la pur significativaoccasione polemica, e che~ destinata a scontrarsi anche con l'opposta, emergente tendenza di un neoleopardismo nichilista e sapienziale, çu.i è facile profetizzare, negli anni a venire, fortuna e seguito. T impanaro polemizzava con posizioni che avevano in se steMC scarsa possibilità di tenuta: sia gli argomenti di Salinari, sia quelli - più muniti - di Carpi, conduconodi necessitàa una svaluullione tanto marcata della statura intellettuale, filosoficae problematica di Leopardi da cadere da st. Rimanere estimatori delle sue qualità di poeta dopo averne dato un giudizio fortemente limitativo quanto a pensiero ed esperienza, significa ricadere nell'estetismo o nell'intuizionismo, «depurando,- la poesia dei suoi nessi di pensiero, e quindi riprendere argomenullioni e distinzioni crociane appena mascherate- oosache oggiuno studioso agguerrito non sarebbe certo disposto ad ammettere. Tale caduta metodologica e teorica risulta però l'inevitabile scotto che deve pagare chi, come Carpi, assuma l'organizzazione della cultura come evento prioritario rispetto all'elaborazione e ai contenuti della cultura stessa, fino al punto di privilegiare gruppi conservatori organizzati a intellettuali avanzati ma non integrabili proprio per i dati e per gli esiti che prevedevano alla loro cultura. Che i toscani dell'Antologia fossero dei moderati, anzi tendenzialmente conservatori, è-da Timpanaro puntualmente e puntigliosamente dimostrato raffrontando questo gruppo a Leopardi e Giordani, e mettendo in luce, di questo che pur restava il più moderno cenacolo, la ristrettezza d'orizzonte, i limiti e le timidezze di classe, il paternalismo - tutt'altro che illuminato, piuttosto prudente e autoritario, - l'angusto e per certi versi ipocrita utilitarismo: caratteri non solo e non tanto di costoro ma, in genere, dell'intera classe «borghese,- (in realtà di proprietari e faccendieri) toscana fino a Ricasoli. Del resto, il tentativo di riscrivere la storia della Restaurazione e del Risorgimento rivalutando come grande stagione borghese quella legata aJlo sfruttamento mezzadrile e al pedagogismo popolare conservatore, fatto passare per programma di liberazione di forze produttive, al compromesso cattolico-liberale e alla cautela ideologica, aJJapaura dell'industrializzazione e all'orrore per le masse e la dinamica sociale - tale tentativo si commenta da sé. Al di là di questo, lo sforzo polemico di Timpanaro ha un obiettivo di ben più lunga gittata, un vero e proprio nodo teorico (cui l'autore giunge a dedicare una appendice dal titolo Gramsci e Ltopard,): quello dei limiti conoscitivi e critici che I'«organicità- e la costruttività degli intellettuali comporta. Era un problema che già serpeggiava nelle precedenti opere leopardiane di Timpanaro, pieno di feconde conseguenze sul versante della critica e della teoria letteraria, ma qui è posto esplicitamente anche sul versante filosofico-culturale. Può il rifiuto di Leopardi e Giordani di collaborare stabilmente alla Antologia essere indicativo di una posizione regressiva, minoritaria, premoderna in quanto aristocratica e nostalgica? E come va letta tale estraneità alla (presunta) «grande stagione,-? Quali sono i motivi profondi di inconciliabilità fra Leopardi e Vieusseux? Non si tratta di un ennesimo dibattito politico-culturale: Timpanaro è attratto dal valore di conoscenza, di rivelazione, che c'è nella ..:disorganicità,. intellettuale di Giordani o Leopardi. Lungi dall'essere assimilabili ad «arcadi perdigiornoi., a conservatori di provincia, essi sono anche ben lontani da «una concezione aristocratica e preborghese, tesa a salvare una chimerica indipendenza dello scrittorei.; se si tengono lontani dai luoghi in cui si organizza e si distribuisce la •civiltb, ciò è percht dei nuovi sacerdoti moderati vedono i forti autocondizionamenti e gli invalicabili recinti culturali e di classe; «l'assunzione di un ruolo sociale,- da parte di Leopardi «avrebbe richiesto tutt'altre idee, tutt'altra nozione di 'civiltà' e, connessa con questa, di arte e di stile• (pp. 104 e 105). La «disorganicità.I.,in questo caso (Timpanaro è molto attento a non conferire vaJore teorico generale a questa analisi), è perciò sintomo - come avrebbe detto Cesare Luporini - dell'appartenenza «a un'onda più lungai-, condizione pressocht inevitabile, nell'Italia della restaurazione, per la elaborazione di un pensiero radicale, estraneo a una società «oppressiva, conformistica, affaristica,-e retriva, non costretto nelle angustie di una «organizzazione culturalei. purchessia. anche