Alfabeta - anno V - n. 49 - giugno 1983

spray di colonia o di garofano? Fragole o lamponi? Acqua di Evian o di San Pellegrino? Pappa reale o vitamine? glu• cosio o citrosodina? seta o lana? guanaco o visone? Mozart o Vivaldi? Proust o Thomas Mann? Le monde o il Ff? Tv Montecarlo o la Svizzera italiana? Caffè o_tè?Guardate il Tiepolo e il Guardi Canal e Canaletto Tintoretto e Bassano Pietro Lorighi e Rosalba Carriera?» Tossì a lungo e quando provò a sputare fu scosso da due conati di vomito. I passeri volarono via dalla porta che si stava spalancando con lenta solennità e con entrambi i bat• tenti per accogliere il sopraggiungere a larghipassi del lumi• nare della scienza.medica della Germania federale. Il presi· (jente lo salutò in tedesco. Aggiunse una citazione di Goethe e il ricordo di quando si erano incontrati tre anni prima, al Sigfrido di Salisburgo. Il luminare rispose in italiano citando Petrarca e Ariosto. Dopo il primo approccio il medico fece finta di rivolgersi ad Arlecchino su~ assistl!cntee, un momen· to dopo interpellò il dottor Dulcamara, e più avanti Figaro. Tra i pittori preferiva Botticelli e Michelangelo. Il Buonarro• ti anche come scultore e architetto. «E poeta?» insinuò il presidente. «Oh no! no! non lo conosco come poeta. Oh quale man• canza. Ah cosa debbono essere le sue poesie. Ah che emo• zione mi riserva! anche se già ne perdo un poco con questa gioia di sapere che potrò incontrarle». «Sì, gliele regalerò io. Le darò il mio libriccino, piccolo e bruttino. Perché gli italiani non. le hanno mai pubblicate bene; con tutto il rispetto e l'ammirazione che meritano... » «Provi ancora a tossire... Italiani, italiani; geniali quanto disordinati. Non curano... come lei non ha curato, dedicato attenzione alla sua malattia. L'ha fatta diventare una ragaz. za e poi una donna, come una figlia ignorata; una scono• sciuta sorprendente, che poi diventa un'avversaria... anche ostinata». «La colmeremo adesso di tutti i beni e regali che la ricon• vertano e presto, debitamente, al rispetto onorevole per un padre ... o almeno alla... Che libretto tratta un caso simile? Mi sembrerebbe piuttosto roba da meridionali». «Sì! ma non solo da meridionali; potrebbe essere anche molto, molto nordica. Non è poi tanto sentimentale e tenera vicenda». «Allora una figlia tedesca, dignitosa e cosciente di sé; così istruita da riconoscere razionalmente il vantaggio di accor• darsi e di convivere con il padre». «Tedesca? Non tedesca, così come lei dice. Forse tedesca di nascita, ma non allevata e cresciuta... Istruita altrove, for• matasi con altri principi e culture. Fanatica, ieratica, vota• ta... come un'orientale... » «Un'odalisca? Una vestale? Una terrorista palestinese? Una entraineuse di Hong Kong?» «Chissà, vedremo. Vedremo insieme quale sarà il suo volto e il suo carattere. Vedremo se avrà con sé esplosivo al plastico, mitra, missili, oppure veli droghe balsami e veleni. Vedremo se le basteranno molti regali, anche preziosi, o se vorrà ancora qualcosa di più». «E cosa?» «Amore cioè soggezione devozione compenetrazione do• minio». «Ho già qualche jeune fille di questo tipo». (...) Il presidente era solo da qualche ora quando riprese ad invocare i passeri: che venissero a liberarlo da quei grani velenosi che infestavano la sua messe. Si accorse aprendo gli occhi che non c'erano più passeri nella sua stanza e che anche la luce vi eramolto diminuita. Chiamò il luminare che si era ritiratonella stanza accanto e quando lo vide entrare in fondo alla stanza cominciò subito a spiegargli e anche a suggerirgli, certo anche a sottoporgli quella nuova terapia dei passeri. Il luminare dissentì. «Non più cicogna - disse - oggi; per nessuna volpe». Il professore come toccato dallaparola volpe riprese il telefono e chiamò di nuovo il dott. La Corbata. «Mi raccomando - disse - il costo del lavoro! la libertà e lo statuto dell'impresa! la mobilità della mano d'opera! la spe• sa pubblica! la fiscalizzazione degli oneri sociali! le com• messe governative! il