lo precedente. Perciò le tecniche di controllo si affinano, la normativa diventa più incalzante, i processi contro i colpevoli dell'«abominevole vizio,. si succedono a ritmo serrato con l'aiuto di delatori e di una rete organizzata di informatori. Se per tutto il Medioevo non si rilevano che rari casi di processi per sodomia, all'inizio del Quattrocento viene istituito a Venezia un Collegio di quattro membri che ha il potere di arrestare, interrogare e torturare tutti gli accusati di «mal sodomitico». li Collegio e i «Signori della Notte», che già nel secolo precedente avevano assicurato la tranquillità dei veneziani, costituiscono l'organizzazione destinata a tutelare l'ordine, alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci, che per tutto il Quattrocento e il Cinquecento è la massima autorità giudiziaria. Contemporaneamente, viene istituito un minuzioso sistema di archivio per gli atti dei processi, gli elenchi degli imputati, i recidivi, ecc. I corpi di guardia tengono sotto controllo le wne dove più facilmente prolifera il «male»: le osterie, le «bastie», i postriboli, i «sottoponeghi», i piccoli cortili segreti di questa città la cui architettura sembra offrire al «terribile vizio» una solitudine, un privato e una cornice incomparabili. Anche nelle scuole di canto, di danza, di musica, di armi, dove era facile cedere ai desideri «innaturali .., il controllo diviene minuzioso. I Dieci ordinano la chiusura Marco e a Rialto ma al tocco della «Marangona», la prima campana della notte, devono ritirarsi nei lupanari. Più tardi viene consentito alle ragazze di dormire dovunque. L'estrazione sociale delle donne che praticano il mestiere è varia: sono in maggior pane cameriere o vittime di stupro. Raramente lavorano senza protettore, essendo questi la persona che con lusinghe le ha sottratte alla «casa» (con la quale spesso esse sono indebitate) per poter godere di tutti i guadagni fatti nella strada. Del resto, è proprio a Venezia che non tarderà a verificarsi una rigida spaccatura di classe fra le donne pubbliche di strada e le cortigiane, donne colte e raffinate che ricevono nelle loro case, soddisfacendo i piaceri della mente e dei sensi. Verso la fine del Cinquecento viene persino pubblicato un «Catalogo,. di tulle le più «onorate» e «famose» cortigiane, con il nome, l'indirizzo e il prezzo «che La fora& ealT& Dio l'onore di Venezia e delle «honeste» famiglie viene salvato. Il Consiglio dei Dieci usufruiscé delle prostitute anche per soddisfare particolari esigenze. Esse prostitute (C. Calza, «Documenti inediti sulla prostituzione», in Giornale italiano delle malauie veneree, 1869). vengono impiegate per portare u na tendenza analoga si ril'acqua potabile per tutta la popo- scontra anche a Roma. Anlazione, e anche per spegnere gli che in questa città, nel Cinincendi. quecento, le leggi diventano più Verso la fine del Quattrocento, dure, le meretrici vengono obblile «benemerite meretrici» della gate ad ascoltare tutte riunite delle Repubblica - come Byron amava prediche con l'intento di farle pendefinirle - cominciano a destare tire, anche se queste riunioni sfopreoccupazioni di vario genere, ciano spesso in divertenti contradtanto hanno invaso la città e tanto dittori fra il predicatore e le convepubblicamenté esercitano il loro nute, con grande sollazzo del pubmestiere. Ve ne sono alcune che blico che accorre curioso e interesusano la propria abitazione per la sato a presenziare al «dibattito». rivendita del vino, per casa da gio- Si emanano bandi per cacciare co, ecc., provocando risse quoti- le prostitute da Roma, si condandiane nei quartieri. Una inversio- nano a morte i mariti che incoragne di tendenza appare inevitabile: giano le mogli a prostituirsi, si rela prostituzione viene nuovamente legano le meretrici nei ghetti e si messa in