nel mondo, portando appunto l'infinito nel finito e usando potenti e popoli per il suo disegno dialettico. In prospettiva la filosofia di Hegel non sarà che il rovesciamento ottimistico della filosofia pessimistica di Lutero. D opo avere elaborato i quadri di una «apocalisse permanente», Lutero si ritira a Wittenberg dove si sposa, ha sei figli e - non disdegnando il buon cibo e un bere robusto - proprio a tavola perfeziona verso amici e discepoli la sua dottrina con detti e spiegazioni raccolte, appunto, nei suoi Tischreden o discorsi conviviali. Fuori divampano le rivolte dei contadini oppressi e poveri. E Lutero li condanna e li accusa: «Temo che si siano uniti a voi molti profeti di delitti che, servendosi di voi, vogliono diventare padroni del mondo». L'allusione è a Thomas Miintzer che verrà condannato a morte e suppliziato. Continua Lutero: «Dio dice: 'Siate sottomessi ai vostri signori, e non solamente a quelli buoni, ma anche a quelli cattivi'(... ). Il vostro Capo e signore Cristo, di cui portate il nome, si esprime in questo modo: 'Non fare opposizione al maligno', e 'Se qualcuno ( ... ) ti percuote su una guancia rivolgigli anche l'altra': ( ... ) Cristo (... ) insegna a non opporsi al male o all'ingiustizia, ma a sottomettersi sempre, a subire e accettare tutto». Ma i contadini non si erano ribellati proprio seguendo le idee e l'esempio di Lutero stesso? Lutero distingue: la sua è stata una protesta pacifica e disarmata, mentre i contadini sono in armi. Come avrebbero potuto protestare altrimenti? In questo punto - da sempre controverso - della vita di Lutero, Febvre accetta le tesi di un ripiegamento di Lutero stesso nella parte finale della sua vita e di una accettazione di posizioni conservatrici. Ma, per obiettività, Lutero non si era rivolto solo ai contadini, ma anche ai principi e signori: « Dovete cambiare atteggiamento e arrendervi alla parola di Dio ( ... ). Anche se li uccideste tutti, non li avreste ancora eliminati: Dio ne susciterebbe altri, perché è lui che vuole colpirvi, e vi colpirà. Miei diletti signori, non sono i contadini a ribellarsi a voi: è Dio stesso che si pone contro di voi intervenendo contro la vostra iniquità». Lutero resta coerente con la sua concezione della storia dove è sempre il «Deus absconditus» ad agire, indipendentemente dalla volontà degli uomini, per i suoi fi. ni. Ma Lutero non è divenuto conservatore o, peggio, reazionario nella seconda metà della sua vita: lo è stato fin dal principio. Dai Vangeli ha sempre preso la parte del «Date a Cesare quel che è di Cesare, e date a Dio quel che è di Dio», e mai quella della cacciata dei mercanti dal Tempio con un gesto concreto e coraggioso. Lutero è fondatore di un'ideologia religiosa basata sulla accettazione del mondo, dei poteri esistenti, del non-intervento. Nel suo scritto La libertà del cristiano (1520) si può osservare bene come tutta la sua demonologia e la sua visione deforme del mondo, cÒltivata nelle repressioni in convento, tenda a fini liberatori molto più modesti che quelli politico-sociali. «Non giova (... ) all'anima se il corpo indossi vesti sacre, come fanno i preti e gli ecclesiastici (... ) né se materialmente esso compia preghiere, digiuni, pellegrinaggi e tutte le buone opere (... ). Ci deve essere qualcosa di totalmente diverso, che conferisca all'anima perfezione e libertà, perché tutti questi atti, opere e comportamenti può assumerli ed esercitarli anche un malvagio, un ipocrita e un bacchettone. Al contrario l'anima non patisce alcun pregiudizio se il corpo porta vesti profane, si trattiene in luoghi non consacrati, mangia, beve, non si reca in pellegrinaggio, non prega e trascura tutte le opere che compiono gli ipocriti». E più oltre afferma che «ognuno può dedurre per proprio conto la ragionevole misura con cui disciplinare il corpo» e nega che si debba per questo «rompersi il capo e rovinarsi il corpo». S ono, in realtà, le rivendicazioni primarie della borghesia tedesca (ed europea) che è arrivata all'agiatezza nelle «libere città» e non sopporta più le restrizioni religiose, pesanti