MedioevoEl,~tJ~pitalism Jacques Le Goff Intttvm sulla storia a cura di Francesco Maiello Bari, Laterza, 1982 pp. 135, lire 7.000 Autori vari La nuova storia a cura di Jacques Le Goff Milano, Mondadori, 1980 pp 317, lire 5.000 Autori vari Fare storia Temi e metodi della nuova storiografia a cura di J. Le Goffe P. Nora Torino, Einaudi, 1981 pp. 225, lire 8.000 Jerzy Topolski La storiografia contemporanea Roma, Editori riuniti, l'T77 pp. 358, lire 12.000 Jean-Pierre Vemant Mito e pensiero presso i greci Torino, Einaudi, 1970e 1978 pp. 415, lire 12.000 Immanuel Wallerstein U sistema mondiale deU'economia moderna Bologna, li Mulino, 1978 e 1982 voli. 2, pp. 535+532, lire 30.000 Per chi mantiene o svolge una visione critica generale, quale è pur quella che definisce la sinistra (ancora oggi), i problemi di nuova epistemologia e le analisi delle scienze sociali si intrecciano fondamentalmente ora con le formulazioni di fondo che sono poste dai teorici della «nuova storia», intendendo con questa etichetta la più recente generazione francese, in parte diversificata. della scuola delle Anna/es. U Medioevo e la nuova storia Il discorso che in più libri di alto prestigio e di grande diffusione manualistica viene svolto da Le Goff, accanto allo sviluppo della sua ricerca. può diventare nel prossimo periodo un riferimento centrale degli interessi, in Italia per tradizione assai vivi. sul processo storico e sul suo senso. Anche perché, a monte di essi, c'è stato il lavoro dello stesso Le Goff e di altri «eredi» delle Anna/es in alcune voci tematizzate del grande aggiornamento eqciclopedico presso Einaudi. Leggendo l'intervista di Le Goff entriamo con provocazioni acute nel laboratorio della nuova storia, come si usa dire convenzionalmente:entriamo cioè nei meandri del ripensamento categoriale del presente, anche se gli oggetti sono il Medioevo e la società antica; perché si_tratta del ventre materno medioevale (e non solo per noi occidentali) e delle funzioni della mentalità, della memoria e dell'inconscio. I nodi sono fitti e intricati: mi interessa, selettivamente, la crisi del progresso in senso generale, o meglio la rici che si sono susseguite dalla fondazione negli anni venti delle Anna/es. È caratteristico di queste modificazioni il passaggio da un privilegio delle «strutture» di lunga durata (i sistemi economici, le attrezzature) alla preminenza della «mentalità», di altrettanto lunga durata, con uno scavo per più versi sorprendente sull'uomo occidentale. E tuttavia, se dal Medioevo ad oggi non risulta più una differenza decisiva. costituita come nella tradizione storica anteriore dalla struttura industriale capitalistica, sempre per Le Goff vi è la permanenza della lotta di classe, da lui stesso ribadita o ammessa (p. 109). Oggi si può ritenere in parte modificato il carattere di ricerca «dietro le' crisi della sua illusione e del suo carat- quinte» che ha avuto la nuova storia, tere totale-sistemico, nel nesso che vera e profonda, non evenemenziale, tutto ciò propone con l'attuale rivisi- cioè non relativa ai grandi eventi. Pertazione del passato. (Vi si è già riferì- mane in essa l'irritazione verso la stoto Cesare Segre in Alfabeto n. 40, ria di superficie, politica e diplomatiquando metteva in rilievo come il no- ca, dell'avvenimento e del mutamenstro passato è il Medioevo). to clamoroso; in aggiunta vi è una Sono su questo tema particolar- sensibilità acuta verso i mass-media e mente visibili le modificazioni inter- la cultura dell'immagine: verso lo venute lungo le tre generazioni di sta rtesso avvenimento che diventa «storia» nel punto in cui si rende visibile televisivamente a milioni di spettatori, e non è più solo raccontato, ma appunto teletrasmesso, con una forza nuova coinvolgente e sconvolgente, o semplicemente persuasiva. La nuova storia è e rimane una storia antropologica che reintroduce la cronologia e la memoria alle fonti della storia occidentale. moltiplica le dimensioni temporali. rialliva i silenzi delle e,du,ioni e dcglr e,du,r. Con la questione della «mentalità» pone il problema, al presente, dell'inconscio della storia e fa della storia un problema epistemologico e metodologico, da ripensare. Tanto più che, come dice le Goff, la società attuale sogna di trovarsi allo stato fetale: riproduce l'immaginario medioevale. E lo fa in modo perverso, commisto alla più moderna tecnologia. Dietro - ci sembra - ci sono le fabbriche-fantasma della robotica e