causa ma questa volta obbligano (invano) le cortigiane sotto una luce diversa. più ricche a lasciare la città. Le La nuova regolamentazione prigioni sono piene di donne sorconsidera la prostituzione preva- prese con monsignori e frati sicché e-forma eri-forma (eedia al modo (aedi& al modo purieta) del oontrodeeign) ~ -t■ria OOM Dopai ucuale niente (trasfigurazione e■tetiszante di un eooellente ogptto materiale) di alcune scuole, esortano i delato- -----, ri che vengono ben remunerati, ecc. Anche i medici vengono invitati a fare immediato rapporto dei danni riportati dai fanciulli incorsi nella violenza, magari per aver attraversato incautamente un «campo» di notte. E, come in molte altre città, i colpevoli subiscono la condanna massima del rogo, la stessa usata per gli eretici e le streghe. L'omosessualità è ormai penetrata in tutte le classi sociali, e si diffonde in particolare fra gli aristocratici e gli artigiani. Così anche Venezia si trova di fronte agli stessi problemi di Firenze. La città del Patriarca, cuore dell'impero coloniale del tempo, deve difendere le nascite non potendo permettere l'arretramento del suo dominio sul Mediterraneo. Fin dall'inizio del Quattrocento, anche Venezia permette alle prostitute di praticare il loro mestiere «en plein air». Il secolo precedente le aveva viste rinchiuse nel «Castelletto» vicino a San Cassiano. Esse sono ora autorizzate a muoversi lungo le calli intorno a San Disegno per Design e design (1979) hanno da pagare quelli Gentilhuomini, et al. che desiderano entrar nella sua gratia» (Leggi e memorie venete sulla prostituzione fino alla caduta della Repubblica, a spese del conte di Oxford, Venezia 1870-72). La pubblicazione ha il duplice scopo di rendere gradito il soggiorno degli stranieri col presentare una mappa che possa guidarli nella scoperta del piacere, e di difendere l'onore delle donne dabbene che non amano confondersi con quelle «prezzolate». Così anche lentemente un bersaglio da colpire. Le nuove leggi mirano a riportare ordine e a rinchiudere le meretrici nei luoghi tradizionali. Esse provvedono anche ad espellere le straniere, venute a Venezia per praticare il mestiere, alle quali viene dato un termine di 15giorni per lasciare la città. Due fatti concomitanti: la peste scoppiata a Milano e la diffusione della sifilide, forniscono al potere l'occasione per emanare leggi sempre più dure nei confronti delle anche Gregorio Xlii nel 1576prescrive di relegare le donne «infami» in luoghi appositi. E viene anche a Firenze il tempo in cui l'atteggiamento dei governanti subisce una «svolta» nei confronti della prostituzione. Anche qui, vengono emanate le!!gi pe1 allontanare le donne di vita che avevano lavorato fino ad allora nei quartieri più centrali della città. Le zone che avevano costituito il polo centrale della prostiCentoanni tuzione «agevolata» del Quattrocento erano Chiasso de' Buoi, vicino a palazzo Medici, e La Baldracca, non lontano dagli Uffizi. Molto spesso i proprietari delle «case» affittate appartenevano alle più illustri famiglie fiorentine. Non mancano risse e violenze. E molto spesso sono le prostitute a farne le spese (le statistiche dimostrano che erano molto più frequenti le condanne contro le donne di quelle nei confronti degli uomini, i quali venivano processati solo se denunciati da prostitute). La «integrazione» delle meretrici nel centro cittadino viene sconvolta dalle nuove leggi. La protesta generale che proviene dalle classi benestanti della città contro un fenomeno diventato troppo scomodo, le rimostranze che provengono da parte delle famiglie «onorate» (che non perdonano alle prostitute il fatto di vestire e comportarsi come donne perbene) e le prediche tuonanti che arrivano da ogni pulpito, risospingono presto le «filles de joie» ai margini della città, in squallidi