Alfabeta - anno V - n. 45 - febbraio 1983

Mensile di informazione culturale Febbraio 1983 Numero 45 - Anno 5 Litt 3.000 Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 • 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo IIInO • Printed in Italy Agenzie per la comunicazione pubblicitaria in Milano e Modena M. Spi nella: La dissonanza cli Gaclcla * P. Lagorlo: I manoscrlHI cli Pavia *V. Dehò: Praga magica F. LeoneHI: Linguaggio scienza e leHeratura * A. Panlcall: Le voci clella scrlHura D. Blsuttl: Il libro cli Jabàs * Prove l'artista: A. Pomodoro / A. Delflnl: La gola* A. Porta: La forma è tuffo Da Parigi * Da New York * O. Calabrese: Caf• * M. Danlell: Rorty, l'essenza speculare Cfr. *A- Ponzio: L'ovvio e l'oHuso *Testo: M. Semenko: L'arte come culto la cura cli G. Spendei) • G. Casarico: Marcuse In America * La nuova clestra (G. Galli, M. Pernio a, N. Tranfaglla) A. Premoll: «Concert cle brults» * A. AHlsanl: Schechner & Co. * M. Ferrarls: E quell'Infame sorrise . , A. Santosuosso· La pena cli morte * E. Alllez: La finzione economica * A. Magnaghl: La leHeira cllceva B1bllOÌ I •lì o I: La protesta operala* lncllce clella comunicazione: I giapponesi a Poltlers LeHere * Immagini: Il sacco cli Roma I f

IC ~! .O .. ' _, d --- ~,M\ Assessorato alla Cultura Galleria dell'Immagine Palazzo Leimmagindi iquestonumero L'antichità classica va di moda, lo sappiamo. Ma quale antichità? Certo, a dispetto dei Bronzi di Riace, non quella della ricerca culturale seria e approfondita. Piuttosto /'antichità stereotipa, quella che ci dice consolatoriamente quello che già sapevamo o che vorremmo sapere sui Greci e sui Romani, sui Fenici e sugli Egizi, sugli Etruschi e sugli Ittiti. L'antichità classica diventa così un semplice pretesto che, idealizzando la storia, idealizza il presente, e ne fa un modello di «laudatio temporis acti» come minimo conservatore. Prendiamo appunto le figure di questo numero. Si tratta dei disegni - per la mano moderna di Thomas Hope, non per nulla americano, - che riprendono le antiche decorazioni vascolari greche e romane. Prima osservazione: il ridisegno equivale a una riscrittura, perché il documento antico viene completamente stravolto e omogeneizzato da un unico punto di vista. Seconda osservazione: il documento an- «Il 'illl'l'o di Roma» Ma è giusta questa fiducia? È giusto pensare che i nostri predecessori fossero come quelli rappresentali e riscritti nei vasi e dai vasi? È giusto pensare, insomma, che quelle figure siano un documento realistico perfe1tamente corrispondente alla verità del mondo? Può darsi. Ma sappiamo d'altra parre che i «figurini» greco-romani erano di per sé degli stereotipi, delle marche di genere. È proprio possibile farli diventare carta carbone della società, e far loro assu~ere il valore di un catalogo di moda pretà-porter? Un equivalente di Vogue e Gr,111B.11..1.1r:' con piccola ironia, il ripetersi di un evento fatidico, il sacco di Roma (e il sacco di Atene). Anche nella copertina, fra l'altro, la storia è romanzata, saccheggiata. Secondo quel tipico décor borghese che caratterizza l'illustrazione popolare delle riviste de/l'Ottocento. Ma almeno, lì, assistiamo alla nascita di un genere, appunto il popolare romanzesco, che non disprezzabili esiti ha fornito nella cultura europea. ... un libro che Pasolini meriTava Crsart Zavattini indispensabile per i f wuri discorsi su Pasolini Tullio Ktzich ... il libro più pasoliniano che mai si sia fauo Alberto Farassino Prefazione di Paolo Volponi Filmografia e bibliografia inedite e compiere di Pier Paolo Pasolini COFANETTO, 1802 FOTO 8/N E COLORE 622 PAGG., PREZZO DI COPERTINA L. 68.000 Gambalunga tico viene considerato appunto semplice documento che ci dice I nostri disegni, in altri termini, anche se ci dicono certo qualcosa de~'antichità, ci dicono molto di più su come viene inteso il discorso sull'antichità. L'antichità è un grande serbatoio di modelli (e non solo figurini, ma modelli culturali di ogni tip_o),fatti diventare un valore per q~ella patina di anticò che rassicura sulla bontà di un prodotto. A scopo di consumo, insomma, l'antichità è saccheggiata. Per questo abbiamo cos1ruito una copertina del tutto incongrua con le immagini: per sottolineare, E i noslri vestiti americani (o americano-greco-romani)? Beh, non f 011110 forse nascere cultura alcuna, sono solo testimonianze. A meno di non intenderli come pura decorazione (proprio come stiamo· facendo noi), e proporli come prototipo di una civiltà postmoderna che ·nella vertigine della citazione rinuncia a distinguere il vero dal falso, l'autentico dal contraffatto, e chiede all'immagine solo consolazione, divertimento, superficialità. Forse si dirà che il nostro tempo è caduto in basso. Ma almeno gustiamoci questi ultimi giorni di Pompei. Ai lettori di "ALFABETA" l'opera viene offerta al prezzo scontato di Dall ,_...• _u:_.,.0 qualcosa in generale su come gli uul~u T1 antichi Greci e Romani vestivano. o.e. L. 48.000 inviando l'apposito modulo all'immagine S • Opere recenti di dodici artisti ommar10 e fotografi britannici. La «nuova destra»: Giorgio Galli La componente magica pagina 23 per Zenit, cii. Pagina 14: Pagina di ReD, direttore Karel Teige, Brno-Praga 1927-1931. Pagina 15: Marce( Janco, progetto per una villa (1922), riprodotto nel n. 102di Contimporanul, Bucarest 1922-1932. Pagina 16: Karel Teige, copertina di ReD, 1927. Pagina 17: Copertina di G, diretiore Hans Richter, Berlino 1923-1926. Pagina 19: 19 febbraio - 19marzo metaphorein Quaderni,internazionali di critica e sociologia della cultura Lamorteal presente Saggi sul nuovo romanzo latinoamericano a cura di Bruno Arpaia pref. di Riccardo Campa Le scritture delle vittime e Il concerto linguistico di Alejo Carpentier • Gabriel Garda Marquez: L'avventura del racconto• José Maria Arguedas: Oltre ragione ed emozione e Note su La vita breve di Juan Carlos Onetti e Julio Cortazar: Del suicidio dello scrittore• Mito, linguaggio e struttura in Carlos Fuentes e L'architettura narrativa in Mario Vargas Llosa e pp. 208, lire 12.000 Franco Carmelo Greco Teatronapoletanodel '700 «questa ricerca è soprattutto una porta di passaggio dal folclore teatrale alla dottrina sul teatro» (dalla prefazione di Romeo De Maio) PP·. 