Cfr. Calder Mostra retrospettiva Torino, Palazzo a vela (2 luglio-25settembre 1983) C~ un momento rivelatore nel film sul circ:o, quando Caldcr fa il verso del Icone e subito si affretta a rimuovere con segatura e pa1ena gli escrementi che il re degli animali ha lasciato sulla sabbia prima di rientrare nella gabbietta. Il ruggito di Caldcr ~ il meno imitativo che si. possa richiedere e, nello stesso tempo. il piii efficace: ~ quello di chi ha inventato (o creato?) il leone e ora si diverte con moderazione ma anche con una coovinzfone assoluta sulla bontà della sua creatura, compresi gli escrementi. Calder si diverte con il mondo come con il suo m.inicirco e come se il Circo non potesse rilevare il suo «esserci• senza il demiurgo-bambino che lo ricrea in forma di giocattolo (e con i materiali più poveri che si possono utilùzare). Caldcr crea e si diverte della crcarione mettendosi al posto di un Dio soonosciuto - anzi, come se Dio non esistesse o fosse diventato superfluo una volta impresso il movinu!nto al creato. Dio diventa allora l'uomo che gioca con le creature, con piena e consapevole felicità. L'artista è un dio allegro che replica, sempre per gioco, il disegno del cosmo per riscoprirne ogni volta i movimenti, con tutta la gioia e lo stupore che si provano quando si osservano i corpi celesti vertiginosamente veloci. Uno dei meriti di questa mostra ecc.eziooale è di averci presentato, sotto l'ala della grande volta torinese, la serena e mai angosciata mimesi del cosmo di Catder: gli stabila sotto, come rocce, e i mobila sospinti dai fasci di luce dei riflettori. Una credibilissima menzogna e anche una precisa convenzione (fondamento di ogni gioco). Femand Léger ba detto: «Catder è un americano al 100per cento•. Frase solo apparentemente banale, che sottolinea invece opportunamente l'appanenenza di Catder al Nuovo Mondo, al Mondo sempre riscopeno, con le frontiere in movimento. In una certa misura, il popolo americano si sente simile a Dio quando scopre le sue doti di innocenza (e di ingenuità) e gioca a fare Dio, seguendo quelle correnti di energia fortissima che Emerson sen1iva c.ome «demòniche•, legate cioè agli spiriti buoni della creazione incompiuta (e che si può compiere nella mente dell'uomo). Chi rimane incantato dalle semplici e misteriosissime legg,i del movimento non ba più spazi per ansie o angosce dentro di sé: il movimento non può avere fine, rende relativo anche il concetto di tempo. ll movimento fa esplodere lo spazio oppure si limita a moltipli• cario, a riprodurlo sempre diverso, in perpetua articolazione. Cosl 0 diventa mobile anche lo spazio ·~ della scultura. La lievità è la sua - legge: esserci come se non ci fosse ~ peso (e infatti la Luna, per esempio, non ha peso). Dunque, splen- ] dida e commovente la citazione g Q :;:: delle piume dei pellerossa, qui riportati alla dignità di simboli-segnali della vera America. Piume in funzione della velocità dei cavalli. ] del dominio sul vento nelle prate- ~ rie senza confini. • Ma non è questo il solo momento in cui la mostra esprime la sua genialità filologica (è qWche l'intelligenza interpretativa di Giovanni Carandente tocca il suo vertice); altrettanto straordinario mi è parso il recupero del «retroterra giocattoli,-.,per cosi dire, partendo da quelli che Calder si costruì da bambino, uguali a quelli che si costruirà per tutta la vita. Cosl nel catalogo tutta la fase del circo è messa in giusta evidenza iniziale (insieme ai disegni di animali ispirati, mi pare, alle grotte di Lascaux), proprio per menere in luce quel percorso del «gioco della creazione• di cui si è detto all'inizio. Ceno, il contrasto tra mobi/es (la definizione è di Marce! Ouchamp) e i succ.cssivi s1abiles (la definizione è di Jean Arp) resta come nodo critico affascinante: la stabilità, apparente, della terra contro il movimento celeste mimato dall'aria. Forse le sculture più intriganti sono gli stabiles-mobiles, che mostrano apenamente la complessità del problema. I mobiless1abiks a me sembrano antropomorfi, figure dell'uomo piantato sulla terra con una testa cosmica. Quasi l'uomo potesse sbandierare l'immagine invisibile di quello che chiama «infinito». Quasi lanciassero ~gnali agli dèi «ulteriori•, quelli che non abbiamo mai conosciuto e che mai conosceremo. Segnali di felicità dell'esserci, molto più che del conoscere. Lo scandalo di Catder mi pare questo: che sposta nettamente l'asse della modernità in un territorio naturalmente felice, con un movimento che può essere tentato solo da chi ha il semplice