dell'informatica, c'è la destra nuova, i nuovi signori della guerra con la munificenza della corte rinascimentale e i suoi intrighi di palazzo. Sicuramente riappaiono la povertà e la miseria, e le città moderne hanno ora i nuovi miserabili, dolci, violenti e barbari, un nuovo campionario di mostri da Notre-Dame ... Sicuramente ora conta e c'è la differenza visibile tra le classi, di nuovo, dopo le illusioni dell'egualitarismo, della società di massa e dei centri-sinistra. li concetto di mentalità Un filo sottile collega. nelle tre g.enerazioni degli storici. k analisi della mentalità con la rivisitazione della memoria e l'individuazione dei luoghi dei silenzi. Si tratta innanzi tutto di categorie del tempo, interne alla sua ridefinizione attuale, all'assunzione della sua polivalenza, alla crisi della nozione classica geometrico-quantitativa, che scandisce le ore della fabbrica, ed è unidimensionale e progressiva. Il discorso sul tempo si è intricato e complicato innanzi tutto in sede scientifica ed epistemologica con la termodinamica e la scoperta dell'irreversibilità. Ora viene accostata a ciò la riscoperta del tempo qualitativo, rotondo, e della pluralità del tempo in relazione ai gruppi sociali e alle loro «culture». Ciò costituisce (per essere maligni) una sorta di «vendetta» rispetto alla «lunga durata» - che pur viene mantenuta, ma senza il privilegio della dimensione spaziale che originariamente la caratterizzava, dato che le attrezzature non mentali ma materiali inevitabilmente si collocavano spazialmente, e dato il riferimento fondamentale, per le Anna/es originarie, alla nuova geografia antropologica. Ci ricorda Vovelle che fu Labrousse nel 1965a invitare gli storici a scendere al terzo livello della storia, quello appunto del mentale. Ma qui serve un ampio riferimento a Le Goff: Fare storia si chiude col suo saggio sulla mentalità, attraverso un'analisi epistemologica, critica e semantica del concetto stesso, che per un verso spiega le difficoltà evolutive, con interposizione ritardante, per l'altro svuota le strutture economico-produttive e ambientali. La storia della mentalità è per definizione storia ambigua, di difficile individuazione, piena di insidie. Il termine stesso è ambiguo, di complessa derivazione, di assunzione polivalente di significati che stanno tra la Weltanschau,mg e l'ideologia, tra l'inconscio dell'individuo e quello comunitario. Allude ai popoli primitivi e al bambino, in un'associazione classica che ha suscitato le rimostranze ben motivate di Lévi-Strauss. Eppure quest'associazione di bambino e popolo primitivo è continuamente ritornante, forse appunto per la lunga durata delle parole e delle attrezzature mentali che resistono alle innovazioni e ripetono l'identico. O forse occorre ripensare criticamente questa associazione evasiva ritornante. Certo è che la mentalità è in equilibrio tra la materialità e la spiritualità: impone la materialità e la naturalità del mentale (rispetto all'artificiosità dell'ideologia) e pone insieme la sua spiritualità nel simbolismo e nell'immaginario. Inoltre - va detto chiaramente - tale concetto storiografico tende presso alcuni, o esplicitamente o con «gioco», a sostituire il riferimento economico o materiale in senso lato, storico-geografico e istituzionale; ed è qui, mi sembra, non in Braudel, che viene sfumato o dissolto il salto complessivo della «rivoluzione industriale». Sul concetto di mentalità interviene anche lucidamente Philippe Ariès nel manuale intitolato La nuova storia, sottolineandone l'effetto di «dilatazione» sul territorio dello storico (Nora e Le Roy Ladurie), di rivisitazione di vecchi campi, d'innovazione tematica e metodologica. La storia della mentalità è ricerca degli elementi inconsci della nostra cultura di oggi. Annota Ariès: «Può darsi che gli uomini di oggi provino il bisogno di portare alla superficie della coscienza i sentimenti un tempo nascosti in una memoria collettiva profonda. Ricerca sotterranea della saggezza anonima: non saggezza e verità atemporale, bensì saggezze empiriche che regolano i rapporti familiari delle collettività umane con ogni individuo, con la natura, con la vita, con la morte, con Dio e l'aldilà» (p. 166). È questa la giustificazione più interessante dell'introduzione e dello sviluppo d'uso di tale concetto storiografico, che rischia talora di assumere, in uno slittamento dell'insieme, valore causale
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