807 - 24 illustr. in b.n. e lire 54.000 rilegato con cofanetto tulliopironti editore Mario Perniola Mario SpineUa Nichilismo e populismo La dissonanza di Gadda pagina 24 pagina 3 Nicola Tranraglia Paolo Lagorio Neofascismo italiano I manoscritti di Pavia pagina 25 (Fon'domanoscrittidi autoricontempo- Aldo Premoli ranti. Catalogo, a c. di G. Ferretti, «Concert de bruits• M.A. Grignani,M.P. Musatti) (À la recherched'unemusiqueconcrète pagina 4 - Traité des objets musicaux, di P. Francesco Leonetti Schaeffer;L'artedei rumori, di L. RusLinguaggio, scienza e letteratura solo; Musicaex machina, di F.K. Prie- (Freud WittgensteinMusi/, di A. Gar- berg) gani; Veritàe etica, di H. Putnam) pagina 27 pagina 5 Antonio Attisani Valerio Dehò Schechner & Co. Praga Magica (FromRitual to Theatre,di V. Turner) (/ raccontidi MalaStrana, pagina 27 di J. Neruda) Maurizio Ferraris pagina 6 E quell'infame sorrise Donatella Bisutti (li più bruttodel mondo, Il libro di Jabès di P. Bertetto) (li libro delle interrogazioni,di E. Ja- pagina 29 bès) crr. pagina 7 Bibliografia analitica: Anna Panicali La saggistica teorica 2 Le voci della scrittura a curadi Maurizio Ferraris (La follia delgiorno, di M. Blanchot; li pagina 31 libro delle interrogazioni,di E. Jabès; Amedeo Santosuosso Foné, la vocee la traccia - Firenze,ot- La pena di morte tobre 1982 -febbraio 1983) ( La morte comepena, di /. Mereu; La pagina 7 pena di morte in Italia, di R. Canosa; Prove d'artista: La pena di morte nel mondo - BoloArnaldo Pomodoro gna, 28-30 ottobre 1982; The condempagina 9 ned, di J. Abbott; An Eye for an Eye, Antonio Delfini di K. Andersen) Adolf Loos, copertina di DasAndere, Vienna 1903. Pagina 20: Copertina di De Stij/, direttore Theo van Doesburg, Olanda 1917-1932. Pagina 22: Copertina di Disk, Praga 1923. Pagina 23: Copertina di Ma, Vienna 1924, direttore Lajos Kassak. Pagine 24-25: Copertina di Futurismo, direttore Mino Somenzi con F.T. Marinetti, ottobre 1933. Pagina 33: Copertina di Praesens, direttore Szymon Syrkus, Varsavia 1926. Pagina 34: Copertina di Pasmo, direttore Artus Cernfk, Praga 1924-1926. Pagina 35: Lajos Kassiik, «Bildarchitektur~, da Manomètre n. 3, Lione 1923. Pagina 37: Karel Teige, Jaromir Krejcar, copertina di Zivot, «Raccolta della bellezza nuova~, Praga 1922. Pagina 38: Ljubomir Miciè, pubblicità per Antieurope, Zenit, n. 40, 1926. Pagina 39: Copertina di Quadrante, direttori Massimo Bontempelli e P.M. Bardi, Roma 1933-1936. alfabeta mensiledi informalione culturale dellacooperativaAlfabeta La gola pagina 32 Comitatodi direzione: pagina 10 Eric Alliez Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Antonio Porta La finzione economica Maria Coni, Gino Di Maggio, La forma è tutto (L'économiefiction, di Autori vari) Umberto Eco, Francesco Leonetti, (Poesie, di J. Gene/; L'amicizia amo- pagina 33 Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, rosa, a c. di R. Parise A. Veneziani; Alberto Magnaghi Gianni Sassi, Mario Spinella, Libro d'Amore, di D. Bellezza) La lettera diceva Paolo Volponi pagina 11 pagina 35 Redazione: Omar Calabrese Lettere Carlo Formenti, Vincenzo Bonazza, Café pagina 36 Maurizio Ferraris, Marco Leva, pagina 12 Giornale dei Giornali Bruno Trombetti (grafico) Da Parigi La protesta operaia Art director Gianni Sassi a curadi Nanni Balestrini pagina 38 Edizioni Intrapresa e di Maurizio Ferraris Indice della comunicazione Cooperativa di promozione culturale pagina 12 I giapponesi a Poitiers Redazione e amministrazione Da NewYork pagina 38 Via Caposile 2, 20137Milano a cura di Stefano Rosso Le immagini Telefono (02) 592684 e di Maurizio Ferraris li sacco di Roma Coordinamentoeditoriale: pagina 14 di Thomas Hope Carlo Forrnenti Morena Danieli Coordina/oretecnico: Rorty, l'essenza speculare Ri,.iste dell'a,anguardia fY .WI Giovanni Alibrandi (Philosophyand tl,e Mirrorof Nature, Per completare la documentazione Pubblicherelazioni: di R. Rorty; What is Realism? • Refe- iconograficadel numero scorso, diamo Marco Pesatori rence and Understanding,di H. Put• qui di seguitoprovenienzae data, e nel Composizione: nam; On tlreVeryIdeaof a Conceptual caso gli autori, delle immagini.Le dop- GDB fotocomposizione, Scheme, di D. Davidson) pie date si riferisconoalla vita della rivi- via Tagliamento 4, Milano pagina 16 sta, le singoleal numero riprodotto. Telefono 5392546 NOMOS Via Rialro 6/3 - 40124 Boloeno Desideroricevere N. __ copie del volume: "PIER PAOLO PASOLINI: CORPI E LUOGHI" nome e cognome .................................. . via/loc. ···········-························ n••••••• CAP.................... prov................... .. Paghcro al po.lino la ..amma di L. 48.000 hahdo j'X'rl'lfalia) hrm:1 Regione Abruzzo Centro Servizi Culturali L'Aquila Ordine e disordine convegno internazionale venerdì e sabato 18/19 febbraio 1983 Ordinee conflittonella società Ordine e conflitto. Un confronto impossibile Ordine e conflitto nella prospettiva del sistema giuridico Equilibrio, instabilità, ordine Marginalità, conflitto, società complessa Tempo e storie di vita L'immagine pubblica della lotta armata in Italia: un modello statistico Potere di mediazione eforme di lotta Augusto Ponzio Copertina: Witold Kajruksztis (?), Stampa: Rotografica s.r.l. L'ovvio e l'ottuso copertina del catalogo dell'Esposizio- via Massimo Gorki, Relatori: Niklas Luhmann, "' (Le grainde la voix - L'obvie et l'obtus ne della nuova arte, Wilno, 1923. Pagi- San Giuliano Milanese Raffaele De Giorgi, Giacomo ss - li grado zero della scriuura • Nuovi ne 3, 13, 21, 28, 29: Copertine di Zenit, Distribuzione: Messaggerie Periodici Marramao, Filippo Barbano, -!:: saggi critici,di R. Barthes;Communi- direttore Ljubomir Miciè, Zagabria- Abbonamento annuo Lire 30.000 Achille Ardigò, Franco Ferrarotti, ~ cations, n. 16) Belgrado 1921-1926.Quella a pp. 29- estero Lire 36.000 (posta ordinaria) e,_ pagina 17 29 è disegnata da El Lisickij. Pagine Lire 45.000 (posta aerea) Aavio Manieri, Mario Tronti. ~ Glauco Casarico 4-5: Fernand Legér, copertina per Ilja Numeri arretrati Lire 5.000 ~ Marcuse in America Erenburg, Etpourtantelletourne, Ber- Inviare l'importo a: Intrapresa Partecipano: Edgardo Battiston, -~ (Praxis and Poiesis, di B. Katz; The lino 1922. Pagina7: (al centro) Wlady- Cooperativa di promozione culturale Franco Cassano, Paolo De Nardis, l:! lmaginary Witness,di M. Schoolman; slaw Strzeminski, pagina per Blok, via Caposile 2, 20137Milano Roberto Dionigi, Pierpaolo :g Anamnestic To1alizatio11d,i M. Jay) Varsavia 1924-1926;(in basso, da sini- Telefono (02) 592684 Donati, Carlo Donolo, Carlo ~ pagina 18 stra a destra) Copertina di Oesophage, Conto Corrente Postale 15431208 Formenti, Mario Galzigna, ~ Testo Bruxelles 1925;copertina di Noi, direi- Autorizzazione del Tribunale p· • M • L'arte come culto tori Enrico Prampolini e Bino Sanmi- di Milano n. 342 del 12.9.1981 10 Marcom, Filippo azzoms, e: d • M' h ·1S k • • R d I • 1917 Sandro Moro, Antonio Peduzzi, ss r 1c a, emen o matelh, orna, a grugno ; coper- Direttore responsabile Leo Paolazzi .; Piazza Dante, 30 a c. di Giovanna Spendei tina di Lef, Mosca 1927-1928. Pagina Tu11i dirillidi proprietà/e11eraria Eligio Resta, Vincenzo Torneo, .e:, B j b ~p,µ=...ç;:!,f~Pl+!Dl-,FB-;!=:;.E.;;;H:J,,Vf::a~g 4 i:::ne,_1_9._2_1 _ _ _____ ..L8_._c·_o_m_po_s_iz_i_o_ne_d_i_L_iu_bo_m_ir_M_i_ci_è_,,_e_a_r1_is_1i_ca_r,s_· _e,_v_a_1_i_ _ .L...S_e_rg_1_·o_T_ur_o_n_e_. __ _ _ ., %

