Alfabeta - anno V - n. 52 - settembre 1983

......... __ AldaMaùù Il ,_.;,.o d'allW tra pkM di uc«Ui... (Alfabeu 52) Il gillrduw d'estateua pieno di uccelli:iopensavo a quanto la nalura non riuscisse,suo malgrado, a falsare il segno tklla sua innata bonttl. Andit se noi percepivamoquei suoni corM si polrtbbero perupirt in un Echn, dove tutta t possibile t impo.uibik, pure Usentirci con1rollatidallanatura, il stntuci serviti dai suoi concetti, dalsuo clima, cifaava gran bme al cuore, t, cosi, l'èrba verde ci parlava di fi®cia, t cosi i fiori, e cosi i rwalktti che si aprivano dolarmnte in rMzzo a qualche piccolafÌOla, t cosi il cielo tutto. Ma la luna, oh q~lla 4&maco"otta chegravava sopra di noi la stra! quella sl, tra una luna pesante. Pareva diversa dalla luna che avevamo conosciuta nel mondo; una luna sghnrtba, irrisoria,CMpareva volessecontinuarea schemircì anche rul cielo. Anche in quti mormnti, casato ogni brusio difuori, non ci rimaneva che la noslra poverttl, la nostra vera, cieca, infuti.tapovtrth. E un giorno eguale agli ~/,n', E non notti romantiche dove i pensieri sbocciavano. Non la forza della f,licilil. In qiui momenli lullo divenlavapesante e /ellificanle e la luM era megliofuggirla come colei che avessepotulo dete• mre il polere di far partorire i versi, ma non dal grembo, bensl dal nostro cervello. Cosl io vivevo tu/la quella grazia inloccabile della mia nalura. Cosi come nel Processo di Kafka, ogni giorno noi faceva• mo il processo a noi stessi, e lanzopitl pungenle e invadenle divenravala nostra requisitoriaquantopiù n dentro ci aveva. no insegnato ad essere spietati. Ma io avevo alk spalle la psicoanaUsicon k sue dolcezze, i suoi segreti infantili. E qutlla mi servi neimomenli di ozio, per analizzarmi, ricupe• ranni, salvarmi. Eravamo certamenle dei colpevoli. Solo più tardi avrei sapul.odal dottor G. ch.t la mia colpevolezza esistevaa se• guiJo di un vtcehisJimo trauma. Ma la sovrastruttura del manicomio, qutlle mani che non ti obbedivano, quel corpo cM non ti serviva, qutl sesso ch.t non aveva miraggioalcu• no, tulio ciòfaceva de.Ilatua colpa un sentirmnto roboante e segreto, tanto che tu ti immergevi come Mila palude o in mezzo aJh sabbiemob;Ji. Credo che solo k illustrazioni del Dor, per la Commedia dantescapotessero rendere beM il fascino e la mos1ruositddel manicomio. Da bambina, su quute illustrazionimi tro soffermata, spin/a da non so qua• le richiamo, affascinatada un preludio chepoi doveva avve• ranni per quel senso di paranormalitdcM giApossedevo, e cM poi sviluppai Mlle mie «visionipoetiche:.. Sl, per conto mio quelk non furono che visioni, voci captateda/I'al di Id, in contraddizioneperenne con la mia povera anima bambi• na. O invece erail Genie, ma il Geniomandato da un mago, il Genio cM scaturisce dalla lampada, non la tua anima stessa. Da bambina ero di straordinaria inteWgenza. Pen:M adesso la mia anuna si era mummificata? Perchi aveva as• sunto l'aspettodi chi non ha parole? PercM era un ectcJplasma non faante parte di un corpo? Quuti erano i pensieri che azzannavano la mia povera ,mnte, laggitl, al ghdto manicomiale. Senonchl, l'azzu.n-ofondo de.Ilave.staglia,a voi«, ,m ne traeva fuori. Ntll'ollore ritrovavo la