ISTITUTO GRAMSCI EMILIA-ROMAGNA 40125 Bologna Via S. Vitale 13 Tel. 231377 • 275449 15marzo, ore 20,30 Costo del lavoro. Scala mobile. Riflessione apiù voci su~'accordo governo confindustria sindacati. Gerardo Chiaromonte, Sergio Garavini, Umberto Romagnoli, Alfredo Solustri; Ezio Tarantelli. 22 marzo, ore 20,30 La scuola di base, domani. Per un progetto unitario materna elementare media. Giorgio Bini, Franco Frabboni, Mario Gattullo, Antonio Schizzerotto. 28 marzo, ore 9,00 Storia, letteratura, storia della letteratura. Alberto Asor Rosa, Marino Berengo, Carlo Dionisotti, Giuseppe Galasso, Mario Lavagetto, Ezio Raimondi, Sergio Romagnoli, Lucio Villari. Arnaldo Nesti Utopia e società Per una sociologia dell'utopia pag. 244, lire 10.000 scritti cli Baczko, Bloch, Buber, Carbonaro, Dahrendorf, De Certeau, Fergnani, Ferrarotti, Hiernaux, Mannheim, Marcuse, Popper, Remy, Touraine Ola De Leonanlis Il sapere ddla crisi Per una storia della sociologia pag. 368, lire 18.000 scritti di Adorno, Bendix, Birnbaum, A. Cavalli, Dobb, Giddens, Gouldner; Lenhardt, Marcuse, Mommsen, Pizzorno Roberto Cipriani, Giov.anniRlnaldi, Paola Sobrero . Il simbolo conteso Simbolismo politico e religioso nelle culture di base meridionali prefazione di Alfonso M. Di Nola pag. 168, lire 8.500, con foto Pietro Cavallo, Pasquale laccio Vinttre! Vinttre! Vinttre! Fascismo e società italiana nelle canzoni e nelle riviste di varietà dai 1935al 1943 prefazione di E. Mascilli Migliorini pag. 206, lire 10.000, con foto Marcello Santoloni, Nicola Marcucci Gli ingranaggi del potere Il caso dell'anarchico Acciarito attentatore di Umberto I prefazione di Franco Ferra rotti pag. 288, lire 15.000 con illustrazioni Filippo Verde, Enrico Pacifico Il Tribunale della libertà pag. 128, lire 10.000 8'Bm,ltfflfd con la composita organizzazione del lavoro che vi sta a monte. Anche quello psicanalitico paga simili insufficienze congenite se posto di fronte al testo filmico (fermo restando il fascino di alcune analisi, certo intriganti, come quelle di Raymond Bellour) mentre convince e avvince sul piano della teoria generale del cinema l'analisi del «regime scopico» spettatore-cinema, dell'esperienza cinematografica come esperienza psichica, fatta da Metz, l'analisi dell'«apparato» cinematografico come macchina (ri)produttiva, percettiva e onirica di Baudry. Ma, insomma, il testo non basta o non basta più da solo. D'altra parte, è impensabile ormai fare una storia del cinema, come spesso si è fatto, senza i film, sulla base di informazioni tramandate e magari date per scontate. Non si può prescindere dal «dato» reale, il film. Limite ineliminabile questo, d'altronde, della storiografia cinematografica: che si fanno i conti con un prodotto serializzato destinato al consumo di massa, una fonte «difficile» - difficile da reperire, da conservare, da consultare, da considerare isolatamente. In molti casi si ha una storia del cinema basata su una percentuale minima della produzione (come si fa, per esempio, a definire l'oggetto «stÌìdio system», quando si sa bene che le majors hollywoodiane sfornavano sul mercato internazionale quattro, cinquecento film l'anno?). L'intera vita di uno studioso del cinema, consacrata devotamente all'oggetto della sua ricerca e del suo desiderio, non basta per accedere a tutte le fonti disponibili. Le quali fonti, poi, non si possono vedere solo come «riflesso» di un' epoca storica e di un'organizzazione sociale (ad esempio, nel caso della Warner Bros., i film degli anni trenta come riflesso della depressione e del new dea[), ma anche in quanto tali, nella loro peculiare struttura linguistica - che a volte «scarta» e trasgredisce il modello storico che li ha prodotti, lo scavalca e lo precede finendo con l'influenzarlo di ritorno. Bisogna dire che in questo senso mostra i suoi limiti una certa «nuova» storiografia (nuova come trend di ricerca ma non certo come modello teorico e attrezzatura metodologica), tuffatasi nel recupero dei dati economici, nella meticolosa e zelante ricostruzione dello sviluppo delle tecniche e dei dettagli finanziari, in certe ossessioni cronologiche e tecnologiche. Penso agli studi sull'esercizio e sulla tecnologia (soprattutto nell'epoca del passaggio al sonoro) di Douglas Gomery, massimo rappresentante di questa tendenza alla minuta ricomposizione del puzzle materiale e fattuale