LadissonanzadiGadda I n una recensione agli Idilli Moravi di Bonaventura Tecchi, pubblicata sul primo fascicolo del 1940 di Letteratura (e, se non erro, non più ristampata), Carlo Emilio Gadda parla di sé come di un «pasticcione che ama le misture impossibili, le torte farcite di capperi e di zibibbo». Il sé in questione è, ovviamente, la propria scrittura, scrittura di chi è vissuto tra un popolo, il «lombardo, che non arriva ancora a poter scandire senza trauma il liqueante dattilo del topograficamente suo Virgilio», e, per di più, personalmente, quanto meno sul piano della mitologia individuale, è segnato dall'esser nato - secondo un'espressione di Tito Livio che riprenderà nello scritto del '59 «Il latino nel sangue» - da una «permixta gentium conluvies», «entro le cui vene il sangue di 48 stirpi diverse, dall'araba all'ungherese, precipita verso atroci dissonanze». «Misture», «permixta», «conluvies», «dissonanze»; e ancora «pasticcione» (da «pasticcio», con evidente allusione gastronomica, come ci avverte !'immediatamente successivo «torta»); quel «pasticcione» che ingenererà il «pasticciaccio brutto de via Merulana», ove il termine si sovradetermina dei significati del francese «pastiche» (di «pastiche» parla Contini in riferimento a Gadda), e il «pasticciaccio brutto», senza eccessiva forzatura, può includersi nell'autoironia verso la propria «mistura» linguistica - se paragonata, come nella recensione di cui si dice, alla «dignità stilistica», «la dolce, la lineare purità» dell' «umbro od osco o sabellico, o tutt'e tre insieme» Bonaventura Tecchi. Naturalmente - a parte l'umana simpatia che egli ebbe per Tecchi, compagno di prigionia nel lager di Celle, - a Gadda non bisogna poi credere troppo. Della «dignità stilistica» della «dolce, lineare purità», egli non sa proprio che farsene. Tra i due modi di aggredire «quel colendissimo pappone esterno, il linguaggio, somministratole dalla comunità spedaliera: cioè dalla civiltà storica: [esterna]» (seguo sempre la citata recensione), «l'anima» di Gadda, cioè la sua scrittura, ha scelto da tempo. Non a forza di levare, ma di aggiungere, non attraverso la purificazione e scarnificazione del suddetto «colendissimo pappone», ma gonfiandolo, e facendolo scoppiare a furia di «ridondanze espressive» (per usare la terminologia di Ivan Fònagy), egli combatte la propria pugna, le cui motivazioni sono sempre - lo osserva Cesare Segre, nel suo saggio su «La tradizione macaronica», - «artistiche, non linguistiche». E poiché si è ricordato Segre e il macaronico, utilizziamo ancora il nostro testo di partenza per un singolare riscontro. Sottolinea ancora Segre, nel distinguere i testi miscidiati da quelli macaronici, che in questi ultimi «il contrasto tra un fondo lessicale dialettale e moduli e forme dell'esametro virgiliano mirava a produrre nei lettori un effetto straniante e un risultato coi:: mico». Non è davvero un «singola- ~ re riscontro» che Gadda, nelle ri- ~ Ei}1ericordate, faccia proprio rife8, 01 f! O fr!til~ 1«t1n<Ylmlfi a mente» lombardo, ma estraneo, anzi «dissonante» rispetto alla parlata padana? D issonanza, si sa, è termine tratto dalla musica, e sta a indicare un «rapporto di suoni che appartengono ad elementi tonali, e cioè ad accordi, differenti» (Zingarelli). Contentiamoci, per il nostro uso, di questa definizione; ma aggiungiamovi subito quello che scrive Webern: «La dissonanza non è altro che un gradino della scala». Sempre lo Zingarelli ci dà, tra i sinonimi, «disarmonia». E siamo così al titolo del più intelligente tra i libri scritti su Gadda, La disarmonia prestabilita di Gian Carlo Roscioni, tutto centrato sulla ricerca delle cagioni e dei significati di «una scrittura così dissonante». E di nuovo, nel saggio dedicato a «Lingua e metalinguaggio in Gadda», in Letteratura come sistema e come funzione, Guido Guglielmi scrive: «La referenza interna tendenzialmente elide la referenza esterna istituendo una condizione di dissonanza ... » Guglielmi, come Contini, come Roscioni, fa il nome di Joyce: ben al di là del giudizio di Renato, Barilli che rimproverava, ancora nel 1964, a Gadda di non aver ancora superato la «barriera del naturalismo» (peccato del resto veniale, se si tien conto che di «naturalismo» Virginia Woolf aveva accusato l'Ulisse). Un equivoco, questo di Barilli, cui del resto lo stesso Gadda, almeno in una certa misura, aveva dato esca, malgrado le molte sue dichiarazioni in contrasto e la testimonianza dei suoi testi, con i suoi interventi critici sul dialetto e sulla sua superiorità espressiva; scambiando cioè, per parafrasare Segre, valori artistici con valori linguistici (nella fattispecie Belli con Carducci) e sembrando attribuire alla «naturalità» del dialetto quanto, semmai, non era che l'effetto del trattamento del milanese, o del romanesco, a opera di due grandi poeti, quali Belli, appunto, e Porta. Dico «sembrando» perché altrove, fuor di polemica, Gadda felicemente si contraddice: là dove, ad ~ o·o. nel sa1rn.io su Belli. Mario Spinella «Canto, cantica, girone» (ora ristampato a cura di Dante Isella nel volume adelphiano Il tempo e le opere), coglie nella «dissonanza» «tra la carcerata voce dell'io e il dorato coagulo del supersistema» il «tono», il «modo» (e tornano termini musicali!) della poesia di Belli. Del resto, una controprova tanto diretta quanto immediata del ruolo specifico che Gadda attribuiMatronagreca sce ai dialetti la si trae dal fatto che in puro dialetto egli non ha mai scritto - a differenza, poniamo, del Pasolini friulano; ma dei dialetti si è variamente servito - quando se ne è servito - entro un contesto linguistico ove la norma emergente è, semmai, il plurilinguismo. Già Piero Pucci («Lingua e dialetto in Pasolini e Gadda», in Società n. 2, 1958) sottolineava a proposito del Pasticciaccio: «almeno quattro sono i dialetti impiegati nel testo, e infinite sono le sfumature e i gradi di contaminazione fra questi e l'italiano e l'italiano e questi»; e recava ad esempio il capitolo dell'interrogatorio di Ines, ove «quattro diversi linguaggi s'intrecciano: il napoletano del doti. Fumi, il molisano di lngravallo, il dialetto periferico dei Castelli di Ines e il romanesco dello Sgranfia. Si aggiunga l'italiano del commento dell'Autore». Ma il ricorso ai dialetti è solo un aspetto di questo plurilinguismo: la comoresenza dei tre re!!istri dello stile (alto, medio, basso), tutt'altro che infrequenti ricorsi al sublime e al lirico, così come la inclusione di termini tecnici dei mestieri, della cultura, di latinismi, francesismi, spagnolismi, o addirittura di audaci derivati di invenzione gaddiana («dekirkegaarizzava» ricorda, per esempio, Pucci), sono altri modi tipici del formare di questo scrittore: tutti volti a. mantenere costante, attraverso questa strumentazione linguistica, una tensione che Contini per primo ebbe a definire «espressionista». A ll'origine di questa tensione non è difficileindividuare, specie dopo la pubblicazione della Meditazione milanese, e sulla scorta delle analisi di Roscioni, una vera e propria passione gnoseologica, la volontà di cogliere la sempre sfuggente cosa in sé; e di coglierla nella consapevolezza critica che lo stesso soggetto dell'indagine - della «cognizione» - è di per sé sfuggevole e vario, diveniente e non mai riducibile all'unità: quell'unità fittizia della quale il «monolinguismo» verrebbe a essere la paranoica proiezione sul piano del testo. Dialetti e dialettismi, spagnolismi, francesismi, e tutto quanto sopra si diceva non hanno perciò alcuna intenzionalità «mimetica»; sono, al contrario, piani ottici differenziali, o, se si preferisce il lin- !!ua!!!!iodella chimica. acidi molteplici volti ad «attaccare» l'irraggiungibile «reale» (irraggiungibile come per Freud - e qui si potrebbe accennare a un discorso su Gadda e la psicoanalisi, che non fu per lo scrittore un amore occasionale, ma una vasta coincidenza di «metodo»). È ancora Roscioni a citare, dai quaderni di studio di Gadda, una nota autobiografica riguardante le proprie «maniere»: «Le maniere che mi sono più famigliari sono la (a) logico-razionalistica, paretiana, seria, cerebrale. E la (b) umoristico-ironica, apparentemente seria, dickens-panzini. Abbastanza bene la (c) umoristico-seria, manzoniana; cioè lasciando il gioco umoristico ai soli fatti, non al modo d'esprimerli: l'espressione è seria, umana: (vedi miei diarii, autobiografie). Posseggo anche una quarta maniera (d) enfatica, tragica, 'meravigliosa 600', simbolistica, che forse è meno fine e di minor valore, ma più adatta a un'impressione diretta e utile a 'épater le bourgeois'. Questa maniera d si avvicina alla poesia, è interessante, ma contrasta grandemente con le altre e credo che sarebbe difficile legarla e fonderla. Finalmente posso elencare una quinta maniera (e), che chiamerò la maniera cretina, che è fresca, puerile, mitica, omerica, con tracce di simbolismo, con stupefazione-innocenza-ingenuità. È lo stile di un bambino che vede il mondo (e che sapesse già scrivere)». Questa analisi a parte subjecti della propria pluralità di maniere, o di approcci alla forma-scrittura, comprova a usura le notazioni precedenti; semmai vi aggiunge, a ulteriore conferma del discorso che qui si tenta, la sottolineatura della «dissonanza» («questa maniera ... contrasta grandemente con le altre»). E, a proposito della dissonanza, torniamo alla definizione di Webern. Se la dissonanza non è altro che aggiungere un altro gradino alla scala, cioè innalzarla, e innalzarsi, per vedere (comprendere) nuove possibilità di accordi - e cioè estendere il paesaggio musicale che una forma storica aveva racchiuso entro limiti «prestabiliti» - la tensione testuale di Gadda si inserisce a pieno titolo nella rottura che, nelle varie arti, il nostro secolo ha realizzato: con Cézanne, o Schéinberg, Webern, il razionalismo architettonico, ecc. Ma va anche oltre. Riprendendo a suo modo alcune intuizioni dei foturisti, Gadda avanzò, sia pure parzialmepte, quell'operazione che in musica vide (e vede) l'inclusione del rumore nel suono. Così - e ancora una volta non certo «naturalisticamente» - vanno viste le numerose onomatopee da lui adoperate o inventate; così l'impiego grafico, nelle varianti lombarde, della gutturale occlusiva k; così, infine, il ritornare nella sua opera del «non-finito»: a significare la teoretica consapevolezza che ogni «narrazione», al pari di ogni composizione musicale, che si voglia conclusa non fa che nascondere il suo essere, in realtà, soltanto un frammento, un ritaglio, nel pullulare dei suoni - o delle parole, delle sensazioni - o delle «cose».

B I manoscritdti Pavia Università degli studi di Pavia Fondo manoscritti di autori contemporanei. Catalogo a c. di G. Ferretti, M.A. Grignani e M.P. Musatti Nota introduttiva di M. Corti Torino, Einaudi, 1982 pp. XX - 339, lire 20.000 A dieci anni dalla sua costituzione, il Fondo manoscritti di autori contemporanei dell'Università di Pavia pubblica il primo volume del Catalogo delle sue acqu1s1Ztoni. I quotidiani danno grande rilievo all'evento, e una mostra dei più interessanti documenti letterari del Fondo, organizzata a Pavia, riscuote un notevole successo. In via preliminare, non si può evitare di riconoscere che i fatti di cui si è detto si inseriscono in un quadro culturale che ci trasmette analoghi segnali: altre recenti e fortunate esposizioni di manoscritti sono state allestite dalle Biblioteche nazionali, è risorto il Gabinetto Vieusseux e, più in generale si assiste a uno straordinario e diffuso interesse per l'arte antica e per il Medioevo, e a un rinnovato amore per la lettura e l'ascolto di poesia. È facile cogliere in questi segnali la tendenza a rappresentare una proposta alternativa e contraddittoria rispetto a quella cultura apocalittica, o dell'imminente catastrofe, che pure è largamente diffusa in Italia. In particolare, l'interesse che i manoscritti, soprattutto autografi, hanno saputo suscitare (e forse il nostro discorso potrà riferirsi anche alla passione per le letture poetiche d'autore) discende probabilmente dal fascino che il problema semiotico del rapporto fra l'autore e la sua opera ha sempre esercitato. Infatti, se di fronte a manoscritti di testi antichi e non autografi, cioè non redatti dall'autore, la preoccupazione prevalente nello studioso è sostanzialmente quella di ripulire il testo dagli errori e dagli interventi di chi lo ha copiato, l'atteggiamento di chi esamini un complesso di manoscritti autografi, e ciò avviene più spesso per epoche recenti, è ben diverso. Il suo lavoro tende infatti preliminarmente a riconoscere la stesura che rappresenta la volontà ultima dell'autore, poi soprattutto a rinvenire le leggi poetiche che regolano il sistema delle variazioni, cioè i modi della creatività dello scrittore, e a desumere da questi la maggior quantità di informazione e di conoscenza possibile, in vista di una corretta e arricchita fruizione dell'opera. I dattiloscritti e i manoscritti dell'autore, dalle grafie ora indecifrabili ora limpide, con le nervose cancellature e le riscritture, i rimandi, i recuperi, gli infiniti smontaggi e ricostruzioni, costituiscono insomma l'unica testimonianza durevole (la voce dell'artista, spesso reticente o immemore, è destinata a spegnersi) del momento più misterioso e delicato della comunicazione letteraria: la generazione del testo. In questa fase lo scrittore è alla ricerca dei toni, dello stile, della struttura del a sua o r ; ha davanti a sé innumerevoli sentieri e percorsi da saggiare e, progressivamente, accantonare, fino a che sarà l'opera stessa a imporre al suo artefice di proseguire solo per una determinata strada. Ma il girovagare poetico alla ricerca della direzione giusta, il vagabondaggio delle varianti e delle alternative risuona ancora nell'opera conclusa, e va percepito, anche perché le diverse tappe dell'elaborazione possono essere, per la storia poetica di un autore, più illuminanti del risultato ultimo. A un altro livello, l'opposizione più significativa fra il travagliato stadio intermedio del manoscritto e l'univocità dell'opera a stampa non risiede nella provvisorietà del primo in rapporto alla compiutezza della seconda, ma nel fatto che mentre l'opera a stampa può essere solo letta, il complesso dei manoscritti deve anche essereguardato, è un segno iconico oltre che verbale, ci trasmette informazione utilizzando due lingue: quella della parola e quella dell'immagine. Paolo Logorio meno rapido o preoccupato dell'eleganza e della intellegibilità (di un'eventuale proponibilità ad altri?) del proprio materiale di lavoro. La consistenza