Alfabeta - anno V - n. 53 - ottobre 1983

Non si put, dire che l'elezione di Toni Negri a depu1a10nelle lis1eradicali il 26 giugno scorso abbia modificato in maniera davvero rilevante il problema 7 aprile. Put, dorsi, semmai, che il fatto permeua di riprendere il caso in termini più generali e adeguati, in una sede come quella politico-parlamentare che negli anni scorsi è stata assai poco sensibile al remafondamenta- /e del rapporto tra necessariadifesa della democrazia repubblicana e salvaguardia dei diritti costituziollilli in tema di liberr/Jpolitica e civile. Vedremo. Ma ora che ilprocesso denominato 7 aprile è finalmente incomincialo, vale la pena intervenire nel diba11i10promosso da Alfabeta n. 48 di maggio, per ricordare alcuni punti e.Jsenziali che spesso si trascurano. A evitare possibili equivoci, dirli subito che occorre distinguere, per quanto èpossibile, tra l'ospe110giudiziario e quello storico-politico della vicenda. Sul primo, non c'è dubbio che il caso abbia dimostrato: 1. che I' espansione del Ierrorismo avvenuta negli anni sellanta nella situazione ilaliana - carauerizzata, dal punto di vistastorico, da una grave debolezza delle garanzie proprie dello Stato democratico (e qui non sto a spiegare perché: l'ho fallo gW ne/1'80 in un saggio dedicato alla «Crisi italianae il problema storico del terrorismo•) - ha provocato alcuni mostri legislativi, di cui non ci siamo ancora liberati (come le misure d'emergenza del •n, I' allungamento della carcerazione preventiva e la legge sui «pentiti•); 2. I reati associativi e, più in generale. quelli a consumazione anticipata producono una peculiarità nella fase della loro contestazione. Nei processi in cui si fa ricorso a essi si innesta un polivalente meccanismo moltiplicativo delle accuse - e, conseguentemente, delle pene - carauerizzato da un diseguale andamento ma da un identico risultato: a pochi fatti storicamente accertati corrisponde una molteplicità di qualificazioni giuridiche nonché un loro smisurato riciclaggio sul piano induttivodeduttivo. Generalmente, questo meccanismo opera attraverso i seguenti momenti: 1. si parte normalmente da fatti specifici attribuiti a singole persone; 2. da essi si risale, con processo induttivo, alla individuazione di una struttura organizzativa sottoposta a molteplici qualificazioni; 3. in virtù di un'infinita serie di comportamenti sintomatici si afferma induttivamente l'inserimento di tutti coloro che hanno avuto rapporti politici con gli imputati di partenza; 4. dalrinserimento cosl accertato degli imputati di arrivo nell'organizzazione illecita si deduce la loro responsabilità per i fatti-reato attribuiti all'or• ganiz.zazionemedesima. In questa spirale accusatoria, il giudice può quindi inserire prove su falli e persone specificie ne può ricavare, con la forza magnetica atlribuita ai primi e alle seconde, un'enorme espansione, oggeuiva e soggettiva, dell'arca del processo. che la sinislra storica, e in particolare i comunisli, non si sono opposti in modo effu:ocea ques1edeviazioni anticosti1uziollilli, e anzi le hanno sostenute, senza rendersi conto delle conseguenze che ne sarebbero derivate; 3. che la magis1,a1u,a, in parte notevole, le ha applicate con uno zelo assai poco giustificato dal suo ruolo istituzionale, ma molto dai contrasti tra i partili di governo e dall'atteggiamento assai poco garantisla del. Partito comunista; 4. che il caso 7 aprile è sorto in queste circostanze, e solo alla luce di esse può essere spiegato. Re.Jtail fauo che ci son volutipiù di quattro anni perché si arrivasse al processo e che né le forze potiliche di tradizione libera/democratica né gran parte degli intellettuali che si autodefiniscono «democratici• hanno svolto un'azione politica sufficienle perché questo non avvenisse. La spiegazione di cit, sta, a mio avviso, sia nella dipendenza sempre più stretta che si è consolidata in Italia del sistema dei massmedia da quello politico-parlamentare, sia nella secolare tradizione di vicinanza al potere o di disinteresse politico della maggior parte degli intellettuali italiani. O ancora di subalternit/J a quella sinistra storica che si è schiuala a ogni costo con i giudici e con le polizie. Sul piano più propriamenle politico (s1ret1amentelegato, malgrado ogni dis1inguo,alprimo), vorrei ricordare che gran parte della confusione con cui abbiamo a che fare oggi, agli inizi degli anni ottanta, deriva dal fatto abbas1anza eccezionale di un passaggio rapido e precipitoso da un tentativo che non definirei rivoluzionario ma sicuramente di fermenti innovatori e iconoclasti e, in modo velleitario, anche riformatori quale è stato il periodo l'X>8-1976,a una fase