Alfabeta - anno V - n. 45 - febbraio 1983

Franco Ferrarotti Studi e ricerche sul potere con la collaborazione di S. Bernardini, E. Campelli, .G. Carpi, A. Cattaneo, R. Cavallaro, M. Coli, M. d'Amato, G. De Lutiis, F. Di Orio, Y. Ergas, L. Fruda, G. Losito, M.I. Macioti, M. Michetti, N. Porro, S. Vergati. voi. I pag. 604, lire 18.000 voi. II pag. 384, lire 18.000 voi. III pag. 272, lire 14.000 Arnaldo Nesti Le fontane e il borgo il fattore religione nella società italiana contemporanea pag. 538, lire 22.500 Parte prima - La religione popolare: oltre il sembiante Parte seconda - Il «primo» dissenso cattolico. Il paradigma della differenziazione Parte terza - Chiesa, politica, società: scambi, interferenze Conclusione - Il fattore religione nella società italiana: dentro e fuori il sacro «recinto» Michele Claudio Del Re La sterilizzazione volontaria: fatti e proposte introduzione di Ernesto Balducci pag. 128, lire 10.000 o ..... i::: o u o > o z - :::1 "' o E :::1 - o > - ·- o ..... ·- u "' :::1 -o Via A. Riboty n. 18 00195 Roma ·a ::l o > o - .s ~ .... (l) o. o - Q) "O te!. 06-3589470 ... ~ ll,:l ll,:l ~ < ~ ~ ll,:l ~ :E ~ ~ "' ·o ·- 1-, o ~ o ~ o o = ·e o - Cl) .... "O o - ~ "O o e oo o <( ~ ~ _j CX) N ..... z ~ <( ci. > c. <( o "C UJ e o ...J o <( Q) "' a: o E I- .8 cn :::) o o o z o ~ ,<( _j I- CX) UJ g o ci. o c. cn o E :5 -~ o E .8 post-industriale. Sono così i malati a dover costruire, in forme sotterranee, le comunità: autoformazione/informazione sulla malattia, sulla conoscenza del corpo; «spiando» i dialoghi dei medici; accumulando memoria storica di degenze; costruendosi statistiche «orali» degli esiti; costruzione di regole di comunicazione interna, orizzontale, creando neHe pieghe delle funzioni, nei tempi interstiziali, momenti di socialità, di comunicazione ludica, sovrapponendo· al tempo funzionale un tempo di vita. Ma tutto avviene in forme sotterranee, frammentarie, tollerate, ma di fatto represse. Nei sei giorni di vita di reparto le celle erano quasi tutte aperte '(pochi erano in «trattamento»). Un'unica cella con tavolo (le altre hanno un piano incorporato al fondo del lettÒper scrivere e mangiare, ognuno per conto suo, appendice tecnica del suo lettuccio). Lì, con un barbiere amante del ballo liscio e un operaio della Zanussi, abbiamo organizzato una specie di Bar-Ristorante-Ritrovo. Ho fatto arrivare della buona bonarda, mangiavamo insieme, il bar è diventato riferimento anche per gli infermieri, per le donne-degenti; per scambiare battute, dialoghi, racconti serali, socializzazione dei problemi della malattia, ecc. Ci siamo divertiti molto, stava - in embrione - nascendo una gestione collettiva della vita di reparto. Poi ci hanno «chiusi» tutti e l'illusione/ allusione si è infranta. La struttura è stata estremamente tollerante con le nostre piccole «infrazioni disciplinari», ma non ha certo favorito la socializzazione. Trattandosi di malattie piuttosto angoscianti, il personale è addestrato a trattare molto bene i malati, a essere gentile, ottimista, consolatorio, efficiente. Ma tutto ciò non sfiora neppure il problema del tempo di vita, si è ancora dentro la funzione, che resta di per sé mutilata del tempo di vita e quindi di innovazione (essa tende a ripetersi, a perpetuarsi senza mutazione dei rapporti fra i soggetti). S ono così giunto in questa comunità di «cancerati» che ho scoperto vasta (quanti bambini!), articolata, densa di speranze, di desiderio di riconoscersi interna Lettere Medioevo, capitalismo e «nuova storia» alla società, come il carcere. Ma vi sono giunto dopo aver percorso due «epoche» da quando vi ho lasciato (quel giorno di saluti troppo densi per essere ricordati troppo presto ... ). La prima, il ritorno. Qualche difficoltà a riconoscere come reali colori, paesaggi, sensazioni. Sono arrivato a Scaletta (a casa, cioè) di sera, il ballo per la festa patronale del paese era già iniziato. Piano piano, silenziosamente, dal buio della strada, figure apparivano e si avvicinavano: volti noti, bambini troppo cresciuti, qualche assenza per decesso. In lontananza il ritmo della «vacca» Imperatrice romana (il contrabbasso) segnava il tempo della danza. Abbracci indimenticabili, densi di attesa, di sentimenti semplici. La piazza davanti al portone della mia casa si era affollata, _ilballo svuotato. Dieci giorni molto belli, questi che mi ero concesso, di «confino», prima del rientro in metropoli; anche se con molte difficoltà a fissare volti, colori, gli odori dei boschi; a ridare senso di realtà ai