Alfabeta - anno V - n. 53 - ottobre 1983

I '~ D Si può parlare ancora di indirizzi ideologici nel fa- • re architettura? Bruno Zevi. Ritengo ci sia un solo modo di fare architettura, quello di seguire il movimento moderno. Non riesco a capire come si possa parlare in una lingua che non è la propria, cioè non è la lingua contemporanea. Quindi per me il movimento moderno, cui si attribuisce oggi uno stato di crisi o addirittura si pensa sia morto, è tutt'altro che morto: è in crisi come tutti i movimenti vitali, non si accontenta dei traguardi raggiunti e vuole andare oltre. Ma tutti i tentativi di abbandonarlo considerandolo un movimento unidirezionale, freddo, anonimo, inadatto al contesto storico delle nostre città e campagne, vanno condannati perché nascono da una ignoranza dei ~~i'°~io:i~:~:o v;:~;;:. r :: che c'è un «international style~ che è una specie di degenerazione del movimento moderno, fatta di «courtain waUs~. di prismi di acciaio e vetro che sono delle scatole nel senso rinascimentale della parola, di vetro invece che di pietra, ma sono ripetitive, hanno gli ordini sovrapposti, hanno la ripetizione delle finestre, la sovrapposizione dei piani... Questa degenerazione nell'intemational style ha portato giustamente a una rivolta. Non mi riferisco al post-modem, ma alla rivolta che i maestri dell'architettura moderna hanno avuto contro questa moda che imitava Periferiaecentro Intervista a Bruno Zevi a cura di Giampaolo Di Cocco l'aspetto estrinseco dei loro messaggi invece che la sostanza. C'è movimento moderno nel bene e nel male, come lingua attuale. Tutto il resto è anacronismo o evasione. D. Rispeuo alfa attuale siruazio- ... ~ ne del movimento moderno, quali .:·. .:t architettipensa che in Italia possa- ~--"t-., no esserne validi rappresentanti? :;:_Jr: Zevi. La maggioranza degli ar- ~.:· •..,,, chitetli, ben distinta da quella mi- . ~ • ~-, noranza sofisticata e piena.di idio- t.' sincrasie che ha fatto la Biennale . ~ .. rdi Venezia 1980.Nomi? Quanti ne .:'t.♦·_fvuole: a Torino Gabetti, a Milano . :,.!'' Viganò, a Bologna Zacchirolì, a Roma Sartogo, Lenci, Passarelli, a Napoli Aldo Loris Rossi e Michele Capobianco, e via dicendo. ln maggioranza, la nostra è una professione sana, coinvolta socialmente nei problemi del presente, pronta a difendere il passato ma non in senso rinunciatario, non a fare del falso antico. D. Ricordo una sua frase pubblicata di recente, che di fronte al post-modem c'è fa professione. lo la interpretainel senso che il postmodem male si sarebbe potuto applicare a risolvere situazioni reali e che chi faceva la professione di architeuo se ne sarebbe presto accorto. Zevi. Certo, il post-modem non ha inventato niente per quanto riguarda gli organismi edilizi, i volumi, cioè l'architettura vera e propria. Il post-modem si diverte a mettere decorazioni spesso orrende su delle facciate. Un anicolo che apparve sull'Espresso in seguito a un dibattito tra Ponoghesi e me si intitolava «Facciatisti e facciatosti,. perché effettivamente il post-modem fa solo operazioni di facciata, cosa che esula completamente dai compiti contemporanei dell'architetto. D. Portoghesimi diceva che l'architeuo non inventa nulla, ma interpreta il luogo e ripete, ripropone... Zevi. Questa è una confessione interessante per quanto riguarda Portoghesi: senza capacità creativa c'è posto per la ripetizione, il manierismo e l'imitazione. Non tutti possono essere dei geni creativi, ma il problema è un altro: se si sceglie una via e si imita e si ripete, bisogna almeno scegliere i modelli giusti. Mi pare che i modelli giusti siano quelli del movimento moderno, mentre nel caso di Portoghesi i modelli riguardano il passato e quindi l'arbitrio di poter copiare tutto, contaminare i vari stili con un atteggiamento che ricorda molto quello eclettico dell'Ottocento. D. Cosapensa del lavoro di Ecker, delle sue ripetizioni tipologiche molto forti? Zevi. A me Ecker interessa perché si sforza di trovare nuove soluzioni per l'habitat che liberino l'uomo dalle costrizioni della scatola rettangolare, che imprigiona. Ultimamente, ho parlato a Palazzo vecchio in occasione della cittadinanza onoraria che Firenze ha dato a Michelucci, e ho citato una frase di Michelucci dove si diceva che la grande quantità di spazi che si trovano nella storia dell'architettura, fondamentalmente, rientrano in due categorie: lo spazio che vincola e lo spazio che libera. Io giudico rispetto a questo parametro, ecco perché per me il postmodem non esiste, perché non si pone il problema degli spazi. Di fronte a ogni realizzazione, mi chiedo se è uno spazio che vincola o se dà una pluralità di scelte, se libera. Ecker rappresenta un tentativo di liberazione forse troppo insistito, al limite della mania, ma quando si ricerca è bene andare in profondità. La critica ideologizza e giustifica un qualsiasi momento di riflusso e. in fondo. lo favorisce. Altrimenti il post-modem non esisterebbe: sarebbe uno scherzo di cattivo gusto, di facciate di legno o di cartone - come hanno fatto alla Biennale di Venezia, sprecando i soldi dello Stato. D. Lei perua che da una situazione di riflusso nel campo dell'architenura, e dunque in campo cultura/e, possa derivare un condizion~nto diretto a livello sociale? Zevi. lo sono uno storico, so che si può giustificare tutto e il contrario di tutto. La critica, invece di proporre, si mette in posizione di spettatrice e diventa semplicemente tautologica. Oli si aspettava che in Francia avvenisse una svolta come quella data dalla elezione di Mitterrand? Nessuno. Eppure c'erano duemila ragioni nello stato sociale francese che avrebbero giustificato la vittoria di Giscard d'Estaing, forse una o due per giustificare la vittoria di Minerrand - ma ha vinto quest'ultimo. La tautologia di rassegnazione ha sempre ragione fuorché per le cose che contano. Periferie, degrado urban.istko D. Rispeno al fenomeno thlk periferie, lei poua che ci si.auna ruporuabililà precisa degli architetti, o questa l dovuJDa fenomeni speculativi? Zevi. Nelle grandi periferie urbane e nelle borgate, opere di architetti contemporanei di qualicà ne trovo pochissime. Quando le trovo, constato che basta un'opera di qualità per riscattare generaiUna rivista nuova. La vostra dose mensile di fumetti, viaggi e awenture. 1nedicola c'è il primo numero: non perdetevelo ...

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