quartieri o nei conventi. Anche qui, la peste viene utilizzata per l'allontanamento delle prostitute. Nel 1530, una trentina di vecchie prostitute vengono bandite dalla città con la scusa che scarseggiano i viveri (B. Varchi, Storie fiorentine, Libro IX). Come si è detto all'inizio, la relativa tolleranza nei confronti della prostituzione era stata originata da due preoccupazioni: l'omosessualità e l'assenza di nascite. All'inizio del Cinquecento la prima preoccupazione sembra essersi attenuata e l'altra quasi scomparsa, poiché l'evoluzione demografica ritorna su livelli acce11abili.Vi è una ripresa dei matrimoni e dellt! nascite che rende ormai del tutto inutile ogni intervento pubblico in favore di rapporti eterosessuali. Le prostitute, a questo punto, diventano superflue. I poteri pubblici, che in precedenza avevano fatto di tutto per favorirne l'attività, ora si preoccupano soltanto di allontanarle dal centro delle città e di ostacolarle nel loro operare. L'unico intervento in positivo è l'istituzione di strutture di pentimento: i conventi, che in precedenza avevano ospitato fanciulle stuprate, aprono ora i battenti anche alle prostitute desiderose di redimersi e di essere cancellate dagli elenchi dei bordelli e a quelle, vecchie ormai, desiderose soprattutto di tranquillità (cfr. Scherril Cohen, «Convertite e malmaritate. Donne 'irregolari' ed ordini religiosi nella Firenze rinascimentale», in Memoria, novembre 1982). diprostitu~_i9intaeliana A nche questa rievocazione del centenario della prima polemica sulla prostituzione in Italia sarà nello stile d'oggi. Da qualche tempo, la cultura italiana si è trasformata in un grande «parco delle rimembranze»: non si fa che rievocare, accender ceri o chiamare il morto. Dopo la mostra sui Medici e quella sugli anni trenta, è tutto un accavallarsi di manifestazioni culturali e di pubblicazioni listate a lutto, «stile Staglieno». li «2 novembre» è diventato la nuova insegna d'esercizio per molte case editrici. Le terze pagine dei giornali sono state trasformate in plumbei tavolini a tre gambe. C'è viva la passione del passato prossimo o del trapassato remoto. E 1'83 sembra l'anno santo del «morto che parla». Ce n'è per tutti i gusti: Guicciardini e Lutero, Marx e Mussolini, Kafka e De Sanctis, Carolina lnvemizio e la regina Margherita, Raffaello e Stendhal, Verdi e Wa81uliotecaginobianco gner, e altri ancora. L'importante non è vivere ma commemorare. Il necrologio ha preso il posto dell'elzeviro e gli studiosi di storia sono diventati specialisti in «coccodrilli». Seri, impegnati, precisini, con stile bardato di nero, rievocano tutto e tutti. La nuova arcadia è all'insegna del crisantemo. In quest'atmosfera untuosamente controriformista, non si può parlare di prostituzione altro che ricordando. È una caratteristica dell'annata culturale. Per essere à la page bisogna osservarla con compunzione. E il centenario ricorre in coincidenza col primo Convegno nazionale sul tema: Prostituzione anni '80. Marginalità o questione sociale?, organizzato dal comitato per i diritti civili delle prostitute, che si è svolto a Pordenone lo sco;so mese di febbraio. Proprio in questi tempi, cento anni fa, era in pieno svolgimento la prima polemica sulla prostituzione (su cui cfr. R. Canosa, Sesso e Stato. Devianza sessuale e interventi istituzionali nell'Ottocento italiano, Milano, Mazzotta, 1981), che vedeva schierati, in fazioni opposte e irriducibili, da una parte quelli che erano per il mantenimento dei bordelli (che chiamerò i «tenutari»), e dall'altra quanti erano per la chiusura, e cioè gli «abolizionisti». Oggetto del contendere era anche allora una legge. E come oggi si lotta pro o contro la legge Merlin, allora ci si batteva pro o contro il «regolamento Cavour», che il 15
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