finanziamento pubblico della ricerca! la Visentini bis! il tasso di sconto! i premi alle esportazioni». Telefonò a Caposile in Svizzera e lo trovò subito efficiente obbediente così riservato che quasi non rispondeva nemme• no a lui. «Bravo, bravo - gli disse, - quel pazzo di Saracci• ni, idiota megalomane, invasato populista, misticheggiante, con il suo Galbraith e la sua nuova frontiera. Saraccini non troverà più un lavoro, dovrà andare a ritrovare il suo Roose• welt e la sua Tennessee Valley. Dovrà ridursi afare ilprof es• sorel Caposile! Lei non si lasci intimidire dallefalse culture. Stia sicuro nella nostra scienza e nel nostro diritto: i conti sono i conti». Chiamò la segretaria della presidenza, la se• grewria dello studio professionale, la segretaria della dire• zione del partito, la segretaria del gruppo parlamentare. Chiamò tutte le contesse italiane del comitaro internazionale per salvare Venezia; chiamò il commendatore di bronzo che aveva comandato i batiscafi con i lingotti d'oro della Banca centrale e che avrebbe nel futuro guidato l'ultimo sommergi• B1bl1oteca•ginobianco bile dei liberals contro i vandali animaleschi de Il pianeta irritabile. Colui che avrebbe ucciso il capo ribelle, la scim• mia Epistola, e che si sarebbe disintegrato al massimo del/'e• roismo e della dedizione con le sue stesse bombe. Chiamò ancora Caposile e gli confidò che Saraccini doveva aver sparso cassette di transistori dappertutto nelle sale e nelle poltrone dellapresidenza e della direzione generale efotoco· piato ogni documento nero e bilancio Ks per avviare ricatti e denunce. E che adesso stava entrando, sì, in quel momento cercava di entrare nella sua stessa stanza tanto che già ne tremava il trumeau settecentesco, la vetrina con tutti i vetri di Murano antichi, anche i quadri alle pareti e i pizzi delle tende, persino il supporto metallico dell'ossigeno e il cannello dellafleboclisi e anche il lampadario di cristalloche veni• va da Palazzo ducale e anche il pavimento e perfino gli spessi tappeti di Cina da sollevare polvere mosche zanzare vespe calabroni nugoli di insetti tropicali mosche tze-tze ve• dove nere scorpioni messicani zecche africane moscerini di laguna pappataci malarici cimici volanti romane e napo/eta• ne pipistrelli della Transilvaniafoglietti clandestini dei comi• tafi di base messaggi sobillatori delle commissioni interne protocolli di piattaforme rivendicative assurde e poi ancora inchieste interviste settimanali tavole rotonde interrogativi interrogazioni... «Tutta la stanza batte infuocata e si gonfia, per esplodere; e dopo toccherà allafabbrica, povera fabbri• ca! e al palazzo uffici, così bello! monumento di architettura moderna! così prezioso! che è costato tanto! che ci è invidia• to da tutti... è lì è lì sotto, salvate proteggete la fabbrica e il palazzo scansate Saraccini! abbattete Saraccini Saracconi con qualsiasi mezzo! armate le guardie! sparate voi stessi! f omitevi di raggi! state attenti! annunciate proclamate che Saraccini sta per far crollare tutto! è lui il vero grande unico terrorista! lo so lo so, è vero, lo vedo lo sento e ve lo dico! l'ho sempre temuto e pensato; l'ho creduto in ritardo l'ho capito forse troppo tardi per la mia bontà fiduciosa; per il mio rispetto civile e intellettualedegli altri! ahimè quale vele• nosa zanzara Saraccini Saracconi in quella combinazione alata e velenosa proprio come un favo consapevole accanito e felice di tutto il veleno che avrebbe sprigionato... » Il luminare incise profondamente la gola del presidente e vi inserì una sonda molto larga per farlo respirare e per liberarlo delle secrezioni interne che lo gonfiavano rischian• do di soffocarlo. Quel cannello fischiò come un treno. «Pronto? Chi è? Chi parla? Chi parla?» rispondeva il presi• dente a quello squillo di telefono. «Sei tu sei tu Caposile?sei tu La Corbata? avetemesso tutto a posto?» Il luminare chiamò il medico personale del presidente e gli indicò quel cratere che eruttava. «Non smette mai di ribollire e