Bi Prove d'artista Antonio Delfini La gola (Alfabeta 451 L a Bestia Rara è il nome di un ristorante vicino a casa mia. E la mia casa è la millesima parte di un grande edificio di quattordici piani. Dovrei vivere come in un romanzo di Huxley, di Orwell o di Kafka e invece ... faccio il signore, vado e vengo, entro nei locali di lusso e mi annoio. Dunque, l'altra sera; appena tornato dal mio luogo natio per discutere coi magistrati (i quali, con la scusa di salvare il nostro patrimonio famigliare, stanno mettendo praticamente alla fame mia madre, mia sorella, mia figlia e me: perché impongono gli avvocati, i quali, per essere pagati, impongono altri avvocati che, per essere pagati, ecc.), stanco. infreddolito, affamato, e poco desideroso di incontrarmi coi magnanti dell'arte, della letteratura, del giornalismo e della scena; ansioso soltanto di ritrovarmi nella mia camera con un letto, una seggiola, un tavolino, tre libri, senza dizionari e senza poltrona, ma con la visione della Madonnina del Duomo (che io posso contemplare stando alla finestra dell'ultimo piano, e se fossi cattivo potrei prendere al laccio); ansioso di riporre e disfare la valigia, di lavarmi le mani, di uscire di nuovo per la strada, di entrare nel più vicino restaurant che avesse l'aria di invitare il ghiottone; mi recai alla Bestia Rara, che è a due passi dal Palazzo di Giustizia. Mi permetto, fra parentesi, un'osservazione che non ha niente a che fare con quanto intendo raccontarvi. I Palazzi di Giustizia sono diventati la mia ossessione. È da più di due anni che mi hanno tolto il mare, la montagna, la campagna, le letture, gli amori: perché io, che non sono stato finora né ladro né assassino, né corrotto né corruttore, né ruffiano né concussore, sono stato denunciato da coloro che mi hanno derubato. I ladri che mi hanno denunciato hanno detto la verità. Allora sembra che il Magistrato si sia preoccupato di non farmi più derubare, e mi osserva (mi fa seguire, mi ferma, mi incatena) per vedere fino a che punto vorrò farmi derubare. Appena i ladri notano che il Magistrato si disinteressa di me, dicono: «Guardi, signor Magistrato, che il signor Padella continua a farsi derubare da noi. Il signor Padella non è un uomo a posto: è un derubato. Lo deve fermare». Il Magistrato mi manda a chiamare e mi dice: «Per il suo bene, signor Padella, venga in Tribunale domani mattina alle nove: cosl non la deruberanno». lo vado, rimango in Tribunale tutto il giorno. Gli uscieri, i cancellieri, i presidenti, i paglietta mi chiamano «Il derubato signor Padella,,. Quando è sera il Magistrato mi dice: «Torni domani. Andrà incontro a gravi guai se non torna». Siccome di notte scrivo e leggo, di giorno vorrei dormire. Invece devo andare al Palazzo di Giustizia. Per riposare un poco, nel febbraio dell'anno scorso, svendetti qualcosa, salvai un gruzzolo dai furti e dai conseguenti debiti, e scappai con l'intenzione di andare a trovare lavoro. Però il Magistrato mi mandava ancora a chiamare, perché i ladri continuavano a denunciarmi. Se i ladri non mi denunciano, io non vado al Palazzo di Giustizia. Poiché i ladri mi derubano soltanto quando sono al Palazzo di Giustizia. Però io devo andare dal Magistrato, perché rappresenta la Legge, e la Legge deve essere obbedita. Tornai dal Magistrato, e di nuovo scappai. Finché l'altro giorno mi hanno detto: «Se si rende ancora irreperibile, La denuncerò al Tribunale Militare». Per mantenermi. durante le mie fughe, ho dovuto assottigliare il gruzzolo. Nella mia ultima fuga capitai a Milano, accasandomi vicino al Palazzo di Giustizia, e scrissi al Magistrato di M••• dicendo dove stavo. Seppi da un mio conoscente di M••• che ero stato dichiarato irreperibile. Spaventato, tornai ancora a M•••, il cui Palazzo di Giustizia sembra una latrina ingigantita di una stazione ferroviaria ottocentesca (quello di Milano, invece, sembra il tempio della dottrina fascista al quale manchino dodici gigantesche statue di Mussolini). Le mie infinite scuse al lettore per questa lunga parentesi, ma dovevo giustificare il fatto della mia ansietà per entrare in un ristorante da ghiottone. Perché il lettore deve convenire che ho pur diritto di illudermi di vivere! Deve convenire che per trovare un dignitoso e retribuito lavoro, come intendo di trovare a Milano (ma come sembra che i ladri. i quali ancora mi denunciano, intendano di non permettermi), mi è d'uopo soddisfare l'appetito: finché il gruzzolo dura e finché il Tribunale di M••• mi vuole in catene, è