se limitati; quanto e soprattutto - come dimostra almeno la Palinodia, testo fra i più lungimiranti nel sottoporre a demolitoria critica l'ideologia del progresso come produzione e consumo di merci e chiacchiere, - contro la borghesia più dinamica); ma si reinvestono problemi filosofico-antropologici ancora più decisivi. Risale alla prefazione della sua opera più nota, Classicismo e illuminismo nell'Onounto italiano (1965), l'esigenza di Timpanaro di «una specie di marxismo-leopardismoi., che accetta le analisi storico-sociaJi del marxismo, ma che «per ciò che riguarda il rapporto uomo-natura si richiama soprattutto a1materialismo vero e proprio (adialettico, 'volgare', se cosl piace chiamarlo) del Settecento e dell'Ottocento, all'edonismo che gli è organicamente connesso e alle conseguenze pessimistiche che, con maggiore coerenza e lucidità di chiunque altro, ne ha tratto Leopardi,-, partendo dalle sue esperienze di vita piuttosto che da argomentazioni logiche. Il vitalismo leopardiano che rimodella originaJmente le proprie ascendenze sensiste in modo da intuazione reaJe in cui l'uomo si trovava, e tuttora si trova, nel suo rapporto con la natura. (p. 190). Umaterialismo pessimistico leopardiano segue tracciati ben diversi da quelli di molti idlologua settecenteschi scettico-conservatori: la distinzione che egli introduce fra «barbarici. (riferita a1 mondo moderno della restaurazione borghese) e «primitività,. (che è la nozione con cui egli guarda a1tempo stesso agli «antichii. e al «popolai-), la corrosiva critica delle «magnifiche sorti e progressive», la sua incredulità per quanto riguarda la possibilità di eliminazione dell'infelicità umana - tutto ciò lo conduce a una ipotesi di «illuminismo per tuttii-, al «valore sociale del veroi.. La insopprimibile «lucida disperazione,- insieme aJl"inoocrcibile desiderio di felicità, la eroica rinuncia a quaJunque forma di consolazione, non solo in ogni religione o metafisica, ma anche in un teleologismo immanente nella storia umana, nel felicitante progresso, hanno un singolaree originalissimo esito «democratico,-ed egualitario. soffocato e stravolto in questo e nel secolo scorso - che si perde oel Sencccnto illuminista e sensista (cosl come, forse non casualmente, la ricerca di Panzieri prende le mosse dal SetteccnlO di MoreUy). Ne è stata favorita l'individuazione di un nudeo edonistico e pessimistico nella genesi della forma letteraria moderna e contemporanea, e la sua specificità di strumento conoscitivo. D'altro canto, proprio l'elaborazione letteraria, nella istanza di .formalizzazione della vita» - cara a Fortini - rivela un aspetto che Ttmpanaro lascia in ombra, o che almeno è largamente implicito nelle sue opere: la connessione, nella «ricerca di felicità•, di corporeità e simbolizzazione, di fisicità e di relazione dell'uomo con l'uomo (che ~ un aspetto beo presente nel pensiero di Marx). Ta1e connessione comporta, a mio avviso, non certo una rivalutazione dell'irrazionalismo romantico, ma un ripensamento di ciò che il pensiero e l'arte dell'età del romanticismo investigava, di ciò che rivelava e nascondeva anCM nelle sue forme regressive (perfino fra le righe del misticheggiante Schopenhauer). È merito soprammo della moderna, grande storiografia inglese (penso a storici come Cliristopher Hill o Edward P. Thompson) avere mostrato la stretta compresenza di istanza di felicità e bisogno di simbolizzazionee rappresentazione di ~ e della comunità, e gli esiti di lotte sociali e di classe che ciò ha componato, anche se spesso in assenza di un radicale materialismo e pessimismo. Timpanaro non nega certo la questione, e non da oggi; in Antileopardiani, addirittura, la necessità di dialettizzare progresso e regresso (senza cadere in oscurantismi irraziona1istici) t posta in testa al volume, e, come si è visto, ne ~ scaturito il ripensamento sulla «disorganicitài. degli intellettuali. Tuttavia, le sue preferenze, la sua -:3,,,m~ stessa fisionomia intellettuale razionalistica (di cui sono spie l'eccesso di diffidenza verso Freud, e anche verso il «francofortismo•, verso Benjamin ed Emst Bloch, che non gli consente di utilizzare appieno, fac:cndolaconflagrare col suo leopardismo, un'esperienz.a come l'espressionismo) non lo fanno procedere molto oltre l'enunciazione del problema. Anche per questi motivi, Ttmpanaro ba forse torto a lamentare lngnssod~l Musl~Grtvin (1892c-;,-,.