~ ..e, ~ . ,i Effettivamente. la parola Metodo era forte: fa pensare a qualche ordine molto ben definito d'operazioni. e io non miravo che a una singolare maniera di trasformare tutte le questioni del mio spirito. li domani si trova più forte o più debole della vigilia, e le due sensazioni lo feriscono. Era la mia prima «ordinazione•. Distinguo sempre i due usi. Se non facessi che quanto mi tenta, non scriverei che per cercare o conservare. La parola non scritta trova prima di cercare. Nota e disgressione (1919) «Per quale motivo l'autore, dicono, ha fatto andare il suo personaggio in Ungheria? «Perché gli piaceva far sentire un brano di musica strumentale il cui tema è ungherese: lo confessa sinceramente. Lo avrebbe condotto in qualsiasi altro luogo, se avesse trovato la minima ragione musicale per farlo». Hector Berlioz, preambolo alla Dannazione di Faust M i devo scusare d'un titolo sì ambizioso e veramente sì ingannevole come questo. Non avevo il proposito di prevaricare quando /'ho messo al mio /avorello, ma sono passali venlicinque anni e dopo un tale lungo raffreddamenlo lo /rovo ora un po' forte. Per un titolo opportuno, andrebbe addolcito. Quanto al teslo... Ma il /es/o nemmeno penserei di scriverlo. Impossibile! direbbe la ragione. Giunti all'ennesima mossa della parli/a di scacchi giocata dalla conoscenza con l'essere, ci si lusinga d'avere imparato dall'avversario, se ne assume l'aspello, si diventa duri nei riguardi dell'uomo giovane che bisogna soppor/are d'avere avulo per avo, gli si riconoscono debolezze inesplicabili, che furono le sue audacie, se ne ricosticuisce l'ingenuità. È un farsi più sciocchi di quanlo si sia mai s1a1i.Ma sciocchi per necessità, sciocchi per ragion di Staio! Non vi è tentazione più cocente né più intima né più feconda, forse, di quella di rinnegare se stessi: ogni giorno è geloso dei giorni, ed è suo dovere esserlo; il pensiero si vieta dispera/amen/e d'essere sia/o più forte; la chiarezza dell'attimo non vuole illuminare al passato momenti più chiari di se stessa; e le prime parole che il contatto del sole fa balbettare al cervello che si risveglia, ecco come risuonano in questo Memnone: Nihil reputare actum ... Rileggere, allora, rileggere dopo l'oblio, - rileggersi senz'ombra di tenerezza, senza paternità, con freddezza e acume critico, e in un'attesa terribilmente creatrice di ridicolo e di spregio, con aria estranea, con occhio distruttore, - è rifare o presentire che si rifarebbe, ma molto diversamente, il proprio lavoro. Lo scopo ne varrebbe la pena, ma non ha cessato d'essere superiore alle mie forze, sì che non ho mai pensato di mettermici: il piccolo saggio deve la sua esistenza a Madame Juliette Adam, che verso lafme dell'anno '94, per benevolo suggerimento di Léon Daudet, volle chiedermi di scriverlo per la sua Nouvelle Revue. Sebbene avessi ventitre anni, il mio imbarazzo fu immenso. Anche troppo sapevo di conoscere Leonardo assai meno di quanto non l'ammirassi. Vedevo in lui il personaggio principale di quella Commedia intellettuale che non ha ancora incontrato il suo poeta, e che, a mio gusto, sarebbe ancora più preziosa della Comédie humaine, e anche della Divina Commedia. Sentivo che quel sovrano dei suoi mezzi, possessore del disegno, delle immagini, del calcolo, aveva trovaw l'atteggiamento centrale da cui le imprese della conoscenza e le operazioni dell'arte sono egualmente possibili, e gli scambi felici tra l'analisi e gli atti singolarmente probabili: un pensiero meravigliosamente eccitante. Ma anche, pensiero Jroppo immediato, senza valore, infinitamente esteso, e pensiero adatto a parlare, non a scrivere. John Giorno. Polyphonix 5 Italia. 1983 Mi rapiva, quell'Apollo, al più alto grado di me stesso. Che altro di più seducente d'un dio che respinge il mistero, che non fonda il suo potere sul turbamento dei nostri sensi, che non rivolge i suoi incanti al più oscuro, al più tenero, al più sinistro di noi stessi, che ci costringe a convenire e non a piegare, e il cui miracolo è chiarirsi la profondità, una prospettiva ben dedotta? Vi è miglior segno d'un potere autentico e legittimo di non agire sotto un velo? - Mai per Dioniso, nemico più deciso, né sì puro, né armalo di tanta luce, è quesl'eroe meno occupato d'umiliare e rompere i moslri che di ~onsiderarne i moventi, sdegnoso di trafiggerli con frecce tanto li penetrava di domande;.loro superiore più che vincito~e, egli testimoni(! non esservi su di loro trionfo più comB101totecaginobiànco- ,,-· piuto che quello di comprenderli - quasi al punto di riprodurli; e una volta padrone del loro principio, egli li può anche abbandonare, derisoriamente ridoui alla bassa condizione di casi molto particolari e di paradossi esplicabili. Per quanto leggermenle lo avessi s1udiato, i suoi disegni e manoscriui m'avevano come abbaglialo. Da quelle migliaia di note e