Supplemento letterario - Alfabeta n. 50/51 - lug.-ago. 1983

B inattesa brutalità d'una pianta sensitiva. «Non ne dubito•, commentò Hunt - «È praticamente impossibile intrattenere dei rapporti umani con Everett. Sopportarlo, se vi si è obbligati, può venir considerato uno dei mestieri più penosi•. Brown commentò a sua volta: "Non è il caso di risentirsi, Elizabeth. Il nostro amico non l'ha offesa. Offende tutti, specie se stesso, quindi nessuno». Lei non afferrò il significato di quelle astruse considerazioni. Si era espressa tuttavia con molto elaborata impertinenza, e il labbro gonfio vibrava ancora per le parole appena sibilate. «Signorina Siddal!» proruppe Everett, accostatosi a lei con passo elastico e cauto, la testa rovesciata all'indietro e le braccia aperte - "Signorina!» ripeté sorridente - «Averla conosciuta è per me un dono inestimabile. Cercherei invano a Londra una creatura più degna di rispetto». E le baciò la mano, con gesto teatrale. Elizabeth si alzò, come intendesse precipitarsi fuori dallo studio, ma scoppiò in singhiozzi e Everett tornò a profondersi in scuse. La supplicò di perdonarlo, di non lasciarlo così. «Prenda un'altra tazza di thé!» esclamò con voce stentorea, come pronunciasse una battuta del repertorio di Kean. Lei sedette. Si era ammorbidita. Si rimproverava forse lo scatto di prima. Forse, lo sforzo di erigersi contro quel vanesio l'aveva spossata. Imbruniva. Hunt e Brown si congedarono e Gabriele si attardò di proposito, nella speranza di uscire con lei, per domandarle di posare per lui, ignorava quando e come, non disponendo di uno studio. Si attardò sino ai limiti della decenza, mentre Everett la intratteneva amabilmente, dopo esser sceso in giardino a tagliare una rosa ed avergliela offerta. Era tornato quasi volando verso di lei, come un Mercurio armato d'un caduceo floreale, si disse Gabriele. Le parlava delle sue rose con un brio che attenuava la straordinaria erudizione botanica, sino a ridurla ad un discorrere mondanamente squisito. Elizabeth era di nuovo sulle spine. Sedeva immobile, la tazza sospesa a mezz'aria da una mano che le tremava. Infine, Gabriele dovette congedarsi e lei gli rivolse uno sguardo implorante, almeno gli parve, come se desiderasse accompagnarlo e venir sottratta cosl al tormento di quell'inesauribile sfoggio di vaniloquenza. ( ... ) Attraversando in punta di piedi il corridoio, Gabriele scorse il padre oltre l'uscio socchiuso dello studio. Il vecchio non lo aveva udito entrare. Sedeva al tavolino, come sempre dopo cena, intento a maneggiare, leggere e correggere le sue carte e le sue bozze, che reggeva all'altezza degli occhi. Quell'uomo col berretto a visiera, calato sulla fronte, e gli occhiali scivolati in mezzo al naso, gli parve più. che mai e prodigiosamente arcaico, una creatura quasi imbalsamata nella penombra della stanzetta, circondato da scartoffie e pile di volumi. Era convinto di aver scoperto la traccia di una cabala laica e liberale che, dalle pagine di Dante, riemergeva a tratti in quelle di altri pochi eletti, Boccaccio, Chaucer o Swedenborg. Come un agente di Scotland Yard, si diceva Gabriele, incaricato di indagare nei testi più enigmatici delle lettere universali, egli s'era prefisso di scoprire ciò che definiva, nientemeno, il «misterium magnum». Ex professore al King's College, dove aveva occupato la cattedra di lettere italiane, prima di doverla abbandonare da quando non vedeva quasi più, da sempre tollerato, ignorato e, o aca addirittura, deriso dai colleghi, egli si dedicava altrimenti e frattanto a comporre versi ispirati al Petrarca, oppure infiammati libelli antipapalini. Trascinava comunque un'esistenza fondata sull'accettazione del martirio intellettuale e sul culto della famiglia, secondo i più rigorosi precetti del cattolicesimo romano. Gabriele compativa il padre, giacobino