e severe, e la «mortificazione della carne». Ma questa borghesia non vuole neppure più le restrizioni medioevali in fatto di usura e di libertà di impresa e commercio, cosl come non accetta vincoli cristiani verso lo sfruttamento di operai e contadini. Per questo motivo, il messaggio di liberazione verso molte restrizioni religiose, che riguardano le «tentazioni primarie» del corpo, si allarga alla richiesta di liberazione da molti altri obblighi fra cui il pagamento di tributi pesanti per la Chiesa, per le indulgenze, ecc. E mentre la Chiesa stava perfezionando proprio la costruzione del «terzo luogo», cioè del Purgatorio (che sarà codificato dal Concilio di Trento apertosi nel 1545, un anno prima della morte di Lutero), era stato Lutero a insidiarlo negando qualsiasi efficacia delle indulgenze. Per la «nascita del Purgatorio» è interessantissimo il libro - con questo titolo - di Jacques Le Goff (Torino, Einaudi, 1982), dove si comprende che già questa istituzione era favorevole alla borghesia nascente, consentendole di poter evitare l'Inferno per le «cattive opere» e di riscattare anche lunghi periodi di permanenza in Purgatorio con lasciti e pagamenti in denaro. Ma Lutero va oltre e offre una «libertà di peccare» amplissima anche sul terreno economico e sociale. In lui restano due vincoli medioevali: il credere che il successo dei potenti e dei ricchi possa perderli, e il non sapere se si è salvi o dannati. Non Calvino, ma il calvinismo colmerà la lacuna, assicurando che proprio il successo nell'al di qua è la garanzia e la prova della salvezza nell'al di là. La borghesia otteneva così una ideologia completa che la liberava da ogni impaccio morale per ·la pratica del capitalismo, come ha dimostrato Max Weber. Ma Weber ritiene ancora che siano stati Lutero e Calvino a offrire questa ideologia alla classe capitalistica nascente. Dallo studio del pensiero e della vita dei due personaggi si può invece vedere bene come sia stata, al contrario, la borghesia a coagulare e invadere il pensiero dei due monaci, portandoli alla «demonologia» che a essa occorreva per avere le mani libere per i propri commerci e le proprie imprese. È un'invasione irrefrenabile di Satana o, come possiamo dire oggi con lo psicoanalista Norman Brown, un'invasione di «Tbanatos», o istinto aggressivo e distruttivo dei legami comunitari del Medioevo, che presiede la nascita del capitalismo. E il capitalismo, attraverso questa giustificazione, potrà non essere visto come un terrificante aggravarsi dello sfruttamento, ma come un destino ineluttabile. Non a caso gli scritti di Lutero e Calvino, raccoglitori di spinte collettive assai più che pensatori in proprio, sono pieni di invasioni sataniche che altro non sono che metafore delle alienazioni interne e degli imperialismi esterni che il capitalismo, così attrezzato e legittimato, riuscirà a operare nei tempi successivi. Ma un secondo alleato, maturato lungo tutto il basso Medioevo, doveva giovare al capitalismo: la «nuova scienza», che giungerà a compimento alla fine del secolo di Lutero e Calvino. Così il capitalismo, munito di una «demonologia» giustificativa del tutto irrazionale in alto e di scienzé e tecniche del tutto razionali nella prassi, non avrebbe più trovato alcun ostacolo nel suo· processo di sviluppo quantitativo rilevante, ma di crescita aberrante e contraddittoria da un punto di vista qualitativo, umano e sociale. HollywoodH,ol"wood Hollywood/lo studio system/ il caso Warner Bros. Prima rassegna retrospettiva Mostra internazionale del nuovo cinema di Ancona (Pesaro, 14-19dicembre 1982) Autori vari Hollywood. Lo studio system «Nuovo Cinema» Quaderni Venezia, Marsilio, 1982 pp. 302, lire 18.000 Robert Sklar Cinemamerica Una storia sociale del cinema americano Milano, Feltrinelli, 1982 pp. 390, lire 25.000 Stephen Heath Questions of Cinema Bloomington, Indiana Univ. Press 1981, pp. 257 Autori vari Apparatus, Cinematographic Apparatus. Selected Writings a c. di Theresa Hak Kyung Cha New York, Tanam Press, 1981 su un ponte di transatlantico: William Powell, lui, un