Alfabeta - anno V - n. 47 - aprile 1983

Biichnemr onamour Q uartett è una trascrizione espansa del romanzo libertino del settecentescoChoderlos de Lados, Biichner mon amour è un omaggio appassionato alle opere più significative dello scrittore tedesco del secolo scorso. Sono favole feroci, aberranti, in cui gli interpreti sono ridotti a fantasmi o si rivelano personaggi grotteschi, o addirittura immagini di immagini. I due autori-attori in scena in Biichner mon amour, come pure la Merteuil e il Valmont di Quartett, recitanoparti identiche e irriconoscibili, mettono in atto giochi di schermaglie intellettualie linguistiche, saggiano tutte le modulazioni della retorica sadomasochista. Sia Miiller (un regista e scrittore «pendolare» tra la Germania Ovest ed Est - dove in realtà vive; un autore, però, non particolarmente gradito alla politica culturale del suo Paese per la soggettività «espressionistica»e per le riletture stralunate, interiorizzate, di testi classici o di eventi storici) sia Santagata-Morganti (un duo, già noto al pubblico milanese per lo spettacolo Katzenmacher, i cui modelli sono riconducibili ali'espressività di Carmelo Bene e al teatro di Leo de Berardinis e Perla Peragallo) rielaborano tutto tu/ piano della loro sensibilità, riferendo suggestioni e impressioni sul filo di una propria memoria. Sono autori «sensitivi», ma mai sovreccitati, che operano astrazioni anche «assurde», assecondando le intuizioni che un testo trasmette loro. Non esistono precisi referenti sociali ma ossessioni individuali, che si articolano in ritmi spezzati, iterati, in frammenti privi di logica e di funzionalità. I loro spettacoli sono sarabande di segni, senza obbligo di rispetto di qualsiasi consecutio, ma dotati di un'espressività illimitata. Gli echi di Artaud sono evidenti, per la volontà di mostrare ciò che è latente in noi, ma anche per la dimensione fortemente rituale, da tragico gioco (senza contare le blasfcmità barocche di Quartett, che rimandano anche a Genet). Un alstata per anni indissolubilmente legata ali'America. Solo negli ultimissimi tempi, alle più recenti esperienze americane, approdate tra l'altro a punte di sconcertante afasia, si è aggiunta la problematica interessantissima del teatro di danza tedesco (vedi il fenomeno Pina Bausch). Così, il baricentro delle certezze riguardanti il primato della ricerca di danza nel mondo ha cominciato ad oscillare. Tra America e Germania, tuttavia, il Giappone si inserisce come un ospite fluttuante. Ecco allora che un'analisi dei processi formativi della nuova danza butoh, facilitata dalla presenza di Kazuo Ohno, avrebbe potuto contribuire ad amplìare il campo dei riferimenti possibili, ad arricchire il quadro di esemplificazioni metodologiche utilizzabili, a chiarire quali siano state le occasioni storiche dentro le quali questa ricerca è nata. Occasioni che sembrano essere più stimolanti di altre proprio rispetto alla situazione attuale italiana, in cui si stanno manifestando fenomeni, o parvenze di fenomeni, di nuova danza. Q ualche sommario chiarimento. In Giappone, la danza butoh nasce negli anni sessanta con una forte connotazione politica. È accolta con entusiasmo dal movimento studentesco tro riferimento obbligatorio è Beckett, per lo «slalom» tra paradossale e ironico che caratterizza i due «inferni», e che abbina uno humour sinistro a uno straniamento inquietante. Ciò che accomuna Miiller a Santagata-Morganti - entrambi visionari del quotidiano - è inoltre il fatto di fare spettacoli né realisti né intimisti, situati in una zona intercodice a metà tra l'antinaturalismo e l'osservazione immediata e scrupolosa (si interpretano, in realtà, situazioni ben precise, ma provocando, trasponendo, metaforizzando). li perfetto ricalco del reale è abolito, la mimesi è bandita. I riferimenti tangibili si fanno sfuggenti, si disperdono nell'ipotesi mentale: è l'agonia del reale, di cui parla Baudrillard. Si congelano sentimenti terribili in frasi laconiche e in gesti sommari, si pratica l'ambiguità tra evento autentico e sua proiezione nell'inconscio, la cui diretta emanazione è proprio il terrore allo stato puro. li risultato è troppo finto per essere vero, troppo vero per essere finto. La voglia di falsificare, di manipolare, produce un'irrealtà selvaggia, in cui viene presenlalo come normale ciò che lurberebbe, invece, la concezione di normalità, e in cui si dà per scontata l'autenticità dell'allucinazione. li vero - innel periodo delle grandi manifestazioni antimperialiste degli zengakuren (studenti rivoluzionari). Ha ignorato il modello della modem dance americana, novità predominante nel Giappone postbellico, avendo presenti - ma poi rifiutandoli - i valori della tradizione, del teatro aristocratico No e del borghese Kabuki, per scoprire le caratteristiche proprie della geBibl1otecag1nob1anco Maria Maderna teso come verosimile - non esiste più, e tutto diventa «rappresentazione» (nel senso di artificiosità, di simulazione come essenza della realtà). Nello spettacolo si applica una tecnica di attribuzioni false, mutevoli, da cui intuiamo chi sono i personaggi (e non dalla loro sbandierata identità): senza mai aderire alla realtàpropria e altrui, essi incrociano i loro destini facendo scattare il meccanismo della conversazione. Sono cesellatori dellaparola, che - grazie al dialogo - permette giochi di incastro, confusione di identità e molteplicità di prospettive. Gli itinerari del delirio dei proragonisti, i passaggi più intricati dei loro percorsi iflteriori, sono espressi dalla virtù teatrale della parola, usala in tutta la sua perversione, quasi «il vero oggetto del sadismo» sia davvero, come per Foucault, «lutto quello che può esser detto». È laparola «piena», ma attraversata dall'horror vacui - anche se le frasi pronunciate non lasciano dietro di sé il vuoto che le ha creare.