-)---------------------'-'""-"---' ::• n: ':1:~a:. s:ir:e~d~: scussione sul valore politico del e on ciò Timpanaro dà un esempio di una rigorosa critica dello storicismo e del giustificazionismo da sinistra e da posizioni materialistiche, capace di mantenere viva la concreta storicità e materialità delle vicende e delle idee, senza perdersi nei labirinti irrelati di un problematicismo agnostico (che oggi verrebbe definito elegantemente «laicoi.), legittimante lo status quo (in particolare della sacralità della corporazione intellettuale), intricato nei «percorsii., ..:traccei., «luoghi,., «itinerari,. e «reticoli,- vari. Il cuore del suo discorso è tuttavia più in là: nell'accorato e martellante messaggio - non privo di qualche rigidità- del materialismo e dell'eudemonismo/pessimismo leopardiani. È un discorso noto da quasi un ventennio, qui ribadito e riarticolato in rapporto alle specifiche tematiche dei saggi. Si parte, naturalmente, dalla causa più radicale di incompatibilità fra Leopardi e l'Antologia, il pessimismomaterialistico del poeta rivolto contro l'ottimismo pasciuto e spiritualizzante dei redattori (e non tanto contro quello di costoro, in fondo timidi borghesi e intellettuali non sempre indegni, vestire l'intero articolarsi dell'esperienza umana, dal corpo alle più delicate e raffinate attività intellettuali e immaginative, l'edonismo che pone il «dilettoi. a movente e termine ultimo dell'agire umano e, più in generale, degli esseri animati, hanno in sé una «contraddizione intrinseca» che Li converte in pessimismosui destini della specie umana e sulla «fragilitàbiologica» dell'uomo. ln quest'ultimo libro tali concetti vengono ribaditi senza accomodamenti; le idee di Leopardi non sono interpretabili «né come una manifestazione nevrotica o comunque patologica individuale, né come la proiezione 'ideologica' di una sofferenza storico-sociale,-comunque connotata (neanche nell'aspetto della ..:.rotturadi una Weltanschauung teologica e della non ancora raggiunta fondazione di un moderno regnum hominis-) e comunque riconducibile agli aspetti di «alienazione e solitudine dell'individuoi. nell'incipiente civiltà borghese. Queste spiegazioni, pur diverse, sono «tutte concordanti nel negare al pessimismo in quanto tale un valore di conoscenza obiettiva e diretta (non 'simbolica' o comunque mediata) di una siN on si può disconoscerlo. Enorme è stata la portata, o almeno la valenza, del «marxismo-leopardismoi.: soprututto nel ceto sociale e politicodell'intellettualità diffusa, massificata e radicalizzata (che qui non intendo affatto celebrare), la proposta dell'eudemonismo ha avuto un effetto dirompente. Nel secondo dopoguerra la ricerca di Timpanaro è stata fra le più radicali (capace cioè di toccare le radici) nella critica all'ottimismo progressista capitalistico e socialdemocratico, e al teleologismo apocalittico terzintemazionalista. L'irrompere sulla scena da parte del «soggettoi. e delle soggettività più varie (pur con tutte le scorie neoconsumistiche e autogratificatorie, oltre che irrazionalistiche, di cui sono portatrici), la non-mediabilità del bisogno e del piacere nella paJude della produzione e dell'etica del lavoro, hanno in questi disadorni libri se non ispiratori diretti almeno meditati supporti. Il materialismo di Timpanaro, radicato in Lenin ed Engels, individua un irrisolto groviglio anche nella cultura idealistica più avanzata, anche nel marxismo, e segue le tracce di un filo rosso - per lo più pessimismo leopardiano da lui riproposto. Probabilmente, una seria risposta ai suoi interrogativi non ~ stata data pc~ non esiste risposta. Cb.i è il soggeno del pessimismo? In qua] modo e con quali strumenti la lucida consapevolezza della fragilità biologica e psichica dell'uomo - a] di qua e al di là delle formazioni econom.ico-sociali determinatesi - potrebbe presiedere alla fondazione di un nuovo rapporto dell'uomo con l'uomo (per non parlare di una rifondazione politica)? Non credo sia pc>Mibilerispondere a questi, pur non retorici, interrogativi; se non nel riconoscere il valore gnoseologico e soprattutto la grande portata anti-antropoccntrica del leopardismo, la demolizione di ogni ottimismo imma- ': nentistico e dell'ideologia lineare .5: e giustificatoria del progresso - il r che non è certo poco, ma non mi ... sembra sia la risposta che Ttmpa- ~ naro vorrebbe. E poi, anche la l <fragilità biologica-, anche la sof- :::: ferenza che non è integralmente ~-· riconducibile a1momento sociale, - non è forse, in larga parte, cultu- ~ ralizzata? Non è forse il trasfor- i:: marsi della sofferenza fisica in -in- ~ :~=e~atto di cuJtura e sim- i
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