Alfabeta - anno V - n. 46 - marzo 1983

Le qualll'Qrl,W diLutero Lucien Febvre Martin Lutero Bari, Laterza, 1969, 1982' pp. 2(,6, lire 20.000 I giudizi su Lutero sono stati sempre fra i più contrastanti: i cattolici hanno cercato di coglierne tutti gli aspetti negativi, i protestanti tutti quelli positivi. Ma anche gli storici più distaccati hanno spesso sopravvalutato o sottovalutato la figura e l'importanza di Lutero. In queste difficoltà si è trovato anche Lucian Febvre nel suo Lutero, ora ristampato con profonde modifiche rispetto alla prima edizione. Febvre aveva cercato di essere insieme avvocato e giudice di Lutero: avvocato verso le accuse denigratorie; giudice verso le apologie interessate. Ma egli stesso ha ammesso di avere evitato di analizzare a fondo l'ultima parte della vita e delle opere di Lutero, con ciò lasciando prevalere l'avvocato sul giudice. Nell'ultima edizione, l'opera di Lutero è vista in tutto il suo arco, e l'avvocato perde molte carte, mentre il giudice si fa più severo. In effetti la vita e l'opera di Lutero sono legate a quattro W: Wittenberg, Worms, Wartburg e, nuovamente, Wittenberg. Lutero è nato nel 1483, cinquecento anni fa. Dopo dodici anni di convento e di studi, nel 1517Lutero appende alla porta della chiesa nel castello di Wittenberg le sue ._-95tesi» nelle quali contesta al papa «il diritto di rimettere alcuna colpa», nega l'efficacia delle indulgenze, fino a incrinare la stessa credenza nel Purgatorio, e accusa la Chiesa di illecito arricchimento attraverso la pratica illusoria di voler abbreviare le pene dei defunti. La polemica che si scatena è enorme. Gli viene minacciata la scomunica. Nel 1521 non accetta la ritrattazione di fronte alla Dieta imperiale di Worms. È scomunicato, e rapito per evitargli la morte nel castello di Wartburg del suo protettore Federico di Sassonia. Qui scrive moltissimo e traduce la Bibbia in tedesco perché diventi accessibile a ogni credente. La sua dottrina si precisa al di là della prima uscita polemica. L'uomo non può salvarsi attraverso la sua volontà e il suo libero arbitrio. Il peso della carne è troppo forte per lui: «L'intero mondo è sotto il peccato, la _dannazione e il diavolo, e a nulla giova distinguere nell'uomo una parte nobile e una vile». Perciò, «per la forza del libero arbitrio non sarebbe preservato addirittura nessuno, ma saremmo dannati tutti, dal primo all'ultimo». Come aveva scritto san Paolo ai Romani (che Lutero cita), «non vi è alcun giusto; non vi è persona di senno; non vi è chi cerchi Dio; tutti si sono sviati, e insieme sono diventati inutili; non c'è chi faccia il bene, non ce n'è neppure uno». Ma Dio è sicuramente onnipotente-e onnisciente. E «se ammettiamo la prescienza e l'onnipotenza, ne deriva come inevitabile conseguenza che noi non siamo stati creati, né viviamo, né facciamo alcunché da noi stessi, ma per l'onnipotenza di Dio». 11 «libero arbitrio», sostenuto contemporaneamente da Erasmo da Rotterdam come base della religione cristiana e come facoltà per effettuare una seria «riforma» della Chiesa corrotta, è negato completamente da Lutero che replica sostenendo_ il «servo arbitrio». L'uomo per Lutero (anticipando, in senso estremo, Durkheim), «non agisce, ma è agito». Anche quando fa il male? Risponde Lutero: «Dal momento che Dio muove e opera tutto in tutti, necessariamente muove e agisce anche in Satana e nell'empio». Secondo una metafora di Lutero, Dio è come un cavaliere che cavalca un cavallo zoppo che è l'uomo: «Egli non potrà procedere che male». Cosl «Egli opera sui malvagi e attraverso i malvagi». Ma anche Satana esiste e agisce, e può dominare gli uomini: «l'uomo è prigioniero, soggetto e schiavo o della volontà di Dio o della volontà di Satana». Alcuni si salveranno perché Dio soltanto li salverà; altri si danneranno perché saranno lasciati a Satana. E per la salvezza non potranno valere, in nessun modo, le «buone opere». Non è l'uomo che può andare verso Dio. È Dio che può piegarsi verso l'uomo per salvarlo: «gli eletti e i pii saranno corretti dallo Spirito santo, gli altri periranno senza correzione». Questa predestinazione è stabilita da Dio senza appello. L'unica «libertà cristiana» è la fede: «pecca fortiter, sed fortius fide». È superfluo, e segno di inutile orgoglio, voler riscattarsi con «buone opere» perché tutte le opere umane sono spregevoli. «I comandamenti ci indicano la via, però non ci aiutano; ci insegnano ciò che si deve fare, ma non ci danno per nulla la forza di compierlo. Essi hanno, quindi, lo scopo di far constatare all'uomo, per mezzo di essi, la propria incapacità al bene e a fargli imparare a disperare di se stesso ... ». «Solo la fede, senza alcuna opera, rende giusti, liberi e salvi». Cosl è accaduto a lui, Lutero, fallito nel tentativo di fare buone opere e di resistere al male in convento, nonostante mille penitenze e restrizioni, e divenuto libero e sereno soltanto attraverso la fede. Il peccato originale ha fatto sl che all'uomo non restassero se non «tendenza al male, ripugnanza al bene, fastidio della luce e della sapienza, e l'amore invece per l'errore e le tenebre, ripudio e odio delle opere buone, corsa al male». La «malattia originale» ha perduto il mondo. Solo il sacrificio di Cristo può salvare non tutti, ma solo quelli che Dio imperscrutabilmente vuole salvare per una seconda vita degna non nell'al di qua, ma soltanto nell'al di là. In questa visione pessimistica, la storia è un teatro dove Dio gioca («sic ludit sapientia Dei»): «non si osserva che un continuo cadere e salire, come se tutto il mondo con le sue autorità fosse un torneo e un giostrare di Dio». Nel teatro della storia tutti gli uomini sono solo «ombre». Ma anche l'Autore della tragedia è un «Dio nascosto». In questa visione spettrale e terrificante cadono e risalgono i potenti, il mondo è percorso da correnti indecifrabili, nessuno può agire se non come posseduto da Dio, portando la maschera che gli è stata • irrevocabilmente prefissata. Ma quando Dio si manifesta potentemente, come con Lutero stesso in Germania, sarà questo un momento decisivo per la nazione prescelta. Nei vari m9menti storici, è Dio a privilegiare un eroe, un popolo, un condottiero fino a che sarà stato compiuto il suo disegno. Non esiste più la differenza fra il «finito» della terra e !'«infinito» di Dio, perché l'infinito invade il finito, lo permea e lo possiede. Si sfiorano qui motivi che Hegel razionalizzerà più tardi, mettendo al posto di Dio la figura laica dello «Spirito assoluto» che si incarna

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