che Berlino fosse costruita in questo modo. D. Ma l'impressione che offre il piano di Berlino è quella di una capitale «vuota.., di uno zoning assai radicale... Speer. Anch'io pensavo che gli edifici fossero troppo grandi e che le strade sarebbero risultate vuote e senza vita. L'idea era di creare l'impressione di una strada moderna in una città moderna ... Ma io volevo portarvi una certa vita, per non avere esclusivamente una esibizione di vasti edifici. Il grande asse centrale, però, era solo una parte del tutto. L'idea principale del piano derivava da quanto gli architetti spagnoli e russi andavano facendo con sistemi assiali senza fine - sistemando grandi edifici di altezza decrescente lungo i due lati della strada. Penso che questa sia l'unica soluzione valida qualora si vogliano avere profittevoli sistemi di trasporto, ad esempio una metropolitana, poiché, come succede oggi nei quartieri residenziali delle periferie, la densità della popolazione non è tale da giustificare gli investimenti necessari per i trasporti. Se si ha invece una grande densità di popolazione lungo i due lati di un asse viario, è possibile servirla con una metropolitana efficiente. Questo aiuta a liberare il suolo. Tale era l'idea per Berlino. D. Come funzionava il lavoro di pianificazione? Speer. Vi era, sotto il mio comando, una speciale organizzazione indipendente. Io avevo un piccolo ufficio con otto-dieci architetti che lavoravano al mio piano. Avevo inoltre un ufficio per la ricostruzione di Berlino, con circa trenta persone, molte delle quali avevano studiato con Tessenow. Nel 1938, quando il piano cominciò a essere attuato, si formò un terzo ufficio preposto all'esecuzione degli edifici- un grande ufficio.· diretto dall'ex responsabile di tutte le costruzioni di Norimberga. D. Quali erano le implicazioni economiche del piano per Berlino? Speer. Hitler non voleva che qualcuno sapesse quanto sarebbe costata questa grande opera - temeva le reazioni dei burgers. Così io non parlavo quando mi si chiedevano i costi. Egli disse al ministro delle Finanze: «Vedremo, non posso dirvelo ora», altrimenti quello ne sarebbe rimasto scioccato. Naturalmente, Hitler e io sapevamo quanto si sarebbe speso. D Vorremmo porle ora alcune domande particola- • ri. Alcuni studi recenti hanno sottolineato l'importanza del libro di Rosenberg, Der Mythus des XX Jabrhunderts, anche per gli sviluppi della cultura architettonica nazista. Lei che ne pensa? Speer. A mio avviso ciò non è vero. Certo io non lessi questo libro - era troppo noioso. Sicuramente alcune persone, tra le quali degli architetti, lo lessero, ma Rosenberg non ebbe alcuna influenza sull'architettura. Rosenberg era un architetto - ma Hitler come architetto non lo stimava. Ne bloccò ogni influenza. Hitler non lo amava molto: era un fautore troppo deciso dello stile dorico ... D. Potrebbe parlarci dell'influenza esercitata dagli scritti di Gottfried Federsull'ideologia nazista? Speer. Non ve ne fu. Feder era una persona ridicola. Era ancora più ridicolo allora di quanto non lo sia considerato oggi. Ma il suo libro non era poi così male. Lo lessi diverse volte. D. Ma Feder influenzò il pensiero di Hitler... Speer. No, egli non ebbe alcuna influenza su Hitler. Hitler non lo vide più dopo che a Feder venne assegnata una cattedra all'Università di Berlino. D. Per la formazione del sistema della pianificazione nazista pare che le concezioni di Walter Darré abbiano avuto una certa importanza... Speer. Darré era importante per l'agricoltura. Io ho visto le sue case per i contadini, ma non erano diverse da quelle che si costruiscono ovunque. Il suo pensiero circa la residenza in villaggi e piccole città non differiva dal modo tradizionale di pensare. D. Quale fu il ruolo di Todt per le politiche di lavori pubblici promosse dal nazismo? Speer. Todt raggiunse il potere quando venne costruita la «linea segreta», le