di buttar fuori. Mai, sempre più prepotente». «Non ha mai cessato un attimo di bollire e di investire tutto e tutti intorno a sé per tutta la vita. Credo da quando aveva pochi giorni di vita. Investire tutto fino a dove arriva• va con il pensiero. Fin dove arrivava a capire voleva anche coprire». «Sì, è così. Ora che ce lo siamo rivelato me ne posso andare. Il suo cancro ha la sua stessa fisiologia e psico/o• gia». Il presidente cercava di chiudere con le mani la bocca di quel cannello che lo svuotava, spinto dalla urgenza di trova• re ancora dentro di sé quel poco di fiato che lo facesse parlare per l'ultima volta, ma ancoraforte e con precisione. «Muoio con il rimpianto che l'Italia non sia razionale come la Germania» schiumò e rantolò tra le bolle verso lo scien• ziato. Il tedesco assentì, appena fermandosi; e in risposta stirò tutta la bocca come Faust... che stesse preparandosi, meditando, o che si preparasse inappagato anche se convin• to nel riflesso accidentale di un vetro o di un monile? Il luminare stesso non riuscì a stabilirlo. Il medico soccorse il presidente e questi lo afferrò per i bicipiti e se lo tirò accanto, tra le stesse pieghe bagnate del cuscino. « Traditori, traditori - rantolava adesso, - voleteportarmi via tutto. Traditori!»si girò a prendere ancora il telefono. Tirò via il cannello dal profondo della gola e si accostò il telefono alla bocca; ma dopo aver cercato invano di parlare si cacciò tutta la cornetta dentro il taglio della gola e sibilò sforzandosi con tutto il corpo tanto da sprizzare fuori dalle punte delle dita unghie lunghe e dure come chiodi. Morì schiantando la bocca come un bulldozer governativo colpito dal bazooka di un guerri• gliero, rigettò metà cornetta al di là della carotide. Quel medico si ritirò inorridito, folgorato dalla rottura di dio. In fondo al letto, contro la finestra, per riprendersi un poco, pensò che qualche volta i sindacati e anche i comunisti pos· sono avere ragione. Il maggiordomo del presidente gli porse un cognac di trent'anni, quello esclusivo del defunto padro• ne. Lo stesso domestico se ne sorbì un mezzo bicchiere sospirando sulla misura e rapidità finalmente raggiunte. Appena un'ora dopo arrivò a bussare il dott. Caposile, trepido e felicemente ignaro. Il maggiordomo lo accompa• gnò barcollando e sorridendo nell'ubriachezza davanti all'apparizione del letto di tanta morte. Lo lasciò solo avanza• re fino alla visione implacabile del defunto: riverso tra i cuscini, con il tele/ono dentro lagola, la bocca abbandonata da una parte e dall'altra; così le guance, le orecchie e le tempie come le due metà di un bilancio ormai smascherato; il braccio sinistro in fuori, ancora teso a indicare. Caposile capì quegli ordini assoluti, e cominciò tremando a chiudere e a radunare ogni cosa significativa e segreta; da togliere e nascondere. Serrò la sua stessa borsa, abbottonò meglio il proprio cappotto, si assestò addosso il portàfoglio e l'agen· da. Tirò il cassetto del comodino e ne versò il contenuto dentro una delle borse del presidente. Frugò sotto i cuscini, nelle tasche delle vestaglie e del pigiama. Trovò l'agenda presidenziale sotto la spalla sinistra, sopra il tubo del/'ossi• geno; e quella personale in un cassetto segreto del trumeau settecentesco. Continuò la ricercadella grande borsa di coc• codrillo che il presidente teneva sempre con sé. Piena di tutto, i documenti riservati: lettere bilanci note cifre codici sigle chiavi microfilm nastri. Tutti documenti segreti della vita vera dell'azienda e della verità di tutto il suo ambiente. La trovò facilmente nella cassaforte celata da una grigia marina di Guardi deposta dietro una fila di bottiglie di Framboise della Foresta nera accanto al primo esemplare del primo libro a stampa della Serenissima. Corse a portare tutto nel/'auto che aveva noleggiato a Venezia e andò a par• cheggiarlain fondo al parco. Un branco di passeri si levò da un fienile vicino. Caposile li sentì sfrullare tanti come tutti i pensieri e compiti ai quali