Alfabeta - anno V - n. 53 - ottobre 1983

no. abbia ricevuto minore evidenza. Per un commento del comportamcoto dcUa stampa italiana nei giorni successivi all'abbattimento deU'aereo coreano, si veda anche quanto scritto da Giorgio Galli nella sua rubrica su Panorama (Jumbo: chi ne ra un uso improprio, in Panorama del 26 settembre, p. 27). Galli rileva tra l'altro che il 6 settembre ·li Secolo XIX (principale quotidiano genovese) titolava a tutta pagina Un'ammis-, siooe dì Washington complica ancor pià il dramma/ C'era anche un aeru, spia Usa, e che «quel giorno il titolo dell'Unità era in proposito di assai minor rilievo». Da questo, come da altri elementi emersi anche nella nostra rassegna, Galli c:onc:ludecbe «non vi è più, neanche a sinistra, il filosovietismo idcologioo e rantiamericanismo pregiudiziale da anni cinquanta. Ma nello stesso tempo vi è un rifiuto diffuso al capovolgimento totale di questi atteggiamenti, al vedere tutto il negativo nell'esperienza sovietica e tutto il positivo in quella americana,,.. Lo stesso Galli per altro sottolinea la «percezione che si era avuta nei giorni 2 e 3 settembre di una marginale deviazione di rotta presa a pretesto da.i russi per massa• crare senza motivo 269 persone, indotti per orgoglio di superpoten· za a negare il crimine commessoJ+. Tale percezione iniziale dell'even• to, secondo Galli, avrebbe conscn• tito a molti osservatori italiani una «sua utilizzazione a fini di politica interna: la spietatezza russa presentata come indice dello sbocco ineluttabile delle posizioni di sinisu-a.. A parere di Galli, vi sarebbe quindi il coesistere di un atteggiamento ideologico «da guerra freddaJ+a uso interno con un atteggiamento più critico nel modo di recepire e presentare l'informazione. Questa diagnosi sembra, in sostanza, abbastanza fondata. In sede di commento, i giornali hanno sottolineato soprattutto la condanna di un sistema capace di agire con indifferenza verso la vita di centinaia di persone inermi e innocenti; da questo punto di vista, le tardive e contraddittorie «spiegazioni., sovietiche non banno fatto altro che enfatizzare la «percezione iniziale., screditando anche gli eventuali elementi di verità contenuti nelle informazioni di fonte sovietica. Sul piano più strettamente giornalistico, invece, almeno in una parte della stampa, c•i stata una maggK)recautela, una più at• tenta valutazione dei pochi elementi informativi sicuri. Cosl, non i stato passato sotto silenzio che la tesi sovietica del «volo-spiai. trovava almeno un indiretto appoggio nelle ammissioni di fonte americana sulla presenza di un ricognitore Usa nella stessa zona in cui volava il jumbo coreano (anche se questo dato si presentava a sua volta ambiguo, dal momento che alcune fonti sembravano accreditare la possibilità di un errore di identificazione da parte sovietica, mentre altre fonti escludevano nettamente la possibilità di un siutile errore). Sulla delicata questione delle fonti di informazione, vale la pena di richiamare l'attento e appassionato articolo che, sono il titolo ~ Question.s, Alain Jacob ha scritto e su Le Month del 7 settembre. «I ·t ~ frammenti di informazione disti!• lati di ora in ora a Mosca, Washington o Tokyo sulle circostanze della caduta del Bocing 747 delle ], lince sudcoreane - scrive Jacob - g non permettono tuttora di farsi se e non un'idea molto incompleta del- ~ la sequenza degli avvenimenti. Di fatto, fra una rivelazione e una i mezza confessione, lo scenario si ~ complica e si oscura anziché chia- "5 rirsi, almeno per quanto riguarda il comportamento dei principali attori, se non per lo svolgimento stesso dei fattiJ+. Jacob propone quindi un «catalogo delle principali domande che ancora si pongono, le quali o non hanno ancora ricevuto una risposta completa e convincente o non sono ancora state pubblicamente evocateJ+. Il catalogo è diviso in due parti: domande che si pongono innanzi tutto sul versante occidentale e domande che si pongono innanzi tutto sul versante sovietico. Sul primo, Jacob pone anzitutto l'inter• rogativo riguardante «l'apparente inconsapevolel.ZaJ+nella quale il Boeing della KaJ ha potuto deviare dalla propria rotta e volare per circa due ore e melZOin una zona di importanza strategica, dove l'equipaggio non poteva ignorare di correre un scrio pericolo. I sovietici sostengono di avere rivolto numerosi avvertimenti al jumbo, anche se di ciò non hanno fornito alcuna prova. Poiché si stenta acredere che in due ore e più di volo l'equipaggio non abbia ricevuto al• cun segnale di avvertimento, si dovrebbe trovarne traccia nelle sofi• sticate registrazioni con cui giapponesi e americani hanno dimostrato di saper seguire le comunicazioni nello