fortificazioni contro la Francia. Come per le autostrade, anche le fortificazioni venivano costruite dalle grandi imprese tedesche sotto la supervisione dell'amministrazione pubblica. Era un fatto normale, realizzato così come avviene oggi, e come sempre si è fatto. D. Ma Todt ebbe un ruolo importante nella politica edilizia? Speer. No, non per quanto riguardava l'edilizia residenziale. La sua organizzazione venne creata allo scopo di restaurare rapidamente gli edifici, i ponti, ecc. distrutti, come accade in guerra. Operò sin dalla campagna di Polonia, seguendo le truppe, ricostruendo strade, ponti e ferrovie. D. L'organizzazione Todt ebbe un ruolo nella pianificazione dei territori conquistati, specialmente a est? Speer. No, ciò dipendeva dall'organizzazione di Himmler. Più tardi questa venne assorbita dalla Todt, quando essa assunse la responsabilità di ogni costruzione in Germania: Ma era troppo tardi per parlare di edilizia residenziale... D. Che cosa pensa del fenomeno dell'emigrazione di alcuni importanti architetti tedeschi durante il nazismo? Speer. Già ai tempi di Tessenow vi era una divisione tra coloro che pensavano in termini tradizionali e chi, come Gropius, pensava in termini di produzione di massa e di prefabbricazione - non mettevano in pratica tutto ciò, ma vi era l'idea. Dal periodo weimariano di Gropius e dal Bauhaus era derivata l'idea che costoro fossero inclini al comunismo. Per questo non erano amati, anche se non vi era alcuLacasaelettrica Cl è una collana, che esceper i tipi di Officina e che è ditetta da Giorgio Ciucci, che tenta nel campo dell'architettura un discorso forse non nuovo in assoluto, ma certamente innovatore per metodo e taglio strategico. La collana si chiama «Architettura/ opere•, e già dal titolo si comprende come essa non vogliafare storia della disciplina in senso globale, né storia come storia di autori. È piuttosto indirizzata afare lavoro storico a partire dalle opere, intese come momenti di incrocio di eventi culturali plurimi, che si manifestano fisicamente in edifici singoli di particolare importanza. La tesi potrebbe essere riassunta così: l'architettura è disciplina non solo estetica e formale, è anche disciplina teorica. Con la particolarità che la teoria è quasi sempre strettamente connessa con la prassi: produce materialmente artefatti. Certi artefatti sono oggetti più teorici di altri, e impegnano dunque in modo più globale lo sforzo creativo non più di un singolo progettista, ma addirittura di un gruppo, di un periodo, di un'epoca. Così nasce una collana che presenta, attraverso scritti di storici, singole opere, per lopiù realizzate, e appartenenti al periodo che va dalla metà dell'Ottocento a oggi: il periodo dell'architettura moderna. Fra le opere [mora pubblicate stanno alcuni dei «monumenti» contemporanei: la Cité de Refuge di Le Corbusier, il Padiglione di Parigi di Melnikov, il Danteum di Terragni, le Mockley Houses di Kastner e Storonov a Philadelphia, la Casa comune e il Narkomfin di Ginzburg (come vedete, siamo per lo più all'architettura razionalista degli anni venti e trenta) e il Gallaratese di Aymonino e Rossi (unica opera attuale, e questa è la sola stranezza perché attribuisce al lavoro dei due italiani un'importanza teorica che forse non ha fino a questo punto). L'ultimo nato della collana è un 81bi1otecagn1oo1anco Omar Calabrese volume di Giacomo Polin, dedicato alla Casa Elettrica di Figini e Pollini del 1930, e introdotto da Vittorio Gregotti. La Casa Elettrica è uno degli edifici del razionalismo italiano più divertenti e significativi. Fu progettata per la Triennale di Monza del 1930, allora diretta da Qio Ponti. E fu realizzata, se così si può dire, per la medesima Triennale con il contributo della Società Edison. Realizzata per modo di dire, dicevo, in quanto non si trattava di una «casa»destinata all'uso immediato, bensì una sorta di prototipo, costruito