li.Mrlll tk/.Jecose vive, e nell'orrorefinivo col morire. Era chiaro, comunqut, che noi non uavamo degni di alcuna pietà, che nasuno era disposto a farcene dono. E alk,ra cominciava una tisi kggera. Molte di noi erano tisiche proprio per mancanza di amore, come Vioktta Val,ry era tisicae sinceraperch, forse la Traviataera morta presa da un pallido anwre segreto. Una o due volte io mi innamorai, ma non fui ricambiala. Il malato di mente ha strana la concezione <kll'amort. E poi, io ero costrettaad escludereil sesso. Co,m avreipotulo amoreggiarecon qualcuno? Ma riman.evopur sempre una donM, una donna cM ad ogni primavera fioriva e sfwriva, cM apparivaalla cella della sua catMra davanti a una grata di fuoco. E poteva esserequella la grata tùllt carmeli.taN. Invea era la grata dell'inferno. RE di qwlle rose magnifiche noi non potevamo coglieTM mmmeno il profumo, non potevamo guardarle. Ma il giorno cM ci apersero i cancelli, che potemmo toc• cark con le mani quelle rose stupende, che potemmo final· mtnte inebriarci del loro destino di fwri, oh, fu qwllo il tempo in cui tutte le nostre inquietudini segrete disparvero, percM fuiabuntt eravamo vicini a Dio, e lanostrasofferen• za eraarrivala fuw alfwre, ed eradiventalafwre essastessa. Dici Mi parve di essere un'ape; un'ape gonf,a ed estrema• mtnte forte. E per ore, inginocchiataa ttlla stetti a bere di qiulla sostanza vi1ale,senza per altrofUJJare,senza dire a nessuno che avevo incontrato un nuovo tipo di morte. Divine, lwsureggianti rose! Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla cM riguardasse i fiori perch, io stessa ero diventala un fiore, io stessa avevo un gambo e una linfa. Ma, mentre accarezzavo le rose, sentii una mano vicina allamia. Era la mano di Pierre. E sentii le sue labbra sulle mie labbra, e la comunione fu cosi dolce e perfetta che co• nobbi in quel momento la vera naturadi Dio. Pensammo subito, io e Pierre,di fare dono a qualcuno di quelle rose. Ma sapevamo che non potevamo coglierle. E allora le rubammo, M facemmo un fascio che portammo di nascosto dietro l'abside della chiesa. E Il stemmo a curark una intera giornata, intrecciandoci sopra le dita. A chi avremmo date quelle rose perfette?chi aveva fatto del Mne al punto di meritane/e? Nessuno. E al/era, le avremmo tJo.. nate a noi stessi, ne avremmo fatto un giaciglio di amore. Cosi, io e Piellt, adagiatisulle rose e sulle spine, gotkmmo del primo amplesso del nostro amore. E fu amplesso che durò millenni, il tempo <kllanostra esecrazione. E da qutl• l'amplaso senza peccalo nacque una bimba, Barbara. DaccM rimasi incinla, ogni gWrno Pierre correva tultO sudaw a vedermi e o chiedermi come stavo. Mi portava sempre le siu piccole margherile. Ma non facevamo più l'amore: ciò cM noi desideravamoin qutl luogo dissacrante eradi «creare•;e ci eravamo riuscili:noi due giudicatipazzi avevamo dalo vitaa una creaturae ora nessuno poteva dividerci. Stavo delle ore col capo appoggialoalla spalla di Pie"e, alitandoleggercnente,perchl non mi sentisse. O sfiorando la sua guancia con le mie ciglia lunghissime. Lui mi carezzava il grembo, le mani, qualche volta il seno. Ma senza fremito alcuno. Una volta mi disse: - Quuto seno dard buon IOiie