d'abbozzi conservavo l'impressione d'un complesso allucinante di scintille carpite nei modi più diversi a qualche fabbrica fantastica. Massime, riceue, consigli per sé, inizi d'un ragionamento poi ripreso, talvolta una descrizione compiuta; /a/volta egli si parla, si dà del Ju... Ma io 11011 avevo nessuna voglia di ripe/ere che fu quef!IOe quello; e pillore, e geometra, e... E, in una sola parola, l'arlista del mondo. Nessuno lo ignora. Patrizia Vicinelli, Polyphonix 5 Italia, 1983 Non ero abbastanza colto per pensare di sviluppare i particolari delle sue ricerche - (tentare, a esempio, di determinare il significato preciso di quell'Impeto, di cui fa sì grande uso nella sua dinamica, o disserlare dello Sfumato, che perseguiva nelle pillure); né mi trovavo abbastanza erudito (e meno ancora portato a esserlo) per pensare di contribuire, per quanto poco fosse, al puro accrescimento di falli ormai noti. Non mi senlivo per /'erudizione tutto il fervore che le è dovuto. la stup-efacente conversazione di Marce/ Schwob mi guadagnava al suo stesso incanto più che alle sue fonti. Per quanto durasse, me ne abbeveravo. Avevo il piacere senza lafatica. Ma infine mi risvegliai: la mia pigrizia s'irrigidiva contro l'idea di disperanti letture, di recensioni infinite, di metodi scrupolosi che preservano dalla certezza. Dicevo al mio amico che gli uomini sapienti corrono più rischi degli altri, poiché fanno scommesse e noi restiamo fuori gioco; e che essi hanno due maniere d'ingannarsi: la nostra, comoda, e la loro, laboriosa; che se essi hanno la fortuna di restituirci alcuni avvenimenti, il numero stesso delle verità ma/eriali ristabilile me/te in pericolo la realtàche cerchiamo. li vero allo staio bruto è più falso del falso. l documenti c'informano a caso sulla regola e sull'eccezione. Se anche un cronisla preferisce conservarci la singolarità della sua epoca, tutto quello che di un'epoca o d'un personaggio è vero non sempre serve a meglio conoscerli. Nessuno è idenlico al preciso Iota/e delle sue apparenze; e chi di noi non ha dello o non ha fallo qualcosa che non è suo? Talvo/1al'imilazione, il lapsus, - o l'occasione, - o la sola accumulata stanchezza d'essere precisamente colui che si è, ne alterano l'immagine per un momenlo. A un pranzo ci rilraggono, e il foglie/lo disegnato passa alla poslerità con la sua popolazione d'eruditi, ed eccoci in gloria per lui/a /'eternilà letteraria. Un voi/o che fa una smorfia, se lo si [olografa in quell'attimo, è un documento irrefutabile; ma mos/ratelo agli amici dell'effigialo, non vi riconosceranno nessuno. Note {I) Hostinatorigore: divisa di Leonardo. (2) Tralasciando le questioni fisiologiche, cito qui il caso d'un individuo affetto da mania depressiva, che ho visto in una clinica. li malato, nella condizione di vicarallentata. riconosceva gli oggetti con straordinaria lentezza. Le sensazioni lo raggiungevano dopo un tempo considerevole. Nessun bisogno si faceva sentire in lui. Questa forma. cui si dà talvolta il nome di mania stupida. è estremamente rara. (3) Edgar Poe, «Su Shakespeare~ (Marginalia). (4) Se si spiega perché l'identificazione in un oggetto materiale pare più assurda di quella in un oggetto vivente, si sarà fatto un passo in avanti nella questione. (5) La parola non ha qui il significato dei matematici. Non si tratta d"inserire in un intervallo un infinito numerabile e un infinito nonnumerabile di valori; non si tratta che dell'intuizione ingenua, d'oggetti che fanno pensare a leggi. a leggi che parlano agli occhi. L'esistenza o la possibilità di cose simili è il primo fauo, e non il meno sorprendente. di quest"ordine. (6) Vedi la descrizione d'una battaglia, del diluvio, ecc., nel Traila· to dellaPiuura e nei manoscritti dell'lnstitut {ed. Ravaisson-Mollien). Nei manoscritti di Windsor si vedano i disegni di tempeste. bombardamenti, ecc. (7) Disegno nei manoscritti dell'lnstitut. (Traduzioni di Beniamino Dal Fabbro) In verità non nutrivo interesse per la moltitudine di particolari che l'erudito ricerca nelle biblioteche. Che importanza ha, dicevo, quanto accade una volta sola? La storia per me è un eccitante, non un cibo. Quello che inse-- gna non si trasforma in tipi d'atti, in funzioni e operazioni del nostro spirito, il quale, in stato di veglia, non ha bisogno che del presente e di se stesso. Non cerco il tempo perduto, che piuttosto respingerei. Il mio spirito non vive che d'azione. li più vero d'un individuo, il più Lui-Stesso è il suo possibile - che la sua storia libera in maniera incerta. Quanto gli accade può non ricavarne quanto ignora di se stesso. Un bronzo mai percosso non rende il suono fondamentale che sarebbe il suo. Per questo il mio tentativo fu piuttosto di concepire e di descrivere a modo mio il Possibile d'un Leonardo che il Leonardo della Storia.
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