losco galante che la sedia elettrica attende alla fine della traversata, e a cui gli sbirri di scorta consentono benevolmente di passeggiare senza manette; Kay Francis, lei, spacciata dai medici, che ogni sera, per scordarsene, indossa una pelliccia più bella. S'incontrano, e ognuno sa della condanna dell'altro, ma finge di non saperlo. E ballano insieme in un grande salone deserto, e si dicono parole sotto la luna ... Facili lacrime mie di ragazzo, altera tenera Kay! Chi avrebbe mai pensato che dovesse toccarmi a mia volta, all'ombra degli stessi umidi salici, di danzare una stessa tresca d'amore e di morte, su un motivo di fiacca pianola?» È una pagina di Diceria dell'untore di Gesualdo Bufalino, cinefilo d'antan, quando nella nascosta Comiso si proiettavano non film a luce rossa ma splendenti film hollywoodiani. Bufalino, quei film li conserva ancora in un «elenco dei film visti» dall'inizio degli anni trenta alla metà degli anni cinquanta: una sorta di registro-dia- ~{ Ripensai a un film di tanti rio che testimonia di come si vedeanni prima, al sorridevole vano i film una volta, riconoscenpiagnisteo del suo titolo: done le a_riediverse, i dettagli del- Bib l1ofècaif f r{ob ,a n lèoe en scène, il marchio di fabVito Zagarrio brica della casa produttrice. I «film visti» da Bufalino sono schedati per star e per studio, più che per autore; per star e per autore è certamente organizzata la sua viva memoria di filmbuff. Amanti senza domani, il film che galleggia nella memoria di Diceria, lo si è visto poco tempo fa, madrina la «prima rassegna internazionale retrospettiva» dedicata a «Hollywood/lo studio system/il caso Wamer Bros.» patrocinata da Ancona, ma poi svoltasi a Pesaro per cause di forza maggiore. One Way Passage (è il titolo originale del film Wamer, firmato da Tay Gameti) è una delle grandi romances dei primissimi anni trenta - uno di quei film che i cinefili più «viziosi»possono accarezzare alla maniera dello scrittore comisano («mi spiego: io col passato ho rapporti di tipo vizioso, e lo imbalsamo in me, lo accarezzo senza posa, come taluno fa coi cadaveri amati»). Anche i film del passato, a volte, diventano cadaveri eccellenti, mummificati oggetti di culto; c'è, in alcune «visioni private» del cinema, un morboso onanismo, una sorta di necrofilia. La passione per un film hollywoodiano può essere a volte come il soffice tubercolo degli untori bufaliniani: un'emottisi, un amaro miele; un bacillo che si propaga chissà come, «con quale sputo di vecchio o bacio di puttana», magari col bacio di una donna ragno. (Vero è che contro le varie tisi e lue del corpo e dell'anima abbiamo visto, a Pesaro, il dottor Erlich sparare le sue «magiche pallottole,. in Dr. Erlich's Magie Bui/et di Dieterle, film sulla vita del medico illustre che sconfisse la sifilide, ma non la tubercolosi, che lo fece fuori). Q uesto è un modo di amare Hollywood. Ma Hollywood = il Cinema lo si può amare anche in maniera più critica, senza perdere di vista il contesto storico e il modello produttivo. È quello che è stato fatto ad Ancona/Pesaro con la rassegna dei film Wamer Bros. da un lato, e il convegno sullo «studio system» dall'altro. Un'occasione per studiare i meccanismi industriali e i codici linguistici di Hollywood, per confron: tarsi sul Cinema - e il cinema hollywoodiano è termine di confronto imprescindibile - e sul suo «modo di produzione»; anzi, per discutere sulla nozione stessa di «modo di produzione», che è stato nodo teorico importante per la cultura cinematografica europea lungo tutti gli anni settanta, una nozione com- ~ plessa che può significare di volta in volta apparato industriale, «macchina» tecnologica, sistema estetico, produzione di ideologia e di immaginario. Ma un'occasione, anche, per sperimentare il modello hollywoodiano dal punto di vista del pubblico, praticare sulla propria pelle, nella sala buia del ~ cinema, quel «desiderio» che lega al film, quel rapporto spettatore- ~ schermo che Metz paragona alla g réverie: un rapporto di voyeurismo "
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