e quasi impraticabile coraggio della chiarezza. I suoi antecedenti mi paiono essere solo i pittori della luce, dagli impressionisti ai divisionisti. Calder ha messo in scultura quelle vibrazioni, e noi in mezzo. Antonio Porta Cucuba. Harold Bloom L'angoscia dell'influenza. Una teoria della poesia trad. it. di Mario Diacono Milano, Feltrinelli, 1983 pp. 168, lire 19.000 Poco noto in Italia, Harold Bloom (di cui Feltrinelli ha già pubblicato, nel 1981, La Kabbalà e la tradizione critica) è uno dei principali esponenti della cosiddetta «Scuola di Yale», una corrente di ermeneutica letteraria che muove dal superamento del New Criticism condotto anche attraverso le suggestioni del post-strutturalismo francese. Le tesi della Scuola di Yale si possono per esempio trovare raccolte in una sorta di théorie d' ensemble, il volume Deconstruction and Criticism (London, Routledge and Kegan Paul, 1979), che raccoglie scritti di Bloom, Paul de Man, J. HillisMiller e Geoffrey Hartman, nonché di Jacques Derrida, nume tutelare del 'decostruzionismo' francoamericano. Ma le influenze culturali che agiscono nella Scuola di Vale non si riducono alle suggestioni di Oerrida, e specialmente nel caso di Harold Bloom, che è forse l'esponente più autoctono e autonomo del decostruzionismo americano. In lui, anzi, il post-strutturalismo francese gioca un ruolo ben secondario - mentre fortissima è l'azione della tradizione dei romantici inglesi, e di un e.ertognosticismo e neoplatonismo che più o meno sotterraneamente attraversa la teoria della letteratura anglo-americana. forse venire in mente due nomi: quello classico dì Gentile (se la storia è storia dello spirito, allora un saggio su Dante equivale alla Commedia); e quello postmoderno di Bonito-Oliva (il critico è il vero artista, perché spiega al pittore come perché e cosa debba dipingere). Ma non è cosl. Rispetto a Gentile, Bloom esclude un divenire storico progressivo: la storia dell'influenza è fatta di cesure e fraintendimenti, non esiste una Storia dello Spirito, ma una vie.coda (romantica e drammatica) di lotta degli epigoni contro i predec.essori. Quanto poi alla faccenda del critico come artista, Bloom assume realisticamente che il passaggio dal Precursore all'Epigono e da questo al Critico è una successione (neoplatonica) che dal Modello porta a ipostasi sempre più degradate. Il critico è l'ultimo gradino nella vic.endadelle influenze e delle mis-interpretazioni; ha poco da insegnare al poeta, raccoglie le briciole di una tradizione. Diversamente da Hartman e da Hillis Miller, anzi (più suggestionati da Derrida), per Bloom, come per de Man, il testo non è un semplice pretesto, ma reca in sé le chiavi della propria decostruzioneinterpretazione (qualcosa del genere si troverà anche in Uctor in fabula di Umberto Eco, ove però si mantiene una netta differenza tra testo creativo e testo critico). 1.....-. ... ~~ Come scrive Paul de Man in Allegories of Reading (New Haven and London, Yale U.P., 1979), «la decostruzione non è qualcosa che aggiungiamo al testo, ma costituisce il testo in quanto tale (... ). La scrittura poetica è il tipo di decostruzionismo più avanzato e raffinato; può differire dalla scrittura critica nella economia delle proprie articolazioni, ma non nel ge• nere». La poesia è la migliore interprete e critica di se stessa. In questa formula si può riassumere la teoria della letteratura di Bloom. E ciò a due livelli. Prima di tutto, sul piano della creazione: ogni poeta trae la propria originalità da una misinterpretazione dei propri predecessori (dalla consapevolezza della influenza che essi esercitano su di lui, e dal tentativo di affrancarsene: un atto angoscioso dì emancipazione nel quale giocano con egual peso tanto la scelta deliberata dell'epigono quanto il caso, una sorta di clinamen lucreziano). Da una simile conc.ezionedella storia della poesia, segue una seconda conseguenza, che questa volta concerne la critica. Se ogni poeta (e ogni poesia) è una ambigua mis-interpretazione di un altro poeta (e di un'altra poesia), allora la critica, se non si vuole riduttiva e esteriore - come lo sono, secondo Bloom, tanto i 'formalismi' quanto i 'contenutismi' - deve riuscire a ricondurre la poesia dell'epigono a quella del maestro, dell'archetipo. Scrive Bloom: «La critica retorica, quella fenomenologica, quella strutturalista, tutto riducono, vuoi a immagini, a idee, a elementi dati, o a fonemi. La critica morale e altri tipi rumorosi di critica filosofica o psicologica riducono tutto a concettualismi