Il contine1!eKeynes John MaynardKeynes A Traila on Probabllity in Tht Colltcltd Wrilings, voi. 8 a c. di E. Johnson e D. Moggridge London, Macmillan.1973 pp. XXXIIJ-514 Come uscire dalla crisi trad. it. di P. Sabbatini Bari, Latcrza, 1983 pp. XLIV-142, 1;,c 12.000 A. C. Pigou, R. Kahn, A. Cairncross Keynes: ~tture e ritvocuionJ trad. it. di F. Cafft Torino, Einaudi, 1983 pp. Xlll-123, Hrc 6.500 Autori vari Allualità di Ktynes ac. di F. Vicarclli Bari, Latcrza, 1983 pp. VIIJ-356, Hrc 19.000 A cento anni dalla nascita, John Maynard Ke_ynes t stato sottoposto a mterprctaz.ioni e sezionamenti di ogni tipo. Sullo sfondo, inevitabilmente, sono sotto accusa - soprattutto oggi - le politiche economiche espansionistiche (dtficit-sptnding), vuoi nel necessario intento di cogliere gli attriti prodottisi (cfr. il bel saggio di M. Salvati nella raccolta curata da F. Vicarclli), vuoi in quello. nemmeno apprezzabile. di ridare dignità teorica alla vulgata ortodossa - a cavallo, certamente, dei •successi,. ottenuti dalle recenti scelte di politica economica compiute in Inghiherra e negli Usa. Il centenario keynesiano, in questo senso, è servito per un primo bilancio storico - bilancio che, comunque, per le troppe intenzioni •conclusive,. pare essere quanto meno settoriale. Un centenario da laidrl.att Mi rendo perfettamente conto del paradosso intrinseco alraggettivo •settoriale». Di Keynes economista, effettivamente, sembra essersi detto tutto il dicibile - ancor più si è congetturato. Una tradiziohe •rispettosa,., tipicamente anglosassone, di cui è illustre esponente il biografo ...:ufficiale» Harrod, ha efficacemente indagato i mille risvolti, ogni sillaba del testo keynesiano, fornendoci le molte summae di cui le diverse «scuole• sono garanti. Addirittura, una tale ostinata rivisitazione è sembrata a qualcuno, a ragione, ormai •circolare», dato che vi è un limite produttivo oltre il quale gli argomenti del «distinguere1t sì intersecano in modo tale da annullare le sfumature. Eppure, il bilancio di questo primo centenario è parso settoriale (insisto), aperto. Il «continente Keynes•. in alcuni suoi aspetti chiave, si è mantenuto selvaggio, tena di nessuno. Si è souratto alla definitiva «colonizzazione•. Perch~? Evidentemente. i motivi sono numerosi, intricati e articolati. Ad esempio, non si sono ancora datenientemeno - ragioni e coordinate (storiche) sufficienti alla comprensione di quel •metodo1t, un po' sbrigativamente definito macroeconomico. In questo centenario non vi si è dedicato lo spazio adeguato. Unica eccezione a me nota, l'efficace puntualità con cui Fausto Vicarelli vi ha insistito nella sua relazione presentata a un convegno romano, in maggio. Vale sicuramente la pena prenderne nota, dunque, e aprire una discussione. ~ il modo migliore per laicizzare una «festa. - questo centenario - altrimenti veramente •circolare», come ogni liturgico ricordare. La statura teorica di Keynes, effettivamente, di rado è stata «estrapolata» e commisurata oltre il contenuto e il paradigma della «pura» scienza economica. È ancor più appreuabile, quindi, pur coi problemi che la lettura di Vicarelli solleva, lo sforzo in essa compiuto nel rilevare, all'interno del pensiero di uno dei maestri dell'Economica del Novecento, un animo di metodologo - non secondario rispetto al campo in cui da sempre si è limilata la sua riflessione. - senza del quale il •continente Keyncs» mantiene molti dei suoi misteri. Un'adeguata riflessione sul metodo, è quell'atto liberatorio che la teoria invoca. Un'anima da libttatt Per altro, matematico per scelta, Keynes fu senz'altro filosofo d'elezione qu.anto economista de faao. Incuriosisce non poco, inoltre, lo spessore decisamente notevole del filosofare keyncsiano - e non certo per l'allusivo o l'incsprcs.so, quanto per l'efficacia immediata che quello stesso manifesta. Nel metodo, come detto, ciò assume evidenza tangibile in quell'opera fondamentale - e puntualmente dimenticata - che è il Tnorise on Probability. Notoriamente, non sarà questo il terreno sul quale Keyncs si imporrà all'attenzione del mondo; tuttavia, è possibile dire a posuriori che ne rappresenta il substrato, meglio: il nocciolo della stessa Generai Theory. Incarna quell'animo metodologico keynesiano mai considerato, che oggi trabocca dalle crepe prodottesi nella crisi delle politiche economiche della crisi - come Vicarelli sottolinea. Certo, in quanto contributo alla tecnica probabilistica, quello di Keynes non è lavoro essenziale. In ogni caso, la sua collocazione tra Russcll e il secondo Wingenstein ne fa uoa ril1c>sioac di imponama nodale. Basti elencare gli aspetti principali di continuità/rottura con la filosofia analitica cambridgeana. Il testo, che esce nel '21, non può che prendere le mosse dal già sperimentato concetto di .-relativo» a cui il probabile deve riferirsi in quanto relazione tra enunciati logici. Evidentemente, ciò che per Keynes - intimo di Moore - diviene ovvio stabilire è la ncccssaria peculiarità del contesto a cui gli enunciati si riferiscono in quanto proposizioni comprovanti una relazione di probabilità. ()gru CDUD· ciato, infatti, dev'essere sorretto da un preciso referente contestuale: diversamente è insigni.6cante. Il calcolo probabilistico i strutturato come relazione tra proposizioni logiche riferite a un u.niveno di discorso; se quest'ultimo non è determinato, il probabile è impensabile. Kcynes, dunque, agisce in perfetta sintonia con l'atmosfera cambridgeana. D'altra parte, non si deve credere che egli non ne modifichi aspetti essenziali. Ciò che egli descrive anzitutto è una relazione di probabilità determinata, è vero; ma ad essa non si ferma - prosegue, giungendo a rotture significative proprio con Russcll. Nel momento stesso in cui Keyncs non trova le ragioni sufficienti
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