del valore di immagine della grafia riversa naturalmente, e di riflesso, un'importanza considerevole sull'elemento degli spazi bianchi, sul rapporto fra i vuoti e i pieni, sull'assenza o presenza e ·ampiezzadei margini: è da tempo assodato, per testimonianza degli stessi poeti, che l'architettura di una pagina poetica è spesso in intima per quanto sottile relazione con la sua dimensione puramente verbale (si pensi solo al caso più banale: il maggiore o minore isolamento nello spazio delle strofe di un componimento). Si danno poi casi in cui la compresenza di elementi visivi e verbali è molto più immediatamente percepibile. I manoscritti di Franco Fortini del Fondo pavese, ad esempio, sono corredati di schizzi abilmente tracciati, in particolare di teste e di forbici, che evidenteMaria Antonietta Grignani (curatrice della sezione del Catalogo dedicata a Montale) descrive, a questo proposito, l'ampio ed eterogeneo complesso di documenti montaliani della raccolta: «L'idiosincrasia di Montale per le risme di elegante carta extra-strong trova conferma negli autografi pavesi, in cui gli umili fogli di carta giallastra e le veline costituiscono la norma, e pure risulta corroborata la leggenda di un Montale attento economizzatore di materiali scrittori, che riempie di grafia minutissima e talora assai criptica il verso di biglietti da visita o d'invito, i lembi candidi di avvisi della Rai o del Senato della Repubblica». Si tratta di manoscritti di eccezionale interesse donati da Montale stesso, che ha punteggiato la storia del Fondo con successive donazioni fino al 1980; l'istituto possiede così numerose testimonianze della più antica e della più recente poesia montaliana, con autografi dei primi anni venti di testi celeberrimi confluiti negli OsA un baccanale;l'uomo impugnaun tirso,afianco un tripodee un candelabro I n quest'ottica assumono rilievo elementi a cui il testo edito ihevitabilmente rinuncia e che, d'altro canto, fanno certamente parte del bagaglio espressivo o, se si vuole, dell'armamentario segnico a cui l'artista attinge durante il processo creativo di un'opera. Fra i tratti che concorrono a determinare visivamente la pagina di ciascun autore, il più immediato è certo la grafia, che - al di là delle indagini psicologiche che su di essa si possono condurre - conferisce allo scritto un alone segnico, un surplus di significazione che non è facile definire e che, seppure non è diretto verso il lettore perché l'autore sa che il suo testo verrà stampato, resta avvertibile; la grafia, inoltre, fornisce informazioni sulla prassi scrittoria e compositiva dell'artista, che sarà più o mente risalgono alle pause di riflessione creativa del poeta e sono quindi strettamente legati quanto meno ai procedimenti compositivi dell'autore, se non alla genesi e alle trasformazioni del testo che accompagnano («La poesia delle rose», di cui il Fondo custodisce innumerevoli rifacimenti). Un altro autore per cui si nota la convivenza nella pagina scritta di preoccupazioni architettoniche e spunti decorativi è Dino Buzzati, di cui il Catalogo della raccolta riproduce alcune lettere ad Aldo Camerino. L'osservazione secondo cui i manoscritti vanno anche guardati si riferisce inoltre, naturalmente, alla loro consistenza materiale, al loro aspetto, e si tratta di elementi quasi insostituibili per chi si interroghi sulle tappe e sui modi del lavoro poetico di un autore. Così si di seppia ( «I limoni», «Crisalide», «Tentava la vostra mano la tastiera», ecc.) e altri relativi a raccolte più tarde (soprattutto Satura, poi il Diario del '71 e del '72, e Quaderno di quattro anni), oltre a testi editi isolatamente e inediti. T ornando a riflettere sul patrimonio comunicativo verbale dei manoscritti e dattiloscritti d'autore, va ricordato che gli autografi non solo testimoniano, come s'è detto, i successivi stadi dell'approssimazione a una parola, un'espressione, un effetto stilistico, ma accompagnano il testo con una serie a volte assai nutrita di informazioni sulle diverse stesure di un'opera e, più genericamente, su aspetti e problemi legati all'iter compositivo in quella fase particolare. Vi sono autori importanti, ad esempio, cui pare premere un'estrema oggettivazione, una sorta di distacco dalla propria opera, attraverso una precisione assoluta nel datarne gli sviluppi e l'avvenuta conclusione, come si osserva per Italo Calvino che, in calce a un manoscritto del racconto La speculazione edilizia, annota puntigliosamente il termine del suo rapporto di generatore con il testo: «finito 12-7-57/ ore 17,15 / cominciato 5 aprile '56». Anche Alberto Arbasino, di cui il Fondo custodisce varie stesure di quasi tutta la sua produzione di narratore, drammaturgo, traduttore, saggista, si dimostra molto attento e sensibile all'esigenza di riordinare filologicamente i suoi materiali, e correda le cartellette e i fascicoli in cui sono raccolti i documenti del suo lavoro artistico di datazioni e ragguagli preziosi. L'assenza di simili interventi è ovviamente altrettanto significativa, e a questo proposito è interessante riferire, ad esempio, dell'atteggiamento intermedio di Paolo Volponi che, nella lettera di donazione, così precisa: «I brani di Corporale sono quelli scampati al mio disordine di scrittore di complemento e anche ai tempi intermedi piuttosto lunghi fra una fase e l'altra di scrittura». La testimonianza dei manoscritti merita bene, dunque, di essere accolta, e vagliata da inquisitori acuti e cauti: per questo il Fondo manoscritti di autori contemporanei dell'Università di Pavia è nato e opera non solo come luogo di raccolta di materiali, ma come centro di cultura e di ricerca, in collaborazione e contatto con istituti analoghi in Italia e all'estero. L'ideazione e la creazione del Fondo si devono allo slancio e alla tenacia costruttiva di Maria Corti, che ha tradotto in organismo culturale vivo quello che poteva rimanere un evento isolato, ancorché prestigioso: la donazione nel 1969, da parte di Eugenio Montale, di una serie di blocs-notes «contenenti prime stesure di antiche sue poesie e abbozzi di recenti». La fisicità dell'immagine di quei taccuini introduce, fra l'altro, un secondo ordine di motivi per cui la costituzione di una raccolta di manoscritti novecenteschi assume anche il carattere di tempestivo e meritorio intervento conservativo. Che fine farebbero altrimenti tanti. preziosi documenti poetici, in mano a eredi più q meno esperti e culturalmente sensibili? Nella «Nota introduttiva» al Catalogo della raccolta, si distinguono i tre modi più tipici del nostro impoverimento culturale: la distruzione del materiale da parte di .,,. possessori desiderosi di liberarsi -~ dell'ingombro di voluminosi scar- ~ tafacci; la vendita attraverso inter- ~ mediari ad amatori, spesso all'e- ~ stero; la conservazione più attenta .S,! e amorevole da parte di privati E collezionisti, che però sottraggono i quanto hanno alla circolazione .!:., culturale. (Si sentano pure, questi ~ ultimi, amichevolmente esortati a cedere magari al Fondo qualcuno dei loro tesori!)