cosa che continuerò a fare. Alla faccia del Kafkanesimo orvelizzato dei radicali del libro d'oro della nobiltà italiana! Scuse ancora infinite al lettore se rimarrà confuso e mi baffi rossi terribili. Di fronte agli uomini stavano due donne, due signore: queste le vedevo quasi di fronte, di tre quarti. Una (quella meno lontana da me), per quanto non giovanissima era provocante e liberale: con un tono disinvolto di obbligata signorilità diceva cose simpatiche al cameriere, e chiamava il cane col titolo di «Sua Intelligenza». Lei, per quanto portasse gli occhiali, era assai piacente ... e già le dedicavo quei normali sogni erotici che Sua Ostinazione il Tribunale di M••• non mi permette di realizzare. L'altra donna era piccola: con un cappellino da pazzerella colpita da saggezza improvvisa, pareva dicesse le stesse cose della prima (che era bruna e alta), ma in modo meno simpatico e senza rilievo. A me, in fin dei conti, non interessavano nessuno dei cinque personaggi. Anche il cane, per quanto cercasse di aggraziarsi in ogni modo per richiamare la mia attenzione, non era riuscito a ottenere da me che uno sguardo da vecchio gatto quasi addormentato. Io intanto avevo già mangiato una brisavola condita con olio e limone, una crema di legumi con crostini, e avevo già bevuto quasi mezzo litro di vino rosso. Stavo tornando alla vita, e guardavo all'avvenire con la più sconfinata fiducia ... non deluso dal giungere di un piatto con rognoncino trifolato e di una scodella con un'insalata di sedani e carciofi; e con l'arrivo infine di altro vino, macedonia di frutta e caffè. Avevo appena acceso la sigaretta, e stavo perseguendo i miei antichi sogni di felicità, quando venni costretto a fermare, parola per parola, il seguente dialogo. Signore alto - Il nostro pranzo di Natale avrà una grande sorpresa quest'anno. Signora bruna (guardando il cane, poi me e di nuovo il cane) - Basta che non ci diate il fritto di cervella di delfino. Fu una vera schifezza l'anno scorso! Signora piccola - Lascia fare mio marito ... Il signore coi baffi rossi - lo non provo più nessuna sorpresa nella vita! Signore alto - li fritto di delfino è una stupidaggine da provinciali. La vera sorpresa che vi offrirò sarà un piatto cinese. Signora bruna (guardando me, poi il cane e di nuovo me) - Un piatto cinese?! ... (rivolgendosi al cane) - Hai sentito Mazzini? Mazzini (Fa cenno con la testa di aver sentito. Si accovaccia col muso puntato verso i piedi della signora bruna, poi si rialza, si volta a guardarmi e si mette a ridere). Il signore coi baffi rossi- Questa l'è la sorpresa del Micara. Sentirete la mia ... Signora piccola (alludendo alla sorpresa promessa dal signore alto) - Credo che sia una specie di bagnacauda. Il signore coi baffi rossi - La mia non è bagnacauda. Sarà carne tenera ... Il signore alto che si chiama Micara - La mia sorpresa è una scimmia: la testa di una scimmia alla quale avrò segato la calotta. Mangeremo immergendo i nostri cucchiaini nel tenero cervello della scimmia. Sarà condita con delle salse straordinarie, inaudite ... Signora bruna (rivolgendosi al cane) - Mazzini, che cosa dobbiamo sentire ... proprio adesso che abbiamo appena finito di mangiare! Mazzi11i (Si allontana dal tavolo di qualche passo. Va sotto un altro tavolo e beve acqua nella scodella preparata per lui. Poi mette fuori il muso e mi guarda, disgustato). Signora piccola (rivolgendosi alla signora bruna) - Non hai spirito, Lauretta. Vedrai invece che ti piacerà. Lauretta - Se avrò appetito mi piacerà. (Mazzini intanto torna vicino a Lauretta e la guarda, rimproverandola). Signore coi baffi rossi - lo, che mi sono portato due bambini mao-mao dal mio ultimo viaggio nel Kenia, l'altro giorno gli ho tirato il collo ... (Gli altri prestano grande attenzione al signore coi baffi rossi. Anche Mazzini sembra interessato). ... Sentirete che roba! Altro che spezzatino di cerbiatto come mangiava mio nonno, altro che il tuo cervello di scimmia! Signora piccola - Beh!, questa l'è una vera novità. Lauretta - Attenzione, però, a non fare scandalo! lo (a voce altissima) - Cameriere! Cameriere (che ascoltava con finta attenzione, ma appartato e pensando esclusivamente ai casi suoi) - Pronto, signore! Desidera? lo (gridando) - Il conto! Nota È un momento felice per invitare alla lellura (o anche alla rilettura) dei racconci di Antonio Delfini (Einaudi ha ripubblicato nei mesi scorsi I' edizio11e 1956 di Il ricordo della Basca, con un notevole risvolto di copertina firmato