Alfabeta - anno V - n. 50/51 - lug.-ago. 1983

Se ne trova una curiosa conferma, dopo trentasei anni, oggi. 1930. La fisica teorica più audace e più profonda, - costretta a rinunciare alle immagini, alla similitudine visiva e motoria - per abbracciare il suo immenso dominio, per unificare le leggi e renderle indipendenti dal luogo, dall'epoca o dal movimento dell'osservatore, non ha più altra guida che la sim=tria delle formule. Disegni del genere sono assai numerosi nei manoscritti di Leonardo. Vi si vede la sua prc:cisa itrrnuigi,uuione figurare quello che la fotografiaba reso scmihilc ai giorninostri. ridurre, qua e là, a elementi intelligibili. Talora vi bastano i nostri sensi, talaltra i più ingegnosi metodi vi s'adoperano. ma restano dei vuoti. I tentativi rimangono lacunosi. E qui il regno del nostro eroe. Egli ha un senso straordinario della simmetria, che di tutto gli fa problema. In ogni fessura d'incomprensione s'introduce laproduzione del suo spiriio, e si vede di quale utilità possa essere. Egli è come un'ipotesi fisica. Bisognerebbe inventarlo, ma esiste:l'uomo universale ora lo si può immaginare. Un Leonardo da Vinci può esistere nei nostri animi, senza troppo abbagliarli, a titolo d'una nozione: una fantasticheria del suo potere può non perdersi troppo presto nella bruma di parole e d' epiteti illustri, favorevoli all'inconsistenza del pensiero. Si può credere che lui stesso -sisarebbe appagato di tali miraggi? Conserva, questo spirito simbolico, lapiù vasta collezione di forme, un tesoro sempre limpido degli atteggiamenti della natura, un vigore sempre imminente e che ingrandisce secondo l'estensione del suo dominio. Una folla d'esseri, una folla di ricordi possibili, la forza di riconoscere nella distesa del mondo un numero straordinario di cose distinte e d'ordinarle in mille maniere, lo costituiscono. È il sovrano dei visi, delle anatomie, delle macchine. Sa di cosa è fatto un sorriso e può metterlo sul volto d'una casa, nellepieghe d'un giardino; egli scapiglia e arriccia i filamenti delle acque, le lingue dei fuochi. In mazzi formidabili, se la sua mano figura le peripezie degli assalti da lui combinati, si descrivono le traiettorie di migliaia di pallottole disgreganti i rivellini di città e di piazze, appena costruite da lui in ogni particolare e fortificate. Come se le variazioni delle cose gli sembrassero in quiete troppo lente, egli adora le battaglie, le tempeste, il diluvio. Si è levato a guardarle nel loro insieme meccanico e a sentirle nell'indipendenza apparente o nella vita dei loro frammenti, in un pugno di sabbia dispersa a volo, nella smarrita idea di ciascun comballente in cui si torcono passione e intimo dolore •. Egli è nel piccolo corpo «timido e brusco» dei bambini, conosce le restrizioni di gesto dei vecchi e delle donne, la semplicità del cadavere. Possiede il segreto di comporre esserifantastici la cui esistenza diventa probabile, in cui il ragionamento che ne accorda leparti è sì rigoroso da suggerire la vita e la naturalezza dell'insieme. Fa un Cristo. un angelo, un mostro, prendendo quello che è conosciuto. che è dovunque, in un ordine nuovo, approfittando dell'illusione e astrazione della pi/tura, la quale non produce che una sola qualità di cose, e le evoca tutte. Dalle accelerazioni o lentezze simulate dalla caduta di terre o di pietre. dalle curvature massicce a moltiplicati panneggi, dai fumi che spuntano dai tetti alle arborescenze lontane, ai vaporosi faggi degli orizzonti, dai pesci agli uccelli, dalle scintille solari del mare ai mille esili specchi dellefoglie di betulla, dalle scaglie lucenti in moto sui golfi, dalle orecchie e dai riccioli ai turbini coagulan delle conchiglie, egli va. Passa dalla conchiglia alle volllle tumorali delle onde, dalla pelle d'esigili stagni alle vene CM li intepidirebbero, agli ek-ntari mo11imentidel rettile, ai fluidi serpenti. Tutto egli vi11ifica.L'acqua, intorno al nuotatore', l'applica in' sciarpe, in panni CM modellano gli sforzi dei muscoli. L'aria, la fissa nel solco delle allodole in sfdacciatu,a d'ombra, in spumose fughe di bolle che quelle aeree scie e la loro fine respirazione de11onodisfare e lasciareattraveno i fogli bluastri dello spazio, lo spessore del vago cristallo dello spazio. Michèle Mftail, Polyphonix 5 Italia, 1983 Qm questo il travagliodel suo pensiero appartiene alla lenta trasformazione della nozione di spazio - che da una camua vuota, da un volume isotropo è diventatoa poco a poco un sistema inseparabile dalla materia che contimL e dallo spazio. Ricostruisce tutti gli edifici, tutti i modi d'aggiungersi i materiali più diversi lo tentano. Gode delle cose distribuite nelle dimensioni dello spazio: delle curvature, delle impalcature, delle cupole lanciate, delle galleriee delle logge allineate, delle masse il cui peso è sorretto in aria dal loro peso entro archi, dei salti e dei ponti, dellaprofondità della verzura d'alberi dileguanti in un'atmosfera da cui bevono, della strultuTa dei voli migratori i cui triangoli acuti veno il Sud mostrano una combinazione razionale d'esseri viventi. Si trastulla, prende animo, traduce in universale