napoletano, rifugiatosi a Londra, anni e Annick Nozati, Po/yphonix 5 Italia, /983 anni prima, per scampare alle galere di Ferdinando I e, nello stesso tempo, lo temeva, sebbene fosse una creatura mite e si scusasse quasi di esistere. Gli rincresceva deluderlo, anzi di mostrargli che condivideva il generale parere negativo sui suoi scritti, rifiutandogli l'eredità morale e culturale che lui aveva sognato e sognava di trasmettergli. Dell'ascendenza meridionale, ciò il fuoco dello sguardoe gli scatti di umore, senza però saper fermare lo sfarfalno perenne delle piccolemani. Si voleva inglesee lo irritavain sommo gradosospettare o sentirsidireche avevaassimilato alcunché dal padreerudito, illuministaesoterico, patriota maniaco e poeta da strapazzo. Tanto più che asserirlo non era del tutto infondato. Aveva sl respinto il nazionalismo acceso, la fede repubblicana e la contraddittoria pietà cattolica del genitore. Ma come questi, e a modo suo, egli inseguiva simulacri femminili d'un ridondante canzoniere medievale, rievocava nei propri dipinti e nelle proprie poesie le trasognate atmosfere senesi e fiorentine. «Sei tu?», bisbigliò la madre. Comparso nella sala da pranzo, che fungeva assieme da salotto, Gabriele le rispose: «Scusami. Bernard Heidsieck, Polyphonix 5 Italia, 1983 Gabriele accettava soltanto i caratteri esteriori, gli occhi scuri, le labbra tumide e la pelle olivastra. Tali sembianze esotiche, la sua tenebrosa bellezza di ventitreenne lo rendevano seducente o, perlomeno, lo facevano spiccare tra le tante facce smunte o rubizze degli inglesi. Quanto alle maniere, si era impiegato a raffinarle, perché si uniformassero ai modi flemmatici dei connazionali. Controllava per-· o Che ora è?» E si chinò su di lei, per sfiorarle i capelli con le labbra. Amava invece la madre, una inglese di origine toscana, nata Polidori, malgrado lo irritasse a volte la sua austerità di osservante anglicana. Ma era una donna semplice ed abbastanza colta, era stata un'educatrice energica ed affettuosa dei suoi quattro figli, di lui, del fratello e delle due sorelle, mentre il padre continuava a smarrirsi nelle sue ricerchepazzoidi e nella sua paranoia di rifugiato politico. Lamadregli aveva insegnato a leggere e a scrivere, gli aveva anche impartito le prime lezioni di metrica. «È tardi!,. lo rimproverò la madre, fissandolo con uno sguardo che avrebbe voluto severo. «Sono le nove!,. sospirò la sorella Christine, la minore, sbucata dalla camera che divideva con Maggie, la primogenita. Mentre Christine toglieva il piatto che ricopriva una scodella, posata al suo posto sul tavolo da pranzo, e gli versava dal fiasco un bicchiere di vino, Gabriele tornò ad individuare la somiglianza tra lei e la madre, soprattutto la rigidezza comune dei lineamenti che i capelli appiattiti e divisi in due bande accentuavano. Simili pettinature davano infatti risalto ai loro zigomi puntuti ed ai menti sporgenti, a un che di arcigno e di quasi meschino. Un mento ben disegnato, pensò Gabriele, è un fattore indispensabile perché un volto risulti gradevole. Non ricordava più il mento di Liz. I particolari del suo viso si fondevano nella sua memoria in un insieme pallido, aureolato dalla chioma. «Cerca almeno d'essere puntuale», gli raccomandò la madre, rituffando gli occhi in un volumetto di pelle nera, col taglio dorato, come se ne trovano nei banchi delle chiese e che nessuno ha voglia di rubare. «In certi casi», aggiunse - «la puntualità è un'occupazione,.. L'accenno indiretto alla sua esistenza improduttiva, cioè di sfaccendato studente alla Reale Accademia, non lo ferl assolutamente. Meditava di lasciare la casa paterna e riteneva d'altronde Indecente approfittare ancora dell'aiuto dei genitori e dei fratelli. n padre, quasi cieco, riscuoteva ogni mese una pensione modesta di professore. La madre e Cbristine insegnavano in una scuola