.,., -~ O() "' '- ~ °' - -8 ~ .,:, .,:, ~ ~ ,:; .::! .. .,:, e: Linguaggisoc, ienza e letteratura Aldo Gargani Freud Wittgensteio Musil Milano, Shakespeare & Co., 1982 pp. 127, lire 8.000 (particolarmente: «L'impresa scientifica e l'operazione artistica». Conversazione di F. Brioschicon A.G.) Hilary Putnam Verità e etica Milano, li Saggiatore, 1982 pp. 165, lire 16.000 (particolarmente: «Letteratura, scienza e riflessione») e i sono cose nuove nel cielo teorico della letteratura, forse. Leggiamo anzitutto questo passo di Kuhn: «Se impareremo a sostituire l'evoluzione verso ciò che vogliamo conoscere con l'evoluzione a partire da ciò che conosciamo (... ) un gran numero di problemi inquietanti può dissolversi. ln mezzo a questi problemi può per esempio trovarsi quello dell'induzione» (La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962 - trad. it. Torino, Einaudi, 1969 e 1978, p. 205). È un passo importante nella cultura filosofica e scientifica italiana di qualche anno fa, per una critica dell'idea di progresso, sia nella storia che nella storia della scienza; come si può leggere in S. Veca. A noi serve diversamente. 1. Riferimento iniziale a Kuhn È proprio qui, con la netta ricusa kuhniana nei riguardi di «qualche completa, oggettiva, vera spiegazione della natura» e nei riguardi del compito dato alla scienza, come ad essa peculiare, di raggiungere un tale scopo, che si può far cominciare una scelta via via più diffusa di trasporre la motivazione della impresa scientifica nei paraggi dove ha pur origine la letteratura. Certo, Kuhn critica la storia della scienza; anzi qui incide piuttosto sulla progettualità, che è connessa al rapporto della scienza con la collettività sociale; né sembra che voglia escludere una nozione di progresso, ma la sua linearità e il suo fine. Tuttavia lo scarto esplicito e secco verso l'induzione (e cioè la verifica di tipo sperimentale come prova di una teoria) rende conto che è già in pieno corso presso di lui alla lontana data del '62 il procedimento critico che ha condotto a una crisi di certezza del «fonda: mento» e a una invalidazione parziale dell'accertamento proprio della ricerca scientifica. Nella stessa pagina poco prima Kuhn ha detto: «il terrnine 'verità' è apparso in questo saggio soltanto in una citazione di Francesco Bacone». E ancora, con massima chiarezza per il nostro punto, Kuhn si chiede: «perché l'impresa scientifica dovrebbe muoversi costantemente avanti, diversamente da quanto fanno l'arte, la teoria politica, e la filosofia?» (p. 193). Qui voglio anzitutto esprimere diffidenza verso la facilitazione nell'uso di tutto ciò, pur interessandomi profondamente al nuovo problema, che permette di riaprirne altri che erano già aggiudicati. Una misura è però quella di Kuhn, t u I e~ss\•ft • e a bend per esempio. L'assunto polemico di Feyerabend (che scrivendo Contro il metodo ha per obiettivo Galilei) sta nel mostrare che certi enunciati scientifici, sintatticamente costruiti come descrizioni di risultati osservativi, se analizzati svelano un valore completamente diverso: quello di un gesto verbale (performativo), di un mezzo d'azione. Maa questo stesso percorso epistemologico con analisi linguistica, sulla scepsi della conoscenza scientifica, si sovrappone talora un'impronta di scetticismo brillante, con timbro illuministico ma con aforisma diventato facile. E torna giusto, subito, un rilievo di Aldo Gargani: risponde in una conversazione a un argomento cosi posto: «Feyerabend nega che si possa parlare di progresso nella scienza,' e inversamente, egli dichiara, se si dà progresso si dà semmai nell'arte»; Gargani dice misuratamente fra l'altro: «quanto all'affermazione del progresso nell'arte, può avere un significato polemico: in sé e per sé risulta mdlto difficile comprenderla» (e più oltre torniamo sull'interessante serie 'cliscritti di Gargani). Si può dunque osservare generalmente, ora, che nello sviluppo in corso di una certa assimilazione di scienza e letteratura, incontriamo la lingua; e, specificamente, per prima, l'ipotesi di Sapir e Whorf che evidenzia come il senso intuitivo della strutturalità, che è insito nella lingua, ci fa trattare come strutture i fenomeni che percepiamo. E ancora, precisamente, che possono esserci alcuni non «equivalenti in quanto osservatori» perché «sono indirizzati dalle loro grammatiche verso tipi di osservazione diversi e valutazioni diverse di atti di osservazione esternamente simili». Questa ipotesi proviene dall'antropologia americana, attraverso lo studio di popoli meno civilizzati (e, per Whorf, «con livello di razionalità più alto»). 2. Statuti di scienza e di letteratura Gli arrivi vari di una discussione epistemologica attuale, e propria de la munità scientifica», introFrancesco Leonetti dotta da Kuhn, e in qualche modo giustificativa della perdita nella scienza di un criterio di verità accertabile, e in qualche modo vertente insieme sulla letteratura, sono ben registrati per esempio da Gargani e da Putnam. Raccogliamoli ora. Il percorso di Gargani, da dirsi relativo «agli atteggiamenti mentali e alle opzioni epistemologiche profonde», parte affermando che l'esperienza è «per cosi dire, docile, e si presta ad avvalorare programmi scientifici differenti»; e ancora che «c'è una forte carica, una forte provvista grammaticale anche nelle modalità della nostra percezione». E si appunta cosl su «un'esperienza sulla quale possiaDonna con lira e pleuro mo proiettare metodi di connessione diversa» (p. 110); e postula taluni «ingredienti», l'espressione di emozioni, la logica raziocinante, l'immaginazione da lui connessa alla religiosità, i quali «intervengono in combinazioni differenti, per motivazioni e scopi diversi, assolvendo funzioni che non possono essere direttamente assimilate» _(p.115). E arriva a indicare nell'arte uno scatto costruttivistico, oltre che trasgressivo. Si aggiunga che in ciò esprime qualche riserva sull'«approccio regolistico» (con modo di dire nuovo che è riferito alla semiologia, mi sembra). Colgo qualche scivolamento, se non sbaglio, in un altro scritto storico-critico su Musi! e su Wittgenstein, dove egli pone «il linguaggio stesso come scopo» nella letteratura (certo il linguaggio è l'elemento più proprio della letteratura, ma non lo scopo, a me pare, e tornerò su questo punto). Gargani stesso nota: «direte che esagero». E qui mischia, non bene a mio avviso, l'esempio di Pinter con quello magistrale di Beckett. Possiamo leggere in Gargani una resistenza valutativa, una specie di spartiacque difensivo estremo, assai utile e interessante, sullo statuto della scienza. Certo gli preme la «invenzione» nella scienza, il concorso di «materiali extralogici, il che non significa di natura extrarazionale», e cita Einstein coi suoi principi formativi (e, en arrière, Mach, già riferimento polemico della grande querelle materialistica sovrastrutturale di Lenin di Materialismo e empiriocriticismo). L'empiriocriticismo, con la sua misura idealistica coerente, e oggi la relatività senza scadere nel relativismo scettico, sono suoi punti di forza argomentativa. Ma c'è pure un suo passaggio avvenuto in questi anni, sul problema. Scriveva infatti negli Stili di analisi fra '78 e '80 che «la scienza è una thick description, una descrizione densa, che si avvale di una grande varietà di fattori culturali, e non solo di nuclei logico-matematici e di esperienze»; e, per altro verso, con insistenza precisa antikuhniana (leggendo forse Kuhn non sul versante del rapporto critico scienza-società e storia della scienza, ma su quello dell'uso scettico successivo), sosteneva che «l'impiego definito e controllato di strumenti linguistici (logico-matematici) e di esperienze sensibili è appunto ciò che definisce una teoria scientifica» e che «quest'ultima si distingue dalle altre pratiche culturali (arte, religione, letteratura, politica, ecc.) in quanto stabilisce schemi di coordinazione tra esperienze e concetti attraverso la formazione di leggi» (Stili di analisi, Milano, Feltrinelli, 1980, pp. 48 e 49). È appunto questa la posizione di rigore che marca la diversità fra i due campi; espressa qui con misura nuova. Oggi però il passaggio diffuso, che si manifesta filtrato nello stesso Gargani, è verso un coefficiente maggiore di assimilabilità, tramite la diversa combinazione di ingredienti o per altri criteri. Sul punto di fondo Gargani mantiene le sue domande statutarie pulite, senza perdita di rigore specifico della scienza nel mare della cultura, governando ogni oscillazione fra coerenze a ciò indispensabili e invenzione innovativa. Infatti, mentre ora ritiene la posizione di Kuhn «eccessivamente sociologistica» e propone «istanze