doveva tener dietro. Tornò a telefonare con decisione e per esserechiaro e calmo si affida• va alla ferocia. Primo a La Corbata, secondo a Torino, terzo a Roma: partito, redazioni collegate, Ansa, sottosegre• tario alla presidenza del Consiglio dei ministri, quarto in fabbrica, centralino e turno di guardia, quinto direttore ser• vizi sanitari, sesto direttore dell'immagine, settimo a.d., ot• tavo segreteriadel presidente, nono ufficio legale, dieci a sua moglie, undici al proprio collaboratore intellettuale, dodici allagentil donna illustre e influente di Milano che lo sostene• va nella carriera industriale e mondana, tredici al vescovo della città della fabbrica, quattordici all'arcivescovo della diocesi della vii/li, quindici al presidente confindustria, sedi· ci assolombarda, diciassette industriali Torino, diciotto in• dustriali veneti, diciannove giovani industriali, venti vice presidente del sindacato di controllo, ventuno portineria Grand Hotel... Venezia per immediato servizio onoranze funebri adeguate, ventidue al governatore sommergibilista (con disappunto di non averlo chiamato prima almeno al numero undici o dodici). Intanto aveva fatto piantonare l'auto da un giardinierefidato e ingenuo che erasopraggiun• to verso la mezzanotte per curare in silenzio e in quella propizia quanto fuggevole ora lunare gli innesti del roseto principale prospiciente le colonne dell'ingresso. Che non la• sciasse mai quell'auto; tenendoci le mani sopra la maniglia della portiera lato guida. Allontanandone ognuno e chiun• quel Anche la vergine Maria o la giovane amica del presi• dente. Alle ore 5 del p~imo giorno sul mondo senza più presidente, Caposile lasciò la villa. Ormai vi erano entrati e dilagati per ogni sito medici amici becchini camerieri foto• grafi giornalistipreti politici. Con quella sua macchina, stac• catone quasi a forza il giardiniere impalato, si Ìnfilò con i mezzi fari e a bassa velocità nell'alba solfurea verso la lagu• na e l'autostrada per Milano. Prima delle 8 era giunto, con quel suo carico prezioso e pericoloso, davanti al portone della sede degli uffici del dott. La Corbata. Non aveva con• venuto niente per telefono, con quel maestro dellasegretezza e delle procedure, quando gli aveva comunicato la ferale notizia. Ma quella eccellenza provvidente era già lì, sulla soglia socchiusa, che l'aspettava. Loro due personalmente, insieme, trasportarono borse buste plichi tenendoli stretti e celati quanto più possibile sotto i cappotti, anche dentro l'ascensore riservato, fin alla tavola sotto la cassa/orte blin• data della stanza della presidenza. «Dobbiamo controllare e mettere in ordine ogni fascicolo, elemento, foglio, dato. Senza stilare elenchi, né prendere alcuna nota scritta. Dovremo calcolaretutto a mente e impa• rarlo bene per sempre. Nessun altro dovrà sapere mai nem• meno il numero di questi documenti. Niente della esistenza di molti di essi. Qualcosa solo di quelli ufficialmente necessa• ri. Saremo noi due anche a decidere e di comune accordo se qualche elemento o appunto parziale sarà opportuno portar• lo alla conoscenza di chi altri del consiglio di amministrazio• ne e del sindacato di maggioranza». «Decideremo insieme anche la scelta di questi altri?» do• mandò ingenuo e solerte Caposile. «Al momento giusto e nella circostanza opportuna e ne• cessaria decideremo anche su questo punto - rispose altre/• tanto quieto il dott. La Corbata. - Lei ha ormai l'azienda in pugno totalmente - proseguì come per se medesimo. - Verrà nominato un presidente ma lei resterà comunque il delegato dell'esecutivo e della gestione. Anche perché sarà lei il mio unico interlocutore. Certo, molte, tante cose le vedremo nel• le apposite sedi e collegialmente, come si conviene a una buona gestione integrata dell'impresa». «Sì. Ben integrata verticalmente» fu l'omaggio devoto di Caposile. «Appunto» afferrò e tolse via il dott. La Corbata. A. Diirer, Combattimento di San Michele e il drago

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