privata, in Arlington Street. Maggie occupava un posto di governante presso una famiglia e il fratello William, impiegato all'Inland Revenue Office, era un burocrate agli inizi di una squallida carriera. Gabriele viveva dunque a loro carico e non aveva mai nutrito l'intenzione di collaborare al bilancio familiare. Gli sembrava assurdo produrre provviste in quel povero alveare. Comunque, da sua madre accettava ogni rimprovero, sia perché l'amava, sia perché, nel caso, lo giudicava meritato. Sedette davanti alla scodella e, alla vista di quella minestra rappresa, sentì lo stomaco contrarsi. Ne mangiò qualche cucchiaio e toccò appena ciò che la sorella gli servi poi. Non aveva fame. Desiderava solo ritirarsi in camera al più presto. L'odore della cena, consumata in sua assenza, ristagnava nella sala ingombra di arredi e di oggetti volgari. Sulla mensola del camino, troneggiavano una brutta pendola e due coppe di alabastro e, sul piano della credenza, luccicava un busto di faienza policroma, raffigurante Giuseppe Garibaldi travestito da gaucho. Finita la cena, la madre mandò Christine a portare un'ennesima tazza di caffè al padre, quindi andò lei stessa a pregarlo di non vegliare troppo. Aveva smesso di crederlo un genio e, da allora, per la rivelazione della sua fragilità, della sua sconfitta, gli voleva veramente bene. Dalla pendola, scoccarono dieci malinconici rintocchi, per scandire un tempo assurdo, si disse Gabriele, in uno spazio assurdo altrettanto. William cenava fuori con un editore. Svolgeva a tempo perso la funzione di agente e segretario della Confraternita Preraffaellita, concorrendo a tale impresa culturale con la sua positiva ed accorta T LA QUINT~ENZA DELL'EDITORIA ESOTERICA NON ARCHÈ Le scelte di Archè non si richiamano all'irrazionalismo equivoco di una moda corriva ma alla tr:1dizione universale e all'intuizione intellettiva che è al di sopra della ragione. Dal catalogo generale: E. Arrigoni, 1anicheismo Mazdakismo e sconfes.sione dell'eresiarsa romano-pelliiano Bundos. 84 pp. Lire 6.500 Una singolare novità storiografica: la scoperta della più antica contraffazione e • ripersonificazione • del Buddha mai dissimulatasi nell'ambito cristiano ed occidentale. J. Bohme, Dell'Impronta delle Cose ovvero della Generazione e delta Definizione di tutti gli Esseri, Specchio temporale dell'Eternità (De Signatura Rerum)- 224 pp. Lire 10.000 L. Charbonneau-Lassay, Le Bestiaire du Christ. 1000 pp., 1157 xilografie incise dall'autore. Ed. numerata di 500 esemplari. Lire 162.400 A. de Gubematis, La Mythologie des Plantes ou Les Légendes du Règne Végétal. 2 voli, di pp. 712 complessive. Ed. numerata di 1000 esemplari Lire 87.700 M. Schneider, Pietre che cantano. Studi sul ritmo di tre chiostri catalani di stile romantico. 120 pp. e 16 tavv f.t. e 4 tavole doppie. Lire 10.200 Biblioteca de/J"Unicorno voi. n. 20. Collana « Documenti d'Amore » Nel centenario rossettiano: G. Rossetti, Il Mistero dell'Amor Platonico del Medioevo derivato • da' misteri antichi. 5 voli di pp. 1860 complessive. Tiratura numerata di soli 200 esemplari. Lire 145.000 Ristampa anastatica dell'introvabile edizione di Londra 1840. Francesco da Barberino, I Documenti d'Amore. Secondo i ms. originali, a cura di Francesco Egidi 4 voli. di complessive pp. 1368 con numerose incisioni, tiratura limitatissima. Lire 186.000 NOVITA' Guillaume de Lorris, Il Romanzo della Rosa. Prima traduzione integrale in versi italiani a cura di Massimo Jevolella. Con introduzione e note del Traduttore. pp. 208 Lire B.800 Ritagliare e spedire a: ARCHÈ via Medici 15 - 20123 MILANO --. ---------------. - _--.-· J>{; ;: ; . . I I I 11 IJ l'l " E o e .. o u z ~ "' o ..i ..i ..., < ~ !:: o "- ..J .. ~ < .e·-.: u ~ ... o .. .,, .J u ~ :j ..., e a: :l ..., :,. a: ~ "' E nelle migliori librerie

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