D Verw la.fine degli anni • cinquanta, negli Stati uniti si cominciò a considerare la storia del cinema secondo prospettive nuove. Furono gli anni in cui, tra l'altro, sorsero cineteche che, soprattutto nell'ambito universitario, attirarono un pubblico sempre più vasto. È continuato a crescere quell'interesse per il cinema e per la sua storia? Sklar. Sì. Mentre è diminuita l'importanza di Hollywood, è aumentato l'interesse per i vecchi film. Sono stati creati numerosi corsi universitari che si occupano di cinema e vi sono cineteche in cui si vedono film, in particolare film degli anni trenta e quaranta. Contemporaneamente, è aumentato l'interesse per il cinema europeo. Oggi è tuttavia accentuata l'attenzione che si presta al cinema in quanto forma d'arte: per esempio, ci si occupa dei problemi relativi allo stile dei diversi registi. Ma lo studio degli aspettiformali del cinema non contraddice quello delle implicazioni sociali e ideologiche che si intrecciano alla sua storia. D. Gli scontri ideologici non sono di certo assenti dai film americani degli ultimi anni, ma si ha spesso l'impressione che vengano affrontati in modo confuso o ambiguo. Prendiamo un esempio: Apocalypse Now di Coppola. Non le pare che l'eccezionale impegno tecnologico sia al servizio della mera spettacolarità? Sklar. Effettivamente Apocalypse Now non manca di ambiguità. È un film che al contempo è in favore della causa vietnamita e contro di essa. Io credo che Coppola volesse fare un film contro il Vietnam, anche se di fatto ilfdm agiscein senso opposto: se ne ricava l'impressione che gli americani si divertissero un mondo a fare quella guerra... C'è qualcosa, in quel film, di cui il pubblico sembra godere. Ma ciò di cui gode è la guerra. D. Non sono rivelatrici, a proposito di ideologia, le letture cui si dedica Kurz, il pem>naggio interpretato da Marlon Brando? Sklar. La mia opinione è che Hollywood sia esclusa, o meglio si sia esclusa, dalla realtà della socieallo stato puro. Si può e si deve dunque, come si è fatto a Pesaro, conciliare «visioni,. e storia, abbandonarsi al piacere dello sguardo e riprendere poi il controllo critico, cercando risposte su un fenomeno impalpabile come il cinema hollywoodiano classico e il suo «apparato». Anche perché lo «studio system,. - meglio sarebbe dire: l'istituzione cinematografica - non è solo un modello produttivo (il ciclo integrato produzione-distribuzione-esercizio che l'industria hollywoodiana perfezionò e impose sul mercato mondiale), ma un universo complesso che comprende il retroterra storico, le dinamiche sociali, i messaggi veicolati, l'immaginario collettivo prodotto, e dunque (last but not least) la fruizione nelle sale (uno dei leit-motiven del convegno pesarese): il «reclutamento» del pubblico, la sua formazione, le sue risposte ai codici e ai modelli diffusi. E dunque lo «studio system» impone una rilettura, dal punto di vista del modo di produzione, anche dei «modi» linguistici della • mutua relazione tra pubblico e generi cinematografici (i modelli comportamentali proiettati influenzano il pubblico, il pubblico odifica le sue reazioni di I " , -uii IntervistaaSldar tà e della cultura americana, e che questa esclusione permanga anche quando Hollywood cerca di aggiornarsi e di affrontare la storia dei nostri tempi. Vede, il mondo di Hollywood - come cerco di dimostrare nel mio libro - è un mondo a parte. Una volta si usava la definizione «movie colony», che è significativa in quanto sembra (ndicare un corpo sociale separato, qualcosa èhe potremmo paragonare al mondo diplomatico. Hollywood pone limiti e condizioni: vi si possono fare grandi profitti, ma a condizione che si facciano grossi investimenti. Anche i registi che potremmo definire progressisti vi si devono muovere con molta ca,ute- /a. Ora, Coppola incominciò il suo film riferendosi al romanzo di Conrad, Cuore di tenebra, che qui diventa una meta[ora del drammatico viaggio americano in un paese straniero ed ostile. Il riferimento intendeva sottolineare una ambizione culturale, ma a me pare che il virtuosismo tecnologico e l'amore per l'azione prevalgano, infine, sul disegno culturale. D. È ancora difficile, per un reofferta), del ruolo - perché no? - dell'autore e dello stile. Forse è tempo, insomma, di andare verso un superamento di annose diatribe: industria culturale vs. autore, merce vs. opera d'arte, testo vs. contesto. Dentro questi a cura di Aldo Tagli ferri gista di sinistra, lavorare a Hollywood? Sklar. Come stiano le cose è esemplificato dallo scontro che si è visto recentemente a Hollywood, quando si è cercato di raccogliere fondi a favore del Salvador. Ma questo è solo un aspetto del problema. Infatti, non si può dare per scontato che attori e registiprogressisti riescano a ricavare buoni film da idee rispettabili o giuste. Succede spesso, invece, quanto si è verificato esemplarmente in Sindrome cinese, dove non a caso recitava lane Fonda, della quale sono note le prese di posizione politiche: capita, insomma, che a una prospettiva ideologica liberal si accompagni una banalizzazione tecnica (ricorso a personaggi convenzionali, a tecniche tradizionali, ecc.). In generale, gli artisti che lavorano con idee conservatrici o addirittura con luoghi comuni sono liberi, nel senso che l'ideologia alla quale rinviano è dataper scontata. Quando invece si mettono al lavoro artisti di sinistra, si ricorre volentieri a criteri di giudizio più severi: ci si aspetta (e non mi riferisco solo ai propoli teorici, in Italia e in Europa, si sono agglomerati per anni schieramenti e fronti contrapposti di intellettuali: il regista svolge un ruolo determinante di autore agli effetti dello stile e del linguaggio, oppure è il lavoro intellettuale a duttori, ma anche ai criticie al pubblico in genere) che l'opera sia eccellente da tutti i punti di vista. Ma il felice connubio di tecnica e ideologia non è cosa di tutti i giorni. D. Questa è un'osservazione che, naturalmente, vale anche per il cinema italiano. Come reagisce il pubblico americano di fronte al rapporto tra tecnica e ideologia quale si profila nei film dei registi italiani? Sklar. / registi italiani più politicizzati (come Petri, o Bellocchio, o anche Visconti) non sono mai stati molto popolari negli Stati umtl. Fellini e Antoniani sono molto più popolari. Ma occorre fare delle distinzioni. Per esempio, l'ultimo Antoniani non è stato accolto molto bene; di Fellini ebbe grande successo Amarcord. E di lui il pubblico americano apprezza la straordinaria immaginazione visiva, anche se è al servizio di un sentimentalismo grandioso. La sua popolarità concorre a spiegare il successo della versione teatrale ricavata a Broadway dal film Otto e mezzo (la versione teatrale si chiama Nine). Forse non è fuori luogo osseressere reso marginale rispetto al lavoro complessivamente rappresentato nella merce filmica? Si può parlare di «creazione artistica» come «lavoro concreto», o, per quanto riguarda il cinema soprattutto (ma in genere l'opera vare che Fellini, negli Stati uniti, è stato reso popolare proprio da quelle qualità e quelle opinioni che solitamente sono state attaccatedalla critica marxista: le fantasie maschili sulle donne, /'individualismo, la sua particolare sensibilità... Questo capovolgimento di valutazione si spiega col fatto che noi americani siamo più refrattari alle ideologie con mire rigidamente totalizzanti. I miti americani sono diversamente orientati. Ad esempio, Padre padrone dei Taviani è stato accolto calorosamente dalla critica, e ha ottenuto anche un notevole successo di pubblico. Ma lo spettatore americano, che in genere non conosce la Sardegna (la sua storia, i suoi problemi, ecc.), tende a interpretarequel film come una «success story» americana, ossia come la lolla vittoriosa di un uomo capace di vincere ogni ostacolo. D. Quale film americano riflette meglio, oggi, lo sfondo sociale e culturale dal quale proviene? Sklar. Unfilm molto interessa/Ile sotto questo questo profilo è A Woman Under the lnfluence (Una donna in Italia) di Cassavetes, realizzato versò il 1975. Vi si trovano molte cose: le nuovi classisociali, i rapporti tra uomo e donna, le strutture della famiglia ... In generale, i film di Cassavetessono film sulla vita, e non film su altrifilm. li che mi pare un pregio. li guaio di alcuni brillanti registi, come Scorsese o Spielberg, è che spes$0 realizzano dei film su dei film, ovvero film che concernono le convenzioni cinematografiche. Si veda l'esempio del Padrino, che a mio giudizio è appunto un film di questo genere: Coppola vi rivisita il classico film sui gangster, e riprende la figura del gangster quale archetipo sociale già sperimemato da molti film di Hollywood. Robert Sklar Cinemamerica Una storia sociale del cinema americano Milano, Feltrinelli, 1982 pp. 390, lire 25.000 d'arte «riproducibile» tecnicamente), si deve parlare di un «lavoro astratto», nel quadro dei modi di produzione industriale? Qual è lo spazio «espressivo» del regista o dello sceneggiatore nell'ambito di un'industria culturale e di un sistema integrato multinazionale? Qual è il rapporto tra prodotto e macchina produttiva? Qual è la relazione tra testo filmico e contesto sociale, tra segno linguistico e politiche economiche e culturali, tra cinema e storia? L'impressione è che si vada verso un rimescolamento delle carte e degli schieramenti. Una sola scuola e un metodo solo sono insufficienti a dare risposte su temi generali. A Pesaro si è visto come alcune definizioni di campo non bastino più: per quanto riguarda la sofisticata macchina hollywoodiana, e in generale per il cinema, non si può parlare solo del testo filmico né solo del contesto produttivo e/o storico. Non basta oggi, almeno per il cinema, parlare dei soli testi. L'approccio strutturalista al film si scontra col complesso modo di produzione del film (inteso sia come sistema produttivo e ideologico sia come sistema linguistico),
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==