della storia del cinema. Studioso serissimo, per altro, e scrupoloso (due suoi saggi sono contenuti nel volume che la Mostra internazionale del nuovo cinema ha curato come documentazione e supporto alla retrospettiva e al convegno), e il suo intento è stato uno dei «punti di vista» con cui misurarsi al dibattito pesarese. Come serio studioso e ricercatore attendibile è Tino Balio, altro ospite di rilievo del convegno, conservatore per anni dell'archivio filmico Warner Bros./United Artist a Madison, autore di due fondamentali volumi sull'industria cinematografica americana e su una delle sue cose esemplari, la Ua. Detto questo, si deve aggiungere che questo tipo di approccio non è certo la «nuova storia» che si fa strada in Europa a colpi di paradigmi indiziari. Quella americana di Gomery e Balio è molto diversa dalla storiografia delle Anna/es o dalle «microstorie» di Carlo Ginzburg, le cui «indagini», anche quando discutibili, sono però semB •, bI -...P. e brillanti investigazioni alla ri11-'..,,;....-'--l\.,....,....,,.,,......,......,._.....,,..._.,.....-i--'4.JO(a:ca di un «colpevole»._ L'impressione c·he dà la «nuova storiografia» applicata dagli americani al cinema, è che manchi il «colpevole» e il «movente», che venga meno il fine del contendere. Il rischio è che la capillare ricostruzione dei dettagli manchi poi il centro del problema generale, che si perdano di vista sia i testi che i contesti. S ul {apporto testo-contesto nel cinema si avverte oggi un'insoddisfazione teorica. Come quella espressa dall'anglotedesco Elsaesser, che denuncia l'insufficienza dei modelli di analisi sperimentati sin qui e propone una ridefinizione dei termini. C'è chi suggerisce di applicare al film la nozione genettiana di architext, chi teorizza in alternativa un palympsest («palinsesto», o si dovrebbe dire «palin-testo»?). Lo fa, a proposito dello «studio system», l'inglese Vincent Porter, nel tentativo di analizzare i modi della dialettica testo-contesto. Il film, per Porter, è un documento che. aspira allo stesso status di un documento scritto, di un dato archivistico o archeologico, che però ha bisogno di essere posto in relazione - ad altri film, ad altre fonti, al contesto storico; e che va analizzato nei modi della sua produzione e del suo consumo. Si può concordare con Porter (e con altre voci del dibattito pesarese: Murphy, Roddick, Ricci) che il consumo - o la fruizione - può diventare la chiave teorica dello «studio system». E si può andare più avanti, così che la nozione di «modo di produzione» arrivi a comprendere anche il rapporto tra l'industria culturale e !'«apparato» cinematico, la relazione tra codici produttivi e identificazione dello spettatore, tra istituzione e percezione. Almeno queste sono le richieste teoriche che vengono dall'Europa. Con questa tradizione teorica stride invece l'empirismo americano e il suo ossessivo bisogno di data. Al convegno si è notata una contrapposizione abbastanza netta di due squadre e due scuole: gli europei giocano «alla brasiliana», con triangolazioni fantasiose, improvvisazioni brillanti e qualche rischio di contropiede; gli americani giocano «all'italiana», tutti in difesa dei loro schemi sperimentati e forti del loro collettivo efficiente. Ma c'è chi, anche tra gli studiosi americani, è sensibile alle «arie europee». Anzi, è facile registrare nella cultura cinematografica statunitense una crescente domanda di teoria, tutta di importazione europea. C'è un boom di volumi sulla teoria del cinema; cito due volumi recenti, Questions of cinema dell'inglese Stephen Heath (divenuto in America nume tutelare dell'approccio semiotico-psicanaliticomarxista al cinema, insieme all'altro nome carismatico di Peter Wollen), e Apparatus, un'antologia dei maggiori teorici della visione cinematografica. Una domanda di teoria riscontrabile anche nel dibattito sullo «studio system». Dico, t_ra gli americani, di Nick Browne e di Robert Sklar. Il semiologo Browne propone una sintesi tra la teoria importata dal vecchio continente (la semiotica, la lezione del Cahiers, Lacan) e la verifica storica sui files, sul dato archivistico. Nel suo contributo si parte dal modo di produzione di un film - il «caso» Meet fohn Doe di Capra - per arrivare all'analisi del testo filmico e del contesto storico-politico. Lo storico delle idee Sklar opera un approccio al cinema di tipo