linguaggio tutti i suoi sentimenti con chiarezza, consentendalo I' abbondanza delle sue risone melllforiche. li suo gusto di non finirla con quanto si contiene nel più leggeroframmento, nel minimo pezzo del monda, rinnova laforza e la coesione del a ~ suo essere, la cui gioia finisce in decorazioni di feste, in ~ graziose invenzioni, e quando sognerà-di costruire un uomo._ ~ 8161otecag1nob1anco volante, lo vedrà levarsi per cercare nei·e sulla cima dei monti e tornare a versarne, l'estate, sui selciati cittadini tutti vibranti di calore. La sud, emozione è elusa nella delizia di volti puri divorati da una.smorfia d'ombra, in aspetto d'un dio che tace. Il suo odio conosce tutte le armi, tutte le astuzie dell'ingegnere, tutte le sottigliezze dello stratega. Progetta formidabili ordigni di guerra, che fa proteggere da bastioni, capponiere, contrafforti, fossati muniti di chiuse per alterare repentinamente l'aspetto d'un assedio. E io ricordo, apprezzando la bella diffidenza italiana del XV I secolo, che ha costruito dei torrioni in cui quallro rampe di scale, indipendenti intorno al medesimo asse, dividevano i mercenari dai loro capi, le truppe degli assoldati le une dalle altre. Adora questo corpo d'uomo e di donna che a tutto si commisura. Ne sente l'altezza, e che una rosa può arrivare al suo labbro e che un grande platano lo supera venti volte con una chioma il cui fogliame ridiscende sino ai suoi riccioli, e che può riempire con la sua forma raggiante una sala MilliGraffi, Polyphonix 5 Italia, 1983 possibile, una concavità di volta che se ne deduca, un sito naturale che conta i suoi passi. Egli scruta l'urto leggero del piede che si posa, lo scheletro silenzioso entro le carni, le coincidenze de/l'andatura, tutto il gioco superficiale di calore e di f rtschezza che sfiora le nudità, candore diffuso o bronzo, fuse sopra un meccanismo. E il volto, questa cosa illuminame e illuminata, la più particolare delle cose visibili, la più magnetica, la più difficile da guardare senza leggervi, lo possiede. Nella memoria di ciascuno rimangono alcune centinaia di visi con le loro variazioni, vagamente. Nella sua, erano poste in ordine e si susseguivano da una fisionomia ali'altra, da un'ironia ali'altra, da una saggezza a una minore, da una bontà a una divinità, in simmetria. Intorno agli occhi, punti fissi il cui mutevole splendore gioca e si tende sino a dire tutto, la maschera in cui si confondono una complessa architettura e moventi diversi sollo l'uniformità della pelle. Nella moltitudine degli spiriti, questo somiglia a una di quelle combinazioni regolari di cui abbiamo parlato: non pare, come la maggior parte degli altri, che lo si debba riferire, per comprenderlo, a una nazione, a una tradizione, a un particolare gruppo d'artigiani. Il numero e il legame dei suoi alti ne fanno un oggetto simmetrico, una sorta di sistema completo in se stesso, o che si rende tale incessantemente. È fallo per far disperare l'uomo moderno che sin dal/'adolescenza è sviato in una specialità in cui si crede debba diventaresuperiore in quanto vi è rinchiuso: s'invoca la varietàdei metodi, la quantità dei particolari, la continua aggiunta di fatti e di teorieper non giungere che a confondere l'osservatore paziente, il contabile meticoloso di quanto esiste, l'individuo che si riduce non senza merito, se la parola ha un senso! alle minuziose abitudini d'uno strumento, con colui per il quale il lavoro è fatto, il poeta dell'ipotesi, l'edificatore dei materiali analitici. Al primo la pazienza, la direzione monotona, la specialitàe tulio il tempo. L'assenza di pensiero è la sua qualità. Ma l'altro deve circolare attraversoseparazioni e recinzioni. li suo compito è infrangerle. Vorrei qui suggerire un'analogia della specialità con gli stati di stupefazione dovuti a una sensazione prolungata, a cui accennavo. Ma il migliore argomento è, nove volte su dieci, che ogni grande novità in un ordine è ottenuta con l'intrusione di mezzi e di nozioni che non vi erano previsti: avendo attribuito lilliprogressi allaformazione d'immagini, poi di linguaggi, non possiamo eludere la conseguenza che la quantità dei linguaggi posseduta da un uomo influisce singolarmente sul numero delle occasioni che può avere di trovarne di nuovi. Sarebbe facile dimostrare come tutti gli spiriti che sono serviti di sostanza a generazioni di ricercatori e d'argomentatori, i cui lasciti hanno nutrito per secoli l'opinione umana, la mania umana d'echeggiarli, sono stati più o meno universali. I nomi di Aristotele, Descartes, Leibniz, Kant, Diderot, ba.s/lffloa stabilirlo.· - Forse il più grande possesso di se stesso allontana l'individuo da ogni particolarità - che non sia quella medesima d'essere padrone e centro di sé? In Nota e digressione se ne trova lo sviluppo. Oggi scriverei che il numero d'usi possibili d'una parola in un individuo è più importante del numero di parole di cui può disporre. Vedi Racine, V. Hugo. Diderot, qui, non c'entra. Del filosofo non aveva che quanto di leggerezza occorre al filosofo, e che, d'altronde, manca a molti di loro.

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