contrapposti. Noi riduciamo una poesia (... ) a un'altra poesia. Non si tratta qui di una ta'.utologia ( ... ) giaoché due poesie non sono la stessa poesia, non più di quanto due vite possano essere la stessa vita» (L'angoscia dell'influenza,· p. 98). E, posto che l'epigono sia esplicitamente poeta e implicitamente critico nella misura in cui mis-interpreta l'opera del suo predecessore poetico - allora anche l'interpretazione del critico, che è esplicitamente ermeneutica, risulta implicitamente un atto poetico, per quanto degradato. Ancora Bloom: «Le mis-interpretazioni dei poeti sono più drastiche delle mis-interpretazioni dei critici( ... ), ma questa è solo una differenza di gradi, e nient'affatto di specie ( ... ) ogni forma di critica è una poesia in prosa,,. (ibidem). Di fronte a questa dichiarazione, al 'lettore italiano' possono Cap: Babeo. Semiotica: attualità e promesse della ricerca (Bellinzona, 23-24settembre 1983) Si è svolto a Bellinzona, nei giorni 23 e 24 settembre, un convegno di semiotica - promosso dalla Associazione svizzera di semiotica, e curato da Paolo Fabbri, Jacques Geninasca e Dino Jauch - dedicato (come si leggeva nel sottotitolo) ai ttgiovani ricercatori di lingua italiana». Lo scopo era raccogliere ricercatori di scuola greimasiana, o attenti ai suoi sviluppi. Ma Greimas, colpito da un malore (si sta riprendendo), non ba potuto intervenire. Era presente 'in spirito·, specialmente nella tavola rotonda con Fabbri, Geninasca e Petitot. La letteratura ha fatto ovviamente da padrona, con gli interventi di Paolo Capello sul discorso poetico, di Dario Corno sull'intertesto, e di Maria Pia Pozzato su una novella norvegese. Ma sono state presentate anche relazioni di tema antropologico-sociologico (Maurizio Del Ninno, Paolo Mancini, Mare.elioCastellana). Il cinema era affidato a Frane.escoCasetti, l'arte a Felix Thurlemann e a chi scrive; mentre a due temi più che a due settori erano dedicati gli interventi di Marco Jacquemet, sul ritmo, e di Francesco Marsciani e di Isabella Pezzini, sulla semiotica delle passioni. Infine, due relazioni sul confronto tra teorie: Patrizia Magli ha parlato della differenza fra la semiotica di Eco e quella di Greimas, e Marina Sbisà ha integrato semioticamente la teoria degli atti linguistici. A Bellinzona seguirà l'annuale convegno dcli'Associazione italiana di studi semiotici a Cortona (89 ottobre), mentre a giugno Palermo ospiterà il terzo convegno della sempre più affollata lnternational Association for Semiotic Studies. o.e. Arnaldo Nesti LE FONTANE E IL BORGO per ~glio comprernl.ere ilfattore religionenellasocietd italianaconremporaMa Marcello Santoloni, Nicla Marcucci GLI INGRANAGGI DEL POTERE prefazione di FrancoFerrarotti il ..caso»dell'anarchicoAcciarilo attentatoredi UmbertoI «strane»analog~ con lastragedi piazza Fontana Anna Riva LA RABBIAFEMMINISTA laprimastoriadel neofemminismo ilalianoattraversol'analisi dei documentidol19tS6al 198() Adalberto Albamontc, Livio Fancclli PROCEDURE EDILIZIE E SFRA1TI commento alla.,JeggeNicolazzi» chemodificala legislazioneurbanistica e laproceduradelrilascio degl'immobili Franco Ferrarotti IL POTERE COME RELAZIONE E COME STRU1TURA Chi detieneilpotere?Quale t il de.stinatariodelle SUL decisioni? Chi agisce?Chisubisce? Arnaldo Nesti UTOPIA E SOCIETÀ per unasociologiadell'u1opia scriltidi Baczko, Bloch, Buber, Oirbonaro, Dahrendorf, DeCerteau, Fergnani,Fe"aro((i, H~rnaux, Manndeim, Marcuse,Popper, Remy, Touraineuna antologiaper districartisu un temadi atrualitd Filippo Verde, Enrico Pacifico IL TRIBUNALE DELLA LIBERTÀ commentoarticoloper articolodi due magistratiaq~ta leggeinnovativa via A. Ribo1y n. 18 00195 Roma telefono 06-3589470 Comune di Bologna Dipartimento di Filosofia dell'Università di Bologna Dipartimento di Politica, Istituzioni, Storia dell'Università di Bologna Rivista filosofica«Topoi» Convegno Teoria deisistemi e razionalità sociale 21, 22, 23 ottobre 1983 Bologna Sala del Consiglio comunale Palazzo d'Accursio • Empirismo e leoriadeisi.sterni • Ragione eteorerni dilimita,jone • Serolariz,.aoon dellapolitica • Governabilità e statosociale • Analisi sistemica e neo-a:,ntrattualismo Relazioni di: N. Luhmann, S. Holmes, W. Krawietz, M. Welcker, L. Gallino, A. Gargani, G. Losano, D.Zolo Comunicazioni di: B. Accarino, A. Baratta, R. De Giorgi, B. De Giovanni, U. Fadini, A. Febbrajo, G. Gozzi, G.F. Lanzara, G. Marramao, F. Pardi, G. Rebuffa, E. Resta, L. Ricolfi, L. Sciolla, R. Sutter
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==