più fondamentali» che i criteri di accettazione del comitato degli scienziati, costituisce l'esigenza di «sistemi di credenze e di significato». È insomma logico e intuizionista insieme, come questi viennesi del suo libro, col loro grande ricupero di senso contro la serialità e la meccanizzazione, da artigiani e uomini interi (a loro volta diversi, come è noto, dai neo-empiristi, Schlick e Reichenbach e altri del Circolo, in Italia sempre senza boom, che sono razionalisti con fiducia nella «esperienza» controllata da verifica linguistica intersoggettiva). La questione di Putnam (al margine utile della sua maggiore prestazione che è nel ripensare in termini sofisticati la nozione di realismo) è piuttosto etico-critica sulla conoscenza propria della letteratura, cioè sulla sua formazione di senso, sul suo valore cognitivo. Sia detto subito che proprio ora, dalla linea della «letterarietà» negli anni venti, si è pur giunti negli studi di semiologia letteraria (jakobson iana) a una visione di allargamento culturale: dove entrano sia la tipologia della cultura secondo Lotman, che il filone diversificato dei bachtiniani, che anche l'estrema maturità dei grandi «formalisti». Già da noi questo allargamento è speculato in proprio da M. Corti e da C. Segre. Ciò comporta pure una nuova dimensione problematica da parte della semiologia (ancora però non se ne discute). Ordunque Putnam, che porge pure l'orecchio a Rawls, ragiona nel '76 nella influentissima scuola di Oxford così: «siamo portati a noQfarci illusioni»~ulla scienza ed «è comprensibile il nostro atteggiamento disincantato» (p.104). Sulla conoscenza in letteratura, preferendo riferirsi a Dostoevskij e anche a Céline, afferma che essa «è un tipo di conoscenza. È la conoscenza di una possibilità»; «è una scoperta concettuale, non una scoperta empirica» (pp.106-7). E ancora: «la letteratura _hain qualche modo a che fare con un tipo di conoscenza che è vicino al nucleo dell'interesse morale e che non è 'conoscenza scientifica' in nessun senso r~gionevolmente standard». Detto questo, Putnam si critica subito di semplificazione. Sembra che giri e rigiri, ma procede per

approssimazione utile, col metodo del dubbio, sotto il problema prioritario del ragionamento morale «su come vivere». trasposizione della stessa «ambiguità» in termini di polisemia. Oggi ciò è consentito e diffuso, con altri maestri; ma i termini sono quasi equivalenti (ambiguità uguale a polisenso). Invece in Della Volpe la risoluzione comporta che vi è un valore dominante, descrivibile, tenuto conto che vi sono altri valori complementari (permettendo, paradossalmente, una ricerca artistica come quella «concettuale» negli anni 60-70 con rilevazione del valore dominante di una forma ipotetica). Ciò in generale comporta che non si debba leggere il testo come indeterminazione (quale può riuscire in altri approcsenso kantiano e marxiano e dove l'arte è espressione globale incentrata su tale gusto: nel quadro, dunque, del vero (qui verificabile) e del bello (qui verosimile). Il suo nesso innovatore, che evita ogni ipostasi e ogni separatezza di tali attributi essenziali dei due campi, in un estremismo antiromantico posto sul linguaggio, non discute lo statuto scientifico. Questo quadro si è quindi corroso senza pietà. Nella teoria della letteratura e dell'arte sappiamo bene come la loro propria identità abbia cominciato a ballare e a per0 dere senso, anzitutto facendo saltare le soglie in una direzione di Che cosa inferirne? Certo è che, perso il riferimento all'acquisizione di verità nello statuto della scienza, la letteratura, antitetica una volta come «orgia di emozioni» (quale appare sulle prime, così diceva a voce Gargani conversando al circolo di cultura di Milano anni fa) e per rigore fatta già coincidere con la sua sostanza linguistica e stilistica, ora viene investigata in un certo interno processuale: in quanto formazione di significato (nel senso di agglomerato di descrizioni) con valore cognitivo. Ritorna in qualche modo in mente il Barthes del '63 con la nozione di scomposizione e attribuzione di senso come propria della letteratura. Ma l'ottica è un'altra. Pragc.~t. agica Tutto _ciòè insostenibile perché la conoscenza della letteratura è ovviamente inverificabile. Tuttavia è tale anche quella della scienza, ora, in quanto non ha più meccanismi né procedure fisse. Il valore cognitivo della letteratura, che è l'altra faccia (non la riposta o l'interna) del complesso linguistico di ogni opera di letteratura, viene dunque a incidere in un suo modo peculiare, ma non più distinto in assoluto da quello scientifico, sul sistema di credenze e sullo svisceramento morale generale, presso Putnam. E va detto insieme che questi apprezzamenti, esplicitati in un nesso con l'etica, sono da lui posti dentro un discorso complessivo teorico che egli definisce di realismo «interno» e non metafisico: il realismo secondo Putnam «non afferma che è il linguaggio a rispecchiare il mondo, bensì che siano i parlanti a rispecchiarlo - a rispecchiare, cioè, il loro ambiente - nel senso di costruire una rappresentazione simbolica di quell'ambiente» (p.141). Non accettando la teoria della verità come corrispondenza, già valida nella filosofia del linguaggio dopo Wittgenstein e Russell, Putnam riferisce e sostiene che «una corrispondenza fra parole e insiemi di cose (formalmente, una relazione di soddisfazione, nel senso di Tarski) può essere considerata come parte di un modello esplicativo del comportamento collettivo dei parlanti». E perciò stesso Putnam modifica, con riferimento esplicito a Kant, ogni tipo di relazione che si possa porre fra una rappresentazione del mondo, corretta o no, e «IL MONDO»: maiuscolo, differenziato nel linguaggio stesso, esistente però, mentre è posto fuori. Putnam rende la sua proposta anche in schemi grafici (che a me sembrano provvisti di artisticità). Certo a muovere Putnam e altri teorici oggi non è più l'idea di principi formativi nel senso di Einstein, l'intuizione non strettamente logica, ma la completa conversione avvenuta, in questo decennio di massima criticità, del concetto di «vero» in quello (idealista e anzi irrealista) di «asseribilità garantita» come solo criterio epistemico. Ogni valore, sia scientifico che letterario, è posto in questi limiti - e ad essi è contraddittorio, in una tensione, almeno dal nostro punto di vista che è materialistica. M ala Strana, o Malà Strana, è un quartiere di Praga sulle rive della Vltava, ai piedi del celebre ponte Carlo. Uno dei cuori di Praga, la cittàpiù « raccontabile» della storia della letteratura, ambiente ideale per le storie della Mitteleuropa. Se in Italia già si conoscevano i racconti di H rabal e Nezval, l'opera di Jan Neruda è rimasta a lungo appartata, visto che viene riproposta dopo cinquant'anni dalla sua prima traduzione. Ed è strano se si pensa che Neruda, pur scrivendo nella seconda metà dell'Ottocento, descrive una Pragasospesa nel surreale quotidiano come quella che siamo abituati a conoscere. C'è da ritenere che in questa sorprendente continuità vi sia lo spirito e il volto di una città che giustamente è stata definita «magica». Anche se si rimane nei limiti di un quartiere, o addirittura di un caseggiato, non si rischia di perdere il fascino di un mondo attraversato dalla storia troppo velocemente, di un popolo sconcertato dal peso delle troppe identità etniche. A Praga, città cèca, fu fondata la prima università tedesca; il suo più grande scrittore, Franz Kafka, scriveva in tedesco, mentre gli ebrei erano alla ricerca di una propria collocazione nelle rivalitàsociali ed economiche. Anche a Mala Strana quindi, come nel resto della città, l'incertezza fra lo slavo e il tedesco dà luogo a un conflitto di caratteri che solo l'ironia del narratore può dipanare. Infatti Neruda è un bozzettista che, con rapidi tratti, ci accompagna ci prevalentemente tecnici) o equivocità di significato. Della Volpe inoltre sostiene in modo sistematico che nella poesia si tratta di una forma diversa e confrontabile di razionalità, a partire sempre dal parlato: «ciò che distingue realmente la scienza in genere dalla poesia (e l'arte in genere) non è la 'astrattezza' del pensiero nel suo caso e la 'concretezza' nell'altro: bensì la onnicontestualità o tecnicità del linguaggio usato nel primo caso e la contestualità organica del linguaggio usato nel secondo caso» (p.106). I termini e concetti benché teoricistici di Della Volpe hanno una intatta lucidità. Qui dunque !'