spazio aereo sovietico. Come è possibile che i servizi di fi- . controllo aereo giap- r, ponesi non abbiano saputo nulla fino al momento in cui il dramma era ormai consumato? Essi sostengono di aver preso atto dei dati (errati) comunicati dal Bocing stesso; inoltre i radar civili giapponesi non avrebbero una portata sufficiente a rilevare l'errore di rot• ta. Ma - si chiede Jacob - come si deve considelitari installati all'estremità settentrionale dell'isola di Hokk.aidonon abbiano visto nulla in più di quelli civili e non abbiano rilevato la presenza del jumbo sopra la parte mericlionale dell'isola di Sakhalin, a 200 chilometri di distanza? Se si presume che questi radar abbiano una panata dell'ordine di mille chilometri, è verosimile- scrive ancora Jacob - che la posizione del Bocing 747 sia stata rilevata circa un'ora prima che l'aereo fosse ab-- battuto. In questo caso, perché nessuna informazione è stata trasmessa all'equipaggio? La presenza nell'area di un ricognitore americano Rc-135accresce ulteriormente il mistero. La missione di un aereo di questo tipo è tale da porre in allerta tutto il sistema di sorveglianza della regione, dalle Aleutine al Giappone. Com'i possibile, allora, che non sia stata rilevata la presenza del jumbo, considerando soprattutto che i servizi americani sono oggi in grado di fornire con precisione le relative posizioni dei due aerei nelle ore che hanno preceduto il dramma? Dal lato sovietico, le contraddizioni sono altrettanto rilevanti. Secondo le dichiarazioni del capo di stato maggiore della difesa aerea, i piloti dei caccia che seguivano il Bocing ignoravano di trovarsi di fronte a un aereo civile. Il generale Romanov, •afferrando la mano che gli ven,iva offerta da Wa• shington», come scrive Jacob, po· teva lasciar intendere che si sarebbe verificata una confusione fra il Bocing e il ricognitore, •di cui gli americani si erano opportunamente ricordati che passava da quelle partiJ+.Jacob obietta che, secondo gli specialisti, il profilo dei due ae• rei non può essere facilmente confuso, né in sede di avvistamento, né sullo schermo radar, da parte di personale addestrato quale si suppone sia quello impiegato nella sorveglianza dello spazio aereo in un'area strategica. E ancora, se di «errore)I,si tratta, ciò esige sanzioni contro i responsabili e scuse circostanziate - come già è accaduto in passato per casi analoghi. I sovietici non hanno fatto nulla di tutto questo. Ulteriori domande si pongono sul meccanismo decisionale che ha portato all'ordine di aprire il fuoco. Jacob ricorda che a Mosca vengono fatte circolare voci tendenti a esonerare il potere politico da ogni responsabilità diretta. Tale versione è difficile da acce1- ' sulle responsabilità sovietiche diminuiscano di un grammo. Sarebbe probabilmente inutile e noiosq._tentare una collazione di tutte le informazioni «tecniche» che i tre «rubinetti» americano, sovie1icoe giapponese hanno continuato a distillare su quanto è accaduto attorno al jumbo della Kal. Le nostre competenze, del resto, non ci consentirebbero di valutare in maniera adeguata i risultati di questa collazione. Ci si può certo dolere che, a oggi, non risulta che alcun giornale italiano abbia ancora fatto uno sforzo per raccogliere le informazioni che si sono accumulate, passandole al vaglio di osservatori qualificati - se non per giungere a conclusioni, almeno per mettere a fuoco con energia gli interrogativi rimasti aperti. Per quanto ne sappiamo, anche nel re• sto della stampa occidentale simili tentativi sono stati piuttosto rari (possiamo segnalare un dossier del Sunday Times che, per altro, non siamo riusciti a consultare prima della conclusione di questa nota). Con il passare dei giorni, \Ilavia che emerge tutta la gravità politica di quanto è avvenuto nei cieli sovietici, lo spazio che i giornali dedicano alle notizie riguardanti la tare considerando che gli vicenda del jumbo diviene sempre eventi in questione si sono svolti nell'arco di almeno due ore. È pensabile che durante tullo più sporadico e frammentario, secondo una legge giornalistica non scritta, pervicace, quasi ineluttabile, che continuiamo a considerare perversa. li peggiore strascico che la vicenda del jumbo può lasciare nell'opinione pubblica, al di là della generale quanto generica riprovazione del comportamento sovietico, è la sensazione che sia impossibile stabilire la verità sugli eventi e sul loro significato politico. È un ahro contributo a quella sindrome di ••incomprensibilità»che, da più segni, sembra emergere anche negli osservatori qualificati di fronte 1 a uno scenario mondiale sempre • più aggrovigliato e \llolento. È una sindrome pericolosissima perché, alla lunga, la