è l'interpre1azjonc autentica della nostra opposizione e della nostra volontà di non accordare la fiducia politica e - mi consenta - neppure quella contabile. Quato dUCono al Sena10, da noi ripubblicato qui con lievi tagli, i apparso in Atti parlamentari ed l sUJtotenuto il 13 agosto 1'1113. ero del processo e accentuandone i caraueri di pubblicità, concentrazione e oralità (cosiddetto «cOdicc Bonifacio»). Ma proprio negli stessi anni, e paradossalmente all'interno della stessa area politica e culturale dei sostenitori della riforma, si è fatto strada in concreto un tipo di processo per più versi antitetico a quello «riformato•. Si tratta del processo-inchiesta, e cioè di quel processo il cui oggetto è costituito, secondo le esplicite teorizzazioni di alcuni suoi sostenitori, non da un fatto o pluralità di fatti, ma da un intero fenomeno sociale e/o politico che si assume abbia - non importa se a torto o a ragiont: - carattere criminale. Questo tipo di processo si è andato costruendo negli anni settanta a colpi di leggi e prassi giudiziarie «eccezionali», vale a dire di cui tutti (almeno a sinistra) garantivano la temporaneità in relazione a fenomeni anch'essi «eccezionali•. Nella realtà, invece, si è assistito alla proposizione del processo-inchiesta come t1i1»modello di processo-modello che, attualmente, è addirittura in via di estensione a un'intera area della criminalità organizzata. Tutti ricorderanno, per esempio, gli ottocento ordini di cattura di camorristi, o presunti la· li, proprio nell'imminenza delle elezioni politiche di giugno: una iniziativa che fu salutata come il risveglio .anticamorrista• della magistratura, finalmente decisa a far pulizia in un settore importante della grande criminalità. Ora, è proprio su questo tipo di istruttorie che vale la pena di fare qualche riflessione; sulla loro effi• cacia rispetto ai fini dichiarati e ;si: sulla loro incidenza sui diritti di li· ~ ~,7~tti!::~~~:t;:~ :!::::~ t che, proprio in quest'ultima in- ~ chiesta, alcune settimane-~ ~ : grande «retata» un ocnhnaio di J5, imputati sia stato scarcerato per E totale estraneità alle accuse: erano ~ stati arrestati solo per omonimia ,: con presunti camorristi. "" Il fatto_,-~cvato con !oni forte~ ~ mente cnttet anche da tmportanb ~ organi di informazione (vedi La ~ stampa, 12 luglio 1983), costituisce è
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