«aseità stilistica-semantica» (il com3. Linguaggio e materialismo plesso linguistico formale, cioè, A ristabilire ora, anzitutto, non con le proprie esperienze interne, o nei termini neo-hegeliani di distin- l'insieme di valori della comunicazione marcata fra l'intuizione e il zione in un organismo unico che concetto, la divergenza di scienza sta per se stesso) è propria dell'oe di letteratura, è esauriente per il pera di letteratura, ma non si dà marxista il ricorso al libro di Della come imparagonabile con l'opera Volpe Critica del gusto (Milano, di scienza. Tutt'insieme, questa è Feltrinelli, 1960). assunta senza assolutezza e senza Esempio unico di costruzione perdita di certezza, in senso critico dell'essenza materialistica a livello e storicamente relativo. «sovrastrutturale», Della Volpe ri- Il Della Volpe della Critica del solve il quesito difficile dell'ambi- gusto sta tuttavia nel quadro classi- 8 i b ls it'~ 1cia'9 ot:l a ne dove c'è la facoltà del gusto in per un quartiere affollato e promiscuo, zeppo di personaggi stralunati, teneri1 maldestri e talvolta malinconici. È una vita minuscola quella che ne emerge, in cui i protagonisti pensano a far carriera, a spiare i vicini, a spettegolare nelle osterie - gente normale che ama la vita e odia la morte. Eppure la banalità non affligge una vita eretta sul palcoscenico del quotidiano: v'è sempre l'imprevisto, il surreale, il grottesco che irrompono sulla scena. La meccanicità del reale non riesce a prendere il sopravvento su personaggi così pieni di poesia, come quella iignorina che, non sapendosi decidere fra due pretendenti, aspetta che muoiano, lasciandola così nell'imbarazzo di scegliere su quale tomba deporrà prima i fiori, nell'annuale celebrazione dei defunti. Neruda inizia in tal modo una maniera di guardare alle cose di tutti i giorni che esalti le sbilenche avventure di chi vive l'esistenza quotidiana con disincanto e passione, pur sapendo che i problemi più importanti sono il raffreddore e la pigione. E inizia anche con questi racconti la grande stagione letteraria di una città crogiuo/o di miti, fantastico labirinto in cui la vita s'inceppa· e sosta nei vicoli a scaldarsi con lo smagato umorismo di chi ha perduto il centro del mondo e lo rimpiange. Jan Neruda I racconti di Mala Strana Casale M., Marietti, 1982 pp. 239, lire 12.000 allargamento (dove estetico e artistico non coincidono, come comincia ad osservare Mukarowski) ... Si è minata l'aseità stessa. È poi scomparso per un tratto l'oggetto artistico e la letteratura ha presentato la disseminazione assoluta ... Nell'altro campo si è fatto a pezzi non solo il percorso cumulaSiringa tivo delle cognizioni scientifiche col rapporto tra verifica sperimentale e teoria, ma ogni principio concepibile come stabilizzato, compreso lo spazio secondo Newton. Tuttavia, ora, è proprio il rilievo di due differenti qualità peculiari ancora del linguaggio nella scienza e nella letteratura, mentre ribadisce i diversi contesti di valore e di pratica intellettuale, a permettere tutt'insieme di postulare un elemento comune (quello per il quale già si usa dire che sono simili il «creativo» e il «teorico»). Non si può certo farlo a prescindere dal differente statuto: quello scientificoorientato all'accertamento «incerto», e cioè alla congettura costruita, quello letterario a un'«aseità» il cui tessuto è inverificabile e il cui esame è un'analisi linguistica. Ciò che è certo, intanto, è che il linguaggio in entrambi i campi si deve definire come valore concorrente essenziale. In ogni formazione di significato, dove è messa in gioco la relazione fra l'esperienza e la teoria, si dà un'operazione dove il linguaggio «entra», non è aggiunto. Né deve dirsi che il linguaggio in una di queste attività, nella letteratura, è lo scopo perché in essa si presenterebbe quindi esaustivo. Ciò che conta è la scoperta che il linguaggio non è uno strumento, ma inerisce alle attività della mente. Ne viene l'esigenza, per il discorso teoretico rigoroso, di un'analitica relativa al linguaggio, e della consapevolezza che in ogni operazione mentale vi è un valore ca-assiale del linguaggio stesso. Emerge una essenzialità linguistica che incide sia a livello esperienziale sia nella genesi delle idee; e prima, cioè, della «forma» in senso classico. Detto questo, è chiaro che una diversa scelta risulta quella rivolta a rendere il linguaggio un «universale» unico, in una tendenziale identificazione con l'essere, come è posta da Heidegger (oggi riletto acutamente da Vattimo). E anzi nel '60 l'opera d'arte presso di lui è considerata «abitabile»: come il solo spazio che garantisce qui dimora all'uomo ... Certo io non nego che questa scelta è storicamente carica, come certe avanguardie artistiche nei loro manifesti, di una propria; iniziale forzatura radicale giusta nella scoperta della dimensione del linguaggio. Ma nel corso delle avanguardie degli anni settanta ciò è divenuto a rigore una proposta di analiticità: nei riguardi della «relazione d'oggetto», e cioè della percezione, e anche della teoria. Così si è portato per esempio alle più mature conseguenze il cartello verbale posto sul visivo di una pipa: «Ceci n'est pas une pipe»... Infine va detto che una certa connessione effettiva fra i dati osservativi utili per l'impresa scientifica, e l'osservazione o l'esperienza che viene asserita o presentata come interna all'iter della costruzione di opera d'arte (magari passando e ripassando dalla consapevolezza all'intuizione, o meglio, al processo primario) si esercita e si confronta oggi nell'analisi della percezione. Si richiederebbe proprio in ciò un dibattito teorico sino in fondo (a ripartire magari dal conflitto fra Mach e Lenin). Certo il dare oggi una fondazione equivalente allo scientifico e al letterario può sottolineare la crisi, ma al contrario può anche indicare una misura mobile ma non precaria; dove non può ricomparire nessuna «fallacia dei sensi», ma dove resiste, in rapporto con essi, il discorso pertinente alle cose che stabilisce la modernità. Contro il rischio del nuovo periodo, che sta nel sostituire i nomi alle cose, e marcare, invece dell' «arbitrarietà del segno», un distacco nominalistico del sapere dalla comunità dei parlanti, è funzionale oggi l'ipotesi di un momento originario comune dei due campi d'indagine e di lavoro intellettuale, per paradosso. Versione«minore»di un saggiobreve con lo stessoargomentoe titolo(e riferito ancheal contrastofra laposizione di Heidegger-Va11imeoquelladellase- . miotica,qui solo accennato). EINAUDI LA FAMIGLIA MANZONI di Natalia Ginzburg « Il protagonista di questa lunga storia famigliare, non volevo fosse Alessandro Manzoni. Una storia famigliare non ha un protagonista; ognuno dei suoi membri è di volta in volta illuminato e risospinto nell'ombra. Non volevo che egli avesse piu spazio degli altri; volevo che fosse visto di profilo e di scorcio, e mescolato in mezzoagli altri, confuso nel polverio della vita giornaliera. E tuttavia egli domina. la scena; è il capo-famiglia; e gli altri certo non hanno la sua grandezza. E d'altronde egli appare piu degli altri strano, tortuoso, complesso». «Supercoralli», pp. vr-347, con 41 illustrazioni fuori testo, L. 18 000. EINAUDI LETTERATURA Oltre al libro della Ginzburg aprono l'annata La cordigliera delle Ande di Luzi nella serie dei quaderni di traduzione di poeti («Supercoralli», L. 16 ooo); Passatempi di Léautaud, dove il lettore viene condotto con caustica ironia nell'universo parigino fin de siède («Nuovi Coralli», L. 12 ooo) e Tre pezzi d'occasione di Beckett («Einaudi Letteratura», L. 7500) nella traduzione di Fruttero e Lucentini. Nei «Nuovi Coralli» escono il primo libro di Biamonti L'angelo di Avrigue (L. 8500), Dimenticato di dimenticare di Dacia Maraini (L. 6000) e J ustine di Durrell ( L. 9 500 ). EINAUDI SAGGI Il concetto di critica nel romanticismo tedesco di Benjamin (L. 20 ooo); Informatica e qualità del lavoro di Gallino, un brillante «Nuovo Politecnico» che segnala la trasformazione del modo di lavorare di ciascuno (L. 8500); Introduzione all'arte romana in cui Brendel in una affascinante ricostruzione ripensa tutta l'arte romana (L. 36 ooo). Vanno ancora ricordati l'undicesimo volume della «Storia dell'arte italiana» dedicato a Forme e modelli con saggi innovatori su la natura morta, gli arazzi, la grottesca, l'effimero, l'arte popolare, il vetro dipinto, la villa, la prospettiva, il mobile, e la sorprendente Sistematica che propone la chiave di lettura della «Enciclopedia Einaudi». Chiude il mese il libro di PAOLO SPAIANO I comunisti europei e Stalin in cui campeggiano, accanto alla figuradi Stalin, quelle di Togliatti, Thorez, Tito e al tempo stesso quelle, fuori dall'ortodossia, di Trockij, Bucharin e altri. « Biblioteca di cultura storica», pp. xn-303, L. 25 ooo.

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