È un arduo tentativo di comunicare, la cui strategia esige l'inversione delle parti, il gioco di specchi, quasi si trattassedi un pretesto per una ricognizione nell'ibridismo del presente. li culto della parola, l'estrema sapienza linguistica, potrebbero stualità quotidiana, esaltare la specificità morfologica del corpo giapponese (ginocchia sporgenti, gambe rigide, braccia pendule). La danza butoh si è subito manifestata nella forma di rito arcaico, di rituale erotico suggestionato dalla poetica degli scrittori erotici francesi: Gene!, Lautréamont, Sade, ai quali Kazuo Ohno in Giappone si è ispirato forse per primo, esprimere una critica alla dittatura dell'immagine, considerata un limite alle possibilità di rappresentazione. Ma non è vero: c'è anche l'intenso desiderio che non vengano sopraffatte le immagini. Assistiamo dunque a un'opulenza figurativa (che però si ricompone, sempre, in un allegorismo rigoroso) nei due spettacoli: essi sembrano, paradossalmente, opporsi all'illusione dell'apparenza - e quindi della seduzione - ma sono riconducibili, in realtà, a collages di immagini, volta a volta, violente, angosciose o stupende. Collages che sanciscono l'assolutizzazione dellafrattura, dellascissione, al/'opera su azioni e gesti. Ed ecco la ripetitività, l'inconsequenzialità, l'assenza di un contesto oggettivo e di un'evoluzione produllrice di senso; la linearità narrativa è spezzata, ma ricostituita altrimenti col ricorso a strutture sempre geometriche, quasi numeriche. È teatro di poesia, una poesia stravolgente e inventiva, dal forte spessore onirico; un teatro patologico, di «devoluzione» quasi, che sfrutta i materiali espressivi in modo provocatorio, deformando i segni portanti dell'azione teatrale. Una pratica impietosa, cruda (anche se dagli inaspellati risvolti ludici), che sfoggia disgusto e sconforto quasi fossero «merce-immagie in modo affatto originale. Nel suo teatro dell'esperienza, il performer solista ha tracciato un ideale ponte di congiunzione tra l'Oriente e l'Occidente, filtrando nella sua danza libera gli insegnamenti e le suggestioni della danza espressionista tedesca degli anni trenta che vide e di cui subì l'influenza. Da queste brevi note si può forne», e presenta laguerra come spettacolo del presente, connessa alla vita quotidiana senza soluzione di continuità. Il-registrodell'ossessivitàè privilegiato, come l'insistenza su una «morale senza morale» e l'evidenza di un'etica e pratica dellamorte, a cui viene opposta una vita avara di prospettive e priva di collocazione temporale (ambientata, invece, in un hic et nunc esasperante). È la voluttà di morte a caratterizzare, quale unico elemento di continuità, questo apocalittico mondo senza ritorno (e che rimanda al tema dell'essere per la morte affrontato da Derrida). L'assurdità della morte sembra equiparabile ali'assurdità della vita: equazione che è la vera matrice del polo apparentemente opposto, il movimento, che viene riscoperto proprio nella negazione della sua forma più abituale - che, solo se estremizzato, può svelare un senso comune. Una dialetticadei contrari, quindi, che rende ben visibili i limiti e le possibilità del teatro, che fa sì che lo spettacolo acquisti una dimensione più penetrante, ma anche cosi esasperatada autonegarsi, quasi. L'omaggio a Beckett è ancora una volta esplicito, e a f ormu/arlo è lo stesso Heiner Muller, definendo entusiasticamente l'opera del drammaturgo irlandese come «il tentativo, durato una vita, di far tacere la propria voce». Biichner mon amour di Claudio Santagata e Alfonso Morganti da Leonce e Lena, Woyzeck, La morte di Danton e Lenz di Georg Biichner regia di C. Santagata e A. Morganti Milano, Teatro dell'Elfo (1-6 febbraio 1983) Quartett sceneggiatura di Heiner Miiller da Les liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos regia di Flavio Ambrosini Cooperativa Nuove Parole Milano, Teatro PiccoloCommenda (8 marzo-7 aprile 1983) se intuire quale sia in generale l'importanza della ricerca giapponese e con quale ritardo si sia affacciata in Italia. Ritardo che non fa certo chiarezza, ad esempio, sulle reali ascendenze di certo teatro del corpo occidentale (Lindsay Kemp). Tuttavia, che il giapponismo possa prendere piede lo dimostrano già gli annunciati eterogenei festival estivi di Reggio Emilia e di Milano. A quanto si dice, arriveranno il teatro No di Hido Kanze, il gruppo musicale Gagaku, gli Shankai Juku, le marionette del Bunraku, il gruppo degli Antichi Religiosi Hagura, Ashikuwa Yoko con il suo gruppo Antokubuto, il teatro sperimentale Tenkey Gekijo, il gruppo di musica tradizionale Biva Onyaka e il teatro Kabuki di Ennosuke III. li rischio è ancora una volta quello della moda. Quali sono le motivazioni culturali che sostengono le programmazioni istituzionali? Casualità? Estemporaneità? Con quanto esposto sopra non si vuole dire che il complesso delle esperienze artistiche riguardanti la danza e il teatro di danza debbano e possano essere presentate secondo le sequenze cronologiche e le reali derivazioni. Occorrerebbero, però, progetti consapevolmente approntati e sistematici interventi critici.

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