sociologico, molto attento però alle sistematizzazioni e alle sintesi di tipo teorico. Il suo paper di Pesaro è una riflessione (condotta su materiali d'archivi_o)sui margini di autonomia dell'attore nei confronti del sistema hollywoodiano; oggetto d'indagine James Cagney, «tough guy» dello schermo e «duro» anche nella gestione della sua immagine e del suo business. Ma la posizione teorica di Sklar viene fuori più chiaramente dall'articolo - riportato in questo numero di Alfabeta - in cui Sklar stesso interviene su convegno e «star system» con un'idea-guida interessante, proprio perché viene da un americano: Hollywood analizzata in chiave gramsciana (il Gramsci di Americanismo e Fordismo) nel quadro della costruzione della società di massa. Hollywood vista come momento di produzione e di vendita di ideologia, di vendita dell'immagine di se stessa e del proprio modello. Di Sklar è recentemente uscito Cinemamerica, la traduzione del suo maggior successo negli Stati uniti: Movie-Made America, un titolo che significa «l'America nel cinema/riprodotta nel cinema», ma può suonare anche «l'America fatta dai film/il cinema ha creato l'America». Un bel titolo e un bel libro sul cinema americano, uno dei più utili perché meno settoriale, meno empirico e meno succube della moda editoriale. Un libro che fa convergere il taglio «culturale» (e cultura/ in inglese ha una valenza più sociale che intellettuale), cioè l'approccio antropologicorsociologico, con quello più informativo-giornalistico di tradizione americana. Gli addetti ai lavori possono forse storcere la bocca di fronte a citazioni e informazioni che suonano, al malandrino orecchio europeo, un po' scontate e digerite. Ma Cinemamerica funziona perché concilia rigore storico e «stile» della narrazione. È una storia del cinema che si legge tutta, e non si consulta soltanto per capitoli a seconda dei bisogni. Un libro che tende a identificare il modo di produzione (attraverso il cinematografico, quello capitalista) senza sacrificare del tutto gli autori; punta •all'affresco d'epoca, alla ricostruzione d'insieme, allo spaccato di società: dal nickelodeon alla televisione. Come in uno dei capitoli più interessanti, «La creazione dei miti culturali; Walt Disney e Frank Capra», dove Sklar, sulla scia di una citazione barthesiana, prende in esame le «rappresentazioni collettive» della società americana e i suoi due principali mythmakers. Una «macrostoria», si direbbe, che non rinuncia ai dettagli. Ma non è più un'«avventurosa storia», quella del cinema americano riscritta da Sklar: è invece la riscoperta di un passato collettivo rappresentato (e in qualche modo imbalsamato) nei film, fatta col distacco della storia nell'epoca della società dell'informazione: con una analisi «fredda», come il medium di cui Sklar è buon conoscitore. Senza, semmai, quel gustoso «alÌlaro miele» di Bufalino e dei suoi - memorabili -untori. BERNARD 'ESPAGNAT ALlA RICERCADELREALE In quale misura gli apporti della fisica consentono di afferrnatt l'esistenza di una realtà oggettiva, accessibilealla ricerca? Un imporrante contributo alla fdosofia della scienza. CARLG.JUNG LASAGGEZZAORIENrALE La tradizione buddhistica, i testi confuciani, le pratiche yoga e :zm: i dati religiosi come espressione simbolica ddla personalità umana. MARIE-LOUISVEON FRANZ ILFIMMINILENEUAFIABA Lette in chiave junghiana, le fiabe offrono una parabola sorprendente della psicologia femminile: il mondo fantastico come bussola nei comuni casi della vita. RICHARDKAHN ECONOMIA DB. BREVEPERIODO Una "prima mondiale": scritta nd 1929 nell'ambiente intellettuale di Kqncs e Sraffa, quest'opera resta di vitale interesse per chiunque si occupi dell':ukguataza della teoria economica di fronte alla crisi attuale. A cura di Marco Dardi. E.L BlANCHARD LH.EPSTEIN 8IOfEEDBACK MANUALEINlllODUmVO Una rassegna di quello che oggi si sa sul biofttdback, dai problemi concettuali ai risultati clinici. Presentazione di Luciano Stegagno. BORINGHIERI John Bowlby Costruzionee rottyq dei legami ~~- i, affettivi , • pp. 188 L. 14.500 ~ ,-, Paul-Claude Racamier Lopsicoanali~ 4 . SelWldivano .A i,r pp. 488 L. 35.000 Willy Pasini Ilcorpo À inpsicoterapia : pp. 230 L. 18.000 eba ull 5arid ~siort 5 RaffqelloC»tina Rlitore V,aG. R.o!Jmi, 4 20122 Milmw ~ ,:: ~ .e, s:, ===- .... <i
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