per una utilizzazione presentativa e didattica. Un progetto messo in forma più che una progettazione realizzata. Razionale dunque non solo nelle idee, ma perfino nell'esecuzione. Del resto, Luigi Figini e Gino Pollini furono tra i rappresentanti più creativi di un razionalismo italiano che tentava l'introduzione, con caratteri nazionali, dell'idea di moderno proveniente dal Ciam di Le Corbusier o dall'insegnamento di Gropius. E alla Casa Elettrica collaborarono altri razionalisti come Bottoni, Frette, Libera, tutti orientati, ben più del decantato Terragni del Novocomum, a un razionalismo elementaristae intransigente, ali'espressione della modernità attraverso il binomio della razionalità dello spirito che si realizza in razionalità della materia. L'ottimo saggio di Polin, tuttavia, non mette in luce solo gli aspetti appena accennati - e tutto somna ragione per emarginarli dato che non necessariamente avevano quelle idee. Ma per Gropius ho l'impressione che si sia trattato proprio di una questione politica. Non so cosa sarebbe accaduto a Gropius se si fosse sottomesso al regime. Non lo so perché Hitler e il partito tentarono di utilizzare alcuni comunisti, quando costoro erano disposti a farlo. Non è vero che ogni comunista era in pericolo. Ma per Gropius le cose erano più complicate. Sia Gropius che Schultze-Naumburg erano a Weimar. SchultzeNaumburg influenzava l'ideologia del Kampfbund, e con Gropius si detestavano ancor prima del '33. Ma ciò che Gropius non sapeva era che Hitler non stimava molto Schultze-Naumburg, dato che le idee di costui e il suo stile inteso a rappresentare la Germania erano diversi da quelli di Hitler. Schultze-Naumburg difendeva lo stile borghese; un edificio - sostenne - non era tedesco se non aveva il tetto. E vi fu una discussione che disturbò molto Schultze-Naumburg, a proposito del fatto che al Weissenhof non vi erano tetti. Ma Hitler non considerava le idee del Kampfbund molto in linea, e non protesse SchultzeNaumburg. Così il Kampfbund venne declinando. I membri del Bund però mi si opposero quando feci assegnare a Behrens la commissione per un edificio amministrativo dell' Aeg. Io mi rivolsi a Hitler, e Hitler disse: «È un bravo architetto: ha costruito l'ambasciata di Pietroburgo e mi piace; ma non è al di fuori del Kampfbund?» Risposi: «Peter Behrens ha avuto Gropius, Mies van der Rohe, Le Corbusier come allievi». Hitler non disse: «Come osa?» sebbene questa fosse l'accusa più grave che potesse essere mossa contro Behrens. D. Un'ultima domanda. Cosa ha pensato quando il Bauhaus venne chiuso? Speer. Che cosa pensai? Pensai che fosse giusto. Ma avrei pensato la medesima cosa anche se tutto ciò non avesse avuto nulla a che fare con Hitler e il suo partito. Sono sicuro che Tessenow pensava la medesima cosa - il Bauhaus era il contrario di tutte le sue ièee. mato noti - di quell'evento. Sottolinea anche il rapporto di continuità esistente con l'intero ambiente culturale dell'epoca (primo capitolo dedicato al «contesto»). E, quel che più importa, la relazione stretta con il dibattito delle avanguardie culturali, anche non razionaliste, del periodo. Ad esempio: vi sono tracce notevoli della disputa di origine tedescafra i concetti di tecnica e cultura. La Casa Elettrica, infatti, presenta come elemento culturale l'integrazione di 40 elettrodomestici attivati nell'edificio. Esistono poi le tracce dell'avventurafuturista, con un'idea aggressiva ed esteticamentefondata di macchinismo e modernità (siapure nelle forme astratte del ràzionalismo europeo). E infine, non ultimo elemento, c'è il carattere di lavoro in corso, di opera moderna perché destinata al continuo rinnovamento, che emerge dalla natura effimera ma esemplare della realizzazione stessa. Giacomo Polin La Casa Elettrica di Figini e Pollini Roma, Officina, 1982 pp. 153, lire 7.000
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