di ristagno e blocco poliiico quale è stato il seuennio successivo caratterizzato prima dal «compromesso storico» (errorefune.Jto del Partito comunista, di cui non ci si renderà mai abbastanza conto), poi dagli immobili e restaurati governi di centro che si sono succeduti dal '79 a oggi. Que.Jtoha folto si che nell'ansia di cancellare un passato che ha coinvolto più di una generazione si pretendesse di restaurare metri di giudizio e categorie di allillisi proprie di una democrazia protetla e d' e.mtrgenza, non di una vera de• mocrazia occidentale collaudala. Di qui (ancora una volta nella storia ilaliana), l'inizio di una soluzione o per lo meno di un e.Jpediente per portare il dibattito a un livello piil allo non l venuto dalle is1ituzioni del sistema politico ma dall'uso •antisistema» dello stesso sistema politico, quale l stata l'elezione parlamentare di Toni Negri. Ma occorre. anche n·cordare che in tutto que.Jtole responsabilit/Jsono prima di tutto dei partiti dell'arco cos1inaionale - e particolarmente dei democristiani, dei laici e dei comunisli, - e subito dopo del- /' atteggiamenlo fondamentalmente antidemocratico e visionario dei gruppi extraparlamentari, e particolarmente dell'Au10nomia. Ricordo ancora quando, a metil degli anni seuanta, gli amici e compagni di Toni Negri chiedevano ai demoerotici di fare i garantisti e nello stesso istanre dichiaravano che avrebbero utilizzato ogni loro evenluale presa di posizione per scardinare quelle medesime. regole e istituziQni di cui chiedevarw l'in• tervento e la protezione. Autono• mia, in.somma, si lamenlava dello scadimento o delle contraddizioni del giocc democratico, ma non aveva nessuna in1enzione di solloporvisi o di osservarlo. In ques,a contraddizione, mi pare, hanno scavalo con succts.Jo gli assertori della legislazione d'eccezione e del- /' emergenza giudiziaria. Ora forse c'è la possibilit/J - e dovremmo far di tulio perchl si avveri - di analizzare quel che l avvenuto nel quindicennio appena tra• scorso da un punto di vista s1orico e polilico, liberandoci delle scorie dei passali e pre.Jenticontrasti ideologici. Ma, devo ripeterlo qui, il documento di Rebibbia di Negri e dei suoi compagni non è stato un buon inizio. Forse è meglio prendere come base di partenza una frase che si trova nell'intervis1adata da Negri al manifesto il 12 lug/io 1983, all'indomani dellasua liberazione dal carcere. Negri ammette: «Sono staio smentito ne.Ilasperanza dell'unifiC1Uioneproletaria tra lafabbrica e il tessuto metropolitano. Quella fabbrica diffusa di cui tanto abbiamo teorizzalo non si è ma1eriaJiz. zata come soggetto politico. È un e"ore grave di unilincarismo, il tradizionale dife110 degli operaisti.__Riesci cioè a cogliere i singoli fenomt!ni della lotta di classe, ma dài loro ecct.lliva continui,~, senza considerarne le dialettiche interne e I reatiassociativi Il meccanismo moltiplicativo che dalla prova su reati specifici giunge, attraverso un passaggio nell'area dei reati associativi, a presumere la responsabilità in altri reati specifici può avere un andamento, sul piano della gravità, ascendente o discendente: può partire da reati di gravità mediobassa (ricettazione, falsificazione di documenti, detenzione e porto di armi} e attingere le vette del codice penale (omicidi, sequestri di persona aggravati, ecc.), oppure può avere un·percorso inverso. Il problema che questa moltiplicazione delle accuse e delle pene pone sul piano del concorso morale nel reato e del metodo probatorio è stato affrontato e risolto in maniera univoca dalla magistratura specializzata. Posto cioè il problema dei limiti in cui gli aderenti (o presunti tali) al gruppo eversivo possono essere chiamati a rispondere dei singoli delitti a esso attribuiti (naturalmente nel caso di mancata prova della loro diretta partecipazione agli atti criminosi), i giudici non hanno avuto apprezzabilitentennamenti. Un'opinione che raccoglie «ampio consenso» proiella sui capi, sui dirigenti e sugliorganizzatori la responsabilità di questi reati, quando essi costituiscono la naw,a/e concretizzazione del programma associativo: «I delitti preparati, perpetrati, rivendicati o comun• que attribuibili al Nucleo devono rappresentare una naturale concretizzazione del suo programma, devono trovare ragione e giustifiAntonio Bevere Scapino. cazioni peculiari nella sua organizzazione e struttura; devono essere strumento di vita ed operatività del Nucleo (esempio: detenzione di armi ed esplosivi; rapina di denaro per autofinanziamento; raccolta di dati sul nemico da colpire o da sopprimere; confezione di bombe ed esplosivi) nonché passaggio obbligato e quindi realizzazione mediata delle