profili delle colline. Stavo per affrontare il rientro, quando ricevo da Genova, dal noto tragicatore Giorgetti, l'esito della biopsia. La seconda «epoca», l'attesa. Mi sono tornati alla mente i racconti di Toni ed Emilio di quando a Trani smitragliavano sopra le teste. Ecco: sensazioni di morte, ma con una angoscia serena e calma, nessuna frenetica disperazione. Devo dire che in un primo momento ho provato atteggiamenti di arrendevolezza. Dopo quasi tre anni di galera, mi sembrava troppo evidente, troppo eloquente questo «segno» per non seguirne l'indicazione. Tanto più che, qualche giorno prima, dopo la visita di alcuni colleghi di università che mi avevano parlato fitto fitto, sulle colline, dei problemi accademici e, per affetto e amicizia, dei miei futuri compiti, mi ero poi sentito molto male, la notte: una sensazione molto netta di non farcela, di non volere farcela a cercare di restituire senso con la volontà a tutto ciò cui era caduto. Così ho sentito questa avventura del mio corpo come un rifiuto (una dissociazione, direbbe Oreste) ad accettare le offese ricevute, il tempo sottratto, il senso delle cose distrutto. Ho pensato allora a lunghi dialoghi nei boschi, a un tempo immobile delle stagioni. Ma poi sono riusciti, alcuni compagni e amici solleciti, a trascinarmi a conoscere l'universo oncologico: visite, consulti, sentenze. Ho deciso allora di curarmi, giacché le probabilità di guarigione sono statisticamente molto alte: mi hanno cioè spiegato gli scienziati che la mia vita è decisa dalla statistica. Mi sembra una raffinatezza, un notevole passo avanti rispetto alla volgarità che sia decisa da un giudice. Nell'attesa del ricovero sono andato sovente a Milano. Vi ho vissuto quasi di nascosto con poche persone, vivendone le strade, per la prima volta a passeggio, da turista. Strana città questa, spogliata delle sue funzioni, dei suoi Juoghimacchinario. Un teatro, uno scenario difficile da percorrere: ho scoperto improvvisamente dopo tanti anni che, a Milano, non esiste il passeggio - quello sociale, senza scopo, che c'è in tutte le città del mondo, dalla folla dei boulevards di Baudelaire in poi, e nei paesi, la domenica, da sempre. Qui il suono di folla è muto, rombo indistinto, un po' cupo, di lontananze che non si avvicinano. Così la perdita di senso della macchina è stata grande, indescti• • , vibile. Volontariamente ho scelto di percorrere la macchina senza immettermici. Non mi sono presentato all'Università. La stessa macchina che Jaro percorre, violentandola, senza guardarla, col proprio/nostro messaggio, a me è caduta addosso, come un cumulo di rottami scombinati e non ricomponibili. Ma naturalmente, non ho in generale una visione pessimistica. Semplicemente vivo fino in fondo, senza scorciatoie o occultamenti, la crisi di continuità di esperienze, luoghi, eventi, persone, senza volergli restituire, per abitudine, un senso che si è perso nell'osservazione «dal di fuori» (la galera). Per ora dunque rottura, azzeramento dell'identità, si ricomincia da capo. Senza per ora una comunità riconoscibile rispetto a quella che ho lasciato in carcere. Quella del mio paese non è in grado di vivere da sola, ha ancora bisogno della metropoli per sopravvivere. Io stesso ho ancora bisogno della metropoli, di questo ammasso di frammenti e macchinari impazziti, per recuperare qualche scarto da ricomporre. Nella certezza che, da qualche parte-, le energie vitali già stanno rodendo i rottami e presto appariranno entro nuove forme. li problema, come sempre, è capire dove scorre, fra i rottami, il fiume sotterraneo. Mi metterò presto al lavoro, come un cane da tartufi di provata esperienza. Naturalmente, non ho assolto ad alcuno dei molteplici compiti che mi avete dato, ma ho visto Jaro così felice di poterli assolvere tutti divertendosi, scatenando energie e creatività ogni giorno crescenti, che mi sono completamente perdonato. Un forte, forte abbraccio a tutti voi, Alberto Milano, 15 novembre 1982 Reparto di curieterapia Cella di isolamento n. 3 Wallerstein, come accade per E. rence Stone, in polemica soprattut- come l'Edoardo Grendi del «senso Fioroni Leonetti? to con i cliometricinella New Eco- comune storiografico», come il Già questo «nuovo» (o «nuo- nomic History (Fogel, ecc.) e con i Giuseppe Galasso di L'altra Eurova») introduce una presunzione e paladini di una eclettica New So- pa, come ovviamente gli Jacques un'ambiguità. Presunzione perché eia] History o magari di una New Le Golf e gli Edward Thompson da un paio di secoli (maforse quasi Urban History, finisce per coniare, degli ultimi dieci o quindici anni. tre: non solo per la vichiana Scien- con humour voluto e a cui si ag- Probabilmente l'articolodi Eleoza nuova, ma per la «querelle»de- giunge uno humour inconsapevole nora Fioroni Leonetti eramosso da gli antichi e dei moderni. ..) a que- derivante dalla sua stessa biografia altri interessi, che non quelli derigli aggettivi viene dato un segno scientifica, la polemica dizione di vabilidall'elencodei libri con cui si positivo, come si conviene a una New Old History. Così come apre. Essi investono piuttosto il cultura del progresso, del/'illumi- Charles Tilly, in una conferenza rapporto fra ragione e materialità, Da alcuni anni, in Franciae al- nazione, dello sviluppo, contrap- portata ora in italianocon un titolo fra la scrittura, la memoria e il fatrove, si è investiti in pieno dalla posta a quella della tradizione. molto meno acrobatico, risponde a scino dei «silenzi» nella storia. Il «nuova storia»: ci siamo tutti ben Ambiguità perché nella corsa al- sua volta con il ca/embour di Tue raccordoche si tentafra le «ottiche dentro anche se - almeno i più in- l'innovazione semantica (che ci fa Old New Socia! History and the periferiche»dell'oralee del prelogigenui fra noi - non lo sapevamo. tanto pensare a «nuovi» e «nuovis- New Old Socia! History. Via, non co e il modello di centro, semiperiCe ne ha dato convinta assicura- simi» dizionari e grammatiche) c'è sarebbe meglio spiegarsi fino in feria, periferia di un Wallerstein zione Jacques Le Golf, col suo stile rischio di non definire, di 11011 di- fondo, al di là di simili nominali- sembra un po' ardito. Maforse qui vigoroso, attraverso il volume col- stinguere. Di fermarsi a una data, a smi (o giochi di parole)? Evitare le comincerebbe davvero il discorso lettaneo La nouvelle histoire del uno stile, a un linguaggio: in una banalizzazioni, a vantaggio della di E. Fioroni Leonetti, più episte- /979. Ce lo ripropone come esile parola, a qualche moda che poi, determinatezza, della chiarezza mologico e anzi decisamente ideofilo conduttore del suo articolo su giorno per giorno, mangia i suoi concettualee analitica? logico di quanto non fosse consenAlfabeta 11. 42 (novembre '82) - stessifigli. Certo, le direzioni originali - ed tiro, con inevitabiliforzature, dallo sotto il titoloasimmetrico«Medioe- Formule così facili raramente esemplificabili attraverso concrete spunto della «nuova storia». vo e capitalismo» - Eleonora Fio- hanno consistente fortuna: vivono ricerche - ,deglistudi storici recenti Alberto Caracciolo -o rani Leonetti. Più spesso ancora,· per l'efficaciadi un esordio e per la sono molte, ma tutt'altro che ridu- ~ ce lo ripetono non tanto gli inter- vendibilità sul mercato più contin- cibi/i a unità. Solo schematicamen- -~ Leggendo Alberto Caracciolo ::' venti ultimi di Le Golf, che anzi gente. Anche in Francia, se un'ag- te, ad esempio, si può accettareche e,_ sembrano geuare acqua di dubbi e gettivazione del generesembra pia- il loro contrario vada sotto il nome Mi pare che lo scrivente, pur- ~ di problemi sul fuoco di definizioni cere molto, non ha il dono della di storiografia «tradizionale», nel troppo, non voglia interyenire sul- ~ così perentorie, quanto gli orec- durata. Così oggi è praticamente quale si ripete un sommario disde- l'argomento generale con una sua .9 chiamenti di qualche giornale e le dimenticato il riferimento a una gno di tipo avanguardistico. Così ragione misurata o moderata (evi- ] semplificazioni di qualche momen- «nouvelle histoire» fatto da Henri pure l'apparentamentoal/'antropo- tando forzature nelle poche carte!- .<:, ~ to didattico. Ma non si potrebbe Berr fin dal /930, sembrano vec- logiapuò essere invocato da autori le dell'articolo di Alfabeto). Ma mi ~ cercardi lavorareun po' più di fi- chie le sortifl! della «nouvelle va- diversissimi come il Ruggiero Ro- pare che voglia piuttosto recensire "' no, evitando di accostareacrobati- gue» cinematografica e dei «nou- mano del/'«etnostoria»e della Sto- negativamente il mio scritto «Me2 camente Topolski e Le Golf - ap- veaux philosophes» anticohformi- ria d'Italia Einaudi (e vedi il suo dioevo e capitalismo,.. ~ B j b I ~+.F-=-:z-&~SnrnfT-f-=wn-:Sirr"trl....,,_P_u,,..n_ro_-_o_a_d_d_,_·,_it_tu_r_a_v_e_rn_a_n_t_e~-s-11_·._E _in_a_,e a a_n_g_lo s_as_s_o_n_e_La_w_-~_in_1_er_v_e_n_1o_s_u_l_la_s_re_s_sa_A_lf_a_b_e_ta_)_, ~--In c_i_ò g_Ii_aVVI ·_e_n_e_tu_tt_a_VJ_ ~

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