da Cesare Garbo/i). Alfabeta propone un racconto inviato nel gennaio I 958 a Gaio Fratini per Il Mondo, con la /e11eradi accompagnamemo che viene qui pubblicata per la prima volta: Modena, 20 Gennaio 1958 Carissimo Gaio, comunque vada per la pubblicazione di quel famoso angoscioso mio racconto, Ti prego di inviarmene copia. .Saluti più che mai cari N.B. Ancoine Les Dauphins autrement nommé Le Pendu de Modène A puro titolo di cronaca se conoscessi una qualsiasi signora capace di sposarmi e acquistare tre fondi miei per la somma complessiva di L. 40.000.000 risparmierei di far morire di crepacuore mia madre e mia sorella: poiché e.letti fondi li sto per vendere. Vendendoli a una moglie, la cosa sarebbe diversa per i miei vecchi famigliari. lo d'altra parte voglio farla finita personalmente con la proprietà. Mi resterà qualche milione in contanti coi quali verrò forse a Roma. Se hai una notizia invia Telegramma con Telefoto. Antonio D. Il racconto uscì invece su Palatina, rivista trimestrale di lettere e arti, edita a Parma (anno li, n. 5, Gennaio-Marzo 1958, pp. 18-22), col titolo «La gola». Nell'autografo inviato a Fratini, da cui deriva il testo qui stampato, vi sono proposte per una serie di titoli alternativi, oltre a La gola: «Manoscritti trovati per la strada,, «Antropofagia natalizia» «Antropofago snob», «Lo snob antropofago» «Verso Natale al restaurant» «Eleganze culinarie milanesi» «Originalità culinarie» «Il kafkiano di Milano» Ecc. ecc. ecc. Tutta questa cornice (dalle didascalie per /a foto a/l'incredibile N.B. della le11eraa Gaio Fratini) non sembra secondaria rispetto a u11racconto singolarissimo e anticipatore; sarebbe anzi meglio dire: di sorprendente attualità. Solo I' aggeuivo sorprendente suona superfluo; un vero scrittore, come si sa, non può che sorprendere con il massimo della naturalezza, mante11utaa11chequando l'intreccio tra autobiografia e immaginazione è frutto di angosce amiche e inestirpabili - come in questo caso, il più difficile, forse, dei casi che abbiamo conosciuto. A.P. «Livorno, 12agosto1959.CaroGaio, gradisciquestefotografie, e falle pubblicarein un grandegiornaleillustrato.Sono tue e ne fai quello che vuoi. SalutiAntonio•. Queste le righevergatesul retro di una delle due foto inviatea Gaio Fratini. I. «/2 agosto 1959. Luna park di Livorno. Lo scrilloreAntonio Delfinifa normalmentecentro. Al fianco dello scri11ore i il doti. Paolo Pavolinicaporeda11ordee n Mondo•. prenderà per matto! <::> Alla Bestia Rara ci sonotre bestie rare: una grande e due :; piccole. La grande vive su una piccola sbarra, come un Questa storia non l'ho scritta io. La notte dell'antivigilia di .s pappagallo, ma non dice mai niente: le piccole stanno den- Natale, mi imbattei, rincasando, nel cadavere di un uomo, [ tro delle gabbie d'oro. Il ristorante è una grande stanza steso per terra, morto forse per apoplessia come Stendhal. ;;;i divisa in due da una balaustra con la base di cemento e una Non guardai se era il corpo di un vecchio o di un giovane. ~ cancellata ad ampie luci di verghe di alluminio dorato. An- Dalla tasca del suo paletot scuro, si vedeva, fuori per metà, .9 dai a sedermi a un tavolo dietro la porta d'ingresso. Erano un foglio bianco ripiegato. Me ne impadronii. Nel foglio in / ] le dieci di sera: di fronte a me, seduti a un tavolo, vicino scrittura minuta, c'era contenuta tutta la scoria (e il dialogo) 2. «Livorno: Luna park . 12 agosto 1959. Lo scrilloreAntonio ~ alla porta della cucina, stavano cinque personaggi, uno dei che ho trascritta. Da molti giomi non leggevo giornali, e mi Delfini fa _centrosparando alla messicana,alla partigiana, alla quali (non seduto, ma accovacciato come un cane) era un guardai bene dal leggerli nei giomi successivi. Cosi che io gangster. E un grande tira1ore!Al fianco dello scri11orei:l do11. ~ grande cane da caccia. Vedevo, di profilo, i due uomini. Il 11011 so nulla di quell'uomo morto, e forse non ne saprò mai Paolo Pavolinicapo•redartore de 'li Mondo'· uno dei leadersdel "' panito radiculo (sic)•. <:: primo, piuttosto alto di statura e bonario; il secondo, picco- 11111/aN.on credo che sia utile informarsene, almeno per Le didascaliesono autografedi Delfinisul verso delle foto. La ] lo, sui quaranta anni d'età. cattivello e svagato, con dei quello che mi riguarda. foto n. I è stata pubblicata dall'Espresso, la seconda è inedita. ~ ~----------a=-----------------------------------------------------~-.;
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