finalità ultime della banda (auentati alle persone e alle cose miranti, nella logica della banda, alla destabilizzazione delle strutture, alle eliminazioni degli artefici della repressione, alla creazione di uno stato di esasperata tensione, prodromi della loua di popolo, della guerra di lunga durata)•. Non è contestabile - secondo questo dominante orientamento giurisprudenziale - che gli imputati che non appaiano come autori materiali e che siano risultati es.sere capi o organizzatori della banda abbiano di volta in volta contribui· to a decidere e/o preparare in concreto i singoli reati. Il ricorso a questa surrettizia int,oduzione nel nostro ordinamen• to giuridico della responsabilità oggeuiva trova la sua ,agion d'essere - secondo l'ammissione di un giudice romano - nella «difficoltà di acquisizione di prova specifica» in relazione all'identificazione degli autori dei singoli atti. Anche se una recente sentenza ha sostenuto che «il fantasma della responsabilità obiettiva non è un problema ma la foglia di fico del garantismo», ci permettiamo di dissentire da questa applicazione delle norme sul concorso morale, perché: 1. essa prescinde - in nome di una assoluta rilevanza di tut• ti i comportamenti, teorici e pratici, comunque ricollegabili al singolo delitto - da una precisa ricostruzione dell'iter formativo delle deliberazioni collegiali, speciali e generali, noncM dalla precisa conoscenza della composizione dell'or• gano deliberante; 2. essa si fonda su una discutibilissima estensK>nc, di fatto illimitata, della qualifica di organizzatore del gruppo illegale (in esso, tutti coloro che svolgono un'attività rilevante, non altrimenti classificabile, sono ritenuti organìzzatori), e in genere su un intc• ressato riconoscimento di egualita• rismo al suo interno. gli antagonismi, perdendone. di vi• sta gli intrecci, le cadUJe.l,e possibilità... • Non è piccola ammissione., quella che si è citata. Ma forse occorrerebbe discUJe.rep, iù che sui singoli e"ori, sulle caugorie politico-culturali usate da Awonomia per arrivarvi. E, ne sono sicuro, si capi• ,ebbero molte cose. del quindicen• nio che abbiamo vissuw. Torino, luglio '83 PS. Gli avvenimenti seguili ne.I umpo succasivo alla slesura del mio inlervento hanno conferma10 un elemento giò emerso in passato. Le forze politiche, nella loro maggioranza, continuano a ritenereche la condanna del te"orismo possa pas.sareattrave.rsoqualunque. mezzo: come quello di non riformare i nostri codici, le.leggi di emergenza degli anni settanta e. di ordinare il ritorno - a questo punto per nulla nects.Jario-di Toni Negri in carcere. È la conferma di lendenze ausoritarie che sono presenti in tuito il nostro schier~nto politico, e soprattutto nelle forze di centro, e che - evidentemente - sono la causa principale dell'inco.p~ del nostro parlamen10 di riformare la kgislazione penale e il nostro ordinamento carcerario. Quan10 a Toni Negri, occorre aggiungere, JHr amore di verità, che le sue.dichiarazioni e le su.einterviste conservano margini di ambiguitd e di doppiezza rispetto ai Iermini OltUOldiel/JJloaa politica, e fanno pensare a una rijle:ssion~non ancora risolta su.Jlasua preudenle esperienza «rivoluzionaria». N.T. Sotto quest'ultimo profilo van• no segnalate le tesi secondo cui la distinzione tra vertice e base del• l'organizzazione - quindi la differenziazione rispetto alla responso• bili1/Jdi pruizione. attribuita a dirigenti e organizzatori - incontra un'insormontabile difficoltà nelle strutture partecipazionistiche. delle associazioni di matrice autonoma, «che risentono di una forte spinta a non cristallizzare i ruoli, tendono alla osmosi fra i diversi livelli di militanza, si propongono il dibattito su tusto». Di qui l'ovvia conclusione: «in astratto è inapplicabile la distinzione fra le figure rispettivamente previste dal primo e dal secondo comma dell'art. 306 cp», cioè tra capi, promotori, organizzatori, da un lato, e partecipi, dall'altro. Il dibattito politico su turro si traduce fatalmente nella responsabilità penale per tutto. U n altro degli aspetti più singolari della formulazione di ac.cuscconcernenti reati associativi è quello dell'ampliamen- ~ to dell'arca della rilevanza penale .5 di comportamenti in ~ leciti, ma ~ sintomatici di un'intenzione politi- c. camcnte e giuridicamente illecita: i «RcsponsabiLità per l'evento e re- ~ sponsabilità per l'intenzione sono i J due poli estremi verso i quali, con g alterno movimento, attraverso la 0 storia del diritto penale, gravita il ~ criterio giustificativo della penale C responsabilità, prendendosi come j ~~s!:r:: :°r~:t~a;~c~'~:~: ~

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