gente non può più trovare rifugio neppure nell'apatia, via via che l'alito minaccioso degli eventi si fa sentire anche sul collo dei più disinformati o dei più cinici. In assenza di informazioni precise e complete, di spiegazioni .crazionali., - nel senso che siano almeno valutabili e confrontabili, - ci sembra ine\lltabile che prendano piede spiegazioni .esemplificanti'°, del tipo che Stati uniti e Unione sovietica cominciano ormai a diffondere ufficialmente, accreditando la controparte come «l'impero ·- - -- del male». Molti risvolti delle conquesto tempo nulla sia giunto all'orecchio dei servizi del Comitato centrale del Partito comunista sovietico, «che ha orecchie attente in tutte le unità delle forze armate»? Infine - ricorda Jacob - la tesi di una decisione al solo livello militare solleva interrogativi ancora più gravi. Nella sera di venerdi 2 settembre l'agenzia Tass manifestava stupore perché le autorità americane non avevano .ctentato di stabilire un contatto con la parte so- \lleticaJ+allo scopo di evitare una catastrofe. Ma la domanda sovietica è un vero boomerang. Ai sovietici non è certo mancato il tempo di mettersi in contatto con Washington per assicurarsi che, fra le varie ipotesi, non ci si trovasse di fronte a un aereo in difficoltà. In effetti, a nostro giudizio, questa è la domanda più grave, forse decisiva, sul componamento tenuto dall'Urss in tale circostanza. Questa domanda non può essere •riequilibrataJ+ dagli analoghi interrogativi posti, sul lato occidentale, dal totale silenzio che sembra aver avvolto per ore il destino di un Boeing dotato di sofisticatissime apparecchiature di volo e di comunicazione. Semplicemente, la matassa si imbroglia ulteriormente, senza che gli interrogativi seguenze diplomatiche dell'abbat• timento del jumbo forse hanno la propria radice in atteggiamenti incontrollabili di questo tipo, che cominciano a circolare all'interno dei due blocchi (si vedano il titolo di testa della Repubblica dell'l 1 settembre: Reagan risponde ai falchi/ «Volevate fare la guerra?», e le dichiarazioni sovietiche sui .csacri confini della patriaJ+).Anche dalla nostra rassegna della stampa italiana risulta evidente che a una fase diplomatica relativamente .cdistensiva» è improvvisamente subentrata una fase più convulsa e isterica, della quale non è facile comprendere la dinamica. Per questo sono indispensabili interpretazioni della escalation diplomatico-militare in atto che vadano oltre qualche banale versione del fatto che gli Usa o l'Urss sono «cattivi» e assetati di sangue. Non si può affidare questa responsabilità solo ai media. Occorre che sia la società civile - a cominciare da qualsiasi movimento per la pa• ce credibile - a esigere verità e spiegazioni «razionali» come premessa indispensabile alla pace, come antidoto al veleno dell'incomprensibilità e delle interpretazioni puramente emotive. formicona RISORGIMENTO PAVESE Saggi documenti immagini Anna Maria Ficara, Mino Milani. Donata Vicini, Giovanni Zaffignani, Susanna Zatti .eglialmanacchi» 1982, rilegato. pp. 130, lire 25.(XX) Nellastena collana U Ticino e la sua gente la storia l'economia l'ambiffllt a cura di G. Giovanneui e S. Pattarini 1981, rilegato. pp. 160, lire 25.(XX) UN PAESE DOPO Serino nel Sud che cambia Salvatore F. Di Zcnzo, Giovanni Giovanneni, Lello Mazzacane, Stefano Pauarini, Gennaro Romei .cBianco i nero,. 1982, in brossura, pp. 90, lire 18.(XX) Ndla stessacollana Belfut. Appunti suJla realtà nord irlandese a cura di Giovanni Giovanneui 1981, pp. 32, lire 5.CXX1 Diario polacoo. Immagini su un anno di smdaato libero In Polonia Paolo Brera, Paolo Aorcs d'Arcais, Lisa Foa, Giovanni Giovanneui, lnde,c 1982, pp. 104, lire 18.00) r."dlc migliori librerie OflJIUJt 0011v-,Ji.a pot11lc (,t lire I.SOOper spc:x poua!i) i111at1to 1: Fo,miconaeditrice. Vi.a Fat0k>2J.27100Pavi.a formicona Maria Grazia Ciani Dario M. Cosi Donatella Foccardi Fabio Mora Paolo Scarpi Alberto Schòn LeRegioni delSilenzio Studi sui disagi della comunicazione a cura di Maria Grazia Ciani Silenzio come volontlJ di potenza, silenzio come riconoscimento di potere, silenzio come sintomo patologico. Storie di comunicazioni modificate, disturbate, interrotte. Uno spaccato archeologico dei meccanismi di un pensiero inquadrato secondo ouiche filologiche e psicoanalitiche, storiche e storico-religiose: orizzonte parziale per un tema indecifrabile, frammenti di sapere per un problema che rimane irrisolto. Quindi un bilancio aperto, che rinvia lasoluzione ad altre indagini, a contribUli diversi, per decifrare il linguaggio del silenzio, il più impermeabile dei media. BLOOM EDIZIONI Distribuzione Promeco

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