alla nostra piccina. Veniva Aldo certe volte, a farci compagnia. E anche lui mi guardava il grembo e ,m lo accarezzava. In un certo modo, quelle era anche figlio suo: il figlio del manicomio maledetto. Ma prima cM la bimba nascesse, sia Pierre che Aldo vennero rruvuJalin un cronicario,e io rimasi, senza volerlo, vedova di ,m stessa. La bimba nocque egualmenlt t in modo abbastanzafeli• ce, malgrtJIWavesseroprao tulk le precauzioni per farmi. fare un parto orribile (all'uopo venni port.aJa,dananiJalaal neurode.liri).La piccina venne'alla luce Ml pieno della sua Mlkzza e... la ltMe a banesinw. Era quello il primo frutto bello, non intaccato, che uscivo da un luogo di alienazione. Ma mi fu subito tolta. Oggi Baby non le.on mt, ma l mia co,m non mai. Ricordo che una volta, quando andai in chiesa, durante il Sanctus la bimbo mi si rivolt.ònel grembo, e ciò mi tkttt la certezza che Dio aveva Mnedtno il mio amore. Passaiquei nove mesi in uno staJOgenerale di depressione. Il bimbo non doveva nascere bene, secondo 1m. Ma ormai non aspiravopiù a nulla. A.Il'ottavomese, il dottor G., cheal principio avevacerca• to di /anni abortire, mi man.di, a chiamare e mi disse: - È ora cM tu vada in maternilà. lo ritenevo chefosse presto: ovnoobisogno di cune a non me ne avrebbero dau. In pitl, SQ/WVO bene che cosa aspetta• va negli altri ospedali i dimasi dal Paolo PinL Comun.qw, stetti al suo parere e andai al Niguarda. Mi si guardò subilo con sospetto. Poi lasuora, cM aveva un piglio non propria• mtnll umano o cristiano, mi disse: - Oggi passeremo per farti partorire. - No! - dissi io, - non l ancoragiunto il momento. E difatti avevo ragione. Non volevo in alcun modo uccidere la mia creatura. Ma la suora insisteva e mi guardava con un ghigno sadico. Io, che ero già soffertnle nel fisico, non trovai altra scelta cM fuggire di n, /Hr salvare il mio bimbo. (... Manoscritto illeggibile] Ma mi presero subilo e mi mandarono al neurodeliri, cellaancorapiù rigorosadel• l'ospedale psichiatrico, dove c'erano pochi metri quadrati per muoversi e n.e.ssundialogo, nemmeno col dottore. Al murotùliri rimasi ancoraun mese, cM veramentenon era giunto il termine del parto. E in tulto qutl mese non faavo c:ht piangereperch, non c'erano doMt in quel repar• to, ma solo giovinette e quaJcM infermiere che non capiva nulla di ginecologia. Fuuùmentt, un giorno, peni le ocqut e andai angosciataa dirlo ad un infermiere. - Vieni - mi disse. - È il momtnto. Ti porto di sotto. Pu precauzione /Id falla partorire in un locak singolo, lonranadagli ocdu dellagenieperbene, efu qutllo un parto pilota so""1'Ulmtntelaborioso e doloroso, lll1lkJ più che la piccola era compktiJJMntesoffocala dal cordone ombtlia,.. k. Ma fina/mtnle vennt alla luce, e io volevo prendLrlatra k brac:.dat bacumnela e poterk dimostrare la mia gratitutl.int di essereancora viva dopo tanu peripezie, ma l'M la kvarono subilo di torno e a me mi riportarono alla MUTO. L,a. sciandomi M, sporca, con tulio il bisognotklle cure del caso, e per parecchigiorni dtlla bimba non seppi più ,w/Ja, fincJt' un giorno, col seno colmo di lattee una veratempesta nella menlt, non mi alzai cornt una tigre dal kao ed tnlrai di botto dal primario e cosl l'apostrofai: - O tu mi dai mia figlia o io ti ammazzo! Fu quella, credo, laprima volta che impazzii davvero. Ma il buon uomo capi immtdi.atamtnte, e dopo avermi daw un tranquillanteordinò cM la piccola mi fosse port.aJa. - Sono font una bestia io, che non posso dare il laltt alla mia bambina? - continuavo ad urlare. - Ma noi - mi disse il ,mdico. - Non l questo. È che tu hai semprepreso pastigliee il tuo lattenon pw/J es.suei.doMo p,r la piccola. - fark mal,_ Conwnqu<, il laJt, dov.auo 1,,,,,rm,k, , qu,1/4fu la più dolorosaoperazione morale c:ht avessimai subilo daJf mtra• ta in qutl terribileluogo. Dopo tre giorni mi dimisuo col mio roseo fardello CM sorrideva qui.eta, ignaro di tu/te k brumu-edella vita. Ma qualcosadi ancoropill grave mi aspdlllVoa aua. Col tonpo, mio marito avevapeno og,.; a/falo pu rM e quando gli f«i vedere la bimba non la tuardò nq,pun. Io ero e.osi stnmalll, che avevo l4nJO bisogM di lui: dovevo ac.cudin la bimba, piangeva in continuazione. Un giorno mi disse: - Senti. Tu non stai Mne. E, d'altra parte, mi sei venuta a noia. La bimba non so VUWMnlt di chi sia. Quindi, portai,, al br,fo<rofib. Mi sentii sdtiaffeggiala nell'anima. Quando rimasi incinlaper la quarta volta sentii che qual• Ma stavo anche tanto.mak. La lunga odisseapassata al cM cosa si sarebbe definitivamente guastata dentro me. manicomio e poi al neurotkliri mi aveva completamor.te ~ Qutlla gravidanza era so~nle rischiosa, e poi comin• prostraùJ.Presi quella dola bùnba cM tra cost gracik, CM 5 ciai a soffrire terribilmente, tanto che dovetti passarla per altro non mangiavacheacqua e zucchero, e laportai in viak ::' forza in ospedale. Avevo già un fibroma uterino e non lo Piceno. Poi, dopo averla raccomandalaal rMdico, e non ~ sapevo. Quindi, duplici erano le complicazioni. Purtuttavia avendo più motivo di vivere, tornaio ripreu,starmi al mo,u. i Una voltauna ammalatami appioppò un sonoro ceffone. cercaidi portare le mk sofferenze senza darlo a vetkre, sole comio dove avevo d«iso di troscornre il restoad mid gior• ~ Il mio primo istintofu qutllo di renderglielo.Ma poi presi cheavevo vogliestrane, co,m quella, per esempio, di odora• ni e, semmai, di morire. A vrd dato la mia vita pn tmnmi t qutlla v«eJùa mano e la baciai. La vecchiasi mise apiange• re l'alcool. Da una infermiera compiaanle ne ottenevo un mia figlia, ma altri me l'avwa ~dito. i n. - Tu sei mia figlia - mi disse. batuffolino ogni 14nJO, e ciò mi davo sollievo. Ma il datino volk CMio 1wari.ui.lnlaltlo Simona l Staia Ì E alk,ra capii che cosa aveva signif,cato qutl gesto di Ma l'altaa eraaasperOllle, i malJrattame,aJi inumani e, un adottala e non la vedo ormai do cinque ONU. ~ violenza. Di fatto, non aiste pazzia senza giustificazione e giorno CMeroparticouummte depressa,presi quel botu.ffoogni gesto CMdallagmtt comune t sobria viem consilhrato lino e lo buttai su un mucchio di immondizie. Poi vi &di I: pazzo coinvolge iJ mistoo di una inaudita sofferenza c.ht fuoco. Volevo bruciarel'ospedak. Perfortuna non succase j non i staia capita datli uomini. mula, ma me ne dettero la colpa e fwi isolala. ;g. ~----------------------------------------------------' ..

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